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Autore: heliodor    16/01/2020    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Tutto ciò che resta
 
Bryce si trascinò verso il gazebo e si lasciò andare sui gradini. Aveva ancora gli occhi gonfi di lacrime. Anche se gli alberi erano bruciati e l’erba rinsecchita, i ricordi la travolsero.
Poche Lune prima aveva sostato sotto quello stesso gazebo, in una notte così limpida che li aveva costretti a uscire per osservare il cielo stellato.
Bato aveva raccontato le leggende che circolavano su ognuna delle costellazioni, mentre Djana se ne stava in silenzio e sembrava pendere dalle sue labbra.
Vyncent li osservava divertito, come un fratello maggiore che vegliava quelli più piccoli e indifesi. Bardhian come al solito era al suo fianco e sembrava ammirarlo, quasi aspettando il suo permesso per parlare. Elvana era silenziosa e meno battagliera del solito.
“Sembri stanca” le aveva detto Bryce sedendo con lei sui gradini.
Elvana aveva grugnito una mezza risposta.
“Non vedo la tua nuova protetta” aveva detto. In quel momento si sentiva così felice e in pace da poter persino tollerare il pensiero che la strega rossa fosse entrata nel loro ristretto gruppo.
“Ho preferito lasciarla riposare. Per stavolta.”
Bryce aveva annuito. “Ci stai mettendo davvero molto impegno con la strega rossa.”
“Si chiama Sibyl. O almeno così dice.”
Bryce si era accigliata.
“È una dannata bugiarda” aveva proseguito Elvana. “Ed è un’incapace. Appena sufficiente, se ben guidata. E bastonata.”
“Non un buon acquisto, allora. Penso che dovremo allontanarla dal gruppo. Tu che ne dici?”
Elvana le aveva rivolto un’occhiataccia.
“Che cosa ho detto di male?”
“Non ti azzardare a cacciarla via” aveva risposto.
“Cos’ha di tanto speciale?”
“Niente. È per questo che voglio che resti.”
“Ma se non ha nessuna dote eccezionale…”
“È già tanto che sia sopravvissuta a tutto quello che ha passato. Ha affrontato Rancey e ne è uscita viva. Nonostante tutto.”
“Hai detto tu stessa che è una bugiarda. Chi ti dice che abbia davvero ucciso Rancey?”
“Il fatto che non lo abbia mai detto.”
Bryce aveva scosso la testa.
“Non si è mai vantata di averlo fatto. Ha detto fin dall’inizio che Rancey ha usato un sigillo di morte.”
“Che differenza fa?”
“Una bugiarda si sarebbe vantata di averlo ucciso in duello, non certo di essere fuggita via. E poi c’è quello che dice Gladia di Taloras.”
“Un’altra dannata bugiarda.”
“Pensala come vuoi, ma ha impressionato l’inquisitrice. Non è una cosa da tutti.”
“Va bene, può restare” aveva risposto Bryce. “Ma non deve toglierti tempo prezioso per i tuoi incarichi.”
“Incarichi?” aveva risposto lei. “Finora non è che abbia fatto molto. A parte badare a te e fare in modo che non ti ammazzassi.”
“E io ho badato a te” aveva risposto Bryce.
Elvana aveva riso. Una delle poche volte che l’aveva vista fare una cosa del genere. “Tu avresti badato a me? E quando?”
“Sono io che bado a entrambe” aveva detto Vyncent sedendosi alla destra di Bryce.
Elvana aveva fatto schioccare la lingua. “Tu devi badare solo ai fatti tuoi, Londolin. E da quando origli alle nostre conversazioni?”
“La tua voce è così alta che ti stanno sentendo fino al porto” aveva risposto lui.
“E tra poco ti sentiranno anche gridare se non la smetti” aveva risposto Elvana. Quindi si era alzata di scatto. “Io vado a riposare. Col vostro permesso. E anche senza” aveva concluso con un mezzo inchino.
Bryce l’aveva vista allontanarsi al piccolo passo. Uno alla volta anche gli altri erano andati via. Prima Bardhian e poi Bato trascinato via da Djana.
Aveva fissato in silenzio le ombre della notte che si allungavano sul prato rigoglioso. La fortezza era illuminata dalle torce e poche finestre emanavano una luce tenue.
Vyncent aveva sospirato ma non si era mosso. Bryce sentiva il calore emanato dal suo corpo trasferirsi al suo anche tramite quel leggero contatto tra le loro spalle e i fianchi.
“Vuoi rientrare?” le aveva chiesto Vyncent.
Lei aveva scosso la testa. “No. È così bello qui. Così tranquillo.”
Vyncent aveva annuito. “A volte ho quasi l’illusione che la guerra non sia mai iniziata.”
“Se non fosse mai iniziata, ora non saremmo qui, sotto questo meraviglioso cielo stellato.”
