Film > The Phantom of the Opera
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Autore: eliseCS    18/01/2020    0 recensioni
Cosa succede se Des si annoia, Amy e Una si impicciano un po’ troppo e Morty si fa prendere la mano?
Succede che un teatro prende fuoco, risponderebbe T. guardando tutti con disapprovazione.
Ma d’altronde, essendo il maggiore, scuotere la testa alle azioni dei suoi fratelli è quello che sa fare meglio.
È per questo che cerca di convincersi che se ancora sta aiutando Des è solo perché vuole evitare di far precipitare gli eventi un’altra volta – decisamente quel lampadario non avrebbe sopportato una seconda caduta.
E se stavolta Des sembra sicuro di quello che sta facendo, Amy è come sempre entusiasta e Morty sembra non interessato, dovrà ricordarsi che a Una non piace essere lasciata in disparte.
.
Perché forse la Musica della Notte non era ancora arrivata alle sue ultime battute e quella Christine era semplicemente quella sbagliata.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erik/The Phantom, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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music of the night
 
 
 
Christine se n'era andata.
Aveva detto che le serviva tempo ma lui non voleva illudersi, sapeva che non sarebbe tornata e ne aveva tutte le ragioni.
Magari avrebbe potuto cercare un modo per riconquistarla, non poteva accettare che finisse tutto a quel modo. Un'idea gli balenò per la testa. Forse...
Lasciò la dimora sul lago, nel cuore qualcosa di vagamente simile alla speranza.
 
Non era andata come si era aspettato.
O meglio.
Il Dottor De Chagny era stato fin troppo disponibile a visitarlo nonostante gli fosse piombato in ufficio senza alcun preavviso e a proporgli di tornare la settimana successiva in modo da potersi consultare con qualche collega che lavorava nel campo inerente al suo caso, ma quando erano inevitabilmente finiti a parlare di Christine quello che aveva detto lo aveva lasciato più scosso di quanto sarebbe stato se gli avessero comunicato che per la sua faccia non c'era niente che potessero fare.
 
«Vi siete frequentati per abbastanza tempo da farmi pensare che se mia figlia ha deciso di rimanervi accanto non è per il vostro aspetto ma per qualcosa che ha visto in voi oltre al vostro viso. Allo stesso modo penserei quindi che la vostra condizione non abbia ma a che fare con il vostro... allontanamento. Sono lieto di potervi aiutare, ma se dovreste decidere eventualmente di sottoporvi agli interventi che sicuramente ci saranno da fare fatelo per voi stesso, non per lei. Sono suo padre e reputo di conoscerla abbastanza bene da poter affermare che per lei non farebbe alcuna differenza»
Aveva rimuginato su quelle parole per tutta la strada di ritorno al teatro, e alla fine aveva suo malgrado dovuto dargli ragione. Sapeva già che a Christine non importava lo stato in cui versava la parte destra del suo volto, non lo aveva forse dimostrato in molteplici occasioni? Per esclusione veniva quindi fuori che alla fine il problema era lui come persona, e se la chirurgia poteva risolvere il problema estetico, a quello invece non c'era soluzione.
Non era mai stato voluto da nessuno: non sua madre, non l'altra Christine.
Chi voleva prendere in giro? Non si sarebbe voluto nemmeno lui, perché con quella ragazza sarebbe dovuto essere diverso? Senza contare che non aveva alcun dubbio sul fatto che Christine meritasse sicuramente di meglio, avrebbe davvero avuto il coraggio di farla rimanere incatenata a lui?
 
Non riuscì a trattenersi. Buttò a terra i candelabri che incontrò sulla sua strada mentre col fermacarte preso dalla scrivania mandò in frantumi gli specchi che ricoprivano i muri di roccia tra un drappo e l'altro. I disegni sulla scrivania, una mescolanza di Christine bionde e more, vennero strappati o lanciati via, seguiti dopo poco dal mobile stesso che venne ribaltato.
Perché quello era lui. Un mostro, come tante persone l'avevano giustamente definito. E in quanto tale meritava di stare da solo.
 
