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Autore: PathosforaBeast    15/01/2020    2 recensioni
Raccolta di storie (oneshot, flashfiction e drabble) incentrate sulla vita di Mycroft Holmes e la presenza costante del numero quattro.
Genere: Introspettivo, Poesia, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Mycroft Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Journal.
 


Abbassi la maniglia, strattonandola più volte. È chiusa.
Da solo, finalmente.
Ti abbandoni contro la porta con un sospiro di sollievo. Non riuscivi più a restare in cucina con tutte quelle domande pregne d’aspettativa che ti venivano rivolte. Ti sei sentito pari a un poliziotto pronto a dover fare rapporto in un caso di estrema importanza descrivendo minuziosamente fatti e dettagli. Ad ogni passo, ogni virgola che non seguiva una loro idea pre-impostata, ti veniva chiesto gentilmente di digredire, descrivendo tutte le possibili cause e conseguenze. Come se non ti fosse mai stato chiesto di ponderare una decisione.
Se solo sapessero.
La loro è pur sempre una preoccupazione dettata dalla vulnerabilità genitoriale, hai continuato a ripeterti. Ma tanto è più grande l’obiettivo che si vuole raggiungere, tanti saranno i sacrifici da dover fare.
Un’ora dopo hai abbandonato la cheescake a malapena assaggiata fingendo un mal di testa e sei corso su per le scale dicendo di voler riposare per un paio d’ore.
In totale, assoluto e pacifico silenzio.
Finché non inizieranno nuovamente.
Sei stremato.
 
 
Rabbrividisci contro il gelo della stanza. Ricordavi che da bambino adoravi nasconderti sotto le coperte più pesanti che avevi eppure non ricordavi tutto un freddo così pungente. Riprendi la vestaglia, sfregando i palmi contro il tessuto spesso e morbido.
Ti sgranchisci il collo, voltandoti verso la finestra e sobbalzi di fronte alla tua immagine alla finestra. Eri così basso l’ultima volta che sei entrato qui che credevi di non poter raggiungere neanche l’altezza del cornicione. Ora ti guardi, ti sistemi meccanicamente il ciuffo, ma non riconosci chi è quel giovane uomo riflesso.
Sei al centro della stanza, circondato da una penombra che non ti è più familiare. Questa non è più camera tua. È così strano che tu riesca a notarlo solo ora- dopo anni, dopo che ti sei concesso il lusso di fermarti e restare lì a osservare.
Porti le mani vicino alle labbra e, invano, provi a riscaldarle con il tuo respiro.
Assurdo. Alcune cose non sono cambiate per nulla: ci sono ancora le conchiglie agli angoli della scrivania che ti ricordano quelle infinite e caldissime estati al mare, la lampada con i suoi pizzi ingialliti e la pila di libri con le copertine usurate ma che non hai mai letto.
Lo farò quando avrò tempo. Quante volte te lo sarai ripetuto? Invece di tempo non ne hai mai trovato. È corso via, molto più veloce di te o di chiunque altro, pronto a ricordarti che ormai sei cresciuto e che è arrivato tempo di maturare.
Attentamente prendi la tua copia del “L’importanza di chiamarsi Ernesto”. È uno dei ricordi che ti sono più cari. Una piccola recita scolastica, era iniziato tutto così. Se non fosse stato per Mr. Cox ti saresti accontentato del ruolo più marginale possibile. L’ importante era raggiungere i crediti scolastici necessari.
Dopo anni ringrazi ancora la sua testardaggine.
Non avresti mai pensato di poter amare così profondamente stare sul palco. È paralizzante l’idea di restare lì, di fronte a tutto e tutti coperto da abiti e trucchi che non sono i tuoi a esternare pensieri così variopinti. Eppure ricordi vividamente la luce che dai proiettori ti riscaldava il viso e il cuore che ti batteva a mille. Brillavi sotto agli occhi di tutti che, incantati, ti seguivano come avrebbero fatto con un vero artista.
Eri al centro del mondo ed eri amato.
Sfogli gli altri libri, osservandone strappi e orecchie.
Assottigli lo sguardo, sentendo già il flusso di pensieri partire con prepotenza.
Queste non sono usure dovute certamente dal tempo ma da letture continue negli anni. Molto frequenti, quindi fatte da qualcuno che abita in questa casa- qualcuno di famiglia. Letture solitarie, piegate ripetutamente sugli stessi margini. Molto probabilmente fatte da un’unica persona. Per svago. Non trattano temi medici o giuridici che possano essere utili in un’eventuale professione. Diverse frasi che si accostano alle filosofie esistenzialistiche con varianti inerenti all’ascetismo sono evidenziate più volte. Non è svago, quindi, è solitudine. Eppure queste non sono le condizioni in cui tu avresti mai trattato i tuoi testi. No, tu non li hai toccati nemmeno una volta. L’unico capace di ridurre un libro in questo stato in famiglia è sempre stato-
Oh, Sherlock.
Vorresti quasi non averlo dedotto.
 
