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Autore: Tinkerbell92    13/01/2020    0 recensioni
Con il sangue ha inizio e con il sangue ha termine.
Ogni trent'anni circa, la creatura si risveglia dal lungo letargo, avvolgendo la città di Derry con un'oscura cappa di morte e terrore.
Sappiamo cosa accadde nell'ultimo trentennio di vita di It, in quel lasso di tempo compreso tra l'autunno del 1957 e la primavera del 1985.
Ma quali terribili vicende segnarono la vita dei giovani di Derry durante il ciclo precedente?
Siamo nel 1930, il tasso di criminalità ed il numero di suicidi sono in vertiginoso aumento a causa della pesante crisi economica conosciuta come Grande Depressione. In un clima tanto disastroso, It sembra poter agire quasi liberamente, senza destare eccessivi sospetti. Ma anche per un essere quasi invincibile delle piccole sviste possono creare scomodissime situazioni.
Genere: Drammatico, Horror, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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CRIMSON SHADOWS



Derry, 20 Giugno 1930



La strada buia e deserta donava un senso di pace interiore che Anna raramente riusciva a provare.
Pochi minuti prima, l’orologio a pendolo del salotto aveva emesso due flebili rintocchi.
Rose e Jackie se n’erano andate verso mezzanotte e mezza, più o meno nello stesso istante in cui i signori Donovan erano rincasati.
Neanche un’ora più tardi, Jamie aveva telefonato per avvertire che sarebbe andata a dormire da Bess.
Anna aveva atteso che i genitori si addormentassero, poi, lasciando un biglietto sul tavolo della cucina, aveva preso la propria patente e le chiavi della Renault grigia.
Le capitava spesso di avvertire l’irrefrenabile bisogno di guidare per le vie illuminate soltanto dalla luce irregolare dei lampioni, disabitate, silenti.
Dopo anni passati ad affrontare i problemi dell’insonnia, Anna aveva finalmente trovato un’attività che le donasse… beh, forse non gioia, ma di certo una singolare serenità.
Poche ragazze della sua età erano in grado di guidare, a Derry. Lei aveva insistito a lungo con suo padre, prima che lui si decidesse a insegnarle.
Non che Richard Donovan fosse un osso duro o un tradizionalista, anzi. Probabilmente, lui avrebbe acconsentito alla prima richiesta, se la moglie non si fosse messa in mezzo con le sue paranoie.
“Guidare è pericoloso, Annie. Perché vuoi metterti in pericolo da sola, Annie? Di solito le ragazze non guidano, Annie.”
Bah. Quante storie inutili.
Anna giunse all’incrocio di Kansas Street, rallentando gradualmente. Girando a sinistra, avrebbe proseguito fino a costeggiare la zona dei Barren; a destra, si sarebbe trovata ben presto in quello che considerava il centro della vita civile della città.
Per dove svoltare?
Alzando lo sguardo, oltre il parabrezza, notò l’enorme cartellone, ormai scolorito, che riportava al tempo delle elezioni cittadine: il sindaco Parker Boone sorrideva con aria beota, con il suo elegante completo gessato e la stempiatura accentuata.
Anna osservò l’immagine con un ghigno, colta da un’illuminazione.
Avviò nuovamente il motore, girando a destra.
C’era una sola persona a Derry capace di restare sul posto di lavoro fino a tarda notte, ben oltre l’orario di chiusura, dormendo poggiata alla scrivania pur di passare meno tempo possibile a casa.
La ragazza proseguì spedita, percorrendo quasi per intero Kansas Street, arrestando la corsa soltanto quando si trovò davanti alla grande biblioteca.
Parcheggiò con precisione millimetrica, in barba a ciò che diceva spesso il padre di Butch Bowers sulle abilità di guida delle donne.
(Questa volta sarà diverso, Annie!)
Si ravvivò leggermente i capelli, riflettendosi nello specchietto retrovisore, e, forse con un po’ troppo zelo, uscì dal mezzo, sigillando la portiera e raggiungendo con un paio di falcate la porta d’ingresso della Derry Public Library.



La creatura non era ancora sazia. Strisciava tra le ombre, alla ricerca di nuove prede.
Finalmente, un ticchettio di passi sul marciapiede attirò la sua attenzione. Sogghignò, riducendo gli occhi a sottili fessure: erano due ragazze, carine e giovanissime.
Camminavano da sole nella viuzza scura e solitaria, rapide e guardinghe, venivano dritte verso di lei.
La creatura fiutò la tensione che attanagliava le loro adorabili menti fanciullesche. Temevano un agguato. Temevano gli aggressori.
Una di loro temeva i vampiri.
Si acquattò dietro un grosso albero. I suoi canini superiori cominciarono ad allungarsi.