«Avresti potuto mostrare un po’ più di riguardo dopo che mi sono dato tanta pena per rinnovare questo posto» una voce gli arrivò alle spalle e fa solo perché l'aveva riconosciuta che non lanciò il fermacarte nella direzione da cui proveniva.
«Cosa volete da me stavolta?» Erik si voltò a fronteggiare Des.
Dopo quella volta quando gli aveva spiegato come funzionavano le cose in quell'epoca, mostrato la sua nuova casa e fornito tutti i documenti di cui avrebbe potuto avere bisogno – inclusi certificati vari e curriculum da presentare per essere assunto all'Opéra – non l'aveva più rivisto dato che a suo parere aveva a tutti i mezzi per proseguire da solo.
«Avevate detto che volevate aiutarmi, beh, fatelo adesso! Ve l'avevo detto già all'inizio che vi stavate imbarcando in un'impresa oltre le vostre capacità...»
L'altro si limiti a scuotere la testa divertito: l'aveva sempre detto che la prima donna del teatro era in realtà lui, altro che la Giudicelli...
«Io ritengo invece che le cose stiano andando anche meglio del previsto... ma ero venuto qui per avvertirvi » bloccò il tentativo di Erik di interromperlo con un imperioso gesto della mano.
«Come siete ben consapevole siete saltato da un'epoca ad un'altra senza che il vostro corpo subisse gli effetti del tempo, ma il processo non è del tutto privo di conseguenze. Quello che vi aspetta – a breve – è un fortunatamente breve periodo di malessere. Nulla che non possiate superare, ma visto il tempo in cui vi trovate e i mezzi che ci sono a disposizione vi consiglierei ugualmente di restare in un posto in cui qualcuno possa prestarvi assistenza in caso di bisogno invece di restartene rintanato qua sotto. Se non altro dovrebbe aiutarvi a superare il tutto più in fretta...»
«Di che tipo di malessere state parlando?» domandò circospetto. Non che fosse estraneo a dolore e torture, ma se poteva saperne di più...
Des diventò pensieroso: «In realtà in questo caso non ne so più di così, ad essere sincero non mi è mai capitata una situazione simile con nessun altro prima d'ora...»
Erik lo guardò incredulo: «Si può sapere chi siete voi davvero? Ancora stento a credere che tutto questo sia reale, e a meno che non si tratti di stregoneria... come fate a fare queste cose? Come avete fatto a...?»
«Sapete che sono domande a cui non avrete mai risposta. Avete il mio supporto ma non vi è dato conoscere i miei mezzi, mettetevi l'anima in pace. Abbiate fiducia e il destino farà il resto» lo mise a tacere. «Ora, come stavo per dire, questo malessere a cui andrete incontro dovrebbe servire a far accettare al vostro corpo il fatto che adesso appartenete a questa epoca in modo definitivo. Dopo non si torna più indietro»
I suoi occhi ebbero un guizzo: «Perché adesso potrei tornare indietro se volessi?»
«Lo vorreste davvero?»
«Avete detto che potrei necessitare di assistenza...» proseguì Erik lasciando cadere il precedente discorso.
«Medica, sì» specificò Des annuendo.
«Esiste la possibilità che io non superi questo processo?» domandò allora.
Des si rabbuiò: «Sì, ma dipende da voi e da quanto volete davvero restare»
«Perché se non volessi tornerei indietro» completò il Fantasma.
«Sì e no» replicò Des. «Arrivato a questo punto tornare indietro significherebbe soltanto che in quest'epoca siete già morto da un pezzo, e di conseguenza di voi non rimarrebbe altro che polvere» concluse duramente. «Questo però non è quello che il destino aveva in serbo per voi e mi trovereste altamente deluso se il secondo scenario dovesse verificarsi dopo tutto quello che ho fato per voi»
 
Erik abbassò il capo per un istante e quando lo rialzò, sulle labbra una nuova domanda pronta ad essere pronunciata, era di nuovo da solo.
Rise amaramente a quello che l'uomo aveva detto: a chi mai avrebbe potuto chiedere l'aiuto di cui Des di casa avrebbe avuto bisogno? All'ospedale? Cercando di spiegare ai medici di un misterioso male che l'avrebbe colto a breve nonostante al momento fosse sano come un pesce? Christine era l'unica che avrebbe potuto capire, ma rivolgersi a lei era fuori discussione.
No, se la sarebbe cavata da solo come aveva sempre fatto.
 
In mezzo alla sua stessa devastazione stava giusto decidendo da che parte cominciare a raccogliere i cocci quando iniziò.
Una vertigine gli fece girare la testa al punto da farlo cadere in ginocchio mentre la vista si faceva sfocata. All’improvviso aveva freddo, sentiva i brividi scuoterlo da capo a piedi, il rumore dei suoi denti che sbattevano tra loro. Un altro giramento lo fece piegare ancora di più su se stesso facendogli chiudere gli occhi mentre le sue orecchie cominciavano a sentire una musica che però stava suonando solo nella sua testa.
Con fatica cominciò a muoversi trascinandosi a gattoni, rigidamente visto che anche i muscoli avevano cominciato a dolergli. Cercare di raggiungere l'uscita era impensabile: il tunnel era troppo lungo, non sarebbe mai riuscito a percorrerlo tutto, per non parlare poi dell'aprire la pesante porta alla fine. Tra un gemito e l'altro riuscì a raggiungere la sua camera da letto mentre la musica aumentava di volume peggiorando le fitte alla testa. Issarsi sul letto fu una fatica immane e ricadde sopra il copriletto intatto a peso morto con indosso ancora gli stessi vestiti con cui era uscito e la maschera sul viso.
Aveva perso i sensi prima ancora che la sua testa toccasse il cuscino.
 
