Videogiochi > Tekken
Segui la storia  |       
Autore: Angel TR    15/01/2020    3 recensioni
"Cigno nero: la rivalità come pretesto per un confronto con una fondamentale ma repressa parte di sé." (Le Cinematographe)
Eccoli arrivare di nuovo quel vuoto, quel calore, quei brividi che parevano febbre e fu allora che Hwoarang comprese di odiare a morte Jin Kazama.
Hwoarang alle prese con se stesso: sconfitto e solo, non può fare altro che cercare la vendetta. Ma è davvero quello che vuole?
{4^ classificata al contest “Il Lago dei Cigni” indetto da molang sul forum di Efp.}
Genere: Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hwoarang, Jin Kazama
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'Some Boys Wander by Mistake'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Cwtch: non un semplice abbraccio, non un abbraccio qualsiasi, ma un abbraccio affettuoso che diventa un luogo sicuro, quel luogo in cui ci sentiamo veramente a casa, tra le braccia della persona amata.



2) Luce



Non fu come Hwoarang aveva immaginato.
Proprio come in uno spettacolino da bettola, l'elegante Karate di Kazama e l'incessante Taekwondo di Hwoarang sparirono per lasciare il posto alla rabbia e alla maldestrezza delle risse di strada tra teppisti. Le dita di Hwoarang cercarono e trovarono i capelli di Jin: uno strattone, due strattoni. Inizialmente Jin si era limitato a difendersi ma, dopo quella smania, digrignò i denti in un ringhio e gli assestò un cazzotto così forte che il coreano si ritrovò con il sedere a terra.
Ghignò. «Ti piace violento, eh?» insinuò, pulendosi il sangue dal labbro spaccato con il dorso della mano.
Jin lo incitò. «Non ne hai nemmeno idea.» rispose, abbassando la voce di mezzo tono.
Come poteva quella frase risultare così minacciosa e invitante al tempo stesso? Il suo corpo fu scosso da piacevoli brividi che gli diedero la pelle d'oca. Hwoarang viveva per lo scontro ma delle reazioni così spropositate non gli erano mai capitate. I jeans gli comprimevano la circolazione: rialzarsi in piedi fu più difficile del solito.
In quel brevissimo lasso di tempo, Jin parve totalmente cambiato. L'aria malinconica e vagamente apatica che lo circondava era evaporata, sostituita da un'arroganza che ben si manifestava nel sorriso sghembo e nello scintillio nei meravigliosi occhi ambrati del ragazzo. La sua postura era tesa, come una pantera pronta a scattare sulla preda. Si passò le dita fra le ciocche scure come ebano, senza mai staccare lo sguardo dal suo, in un gesto lento che a Hwoarang mozzò il fiato.
«Ah, Hwoarang… Non impari mai.» lo riprese divertito; solo che la sua voce, roca e lasciva, non suonava assolutamente come quella di Jin.
Il ragazzo l'osservò, vigile, misurando il perimetro. L'ambiguità di Jin l'aveva sempre affascinato, attratto e respinto allo stesso tempo. Il suo avversario si sfilò la felpa, rivelando la pelle della stessa sfumatura della sabbia del deserto, nonostante il freddo.
Scoprì i denti in un sorriso provocatorio. «Hai paura?»
Come tutti gli esseri viventi, Hwoarang possedeva l'istinto di sopravvivenza che, al momento, gli intimava di fuggire da quella tana maledetta e tornare in Corea a gambe levate. Peccato che lui, nella tipica arroganza dei giovani, non desse mai troppo retta al sesto senso, troppo sicuro della forza della sua arte di combattimento. Quindi, iniziando a giocare allo stesso gioco del suo avversario, rispose alla sua domanda con un gesto piuttosto volgare della mano.
Una leggera risata sgorgò dalla gola di Jin, così sensuale da fargli venire la pelle d'oca. «Vedremo.» commentò, in modo ambiguo.
Cosa?, si chiese Hwoarang, confuso, prima di parare l'attacco di Jin. Questa volta, i colpi si fecero più precisi e potenti, la furia precedente alimentava appena una calma e una sicurezza, quasi una superficialità, nella sua tecnica. Più che un combattimento alla pari, a Hwoarang parve che Jin stesse solo giocando con lui, come il gatto con il topo. Se questo è solo l'antipasto, cos'ha in serbo? Non mi pareva trattenersi ieri durante il Torneo, rifletté, vagamente intimorito.