 
La dovresti smettere di procrastinare ricordando anime e storie dietro ad ogni oggetto, lo sai. Dovresti aver iniziato già questa mattina ma questo nodo alla gola sembra strozzarti.
Non dovrebbe essere così difficile.
Sei ritornato qui, “a casa tua”, a dover impilare parte di te in pochi scatoloni.
Sei ritornato per dover fare una cernita di tutta la tua vita e lasciare che ciò che non hai considerato strettamente necessario resti qui a marcire per sempre. Una parte di ciò che ti ha formato, che ti ha aiutato a crescere, svilupparti, fiorire sosterà qui, d’ora in poi. Eterno, immobile e silenzioso- come un’aggraziata sposa in una novella di Dickens.
Pronto a deteriorarsi sotto il lento giudizio del tempo.
Ci sono cappotti e camicie che ormai non sono più della tua taglia. Ti stringe il cuore vederli lì, appesi, come se non fosse cambiato nulla. Ma la verità è che tu sei cambiato.
Devi intraprendere la tua strada.
Apri le ante dell’armadio e, inginocchiandoti, dal fondo della cassettiera inizi a spostare lenzuola e federe, pregando che nessuno abbia avuto la malaugurata idea di voler spostare le tue cose. In verità, più della metà dei tuoi vestiti sono ancora in valigia, come se da un momento all’altro dovessi prepararti a scappare, ma l’unica cosa che conta è in fondo a quel cassetto di mogano. La copertina senape, con gli anelli neri in ferro nasconde te stesso al mondo. Raccogli il tuo journal e risistemi tutta la confusione.
Solo un altro minuto di pace, vi prego.
 Non lo potresti definire un diario (come se tu fossi così sciocco da descrivere per filo e per segno cosa stai vivendo). Solo l’idea di tua madre che legge, col suo sorriso sornione, sfumature d’idee e avventure che non hai nemmeno osato immaginare, ti stringe lo stomaco. Non vorresti essere così drastico ma è così semplice pensarlo che non puoi far altro che prendere tutte le precauzioni possibili.
Quindi no, niente inutili sentimentalismi.
È solo un’abitudine che hai coltivato negli anni. Una semplice e lineare raccolta d’idee, immagini e citazioni. Nulla che possa suscitare stupore o deduzioni affrettate.
Appartiene solo a te e ti fa stare bene.
Restare lì, seduto, impugnando una penna e citare Oscar Wilde o Virginia Woolf ti fa sentire- forte. Le loro parole s’incastrano sotto le tue dita e non ti spaventano più i nuovi confini che ha assunto il tuo cuore. Anche ritagliare un’opera d’arte e lasciare che la Venere di Velázquez possa adagiarsi tra le pieghe dei tuoi pensieri e possa essere nascosta dal biglietto della prima play che hai visto insieme a… a lui, è diventato tanto naturale quanto necessario.
Afferri la penna e inizi a riempire qualche pagina.
Quant’è dolce poter affondare in te stesso.
 