 
 
♫♪♫
 
 
 
Anche nell'incoscienza la musica non gli dava tregua.
E forse non sarebbe stata cosi insopportabile se non fosse stata costantemente accompagnata da una voce. Quella di Christine Daaè.
E ad un certo punto la fanciulla in persona gli comparve davanti agli occhi, indosso il vestito da sposa che era stato fatto apposta per lei, i boccoli castani tirati indietro e il velo posato sul capo.
E cantava. Cantava parole che non riusciva a comprendere, cantava con forza muovendosi davanti a lui agitando le braccia impetuosa come a voler essere sicura di avere tutta la sua attenzione su di sè e nient'altro.
Però effettivamente c'era qualcosa che avrebbe potuto distrarlo dalla soprano. Giusto dietro di lei c’era infatti un'altra ragazza, vestita molto più semplicemente con un paio di jeans e una felpa e i capelli sempre ricci ma biondi, lasciati liberi sulle spalle scendendo lunghi ben oltre la metà schiena.
Era l'altra Christine, la sua Christine, che cercava di raggiungerlo, ma tra di loro c'era la cantante che sembrava impedirglielo.
E improvvisamente le parole che la mora cantava acquistarono un significato e fu in grado di comprenderle. Gli stava chiedendo, no, lo stava supplicando di tornare da lei. Tutte quelle parole che avrebbe tanto voluto sentirla pronunciare gliele stava rivolgendo in quel momento, continuando a ripetere il suo nome mentre tendeva le mani verso di lui.
«Torna da me Erik, torna da me»
Quello che gli aveva detto Des riverberò nella sua mente solo per un attimo.
Non sarebbe stato altro che polvere, perché se fosse tornato indietro nell'epoca in cui si trovava in quel momento sarebbe stato morto da anni.
Ma gli importava? La musica lo chiamava, e con essa le parole cantate da Christine... Sarebbero potuti stare insieme, sarebbero potuti finalmente essere felici...
 
«Erik?»
 
Sì, quella era la scelta giusta. Era come sarebbero dovute andare le cose fin dall'inizio.
 
«Erik»
 
Ormai Christine era così vicina che gli sarebbe bastato allungare una mano per toccarla. Poteva già immaginare come sarebbe stato abbracciarla di nuovo.
Dietro la cantante la ragazza bionda aveva un'espressione rassegnata mentre lo guardava con gli occhi lucidi. La osservò dagli le spalle e allontanarsi perdendosi nella luce che, lo notava solo in quel momento, stava velocemente aumentando di intensità.
Era meglio cosi. Per tutti, per lei: sarebbe stata libera di trovare qualcuno di veramente degno di stare al suo fianco.
Era così che doveva andare.
Vero?
 
Chiuse gli occhi, la luce era ormai diventata insopportabile, e si sorprese di provare rimpianto perché no, non era vero: voleva essere lui quella persona degna di stare al fianco di colei che non era scappata da lui, mai, neanche la prima volta che l'aveva visto senza maschera. Voleva essere lui quella persona, ma come avrebbe potuto?
 
«Erik, ti prego»
 
Riapri gli occhi a quel richiamo troppo straziante per poter essere ignorato.
La luce era sempre molto forte e rendeva la sua visione sfocata, ma non importava perché non aveva dubbi su chi fosse la persona davanti a lui. Nel momento in cui la riconobbe un senso di pace si impossessò di lui riducendo almeno in parte il dolore fisico che il suo corpo aveva continuato a provare nel frattempo.
Ce l'aveva fatta. Era a casa.
E giurò a se stesso che da quel momento in poi non avrebbe permesso a nessuno di portargli via quella felicità che, lo sapeva, sarebbe finalmente riuscito a raggiungere.
 
Perché la ragazza che lo aveva appena abbracciato e che adesso lo stava guardando con gli occhi pieni di un sentimento che nessuno gli aveva mai rivolto era...
 
 
«... ho trovato l'acqua!» Raul fece la sua comparsa nella stanza rovinando tutto.













Buona sera!
Chi l'avrebbe mai detto che finalmente sarei riuscita ad essere puntuale con l'aggiornamento di questa storia...
Ormai non ha comunque più senso tirarla per le lunghe perchè ho realizzato che mancano letteralmente due capitoli più l'epilogo, quindi tanto vale pubblicarla in tempi decenti.
Visto la mancanza assoluta di recensioni negli ultimi capitoli (in realtà per tutta la storia in generale ma vabbè) ricordo che non mordo se qualcuno volesse lasciarmi un parere o farmi sapere cosa ne pensa (e prometto di tenere a bada Erik in caso di critiche - che sono sempre ben accette se costruttive).
Alla prossima settimana! E nel frattempo

I remain, gentlemen, your obedient servant

E.



P.S. chi volesse andare a dare un'occhiata a questa os e magari lasciare un commentino come regalo di Natale in ritardo mi farebbe davvero molto contenta :)  (e sempre nel fandom di TPOTO eh)

 
   
 
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