Anna suonò il campanello un paio di volte. Abbozzò un sorrisetto quando vide un fascio di luce divampare attraverso una delle finestre del pianterreno e si lasciò sfuggire un ghigno quando una vocina insicura e lievemente assonnata domandò: - Chi è?
- Chi vuoi che sia, a quest’ora? – replicò la ragazza.
Tre giri di chiave.
La porta si aprì: oltre la soglia, c’era una donna dall’aria raffinata e sobria, longilinea, sulla quarantina. I suoi capelli, folti, lucenti, e tagliati all’altezza del mento, erano di un intenso castano dorato, mentre i suoi occhi oscillavano tra incerte sfumature di verde e marrone.
Un’espressione di piacevole sorpresa illuminava i suoi graziosi lineamenti.
- Annie – mormorò. – Cosa ci fai qui?
Miss Donovan replicò con un sorrisetto furbo, le mani nelle tasche dei pantaloni neri: - Soffro d’insonnia, dovresti saperlo, Daisy.
La bibliotecaria scosse la testa, le labbra piegate verso l’alto: - Entra.
Anna accettò l’invito senza troppe cerimonie. Attese che la donna mettesse in sicurezza la porta d’ingresso con i tre soliti giri di chiave, poi si lasciò condurre da lei fino al grande bancone in legno a cui, di giorno, ella sedeva lavorando incessantemente, segnando i prestiti, rispondendo con cortesia alle domande della gente e scorrendo elenchi infiniti.
- Anche oggi ti toccano gli straordinari, eh? – commentò la diciassettenne con ironia, leggiucchiando distrattamente alcune delle carte sparse sul tavolo da lavoro.
- Già – rispose Daisy, con la medesima punta di ilarità, mentre copriva le finestre con le spesse tende bordeaux. – Un’altra notte fuori casa.
- Al tuo maritino mancherai tantissimo – ridacchiò la più giovane.
- Oh, sicuro.
La donna fece una smorfia: - Tornare a casa per sentirmi ripetere ogni volta che quello che faccio è inutile, che lui può darmi una vita da regina, restando a casa tutto il giorno a farmi servire dai domestici, e io, invece, mi ostino con questo lavoro da ceto medio! Sono tutti…
- … capricci inutili, Daisy! – terminarono assieme, in una perfetta imitazione del simpatico marito riccone.
Entrambe scoppiarono a ridere.
Daisy scostò un ciuffo ribelle dal volto di Anna, scivolando poi con le dita sulla sua guancia pallida.
Ora che indossava i tacchi, riusciva più o meno a eguagliare la giovane in altezza.
Miss Donovan ridusse gli occhi scuri a due fessure, osservando la donna con fare malizioso e quasi inquisitorio: - Credo proprio che la mia insonnia mi torturerà ancora per qualche ora, Miss Doppler. O forse dovrei dire… Signora Boone?
Calcò di proposito le ultime due parole: Daisy si presentava sempre con il proprio cognome, mai con quello del marito. Era un concetto che lei stessa condivideva ampiamente.
- Sei terribile – mormorò la bibliotecaria.
- Oh, sì. Non hai idea di quanto!
Senza preavviso, premette con veemenza le labbra contro quelle della donna più vecchia, serrando una mano sul suo fianco sottile e l’altra sulla sua coscia.
Daisy emise un gemito di sorpresa, abbandonandosi però completamente a quel contatto poco casto, portando entrambe le mani sui lati del volto della ragazza.
Anna la sollevò con poco sforzo, facendola sedere sul bancone e portandola a intrecciare le gambe attorno alla propria vita.
Alcuni foglietti volarono sul pavimento.
Le labbra della diciassettenne si staccarono lentamente da quelle della bibliotecaria, scivolando lungo la pelle liscia della mascella, fino a raggiungere il collo sottile e profumato.
Non represse l’istinto di mordicchiare.
Daisy emise un gemito.
- Sono sicura che tuo marito non ti fa tutte queste cose carine che ti faccio io – mormorò sadica la giovane, risalendo con la punta della lingua fino al lobo dell’orecchio dell’amante, decorato con un piccolo orecchino perlato.
- Mmmh, ma figurati – soffiò l’altra, a occhi chiusi, la testa leggermente inclinata all’indietro. – Anche se sai che… tutto questo è sbagliato…
- Sbagliato – ripeté Anna, emettendo un suono simile alle fuse della propria gatta.
- Sei così… giovane… - gemette Miss Doppler, mentre le mani della ragazza cominciavano a sollevarle lentamente gli orli della gonna. – Non hai nemmeno diciotto anni…
- Li faccio a Novembre. Ma dentro sono una quarantenne.  
– Potresti essere… mia figlia…
- Già. Che brutta cosa. Siamo due laide peccatrici. Sicura di non provare alcun rimorso per il tuo caro maritino?
Daisy si scostò appena, rivolgendole uno sguardo volpino: - Chi se ne frega di quell’idiota!
Anna si avventò nuovamente sulle sue labbra con un ghigno. Le scoprì del tutto le gambe snelle, spostando le dita sull’orlo delle mutandine bianche.
Cominciò a sfilarle con lentezza esasperante.
- Lo sai – mormorò contro la bocca della donna. – Puoi sempre fermarmi, se vuoi.
Daisy non la fermò.