Intento a schivare i pugni che ormai si erano trasformati in proiettili, Hwoarang non si rese conto che Jin l'aveva trascinato dritto dritto nella sua trappola: era spalle a muro. «Stronzo.» sibilò fra i denti, lanciandogli un'occhiata piena di rabbia.
Gli occhi di Jin vagarono sul suo viso, accesi da una strano bagliore che fece scendere un brivido lungo la schiena del ragazzo intrappolato. Si avvicinò, fin quando il suo alito si fuse con quello di Hwoarang che fu colto dalla repentina sensazione che l'oggetto del suo odio più profondo stesse per baciarlo.
Per quale assurdo motivo si sentiva tanto spinto ad assecondarlo?
Terrorizzato da quell'ondata di emozioni sconosciute – e ancor più terrorizzato all'idea di identificarle – gli sferrò un pugno dettato dalla consapevolezza di essere stato sconfitto di nuovo. Un pugno che, contro ogni aspettativa, lo centrò in pieno volto, spedendolo a terra e così Hwoarang poté finalmente prendere fiato, appoggiando la schiena al muro.
Il cuore gli batteva all'impazzata. «Vaffanculo, Kazama. Sei un pervertito del cazzo.» riuscì a dire tra gli ansiti.
Massaggiandosi la guancia arrossata con la mano, Jin si girò verso di lui, lo sguardo illuminato dalla rabbia.
«Ti ho battuto, stronzo.» affermò il coreano, ghignando.
Jin si rialzò. Stranamente, sembrava cambiato di nuovo: la portentosa aura di potere che l'aveva circondato si era dileguata.
«Ora ti riconosco!» esclamò Hwoarang, rimettendosi in posizione. Non era ancora sazio: aveva bisogno di lottare fino allo sfinimento, fino a che Kazama non avesse implorato pietà.
Jin ancorò il suo sguardo come se volesse scavargli dentro. «Tutto ciò è veramente patetico, Hwoarang. Pensi di volermi distruggere ma quello che vuoi è distruggere te stesso. Dovresti smetterla e seguire il tuo istinto.» disse, avanzando. Lo stava sfidando, di nuovo. «Avanti. Baciami.» piazzò le braccia ai lati della sua testa, intrappolandolo esattamente come prima.
Non è possibile. Questa situazione è assurda. Non sta succedendo veramente, pensò Hwoarang, osservandolo sconvolto.
Lo spinse via senza risultato: Jin pareva un macigno che non si poteva spostare, come se avesse messo su una tonnellata. Com'era possibile? Hwoarang doveva avere un'espressione proprio atterrita perché il suo rivale atteggiò le labbra in una smorfia. «Sei così umano. Così debole. Se ti dicessi che tutto questo non è reale e che sta succedendo solo nella tua testa, cederesti?» gli chiese in un sussurro.
Hwoarang scosse la testa. «Che cazzata.» commentò, tentando di evitare gli occhi penetranti dell'oggetto del suo odio, schiacciando quanto più possibile la schiena al muro; ma, dovunque cercasse una via di fuga, trovava le braccia di Jin che lo ingabbiavano.
Gli sollevò il mento con un dito. «Hwoarang.» lo chiamò, come se veramente avesse a cuore la sua salute mentale. «Smetti di combattere una battaglia che sei destinato a perdere. Scoprirai che potresti vincere ben altro.» consigliò, la sua voce un rollio calmo e convincente a cui Hwoarang voleva aggrapparsi con tutto sé stesso.
Squadrò Jin con diffidenza. «Ti sei drogato, vero?» insinuò per smorzare quella luce serena che balenava negli occhi dell'avversario e che gli faceva perdere la poca lucidità rimasta.
Jin si avvicinò fino a che il battito del suo cuore rimbombò nelle orecchie di Hwoarang, fino a quando la sua vista si riempì dell'ambra fusa dello sguardo del maledettissimo stronzo, fino a quando le ciocche scure sfiorarono la sua fronte. Il rivale lasciò scorrere il dorso della mano lungo le sue braccia e Hwoarang non poté far altro che rabbrividire. Il suo cervello si era staccato e non riusciva più a far fluire i pensieri, come se avesse dimenticato chi fosse, quale fosse il suo posto nel mondo – ma, in realtà, Hwoarang non l'aveva mai saputo. Eppure, mentre Kazama gli sfiorava piano, quasi assaporandola, la pelle febbricitante, ormai nuda, Hwoarang avvertì una sensazione che pareva quasi estranea tanto gli era poco familiare: la sensazione di trovarsi esattamente dove avrebbe dovuto.
