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Autore: Journey    17/01/2020    2 recensioni
Che cosa succederebbe se Lucifer e Chloe si fossero incontrati quand'erano ragazzi per poi perdersi di vista e ritrovarsi solo da adulti? E che cosa succederebbe se nei loro giorni di gioventù avessero avuto una figlia che hanno rincontrato solo dopo diciotto anni? In questa FF un po' AU, un po' OCC, e sicuramente What If? i nostri protagonisti si troveranno a fare i conti con questa nuova nuova situazione.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chloe Decker, Lucifer Morningstar, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 19


Chloe arrivò in ufficio puntuale come ogni giorno. Lucifer, di solito, arrivava più tardi. Perciò aveva ancora tempo per potersi gustare un caffè in tutta tranquillità prima che iniziasse per davvero la giornata lavorativa. E, di solito, l’inizio della sua giornata lavorativa coincideva con l’arrivo del suo partner. Non perché si mettessero al lavoro immediatamente, bensì perché Lucifer richiedeva attenzione e impegno costante. Bisognava tenere sotto controllo ogni suo comportamento, ogni suo movimento, bisognava prevenire che facesse cadere tutti ai suoi piedi o che si distraesse o si annoiasse troppo. Insomma, doveva intrattenerlo proprio come si fa con i bambini. Doveva mantenere vivo il suo interesse e soprattutto doveva cercare sempre di farlo focalizzare su una sola cosa alla volta. Questo compito, spesso, non le riusciva. Mentre se ne stava seduta comodamente alla sua scrivania gustando il caffè e pensando ai fatti suoi, Lucas Fletcher fece il suo ingresso in ufficio. Disse velocemente buongiorno e senza neppure guardarla si rifugiò alla sua postazione. Chloe pensò che quell’atteggiamento fosse strano. Il suo collega non era un chiacchierone, ma di certo le rivolgeva più di un semplice e freddo saluto. Doveva essergli successo qualcosa. Probabilmente un caso stressante. Nonostante avesse voglia di indagare, si ricordò che si trattava pur sempre del figlio del capo e che, qualora non si fosse trattato di lavoro, ma di famiglia, avrebbe fatto bene a non immischiarsi. Ma chissà, magari Ella l’avrebbe pensata diversamente. Magari mettendole la pulce nell’orecchio, lei avrebbe indagato sul motivo di quell’umore nero. Dopo quel pensiero scosse la testa, quand’era diventata pettegola come sua madre? Scacciò via quei pensieri. Lucifer arrivò qualche attimo dopo e non appena fece il suo ingresso, Lucas schizzò via dalla sedia e uscì dall’ufficio senza neppure degnare l’uomo di uno sguardo.
“Ok, sputa il rospo, che gli hai fatto?” domandò Chloe a Lucifer riferendosi chiaramente a Fletcher.
“Ho fatto tante cose a tante persone, dovrai essere più specifica, detective” rispose malizioso lui gesticolando con una mano, mentre l’altra era riposta in tasca.
“No, Lucifer. Intendo cosa hai fatto al detective Fletcher” rispose lei.
“Al detective Fletcher?” domandò lui confuso. “Nulla, non è il mio tipo”
“Non ti sembra strano che non appena sei entrato sia scappato via senza neppure guardarti in faccia. Tra l’altro quand’è arrivato stamattina, mi ha a malapena detto ciao. Credevo fosse colpa tua”
“Ovviamente, è sempre colpa mia, detective. Diamo sempre la colpa al diavolo” disse lui alzando la voce teatralmente.
Chloe rise e scosse la testa.
“Non è quello che intendevo. Ok, lasciamo perdere. Andiamo, abbiamo un caso” rispose prendendo la giacca e passandogli dietro. Lui rimase in ufficio, distratto da una pallina di elastici. Lei tornò indietro, lo prese per il braccio e lo tirò via.
 
Nel frattempo, Abigail, entrando in centrale si scontrò con Lucas Fletcher. Si guardarono per un istante e immediatamente presero a camminare in due direzioni diverse. Questo non sfuggì all’attenzione della detective, che affiancata da Lucifer, stava lasciando la centrale. Continuò a camminare come se nulla fosse. Sua figlia la raggiunse e istintivamente Chloe spalancò gli occhi e si portò una mano alla bocca per lo stupore.
“Mamma, tutto bene?” domandò lei.
“Lucifer, i suoi occhi” disse solo la donna strattonando il braccio del partner.
“Detective...” Lucifer guardava Abigail esattamente come stava facendo Chloe.