Otto rintocchi.
La pressione di quattro zampette famigliari che si spostavano qua e là sulla sua schiena.
Anna sollevò pigramente il volto dal cuscino, strofinandosi con una mano gli occhi solcati da profonde occhiaie scure.
Era tornata a casa alle quattro del mattino, ma il sonno era sopraggiunto soltanto un’ora dopo.
Tysha balzò sul cuscino, cominciando a strusciarsi contro il mento della ragazza. Era un grazioso felino dal manto nero, che viveva con la famiglia Donovan da cinque anni e aveva stretto un legame quasi simbiotico con la maggiore dei tre fratelli.
Non amava gli sconosciuti e tendeva a mostrarsi piuttosto schiva, ma chiunque fosse riuscito a entrare nelle sue grazie avrebbe guadagnato di certo un sacco di fusa e plateali manifestazioni d’affetto.
Anna rispose alle effusioni della gatta con una serie di grattini sul pelo folto, poi le diede un bacio sulla testa e si alzò dal letto di malavoglia.
Si trascinò fino allo specchio, cercando di assumere una parvenza vagamente umana, poi, spalancò le finestre, si avvolse in una vestaglia leggera e uscì dalla stanza.
Tysha la seguì, strusciandosi contro le sue caviglie nude.
- Sei andata a caccia, stanotte? – domandò la diciassettenne, prendendo in braccio il piccolo felino non appena cominciò a scendere le scale. – Mi è sembrato di notare delle macchie di sangue sul vialetto, quando sono tornata. Mi auguro tu non abbia portato i resti delle tue vittime dentro casa. Ci manca solo che alla mamma venga un’altra delle sue crisi isteriche.
Il suo tono, solitamente duro e distaccato, assumeva tinte mielose ogni volta che si rivolgeva all’adorata gatta.
Raggiunsero insieme il piano di sotto: David e sua madre stavano chiacchierando in cucina, suo padre, invece, si aggirava per il salotto con una tazza di caffè in mano e una calcolatrice nell’altra.
Ogni tanto si fermava, mormorava qualcosa tra sé, poi eseguiva un rapido calcolo e annuiva soddisfatto.
- Buongiorno, tesoro – disse, non appena la figlia maggiore passò davanti alla soglia della sala. – Sei riuscita a dormire, stanotte?
- Tre ore circa – rispose la ragazza, raggiungendo la porta d’ingresso e cominciando a girare la chiave nella serratura. – Faccio uscire Tysha, poi vado a mangiare qualcosa. Jaime non è ancora tornata?
- No – rispose l’ingegnere, prendendo un sorso di caffè e immergendosi nuovamente nei propri calcoli. – Lei e Bess  saranno andate a dormire tardi. Avremo loro notizie forse tra un paio d’ore – aggiunse infine, con un mezzo sorrisetto.
Anna posò la micia nera a terra, poi aprì la porta, permettendole di sgusciare all’esterno.
Stava già per richiudere, quando qualcosa sullo zerbino, una grossa accozzaglia di macchie bianche e bordeaux, intravista la coda dell’occhio, attirò la sua attenzione.
Guardò in basso. Mise a fuoco. Batté le palpebre, in un attimo di confusione iniziale.
E poi l’aria attorno a lei divenne gelida, densa e opprimente.
Una morsa di ghiaccio le serrò la gola, mentre le sue gambe, lunghe e forti, divennero all’improvviso fiacche, prive di forza. Dovette aggrapparsi al portone, sostenersi con le braccia per impedirsi di cadere.
Jamie era tornata a casa. O meglio, qualcuno l’aveva portata lì. Lasciandola sullo zerbino, accasciata a terra in una posa contorta e innaturale, bianca come un lenzuolo, gli occhi chiari sbarrati e vitrei, la gola sudicia di sangue ormai rappreso.
Tysha si muoveva inquieta attorno al suo corpo, annusando, toccandole di tanto in tanto la pelle fredda con una zampetta, confusa.
Anna si rese conto di aver smesso di respirare da un pezzo soltanto quando avvertì un fastidioso capogiro.
Emise un sibilo strozzato, afferrando spasmodicamente la maniglia della porta, quasi a cercare un qualsiasi appiglio che la tenesse ancorata alla realtà.
