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Autore: OneDayYoureGonnaFly    16/01/2020    0 recensioni
"Lo seguo senza troppe esitazioni, come la notte segue il giorno, come se lo avessi sempre fatto, fidarmi di lui mi sembrava una cosa così naturale..."
"Ed è così che la nostra storia è iniziata, come un lampo a ciel sereno in un giorno di piena estate. Come un treno che passa veloce in un paesaggio deserto e lo sconvolge, facendo tremare le foglie e piegare i fili d’erba..."
Genere: Fluff, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Andy Dermanis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Entro in casa e vado di corsa a farmi una doccia. Dalla finestra del bagno posso vedere i colori della città e la gente che cammina veloce. Abito in un quartiere vicino ad un piccolo parco pieno di alberi alti e robusti. Se guardo lontano intravedo l’insegna di Mon petit Bistrot. Sembra uno di quegli antichi cartelli in legno, rovinato dalle intemperie e dal tempo che passa inesorabile sopra le cose. Regala a quel posto qualcosa di ancora più magico e suggestivo. Uno stile che unisce il vecchio al nuovo, le cose familiari e le cose lontane ed estranee. Parigi, così distante indietro nel tempo, ma così vicina al mio cuore. È stata per me e la mia famiglia simbolo di gioia ma anche di dolore prima di trasferirci qui a Londra. Mi riprometto tutti gli anni di tornarci, ma da quando vivo da solo è diventato tutto più difficile.
Di colpo l’acqua diventa fredda e penso sia il segnale che devo darmi una mossa, devo ancora scegliere i vestiti – so che sarà una cosa che mi richiederà molto tempo – e provare per le ultime volte la canzone al pianoforte.
Spengo l’acqua con il fianco, metto una mano fuori e palpo letteralmente il muro alla ricerca dell’accappatoio. Una volta trovato, lo indosso ancora dentro la doccia. Non voglio uscire, penso che sotto la doccia potrei starci ore. È tra i miei posti preferiti per pensare e per sognare. L’acqua calda che mi scorre addosso, leggera e inarrestabile mi rilassa. Sembra quasi accarezzarmi.
Metto un piede sul tappeto e mi trascino fuori. Mi asciugo quel tanto che basta. Mi passo un asciugamano sui capelli fradici e poi lascerò che il caldo asciughi il resto. Scendo in mutande e spengo il condizionatore – va bene che fa caldo, ma ho un provino e i miei capelli sono ancora bagnati, non sono così sconsiderato. Non ancora per lo meno! –
È quasi mezzogiorno e sono seduto al pianoforte, un sospiro, chiudo gli occhi e mi lascio trasportare dalla musica. Faccio esercizi per scaldare la voce e provo più e più volte. L’ho scritta due anni fa, ha un inizio allegro, un inizio che ti fa entrare totalmente nel mood della canzone. Stranezza e tenerezza, voglia di rivincita e rinascita, ma soprattutto euforia.
Miami, 3 del mattino, ho vent’anni sto tornando dallo studio e sto aspettando un amico alla stazione di servizio per andare a casa. Lì accanto a me c’è un signora, 40, 50 anni, non lo so. So solo che si chiama Carolina. Io sto tornando dal lavoro per andare a dormire e lei sta per cominciare. Una notte, dopo qualche mese, lei non c’è più. Londra 3 del mattino, ho ventuno anni, sono nel mio appartamento, seduto al mio pianoforte e scrivo questa canzone pensando a Carolina, la donna della notte.
Quella notte ho lasciato che le parole uscissero senza troppi pensieri e appena ho messo le dita sui tasti e ho premuto le prime note, come se la mia mente avesse già deciso ho prodotto dei suoni bizzarri… ma erano esattamente quello che volevo.
Tum tatari rari tum, tarari rari tum tarari rari…
Ero molto felice quando l’ho scritta, tutto stava andando bene nella mia vita. Oggi sono molto felice, tutto mi sembra andare bene. Sono molto scaramantico e questo mi sembra un segno non da ignorare. Penso proprio di aver scelto la canzone adatta per fare colpo. Provo un sentimento di euforia, che mi ha lasciato addosso l’energia della canzone, misto ad una sana agitazione. Decido di non voler lasciare andare questo sentimento. Decido di lasciare che mi accompagni per tutta la giornata. Penso che mi porterà fortuna, o almeno, lo spero.