“Che c’è? Che hanno i miei occhi?” domandò la ragazza innervosita, ma soprattutto spaventata. Tirò subito fuori il telefono e, aprendo la fotocamera interna, vide ciò che i suoi genitori avevano visto. E sperò ardentemente che nessun altro se ne fosse accorto. I suoi occhi erano così chiari da sembrare bianchi. Il contorno dell’iride era di un grigio pallido.
“Sono un mostro” disse mettendosi le mani sul viso. “Sono un cazzo di mostro” continuò.
“Linguaggio!” esclamò Lucifer.
“Falli andare via, ti prego. Falli andare via!” disse lei spaventata.
Lucifer le si mise davanti e la guardò dritta negli occhi.
“Non posso farli andare via, so perché i miei occhi cambiano, ma non so perché stia succedendo a te.”
“In che situazione cambiano i tuoi occhi, Lucifer?”
“Quando sono arrabbiato, quando perdo il controllo delle mie emozioni”
“Mi meraviglio che i tuoi occhi non siano sempre rossi” disse senza rendersene conto Chloe.
“Che significa, detective?” domandò lui.
“Ehi! Sono io quella con gli occhi da mostro adesso! Aiutatemi” richiamò la loro attenzione Abigail.
“Hai ragione, tesoro” disse la detective.
“Innanzitutto, andiamo via di qui. Metti questi” consigliò Lucifer tirando fuori dalla tasca interna della giacca, un paio di occhiali.
Abigail li indossò e prese a camminare fianco a fianco dei suoi genitori, sperando in cuor suo di non rivedere mai più quegli orribili occhi bianchi. Ma purtroppo non sapeva che liberarsi definitivamente di quella novità sarebbe stato impossibile.
Il suo corpo stava cambiando. La sua forma divina, fino a quel momento, si limitava alle ali. Ma lei era la figlia del diavolo, dell’angelo caduto e quello era solo l’inizio, era la figlia perduta dell’inferno.
 
Arrivati alla Penthouse, Abigail si tolse gli occhiali e corse a specchiarsi. Quegli occhi gelidi e freddi erano ancora lì. Bianchi, contornati di grigio pallido. Era più spaventata che mai. Mentre continuava a fissare il suo riflesso, il cuore prese a batterle all’impazzata, lo sentiva pulsare nel petto, lo sentiva nelle orecchie. Il respiro si fece sempre più affannoso. Stava perdendo il controllo. Quell’emozione la stava travolgendo come una valanga. Non provava una sensazione di paura tala da quand’era bambina. Le era già capitato in passato di sentirsi così, ma era davvero piccola e pensava che ormai quella fase della sua vita fosse superata, finita per sempre. Si ricordò le parole di Janet.
 
“Abigail, tesoro, quando ti senti così, tu mi chiami, ok?” le disse la donna chinata verso la scrivania.
Abigail, sette anni, era tornata da scuola spaventata e ansiosa. Dei compagni di classe l’avevano presa in giro perché era orfana. Aveva paura di loro, non voleva più vederli. Così, appena tornata a casa, si fiondò sotto la scrivania per nascondersi da tutti, nella speranza che nessuno la vedesse debole. Ma Janet teneva troppo a quella bambina per lasciare che una cosa del genere passasse inosservata. La seguì e cercò di tranquillizzarla, di calmarla. Ormai quella storia andava avanti da settimane, i suoi compagni erano pessimi, terribili e lei fino a quel momento era sempre stata una bambina forte.
“Janet non voglio sentirmi così, non mi piace” disse la bambina ritirando le ginocchia al petto e mettendosi le mani sulle orecchie.
I suoi occhi erano pieni di lacrime, il viso bagnato e arrossato per via di quelle già piante. Singhiozzava e la donna si rese conto di non averla mai vista in quelle condizioni. Doveva aiutarla. Perciò si sedette sul pavimento. La guardò per un secondo e le accarezzò dolcemente il viso spostandole, allo stesso tempo, una ciocca di capelli cadutale davanti agli occhi.
“Tesoro ascoltami, quando ti senti così mi devi promettere che respirerai profondamente come faccio io” disse cominciando ad inspirare rumorosamente. “E poi lascerai uscire tutta quell’aria, lentamente, ok?” le chiese guardandola. “Respira Abigail, respira!”
La bambina annuì e provò ad imitarla. Ripeté l’azione più volte e Janet le fece compagnia, fino a quando, pian piano, non riprese a respirare regolarmente. Le lacrime non scendevano più e il viso arrossato cominciava a riprendere il suo naturale colorito. La piccola le sorrise. L’abbracciò forte e le stampò un rumoroso bacio sulla guancia.
