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Autore: K ANTHOS    12/01/2020    1 recensioni
Viterbo, fine Ottocento.
Anna, una giovane ragazza della media borghesia cittadina, rimane improvvisamente orfana del padre, morto dopo aver perduto gran parte del proprio patrimonio in circostanze poco chiare.
Scossa dalla perdita e rimasta sola, Anna accetta l'invito per l'estate di una facoltosa zia paterna proprietaria di una vasta
tenuta nelle campagne maremmane.
L'incontro fortuito con un cavallo indomabile e con l'anziano stalliere della tenuta la metterà di fronte alle sue fragilità ma anche alla sua inconsapevole forza, coinvolgendola in un percorso di rinascita e di maturazione personale.
L'amore travolgerà Anna senza via di scampo ed avrà gli occhi di un ragazzo volitivo e tenace che non appartiene alla sua classe sociale ma che sarà pronto a lottare contro tutto e tutti pur di conquistarla.
Anna a questo punto dovrà decidere della sua vita: se seguire l'istinto del cuore o rinunciare per sempre ad esso.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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CAPITOLO PRIMO

 

-Papà? Papà perché te ne vai? Ti prego, non puoi stare con me ancora un po’? Ti prego rimani un altro po’, non mi lasciare, papà…- Anna si svegliò di soprassalto, madida di sudore e disperata come non mai.

Erano tre mesi esatti che il padre era morto d’infarto durante uno dei suoi viaggi d’affari. Lo aveva sognato così nitidamente che sembrava fosse lì vicino a lei: l’uomo camminava con passo spedito mentre raggiungeva la carrozza per una nuova partenza ma Anna in cuor suo sapeva che stava partendo per sempre.

Da qui nasceva la sua disperazione mentre cercava in sogno di convincerlo a non partire.

Le lacrime le scendevano a rivoli sulle guance tanto da non permetterle di distinguere bene gli oggetti della camera da letto che la circondavano.

Era notte fonda eppure l’udito finissimo della donna che l’aveva cresciuta e amata come una figlia fece si che Teresina, la governante storica di casa Adinolfi, si materializzasse per confortarla come aveva sempre fatto.

 

L’avvocato Luigi Adinolfi nei mesi precedenti la sua morte era stato molto irrequieto ma non tanto da allarmare la figlia Anna.   Si era dedicato ad attività finanziarie molto rischiose legate all’importazione di oggetti e manufatti preziosi da immettere sul mercato locale. Aveva avuto fretta di accumulare più ricchezze possibili e si era dato molto da fare movimentando tutte le sue liquidità ma l’ultimo carico, quello più impegnativo per lui economicamente, gli fu fatale e lo mise, ad insaputa di Anna, nella condizione finanziaria più disastrosa che si potesse realizzare.

Si era affidato a persone poco raccomandabili nonostante il suo carissimo amico e collega Marcello Lambiati lo avesse sconsigliato fermamente: era avvocato anche lui, ma assai più cauto nell’investire i soldi che scaturivano dalla sua attività forense.

Il padre di Anna era partito la mattina presto da Viterbo per raggiungere Civitavecchia e controllare che fine avesse fatto il carico di merce proveniente dalla Spagna: le notizie erano state pessime come pessimo era il tempo rigido e terribilmente freddo del mese di gennaio. Era partito in tutta fretta per andare a controllare di persona la realtà dei fatti, lui che si era sempre sentito al sicuro da qualsiasi raggiro.

Fu sulla strada del ritorno in carrozza, incredulo e distrutto dalla presa di coscienza del suo disastro finanziario e dalla futura condizione di disagio della figlia, che l’infarto lo colpì.

 

Gli ultimi mesi erano stati terribili per Anna.

L’unico conforto che la rasserenava era la visione del padre in sogno, ed accadeva abbastanza spesso: non sempre le parlava, ma il vederlo felice e rilassato era per lei una consolazione enorme che la distraeva anche dalla sua triste ed improvvisa condizione.

Per fortuna non era sola: Teresina ed il marito Giulio le rimasero accanto e soprattutto l’aiuto dell’avvocato Lambiati fu più di tutti per lei indispensabile.

Era diventato una sorta di angelo custode: si era dato da fare tantissimo subito dopo la morte del padre per non farle perdere tutte le proprietà ereditate dai genitori ma la situazione era tutt’altro che semplice, soprattutto per una ragazza di diciotto anni completamente estranea e lontana dal contesto finanziario che adesso doveva suo malgrado imparare ad affrontare.

Anna era cresciuta protetta dal padre, dall’incondizionato amore che nutriva per quella bambina che a soli quattro anni era rimasta orfana della madre per una malattia improvvisa quanto inaspettata.

L’avvocato, troppo affezionato al ricordo della moglie, non si era voluto risposare pur avendone avuto l’opportunità: era un uomo piacente e sereno, cordiale e di compagnia, amava stare con gli amici che frequentava assiduamente, soprattutto avvocati come lui o notai, con i quali andava a caccia o condivideva semplicemente un liquore, un sigaro e un po’ di chiacchiere davanti ad un camino acceso. L’avvocato aveva in cuor suo serenamente deciso di dedicare il resto della sua vita al commercio, all’avvocatura e a rendere felice la figlioletta.

Non le faceva mai mancare nulla ma non la crebbe viziata e capricciosa e del resto il carattere di Anna si dimostrò subito dolce e remissivo, privo di artifici e vezzosità che facilmente avrebbero potuto conquistarla in quella ricca condizione economica.

La famiglia Adinolfi possedeva infatti un intero palazzo con un ampio giardino al centro di Viterbo che si affacciava su Piazza d’Erbe, una delle zone più frequentate della città.

In questa piazza aveva sede il rinomato Albergo dell’Angelo, motivo della presenza di numerosi vetturini in attesa di clienti attorno alla Fontana dei Leoni e vi si svolgeva inoltre un antico e movimentato mercato rionale. Le tende colorate che sporgevano a protezione delle vetrine dei negozi davano un senso di eleganza e movimento alla piazza da cui si snodavano le altre attività commerciali verso Via del Corso e Via Roma.

Il padre era proprietario anche di numerosi magazzini e di alcune dimore in affitto, dentro e fuori la città, da cui affluivano discrete quantità di denaro, quello stesso che l’avvocato aveva deciso nell’ultimo anno di investire così copiosamente.

   
 
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