“O forse ne staremmo ammirando uno diverso, da qualche altra parte.”
“Magari a Valonde.”
Lui aveva annuito. “Ti manca?”
“Certo.”
“Vorresti tornarci, un giorno?”
“Solo dopo aver vinto la guerra.”
“Ci saranno altre guerre.”
“Vinceremo anche quelle. Vinceremo tutte le guerre che dovremo combattere e poi torneremo a casa.”
“La mia casa non esiste più.”
Bryce aveva ricordato spesso quello che era accaduto a Londolin. L’attacco dell’orda era stato improvviso e violento e non aveva lasciato scampo ai difensori. Era stato un massacro che aveva spazzato via l’intero circolo di Londolin.
“La tua casa adesso è Valonde” aveva risposto Bryce. “Ormai sei uno di noi.” Stava per dire famiglia, ma ci aveva ripensato. “Riguardo a quello che è accaduto a Orfar…”
Non ne avevano parlato molto e gli altri avevano mantenuto il segreto, anche se né Bryce né Vyncent avevano chiesto loro di farlo.
Sono i migliori compagni che potrei desiderare, aveva pensato Bryce. No, non compagni. Amici, si era corretta subito.
“Bryce, io…”
“Posso dispensarti dai tuoi voti” aveva detto subito.
Lui l’aveva fissata a lungo. “Pensavo fossi convinta di quello che stavi facendo.”
“Lo ero” si era affrettata a dire. “E lo sono ancora. Io ti amo e questo non posso negarlo, né nasconderlo. Almeno non quando sono in tua compagnia.”
“Lo stesso vale per me. Che cosa è cambiato da Orfar?” le aveva domandato.
“Niente, ma so che stai soffrendo. Dentro di te.” Ci aveva riflettuto a lungo prima di giungere a quella conclusione.
Vyncent l’aveva fissata serio. “Cosa te lo fa pensare? Pensi che sia pentito?”
“Penso che tu tenga troppo al tuo onore per accettare quello che è successo.”
Vyncent aveva annuito grave. “Ho messo da parte l’onore per te. Era il minimo che potessi fare, dopo che sei quasi morta con Aschan per salvarmi.”
“Volevo salvare Orfar.”
Lui aveva sorriso in quel modo meraviglioso che solo lui sapeva fare. “Bugiarda. Sei come la strega rossa.”
Lei era arrossita. “Taci” aveva esclamato. “Non osare paragonarmi a lei.”
“Potreste essere buone amiche, se tu lo volessi.”
“Così non ti stai guadagnando la mia stima” aveva risposto lei divertita. “Quella mezza strega selvaggia ha colpito anche te, oltre che Elvana. Ti credevo più forte.” Aveva scosso la testa.
“Perché ce l’hai tanto con lei? Non è per via di Rancey, vero? Sai bene che quel maledetto non ti avrebbe mai confessato dove ha portato Joyce. Si sarebbe ucciso, piuttosto.”
“Lo so” aveva ammesso.
Lui l’aveva fissata in silenzio.
Bryce aveva tratto un profondo sospiro. “È che mi ricorda troppo lei.” Sospirò trattenendo a stento le lacrime. “So che è stupido, ma non posso farci molto.”
“È strano” aveva risposto Vyncent perplesso.
“Cosa?”
“Ha fatto la stessa impressione anche a me. A volte.”
Bryce tirò su col naso.
“È per questo che non sopporti di starle vicina?”
Aveva annuito. “Tu come ci riesci?”
“Non ci riesco. Mi limito a soffrire, ma so che devo resistere. Se non indurisco il mio cuore, so che prima o poi cederò alla disperazione.”
“Io non voglio pensarci. Non voglio che qualcuno mi ricordi che Joyce non è più con noi. Non…”
Lui le aveva passato il braccio sulla spalla e l’aveva attratta a sé. Bryce aveva appoggiato la testa sul petto di Vyncent, ascoltandone il battito del cuore.
“Non rinnegherò i miei voti” aveva detto Vyncent dopo alcuni minuti di silenzio. “E quando troverò Joyce, le dirò come stanno le cose. Perciò sarà mio dovere trovarla.”
“Il tuo dovere è vincere la guerra.”
“Quello è il tuo, Bryce. Tuo e di Bardhian. Devi aiutarlo a crescere e trovare la sua strada.”
“Mi sembra che l‘abbia già trovata.”
“Non ancora, ma è vicino. Molto vicino. Gladia mi ha fatto un nome prima di partire.”
“Quale?”
“Joane. Joane di Barakzah.”
Bryce si era accigliata.
“La conosci?”
“L’ho sentita nominare.”
“Dove?”
“A Orfar. Dopo la battaglia. Da alcuni prigionieri.”