 
“Respira Abigail, respira!” ripeteva ad alta voce la ragazza guardandosi allo specchio.
Ma quella volta non funzionò. Anzi, i suoi lunghi capelli cominciarono a cambiare colore, il biondo cenere lasciò il posto ad un bianco gelido e polare, il suo viso già pallido perse tono e da quegli occhi spaventosi cominciarono a diramarsi delle vene scure e terrificanti che le stavano ricoprendo il viso e il collo. Le labbra cominciarono a prendere colore, diventando sempre più rosse. La ragazza urlò così forte dallo spavento che lo specchio si ruppe in mille pezzi. Si voltò a guardare i suoi genitori che la fissavano increduli e cadde in lacrime in ginocchio. Quando alzò il viso, Lucifer e Chloe si resero conto che piangeva sangue.
“Sono un mostro” disse disperata lei ancora sul pavimento.
“No tesoro, non lo sei” rispose subito Chloe provando a toccarle la spalla per confortarla.
Ma Abigail si allontanò.
“È colpa mia” disse Lucifer ancora immobile.
“Che stai dicendo?” domandò la detective.
“È colpa mia detective. Sono io quello con la forma mostruosa. Abigail è colpa mia, mi dispiace” continuò lui a testa bassa senza avere il coraggio di guardare sua figlia o la donna che aveva davanti.
“Hai ragione, è tutta colpa tua!” esclamò Abigail tra le lacrime.
“No!” l’ammonì Chloe. “Non è colpa tua, Lucifer”
“Non provare a farmi sentire meglio detective, non prendermi con le pinze, riesco sopportare la verità” rispose lui.
Abigail si alzò e si avvicinò a Lucifer che era rimasto nella stessa identica posizione.
“Guardami” gli disse.
“Abigail, basta!” le intimò Chloe.
“Guardami, papà!” continuò lei.
“Abigail!” esclamò ancora Chloe.
“Non ce la fai, eh? Non riesci nemmeno a guardarmi?” domandò sfregiante la ragazza.
“Basta!” urlò Chloe.
“Basta lo dico io!” esclamò la ragazza puntando la mano contro sua madre e muovendola di lato. Senza neppure toccarla, Abigail con quel semplice gesto, la fece capitolare dall’altro lato della stanza.
“Detective!” esclamò Lucifer accorrendo a soccorrerla immediatamente.
La detective si alzò. Il braccio su cui era atterrata le faceva male. I suoi occhi erano lucidi e lo sguardo sul suo viso completamente perso. Sua figlia le aveva fatto del male.
“Sto bene” disse non riuscendo a distogliere lo sguardo dalla ragazza.
Lucifer andò in contro a sua figlia a passo deciso, con le peggiori intenzioni. Solo per fermarsi a qualche centimetro da lei, quando la mano di Chloe si poggiò sul suo braccio. I suoi occhi castani erano diventati rossi. E Abigail gli rivolse un ghigno sinistro notando quel dettaglio.
La detective superò Lucifer e si piazzò davanti a sua figlia. Cercò di guardarla negli occhi, di catturare il suo sguardo, ma quella continuava a evitarlo. Anche in quella forma, Abigail, in fondo, aveva capito la gravità del suo gesto e perciò si vergognava. Di questo Chloe ne era certa. Perciò, nonostante ciò che era appena accaduto, l’abbracciò. L’abbracciò stretta e poté sentire il corpo teso di sua figlia rilassarsi tra le sue braccia. Era gelida, era fredda come il ghiaccio e lei non la mollò neppure per un istante. Prese ad accarezzarle i capelli e a ripeterle nell’orecchio che sarebbe andato tutto bene, che non era un mostro. Lentamente il bianco gelido dei capelli di Abigail lasciò il posto al suo naturale colore. Il suo volto e il suo corpo tornarono al loro colorito e calore. Quelle vene scure e spaventose sparirono assieme al rossore delle labbra. Persino i suoi occhi bianchi ripresero il loro normale verde. La ragazza sciolse l’abbraccio e guardò sua madre mortificata, dispiaciuta, vergognandosi di se stessa.
“Io, io non so come... io non volevo, te lo giuro. Sentivo tutta questa rabbia e la paura e non... io... scusami, mamma ti giuro che non farei mai nulla per farti del male, mai. Non ero in me, non ero io... e tutta quella rabbia, tutto quel dolore... ti prego, devi credermi” cominciò a dire Abigail.
“Tesoro, ehi. Va bene, va tutto bene. Io sto bene e tu stai bene. Qualunque cosa sia, l’affronteremo insieme. Io non ti lascio, ok?” le disse Chloe prendendole le mani.
