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Autore: NyxTNeko    19/01/2020    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Mentre i due Buonaparte si erano messi in viaggio per ritornare sull'isola natale, tra i piani alti parigini la situazione politica era tutt'altro che chiara e serena. Le votazioni per eleggere i deputati della Convenzione, per il quale avevano abbandonato il sistema elettorale censitario, adoperando quello universale maschile, non avevano portato a dei risultati convincenti: solo il 10% della popolazione, ossia sette milioni, aveva votato.

Questo deludente risultato fu la conseguenza della giornata del 10 agosto, che aveva convinto gli ultimi sostenitori incalliti della monarchia ad abbandonare il paese. La paura e il terrore regnavano sovrano in Francia e quasi nessuno avrebbe voluto avere ritorsioni o perdere la vita per colpa di una scelta politica sbagliata.

La Convenzione fu composta da 749 deputati repubblicani e per gran parte borghese, divisi in tre gruppi: a destra i Girondini, fra cui spiccava Brissot, i  moderati, sostenitori della borghesia provinciale, anziché del popolino, del quale diffidavano a causa della sua incontrollabilità. Non volevano assolutamente il ritorno dell'Ancient Regime, incoraggiavano perciò la lotta contro l'aristocrazia, speravano in vittorie militari decisive che permettesse di mantenere saldo il loro potere.

A sinistra siedevano i Montagnardi, i cui membri illustri erano Danton, Marat, Robespierre e il più giovane dei deputati della Convenzione, Louis Antoine de Saint Just, appena venticinquenne. Erano chiamati in questo modo perché occupavano le zone più elevate ed erano più propensi ad ascoltare le richieste dei sanculotti, schierandosi dalla loro parte in caso di necessità e a proteggere il paese dal pericolo.

Al centro vi era una maggioranza non ben definita, denominata Pianura o anche Palude, per via dei posti a sedere che occupavano in basso, che patteggiavano ora per l'una, ora per l'altra parte: con i Girondini quando volevano tutelare le proprietà e le libertà, con i Montagnardi quando c'era di mezzo il bene del Paese.

Valmy, 20 settembre

Nelle giornate precedenti il generale Charles Dumouriez, a capo delle armate del Nord, aveva tentato di invadere il Belgio, trasferendo le truppe ad Argonne, per impedire il passaggio ai nemici, intimando il collega François Kellerman di raggiungerlo immediatamente da Metz. Tuttavia l'altro era giunto sul campo quando ormai aveva sfondato la zona di difesa a nord. Per cui Dumouriez si trovò costretto a disporre l'ala nord verso Châlons-sur-Marne e la destra nelle Argonne e nei pressi di Sainte-Menehould.

Kellermann si unì allo schieramento. Una volta ottenuto il controllo di tutte le forze militari, circa 32.000 uomini, le posizionò tra due corsi d'acqua, Auve alle spalle e Brionne. I due generali erano profondamente diversi, Kellermann, figlio di un valente generale, aderiva alla rivoluzione non tanto per spirito ed ideologia quanto per fedeltà, infatti era un saldo sostenitore monarchico. Dumouriez lo era ancora di più, in quanto aveva ottenuto notevoli vantaggi dalla monarchia. Aveva accettato l'incarico di combattere gli alleati solamente per fame di gloria, approfittando della mancanza di ufficiali esperti, accettando incarichi sempre più facoltosi.

- Che diavolo sta facendo quel pazzo? - imprecò Kellermann intuendo la pericolosità di tale posizione per l'intero esercito. Senza perdere tempo lo raggiunse al galoppo - Generale Dumouriez! - esclamò questi, affannato, senza nemmeno scendere da cavallo - Dobbiamo...far arretrare le truppe... e riattraversare l'Auve...

- Dannazione, dirmelo prima no? - sbraitò il collega furente, dando una speronata al cavallo. Si rivolse alle truppe - Torniamo indietro... - i soldati, stanchi di questo continuo camminare senza un obiettivo preciso, obbedirono controvoglia.

Un colpo di cannone in lontananza, però, infranse le speranze del generale Dumouriez che, allarmato, controllò la situazione, si fece passare il cannocchiale: i nemici stavano attaccando - Merda! - bonfonchiò tra i denti - Azionate l'artiglieria! Muovetevi! - gli ufficiali incaricati prepararono velocemente le batterie e risposero al cannoneggiamento, tenendo duro.