«Lasciati andare.» gli bisbigliò Jin alle orecchie in un filo di voce appena roca. La mano di Hwoarang scattò automaticamente, infilandosi tra le ciocche setose del suo rivale. Rivale… Era davvero così? Jin era effettivamente la sua nemesi oppure era la personificazione di tutto ciò che Hwoarang avrebbe voluto essere? O – ancora un'altra possibilità che si sarebbe manifestata solo se lui fosse stato veramente sincero con sé stesso – Jin era tutto ciò che avrebbe voluto? Qualcuno al suo fianco, che gli tenesse testa, che apprezzasse ogni strato che lo componeva, che fosse al tempo stesso il suo opposto e il suo sosia. La metà perfetta della mela.
Hwoarang aveva sempre ripetuto come un mantra, fino a convincersi, di non aver bisogno di nessuno, che solo al suo maestro doveva gratitudine, affetto e lealtà, e che nel suo team perfetto figuravano lui, lui e ancora lui. Solo che, mentre Jin gli sfiorava la carotide con le labbra morbide, nella sua mente fiorì spontanea una domanda: e se proprio lui fosse il partner ideale per il suo team dei sogni? Se proprio lui rappresentasse la chiave per aprire le porte di una vita migliore, più stabile, più serena? Avrebbe voluto cercare più a fondo la risposta a tutte quelle domande ma Jin aveva cominciato a lambire un angolo imprecisato tra l'ombelico e il basso ventre e Hwoarang non poté fare altro che inclinare la testa e lasciarsi sfuggire un ansito. E poi il tocco umido salì, intervallato da baci leggerissimi come piume, su fino alle clavicole, alle spalle, al collo, alla guancia.
«Tu sei come me, Hwoarang.» gli sussurrò Jin a fior di labbra, prima di catturarle tra le sue, infilandogli le dita tra le folte ciocche rosse per attirarlo a sé. Lo baciò come se la sua vita dipendesse da quel gesto, abbandonandosi a gemiti che infiammarono ancor di più il sangue nelle vene di Hwoarang. Nonostante avesse chiuso gli occhi, il coreano poté udire il tintinnare della cintura slacciata, il fruscio dei jeans sfilati e, soprattutto, poté sentire il calore del marmoreo corpo nudo del suo rivale.
Hwoarang dovette aggrapparsi al bancone della cucina per non crollare sotto le carezze incessanti del ragazzo. Pareva che entrambi avessero atteso quel momento così a lungo da non riuscire a controllare più l'istinto, così aggrovigliati tra di loro da non poter essere distinti l'uno dall'altra.
«Ammettilo, Hwoarang.» gli intimò Jin, mordendogli appena il labbro inferiore. «La tua vita ruota attorno a me.» rivelò al suo orecchio, prima di dedicargli un ghigno arrogante. Era proprio uno stronzo. Dov'era finito il ragazzo scostante e freddo dell'ultimo match?
Hwoarang sbarrò gli occhi e scosse la testa.
Jin inclinò la testa, uno scintillio divertito nei suoi occhi. «No? Sicuro?» lo stuzzicò.
Gli scoccò un'occhiata così sensuale da arroventare l'aria e accettò la sfida, consapevole di averla già vinta. Il suo tocco delicato ma fermo sulla zona più sensibile del corpo di Hwoarang gli mozzò il fiato. Senza dargli nemmeno il tempo di respirare, Jin si avventò di nuovo sulle sue labbra. Le scariche di piacere gli lacerarono il ventre. E mentre Kazama si beava pomposo del potere che aveva su di lui, l'antico sentimento di repulsione riemerse prorompente, acido come bile.
«Io non sono come te, Kazama.» ringhiò a denti stretti, così furioso da non riconoscere nemmeno la propria voce.
Un filo di lucida follia fece sì che le dita aggrappate al bancone riconoscessero un'impugnatura familiare, talmente familiare che si strinsero automaticamente attorno a essa. Quante volte aveva usato quell'oggetto per affettare salumi, procurandosi anche qualche taglio? Sapeva per esperienza quanto fosse micidiale la lama di un coltellaccio da cucina.