“Era con noi nella battaglia?”
 
“Bryce” disse una voce che sembrava giungerle da lontano. “Strega dorata.” Si sentì scuotere con dolcezza.
Per un attimo desiderò di essere ancora sotto quel gazebo, quella notte di tante lune fa a parlare con Vyncent mentre ammiravano il cielo stellato.
Quando aprì gli occhi il presente la travolse di nuovo. Rivide i resti del castello dei Malinor, il giardino in rovina e gli alberi risecchiti e morti.
E il viso pieno di cicatrici e di piaghe di Brun.
“Strega dorata” stava dicendo. “Svegliati, per favore.”
Bryce sbatté le palpebre un paio di volte. “Devo essermi appisolata.”
“È da qualche ora che sei seduta qui.”
“Perché non sei venuto a svegliarmi?”
“Non volevo disturbarti. Sembravi molto assorta. Sei sicura di sentirti bene?”
“Sì” disse incerta. Lanciò una rapida occhiata al giardino. “Hai visto qualcuno?”
Brun annuì. “Ci sono parecchi saccheggiatori, ma evitano questa zona. Forse perché non c’è molto altro da depredare.”
“Malinor è una città fantasma. Un cadavere che i topi e i vermi stanno mangiando.”
Brun l’aveva fissata con espressione perplessa. “È vero” disse. “Ma noi siamo vivi. Ho visto soldati e stregoni aggirarsi per le strade.”
“Soldati di Malinor?”
Scosse la testa. “Mantelli di Orfar.”
“Bene. Sono alleati, no?”
“Strega dorata, io non mi intendo molto di diplomazia, ma non credo che quelle persone considerino Malinor una nazione alleata. A me sembra che siano qui solo per partecipare alla grande razzia.”
“È una questione che non ci riguarda. Non più.”
“Io sono di Malinor.”
“Ti hanno esiliato.”
“Non l’ho dimenticato. Sei stata tu.”
Bryce trovò la forza di sorridergli. “È un bel momento per rinfacciarmelo.”
“Non era mia intenzione.” Si guardò attorno nervoso. “Dovremmo toglierci di qui. Non è sicuro.”
Bryce gettò un’occhiata al castello dei Malinor. “Quale posto lo è? I Malinor si credevano invincibili e guardali adesso. Sono tutti morti.”
“Non è detto. Qualcuno potrebbe essere sopravvissuto.”
“Vedi speranza anche in questa devastazione, Brun?”
“Cerco solo di non pensare a quello che abbiamo perso. Ricordarlo non ci aiuta.”
“E cosa ci resta se non il ricordo?”
“La vita” disse Brun.
Bryce rise. Una risata cristallina sincera e inopportuna in quel luogo.
Sto ridendo sulla tomba di Vyncent, pensò. Non avrei mai pensato di esserne capace e invece eccomi qui.
“Arrivano” disse Brun guardando altrove. “Sono diretti qui. Dobbiamo andarcene. Ora.”
“Io non mi muoverò di qui” disse Bryce di nuovo seria. “Non saprei in che altro luogo andare e anche se ci fosse, non vorrei andarci.”
Brun la scosse. “Se rimani qui morirai, strega dorata. O moriremo entrambi.”
“E sia” disse con tono rassegnato. “Sono pronta a morire. Lo sono sempre stata.”
“Perché vuoi morire qui e adesso?”
“Perché no? È qui che lui è morto. Non c’è luogo migliore dove riposare per sempre.”
“Non posso permetterlo.”
Bryce lo ignorò.
Brun si allontanò di corsa e lei lo dimenticò in fretta. Si distese sui gradini del gazebo, godendosi la leggera brezza che portava l’odore intenso del mare. Per un attimo le sembrò di essere tornata a Valonde.
Si lasciò cullare dal ricordo di quei bei giorni, quando era tornata per la prima volta dalla guerra, con Vyncent, Elvana e gli altri. Suo padre aveva organizzato una sontuosa cena e loro avevano chiacchierato e riso per tutta la serata e anche dopo, quando si erano ritirati in una saletta privata.
Sospirò a quel ricordo e chiuse gli occhi. Quando li riaprì le ombre degli alberi si allungavano sul prato e il cielo era infiammato di rosso e arancione.
Una figura si avvicinò a lei e la scosse.
“Svegliati” disse una voce. “In piedi. Svelta.”
Possibile che Brun non capisca che voglio essere lasciata sola? Si chiese.
Stava per rispondergli in malo modo quando mise a fuoco il volto che aveva di fronte. Non era il viso devastato dalle cicatrici del malinoriano, ma quello dai lineamenti dolci e gli occhi di un blu intenso di Marq.
 “Brun?” chiese Bryce.
Marq scosse la testa. “Lo hanno preso i soldati di Orfar.”

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