Provo e riprovo esattamente 9 volte. E poi mi fermo. 9. Sbarro lo sguardo, lascio lentamente che i muscoli delle mani si rilassino sulla tastiera. Sorrido. Ieri era il 18.
1+8=9.
Chiudo gli occhi mentre sorrido ancora. Sento come se tutto fosse collegato. Non ho mai avuto un numero che ritenessi il mio numero fortunato, ma mi sono sempre affidato agli eventi. Se in un periodo mi capitava di fare una cosa molto bella magari la legavo al numero della data. O se magari ero su un autobus e ricevevo una telefonata importante, per un certo periodo consideravo il numero dell’autobus come mio numero fortunato. Mi è capitato anche di sbagliare, ma insomma… l’ho detto sono scaramantico e mi piace pensare a queste cose.
Oggi posso dire che mi sento legato al 9. E sento che mi porterà fortuna.
Appoggio i palmi delle mani sul bordo del piano, mi spingo indietro e mi alzo dallo sgabello. Resto per un attimo a guardare i tasti, li accarezzo e chiudo il coperchio.
L’orologio segna le pochi minuti alle 14. Mi preparo da mangiare qualcosa di veloce e poi corro a scegliere i vestiti. Penso ad alta voce: “L’appuntamento è alle 16.20” solo dicendolo mi rendo conto che anche la somma di questi numeri fa 9, e a pensarci bene anche stamattina mi sono svegliato alle 9.
“Assurdo!” esclamo sempre più sorridente. “Insomma in ogni caso se l’appuntamento è alle 16.20 devo uscire di casa alle 16 perché ho circa dieci minuti di strada a piedi, e questa volta sono io che voglio essere puntuale. Anzi, in anticipo giusto per non sbagliare” e poi non volevo deludere Jules.
Salgo in camera e apro l’armadio come fosse un sipario. Resto a fissarlo. “Non ho niente da mettere!” ma poi come un flash mi ricordo di aver comprato qualche tempo fa dei pantaloni light blue e una camicia bianca con lo scollo alla coreana e delle pieghe sul davanti. Li indosso e penso proprio che siano perfetti. I pantaloni sono leggeri e la camicia anche, spero non mi tengano troppo caldo. - Vorrei evitare di presentarmi con la pezza sotto le ascelle. -  Rido e mi si arriccia il naso come al solito.
Ho fatto in fretta a scegliere i vestiti, ed è presto. Penso di meritarmi un’altra doccia. Aver tenuto il condizionatore spento non è stato d’aiuto. Prima di stropicciare la camicia la tolgo, l’avrò tenuta su un totale di dieci secondi, il tempo di girare lo sguardo e guardarmi allo specchio, c’è ancora l’aria condizionata spenta e non volevo sudare e non poterla più mettere.
Metto delicatamente i vestiti sul letto. Apro il cassetto e prendo le calze contando 9 a partire dal fondo – giusto per dare inizio ad una serie di gesti scaramantici legati al mio numero di oggi. – Ho scelto proprio le più colorate che ho. - Vado nell’altra stanza, apro la scarpiera e con solo una mano prendo delle Converse bianchissime. Sono nuove, stavo aspettando questo giorno per metterle. Con l’outfit che ho scelto stanno benissimo, nemmeno l’avessi fatto apposta.
Faccio una doccia, mi sdraio sul letto di traverso per non stropicciare i vestiti, imposto una sveglia dopo mezzora così da essere sicuro di non arrivare in ritardo, o peggio ancora, non andarci proprio. Mi addormento quasi subito. Non era proprio mia intenzione dormire, puntavo a riposarmi un po’. Beh va beh, si vede che ne avevo bisogno, giustifichiamoci così ahah!