Quel pensiero sfrecciò molto meno rapidamente della lama, stretta nella sua mano, che calò a picco sul viso d'angelo di Kazama una, due, tre volte.
La lama grigio ardesia, lo stesso grigio delle mura degli spogliatoi del Tekken, si intinse di sangue rosso, dello stesso rosso dei capelli di Hwoarang – eppure, fino a quel momento, avrebbe giurato che il sangue di Jin fosse blu, come quello degli imperatori.
Il petto che gli si alzava e abbassava furiosamente, Hwoarang osservò il suo rivale accasciarsi sul gelido pavimento in una pozza di sangue. I suoi occhi ambrati scattarono un'ultima volta verso di lui.
«È davvero questo quello che sei disposto a fare pur di non ammettere cosa vuoi?» chiese in un rantolo.
Hwoarang lo guardò senza capire, il suo cervello completamente offuscato, come avvolto da una coltre di nubi. Questo cosa? Perché Kazama era steso lì per terra? Da dov'era uscito tutto quel sangue? E poi vide il coltellaccio tra le sue mani sporche, sporche del sangue di Jin, e capì. Il coltello gli scivolò tra le dita. Hwoarang indietreggiò.
Avrebbe voluto dire qualsiasi cosa ma le parole gli si mozzavano in gola, come un boccone mal digerito, bloccandogli la respirazione. Le gambe non ressero il suo peso e lui cadde bocconi, finendo per affondare le mani nella pozza che si allargava sempre più.
Una mano gli accarezzò la guancia.
In lontananza, Hwoarang scorse il pacchetto rosso bruciare.


All the time it's trying to break me
Every lie is trying to take me
Now I find I'm dying to save me


Annaspò, cercando disperatamente aria per i polmoni.
Hwoarang si alzò di soprassalto, la maglia incollata al torace sudato. Sollevò tremando le mani davanti agli occhi e sospirò di sollievo nello scorgerle pulite e immacolate.
Che cazzo mi sono mangiato per fare un sogno del genere?
L'immagine di Kazama che moriva l'avrebbe tormentato fino alla fine dei suoi giorni. Deglutì due volte prima di aver il coraggio di posare i piedi sul pavimento e brancolò fino al bagno per sciacquarsi il viso con acqua fresca. Si guardò allo specchio e sbuffò. «Che faccia di cazzo! Guarda un po' se Kazama deve ridurmi così anche nel sonno.» imprecò.
Ritornò nell'unica stanza per buttarsi sul letto, ancora sconvolto dal sogno o, meglio, incubo. Stizzito, si girò sulla pancia per cercare di sfilarsi i jeans – strano, non ricordava di averli indossati. Nel divincolarsi, notò un pezzo di carta nella tasca. Un brivido scivolò lungo la sua schiena mentre, lentamente, le sue dita si avvicinavano al lembo di carta per tirarlo dalla tasca.
«Ci vediamo da me per la rivincita.» lesse ad alta voce, assimilando il messaggio. Osservò i Kanji a lungo, fino a che questi non volteggiarono, accavallandosi tra di loro.
Un senso di nausea gli bloccò la gola. Allora era stato il biglietto a scatenare quel delirio, pensò.
«Ad Asakusa.» bisbigliò Hwoarang e s'impose di non sussultare quando lesse l'indirizzo: era lo stesso che ricordava di aver memorizzato nel sogno.
E tutto si ripeté esattamente come nell'incubo.
Spese i suoi ultimi yen per la metro, incontrò le signore dell'intimo rosso. «Tieni, tieni! Ora sei sveglio. Ora sai.» rivelò misteriosa la stessa signora che aveva insistito nel porgergli il pacchetto. Lui accettò il dono senza fare troppe storie ma continuando a non avere ben chiaro il suo ruolo né quello delle anziane. Che fossero streghe o spiriti?
E adesso arriva Kazama, ricordò Hwoarang, vagamente intontito, mentre soppesava il pacchetto.
«Accettalo.» disse una voce profonda e serena come un vento di primavera.
Era la stessa voce che aveva imparato a conoscere con dolore eppure le gambe di Hwoarang ruotarono di centottanta gradi e le sue braccia si avvolsero attorno alle spalle di Kazama, le dita ancora strette attorno al regalo rosso. Il corpo del ragazzo si schiantò letteralmente contro quello di Jin che sussultò, sorpreso.