“Ma... ti ho fatto del male”
“Non eri in te. Ne usciremo insieme, tutti e tre insieme. Ok?” domandò la donna lasciando una mano di Abigail e prendendo quella di Lucifer.
“Scusami per quelle cose che ho detto”
“Non scusarti, avevi ragione. Conosco quella rabbia di cui stavi parlando. Quel dolore lacerante e quella sensazione di paura che ti costringe a difenderti facendoti scudo con la rabbia. Sono il diavolo e tu sei mia figlia, siamo condannati ad una esistenza di sofferenza” disse lui.
“Insieme possiamo cambiare le cose” si intromise Chloe.
“No, detective. Non possiamo” rispose lui ritirando la mano e avvicinandosi al bancone del bar. Si versò il suo solito drink e si appoggiò al bancone per berlo.
 
Amenadiel si affrettò a raggiungere suo fratello. Lucifer continuava a fare avanti e dietro nervoso sulla balconata della Penthouse.
“Luci sono venuto appena ho visto il tuo messaggio, che succede?” domandò quello allarmato.
“Si tratta di Abigail” disse Lucifer accendendosi una sigaretta.
“Le è successo qualcosa?” chiese ancora l’angelo.
“Ha una forma oscura, come me” disse l’altro guardando il fratello.
“Che significa, com’è possibile?”
“Per quale motivo credi che ti abbia chiamato? Per fare due chiacchiere tra fratelli? No, Amenadiel, pensavo tu avessi le risposte” sbottò Lucifer gesticolando con la mano con cui teneva la sigaretta.
“E perché lo pensavi? Non esistono e non sono mai esistiti altri figli di angeli e umani. Lei è la prima. Sono in territorio sconosciuto anche io” si giustificò l’angelo.
“Non so cosa fare, non so cosa inneschi il suo cambiamento. So come controllare la mia forma demoniaca perché ho avuto tempo a sufficienza per capire cosa la scatenasse. Che devo fare?” chiese il diavolo.
“Prova a cercare di capire se c’è qualcosa che la scatena in lei. Per vedere se il suo cambiamento sia legato alla sfera emotiva” propose Amenadiel.
“Che idea stupida! E come potrei farlo? Ehi Abigail, prova terrore. Ehi Abigail, prova felicità! Non è mica un robot, Amenadiel” domandò irritato Lucifer.
“Creiamo delle situazioni allora. Senza che lei lo sappia” continuò il maggiore.
“Continuo a non seguirti” ribatté l’altro.
“Oppure potresti rivolgerti alla tua amica psicologa” propose ancora l’angelo.
“E rischiare di metterla in pericolo? Abigial ha scaraventato la detective dall’altro lato della stanza quand’era prigioniera della sua forma oscura. Al momento non la sa controllare, perciò è pericolosa” ammise lui.
“E adesso dov’è?” chiese Amenadiel
“È con Chloe” rispose.
“È con Chloe? Dopo che le ha fatto male? Luci!” lo ammonì il maggiore.
“Che devo fare?” domandò il diavolo senza direzione.
“Falle venire immediatamente qui” gli rispose il maggiore.
 
Chloe e Abigail arrivarono velocemente a casa di Lucifer. Amenadiel era seduto sul divano, mentre Lucifer era appoggiato al bar con un bicchiere di whiskey tra le mani. Non appena l’angelo vide le due uscire dall’ascensore, si alzò immediatamente in piedi. E in quel momento la detective capì che si trattava di qualcosa di importante. Lucifer a stento riusciva a guardarla negli occhi, tanto meno sua figlia.
“Che succede?” domandò Chloe inoltrandosi nell’appartamento seguita da Abbi.
“C’è che Amenadiel ha un piano. Più o meno. Insomma...”
“Cosa c’è, Lucifer?” domandò ancora lei avvicinandosi all’uomo visibilmente in difficoltà.
“Ok, pensiamo che dopo quanto successo prima tra te e Abbi, lei possa essere un pericolo per te. O per Trixie, perciò, forse, per un po’, dovrebbe restare qui con noi due. Così potremo capire cosa innesca la sua nuova forma e magari aiutarla a controllarla” disse lui.
“Pensiamo sia la scelta migliore per tutti” continuò Amenadiel.