Il mondo si fece ovattato e silenzioso, impedendole di udire la sua stessa voce, mentre chiamava il padre, ripetutamente.
Non udì i passi di lui che si avvicinarono. Non udì lo schianto della tazza sul pavimento. Non udì le sue urla, mentre si accasciava sul corpo della secondogenita.
Rimase immobile, congelata in un oblio di incredulità.
Nel giro di poco, anche sua madre era china su Jamie, urlando, piangendo, graffiandosi il volto.
Era tutto assurdo. Tutto surreale.
- … qualcuno, Annie!
Ah… i suoni tornarono, confusi ma non abbastanza da impedirle di decifrarli.
- Annie!
La voce di suo padre.
- Chiama qualcuno, Annie!
Chiamare qualcuno. Sì.
Anna si voltò, il viso paralizzato in un’espressione di inquietante neutralità. Si scontrò con David, che, chissà da quanto, aveva osservato la scena appostato dietro di lei.
- Vai in camera tua, Davey – gli disse.
Si avviò verso il telefono con la sensazione di essere immersa in una grossa bolla. Sollevò la cornetta. Compose un numero automaticamente.
Una voce femminile rispose dopo pochi istanti, gracchiante, fastidiosa.
- Dipartimento di Polizia di Derry, qual è la Sua emergenza?
- Emergenza…
(Quale emergenza?)
- Signora? Signorina? È ancora lì?
- Sono Anna Donovan. Chiamo dal numero 15 di Jackson Street.
(Jamie è a casa).
- Qualcuno ha ucciso mia sorella.
(Jamie è tornata a casa dalla festa).
- Abbiamo appena trovato il suo corpo davanti alla porta di casa. Sullo zerbino.
Non attese la risposta. Riagganciò, per poi sollevare di nuovo la cornetta e chiamare l’ospedale, nonostante fosse inutile.
Parlò in tono piatto, privo di emozioni. Era come se fosse qualcun altro a parlare al posto suo.
Le sembrò quasi di osservare la scena dall’esterno, vedere una ragazza allampanata con i capelli neri e il volto di porcellana quasi pietrificato che metteva insieme delle frasi in modo automatico.
Infine, fece una terza chiamata.
- Ninel? Ninel che succede?
La voce di Rose portò uno strano senso di tepore, che cominciò a irradiarsi in tutto il suo corpo, sciogliendolo dalla paralisi di ghiaccio.
E insieme alle membra intorpidite, anche le emozioni iniziarono a sbloccarsi lentamente.
- Jamie… qualcuno ha ucciso Jamie…
- Cosa? Che stai dicendo? Cos’è successo?
- L’abbiamo trovata sullo zerbino appena adesso… dissanguata…
Alcuni istanti di silenzio. Il respiro di Rose cominciò a farsi affannoso.
- Ninel… oddio… oh cielo…
- Puoi chiamare tu Jackie?
- Sì… sì chiamo Jackie, poi vengo lì. Vengo da te. Tra poco sono lì, Ninel.
Riagganciarono quasi in contemporanea. E fu allora che la paralisi fisica ed emotiva si sbloccò completamente.
Anna cadde sulle ginocchia, il respiro mozzato, lacrime calde le rigarono le guance.
Poi urlò. Urlò fino a quando non provò la sensazione di avere una bolgia infernale all’interno della gola.





***
Angolo dell’autrice: Bene, ecco il nuovo capitolo.
Spero sia stato di vostro gradimento, è forse più corto del precedente e molto centrato su un singolo personaggio, ma mi auguro non sia stato noioso o brutto.
Entriamo nel vivo della storia con una specie di parallelismo tra Anna e Bill, a distanza di ventisette anni. Georgie e Jamie erano due raggi di sole ç_ç
Naturalmente, la mia protagonista ha un carattere completamente diverso dal leader dei Perdenti, è un personaggio molto grigio, non sempre piacevole (probabilmente a qualcuno starà pure antipatica) che porta una maschera di ghiaccio per celare emozioni molto forti.
Mi auguro che la storia tra lei e la bibliotecaria non abbia turbato nessuno.
Dal prossimo capitolo cominceranno ad avere maggior peso anche gli altri personaggi, alcuni li avete già conosciuti, altri verranno introdotti.
Grazie per aver letto, alla prossima!

Tinkerbell92
  
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