Il mondo, che fino a quel momento aveva girato come una trottola impazzita, finalmente si fermò.
«Tutto bene?» chiese a bassa voce, avvertendo il suo turbamento.
Hwoarang non seppe far altro che annuire mentre accoglieva dentro di sé la sensazione dolce e ormai non più estranea di trovarsi esattamente dove avrebbe dovuto essere.
E, quella volta, era sicuro che non si trattasse di un sogno ma della realtà. Strinse più forte a sé Kazama, senza smettere di tastarlo per assicurarsi che fosse pulsante di vita. Il battito del suo cuore, già ascoltato nel sogno, il ritmo del suo respiro, il suono rasserenante della sua voce: come poter spiegare a parole il sollievo che provava nel poter assistere a tutto ciò? Come spiegargli che la sua reazione era la conseguenza di un incubo maledettamente reale?
«Non era un incubo, sciocco ragazzino, ma il destino, una delle possibili realtà che avresti plasmato se ti fossi crogiolato nel tuo finto odio e se avessi continuato a reprimere te stesso e i tuoi sentimenti.»
Hwoarang sollevò appena la guancia dalla spalla di Jin per lanciargli un'occhiata confusa. «Cosa dici?» chiese.
Jin inclinò la testa. «Non ho detto nulla.» rispose, ricambiando l'occhiata.
Hwoarang si limitò ad alzare le mani e posò nuovamente la guancia sulla spalla poderosa del ragazzo, sospirando beato. «Strano, sembrava proprio la tua voce.» commentò, senza dare troppo peso all'accaduto.
Non poté vedere l'ombra di apprensione che velò gli occhi di Jin – anche perché questa si dissipò piuttosto velocemente. «Mi fa piacere vedere che tutto si sia risolto tra noi.» commentò, vagamente divertito.
Mentre Hwoarang annuiva vigorosamente, intravide le loro ombre proiettate sul suolo, fuse tra di loro nell'abbraccio, e gli scappò un sorriso che, però, non raggiunse le guance. Qualcosa non quadrava nelle sagome: l'ombra di Jin si protendeva più del dovuto, come se dalla sua schiena spuntassero… Una risatina proruppe dalla sua gola perché, appena aveva sbattuto le palpebre, il gioco di luci e ombre era scomparso.
Jin doveva proprio pensare che fosse pazzo, considerò Hwoarang, concedendosi un sorriso. Eppure, mentre veniva cullato dalle braccia del suo ex acerrimo rivale, francamente se ne infischiò.


But down inside I care a little less lately
From Ashes to New - Breaking Now


"Non c'è luce senza ombre e non c'è pienezza psichica senza imperfezioni. La vita richiede per la sua realizzazione non la perfezione, ma la pienezza. Senza l'imperfezione non c'è né progresso né crescita.“
Carl Gustav Jung



Note:
-Il quartiere di Asakusa viene davvero chiamato "Harajuku delle nonne"! XD quale quartiere più indicato di questo per Jin? È famoso questo intimo rosso che scaccia il male… che le vecchiette fossero a conoscenza dello spirito in Jin?
- Ho immaginato un Torneo organizzato per continenti in una fase iniziale.
- Perdonate il mio uso improprio e profano della psicologia analitica di Jung. Blame it on BTS (e ascoltate il bellissimo intro del nuovo album!)
- Il titolo è palesemente ispirato al film "Black Swan" e al pacchetto. Nonostante mi incuriosisca molto, non l'ho mai visto, ho letto varie recensioni più che altro… Lo vedrò, prometto xD ammetto che sembra poco originale ma era proprio il senso che volevo dare alla storia.
- Il pacchetto era tagliato su misura per loro due, we! In realtà ero indecisa su loro e LilixAsuka ma non lo vedevo abbastanza dark come pairing per reggere questo pacchetto. Dovendo scegliere, ho optato per HwoarangxJin.
- Ho sempre trovato l''espediente del sogno molto interessante
- Ovviamente volevo che ne uscisse qualcosa di meglio ma spero di aver espresso il conflitto all'interno di Hwoarang.
- il singolo dei BTS si chiama "Black Swan". Non era programmato, lo giuro AHAHAHAHHA anche loro shippano Hwoarang e Jin ahahahha

  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Tekken / Vai alla pagina dell'autore: Angel TR