Abbi guardò sua madre spaventata. I suoi capelli cominciarono a cambiare colore. Immediatamente Chloe l’abbracciò e come per magia, quel biancore che cominciava a diramarsi nella chioma della ragazza, prese a tornare al suo colore originale. Lucifer e Amenadiel si scambiarono uno sguardo d’intesa. La detective era la soluzione del problema? Cos’era a innescare la sua trasformazione? Forse la paura? Forse la rabbia. Abigail aveva menzionato una rabbia incontrollabile mentre era ostaggio del suo stesso corpo, ma di una forma così sconosciuta da essere terrificante ai suoi occhi. La verità era che, nonostante quel cambiamento drastico, la sua bellezza rimaneva immutata e su questo entrambi i genitori la pensavano allo stesso modo. Abigail sembrava un angelo anche indossando i panni del diavolo.
Amenadiel si avvicinò lentamente a suo fratello mentre la ragazza ancora stretta tra le braccia di sua madre si calmava.
“Fa allontanare Chloe e lanciale quel bicchiere contro” gli disse silenziosamente.
“No!” si oppose immediatamente Lucifer guardando disgustato suo fratello.
“Fallo, Luci! Dobbiamo capire cosa provoca il cambiamento” continuò lui.
“Possiamo trovare un modo meno violento per farlo” protestò il diavolo.
“Va bene, lo farò io allora” rispose l’angelo togliendo il bicchiere dalle mani di Lucifer. “Ehi Chloe, puoi andare vicino all’ascensore?” domandò lui attirando l’attenzione della donna che lo guardò stranita. Lui annuì cordialmente e lei, non sicura della ragione per cui lo stesse facendo, lo ascoltò. Si avvicinò all’ascensore. Abigail era quasi perfettamente al centro della stanza. Amenadiel si fece più dietro, senza mai voltarsi. La guardò dritto negli occhi. Impugnò saldamente il bicchiere e glielo lanciò contro. A quella potenza e a quella velocità, la ragazza avrebbe potuto farsi seriamente male. Lucifer scattò e prese suo fratello dalla gola. Ma quello rise guardando la ragazza. A quel punto, il diavolo guardò nella sua direzione. Abigail stava cambiando forma. Si stava trasformando. Assieme a quel nuovo aspetto, emerse qualcosa di preoccupante, l’aggressività che, solo qualche ora prima, l’aveva spinta a far del male a sua madre. Senza aspettare oltre, la ragazza si scagliò su Amenadiel che la lasciò agire e la osservò meticoloso. Studiò ogni sua mossa, ogni suo atteggiamento, ogni istante. E dovette ammetterlo, starle dietro non fu così semplice come credeva. Ma lui era l’angelo guerriero e nulla e nessuno avrebbe potuto metterlo k.o. nemmeno sua nipote. Quando riuscì a placcarla, la ragazza prese a muoversi rabbiosamente tra le sue braccia, nel tentativo di liberarsi dalla presa stretta e dolorosa dell’uomo.
“Adesso basta, Amenadiel!” lo ammonì di nuovo Lucifer.
“Resta lì, Luci” disse il ritorno l’altro.
“Ascolta, c’è sicuramente un altro modo meno violento, non voglio che tu le faccia del male” continuò il diavolo.
“Vuoi il mio aiuto o no?” domandò l’angelo.
“Sì, voglio il tuo aiuto, ma non voglio che tu le faccia del male” rispose l’altro.
“Abigail, come ti senti?” le chiese Amenadiel.
“Ti spacco la faccia! Ti distruggo!” esclamò quella che cercava ancora di divincolarsi tra le braccia possenti dello zio.
“Chloe, puoi venire un secondo qui?” domandò ancora l’angelo guerriero.
La donna annuì e senza pensarci due volte si avvicinò a sua figlia e Amenadiel.
“Che devo fare?”
“Abbracciala”
“Devo solo abbracciarla?”
“Penso di sì”
Chloe accarezzò dolcemente il viso di sua figlia che smise di divincolarsi e in quel preciso istante, Amenadiel incontrò lo sguardo di suo fratello. Abbi si stava calmando al solo contatto con sua madre. Quando la detective l’abbracciò, la ragazza cominciò a tornare alla sua naturale forma.
Chloe era la soluzione. Forse perché era un miracolo o semplicemente perché era sua madre e il calore e l’amore di un suo abbraccio annullavano ogni tipo di sentimento negativo? Dovevano scoprirlo, ma al momento non era di urgente importanza. Dovevano capire quale fosse l’intera sfera emozionale che la portava a subire quel cambiamento devastante. Devastante perché la rabbia inghiottiva Abigail, la frustrazione, la paura, tutte quelle emozioni così profonde, le facevano perdere il controllo. E soprattutto, dovevano capire cos’era che aveva innescato quel meccanismo, quale evento aveva dato inizio al cambiamento della ragazza?
   
 
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