 

 
Non ti sei neanche accorto di quanto tempo sia passato, finché non ti ritrovi costretto a dover accendere la luce della lampada. Il sole è ormai tramontato da un po’ e si sta avvicinando l’ora di cena.
 “Mycroft, Sherlock è pronto per la cena, sbrigatevi!”
Come volevasi dimostrare.
Segni una ‘x’ al termine della pagina ma proprio mentre stai per richiudere tutto con un movimento brusco dell’avambraccio, non fai in tempo a riprenderlo che cade lasciando a terra tutti i ritagli più recenti insieme alla tua foto di laurea. Una foto in bianco e nero. Molti potrebbero pensare che appartenga a qualche membro più anziano della tua famiglia ma la verità è che hai sempre trovato affascinante poter spogliare un’immagine della sua tavolozza originale e poterne cogliere l’essenza. Quindi ci sei tu, ritto e sorridente nella tua toga, mentre stringi il tuo cappello di laurea. Felice. È perfetta. I tuoi genitori, allo stesso modo, hanno riposto l’originale nell’album di famiglia.
Toccandola, senti sul retro una consistenza strana, quasi di cartapesta. La rigiri e quattro petali rossi sono attaccati intorno alla tua grafia che nell’angolo a destra recita:
“ Puoi essere tutto quello che vuoi”.
La frase che tua madre, orgogliosa, ti sussurrò mentre ti porgeva i fiori.
Un sorriso ti dipinge di riflesso il viso.
Non la ricordavi più.
Cosa daresti per ritornare indietro.
“Mycroft, sbrigati a scendere!” la voce non più acerba di Sherlock inizia a chiamarti. Volgi gli occhi verso la scrivania e sorridi amaramente verso quei libri che non possono consolare i tuoi occhi lucidi. Sai quanto sia arrabbiato con te e con che forza tu gli abbia devastato il cuore. È così giovane, troppo giovane ed egoista da non capire che anche tu meriti di trovare una strada felice. Hai visto con quanta ferocia Sherlock stia cercando qualcosa a cui appigliarsi per poi assorbirla totalmente. Vuole sentirsi parte di qualcosa che lo possa arricchire e completare. Qualcosa che lo faccia sentire vivo… ma non sa neanche a cosa voler fare riferimento e tantomeno da dove iniziare.
Preferirebbe tagliarsi la lingua piuttosto che esternarlo.
Raccogli tutto e ripieghi nuovamente le lenzuola con il massimo della meticolosità. Sistemi i polsini, rimuovi l’inchiostro tra le dita e raddrizzi la schiena. Niente che le sue deduzioni possano comprendere. È tuo fratello, gli vorrai bene per sempre. Daresti la via per lui.
Non puoi permettere, però, che la tua vita sociale, romantica e sessuale possano diventare la sua nuova ossessione ferendoti ogni volta che vuole.
“Sì, arrivo”.
Rigiri la chiave nella toppa ed esci fuori.
È tempo di andare e ricominciare.
 



 
 


 
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*  Venere di Velasquez: “Venere e Cupido” è un quadro dipinto da Diego Velázquez ed è conservato alla National Gallery di Londra. Il dipinto rappresenta il simbolo della fugacità della bellezza e della vita.
* "Aggraziata sposa in una novella di Dickens" : Miss Havisham, personaggio tratto da “Grandi speranze” di Charles Dickens. Miss Havishman si innamorò perdutamente di un uomo che era, però, interessato solo alle sue ricchezze. Mentre indossava l’abito da sposa, lei  ricevette una lettera da Compeyson e capì di essere stata raggirata ed abbandonata sull'altare il giorno delle nozze. Da quel giorno in poi rimase chiusa in casa da sola nella sua enorme dimora in decadenza, non togliendosi mai l'abito da sposa.
* Oscar Wilde e Virginia Woolf sono delle personalità note che fanno parte della comunità LGBT.
 
   
 
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