Bip bip, bip bip
Mi sveglio, e guardo verso i miei piedi, sono ancora in accappatoio. Mi stiracchio emettendo uno strano gridolino, ho sfiorato il falsetto... “Classico”, borbotto con voce impastata. Sul mio viso compare una smorfia tra l’essere soddisfatto di quello che avevo appena fatto e l’essere tremendamente assonnato, più stanco di prima. - Sono proprio idiota, lo so che quando faccio il riposino il pomeriggio poi mi sveglio che non so nemmeno in che galassia mi trovo. -
15.31.
Ho tempo di vestirmi e con calma e di bere del tè con lo zenzero per la voce. Come prima cosa vado a preparare il tè così che si raffreddi. Poi vado in bagno, mi lavo la faccia con l’acqua fresca e ne bevo un po’ dalle mani. Appendo l’accappatoio e vado nell’altra stanza camminando nove passi a destra e nove passi a sinistra. Certe volte mi chiedo come io faccia a inventarmi certe cose!
Mi vesto e torno giù. Bevo la tazza di tè in due sorsi e faccio dei gorgheggi. Cammino verso il pianoforte e apro il coperchio, accarezzo i primi 9 tasti delle note della canzone. Faccio un sospiro e prego che tutto vada bene. Ricordo le parole di Jules “Sarà un successone!” lui ha sempre ragione. Ha un sesto senso per le cose.
16.00
Esco di casa. Adesso l’agitazione si fa sentire. Cerco di non pensarci e di ricercare in me il sentimento di euforia che avevo detto volevo mi accompagnasse per tutta la giornata. Penso che oggi potrebbe radicalmente cambiare il mio futuro. Mi sembra assurdo che quando ero piccolo volevo fare il direttore d’orchestra e lavorare in teatro, quando adesso sto andando ad un appuntamento per incidere una canzone pop, e magari anche un disco.
Cammino per la strada investito da mille pensieri che si fanno sempre più confusi mano a mano che mi avvicino allo studio. So la strada a memoria, non c’è nemmeno bisogno che presti attenzione a dove vado. L’appuntamento è vicino ad un negozio di musica in cui andavo spesso l’anno scorso. C’è stato un periodo in cui penso di aver passato più ore lì aiutando il proprietario a sistemare mentre mi raccontava tutto quello che sapeva della cultura musicale, che in casa mia.
Alzo lo sguardo, sono arrivato e Jules è già lì. Ha la testa bassa e sta leggendo qualcosa su un fascicolo.
“Ei” dico ad alta voce rendendo la mia andatura simile ad una corsetta per raggiungerlo
“Mika!”, guarda il suo orologio, “Sei addirittura in anticipo! Non me l’aspettavo” dice ridacchiando
“Si, mi sono ripromesso che non volevo farti aspettare e che dovevo essere puntuale”, Jules sorride alle mie parole e mi mette una mano sulla spalla.
“Come stai? Sei pronto?”
“Sono agitato. Non si vede?”
“Ma no, mi sembri fresco e prontissimo a spaccare tutto!”. Sapevo che mentiva. Non sono mai stato bravo a nascondere le mie emozioni! Ma fa niente, so che mi aveva detto così per evitare che mi agitassi ancora di più.
Mi spinge delicatamente verso la porta e mi dice “Andiamo!”
Saliamo le scale e Jules mi chiede dove fossi finito ieri sera. Sul mio viso compare imbarazzo e lui inizia a prendermi in giro. Vuole sdrammatizzare la tensione e ci riesce benissimo, perché inizio a sorridere dicendogli che è uno stronzo! – si lo so, sono sempre molto gentile ahaha –
La segretaria ci dice di aspettare, ci chiamerà quando il direttore sarà pronto. Ci sediamo di fronte alla porta dietro la quale il mio futuro mi sta aspettando. Guardo la targhetta “We discover your talent since 1999”.
Lo sguardo mi si illumina e mi calmo improvvisamente. Eccolo! Il mio numero, addirittura scritto tre volte. Torna in me il sentimento di oggi pomeriggio. Ci chiamano. Esce un uomo sorridente, totalmente diverso da come me lo aspettavo.
Mi alzo, Jules mi segue. Vado verso la porta ripetendomi sottovoce “Andrà bene, andrà bene…”
   
 
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