I nemici della rivoluzione non si aspettavano tanta resistenza da parte di un esercito così piccolo e indisciplinato, nonostante ciò, non avevano nessuna intenzione di mollare la presa. Li avevano talmente vicini che sarebbe stato folle lasciarseli scappare. Il duca di Brunswick, che stava anch'egli tenendo d'occhio l'andazzo della battaglia, restava in silenzio e concentrato, guardava di tanto in tanto l'orologio: era l'alba, le ore di pausa che aveva concesso erano scadute. "I francesi si stanno dimostrando più caparbi di quanto potessi immaginare" rifletté preoccupato, pur non mostrando la sua agitazione "Tuttavia bisogna abbattere ogni loro intenzione di espandere la rivoluzione, a qualsiasi costo, se questa dovesse uscire dalla Francia, per tutti noi sarebbe la fine"

- Che cosa facciamo signor duca? - gli chiese il suo aiutante di campo, vedendolo tacere, notando l'ansia che trapelava leggermente sul suo viso rugoso.

- Raddoppiate il ritmo delle cannonate, in modo da confonderli ulteriormente - ordinò, pacato, senza scomporsi. Se avesse perso la calma, i suoi uomini avrebbero fatto altrettanto. Doveva dimostrare di avere tutto sotto controllo - Io tenterò un attacco al mulino, con due colonne della fanteria e della cavalleria, nonostante questa terribile nebbia, nella speranza di annientarli - continuò preparandosi a lanciare il suo nuovo attacco, desideroso di estinguere qualsiasi forma di entusiasmo e ottimismo in loro.

- Il duca di Brunswick si prepara ad attaccare! - informò nervoso Dumouriez al collega, accertandosi, seppur faticosamente, degli spostamenti del nemico, stava calando con incredibile lentezza, tale particolare però non lo rassicurava - Non riusciremo a resistere a quella carica di 34.000 soldati

- Invece sì - esordì convinto il collega Kellermann, consegnandogli il cannocchiale. Si preparò ad arringare i soldati, il patriottismo avrebbe battuto qualsiasi ostacolo, ne era più che convinto.

- Che cosa?! - gridò l'altro - E come sperate di fare? - lo guardò stralunato, voleva compiere un suicidio di massa, non avrebbero avuto alcuna possibilità di vincere. Potevano solo sperare nella resistenza dell'artiglieria, che era stata da poco riformata, non certo in un'accozzaglia di miserabili.

- Lasciate fare a me - riferì fiducioso Kellermann e subito si precipitò dai suoi soldati per informarli di ciò che stava per accadere. La maggior parte delle truppe era composta da volontari, gente di bassa estrazione sociale, del tutto a digiuno di nozioni di guerra e disciplina militare, eppure in loro aveva scorto un desiderio di rivalsa e di riscatto che raramente avrebbe trovato in altri uomini - Soldati! - urlò loro tuonante - Il nemico sta lanciando contro di noi un attacco così devastante che potrebbe distruggerci - iniziò camminando su e giù a dorso del suo destriero.

Gli uomini si guardarono l'un l'altro, chi rabbioso, chi agitato da quella notizia che pareva annunciare la fine e la resa al nemico. Si diffuse il nervosismo, lasciando, tuttavia che il generale continuasse a parlare. Kellermann aveva osservato le loro reazioni, sapeva che avrebbero prestato ascolto.

- Starete pensando che vorremmo arrenderci, perché siamo in netta inferiorità numerica, oltre che di mezzi e preparazione - riprese il generale ardente, era certo della capacità della parola di poter infiammare i cuori degli uomini, renderli in grado di compiere atti di coraggio incredibili - Ma il termine arrendersi non deve nemmeno essere concepito, perché se loro possiedono le armi più all'avanguardia, gli uomini più preparati, noi abbiamo qualcosa che loro non hanno, ossia la libertà, la fratellanza!

I soldati nell'udire quel discorso si sentirono infervorati da tanto carisma, trascinati dall'arringa e all'unisono gridarono il nome del generale, sempre più concitati. Erano carichi, pronti a dare il massimo, a sacrificare tutto, anche la vita, per la causa rivoluzionaria. Kellermann li guardò orgoglioso, aveva raggiunto il suo scopo, scese da cavallo, deciso a buttarsi assieme ad essi contro il nemico, rischiando la vita come loro, si tolse il cappello e si gettò nella mischia, indicandogli la via - Per la Francia! Per la Rivoluzione! - sgolò a gran voce, euforico nel poter dimostrare il suo coraggio. 
Intanto l'artiglieria aumentò l'intensità e i colpi dei piccoli cannoni, alla pari dei prussiani. Il fieldmaresciallo Brunswick rimase colpito, se non addirittura terrorizzato nel veder sopraggiungere quei pezzenti che si battevano come leoni per difendere la propria patria, le proprie conquiste civili. Caddero abbastanza nemici sotto di loro, altrettanto riuscirono a fare i francesi, senza lasciarsi sopraffare dalla paura di poter morire. Come se non bastasse l'artiglieria rivoluzionaria stava mettendo in difficoltà un'ala - Ritirata - ordinò. Era una battaglia persa.

- Ma signor duca abbiamo pochissime perdite, nemmeno 200 - gli fece notare l'aiutante di campo, non lo aveva mai visto così.

- Adesso, se continuiamo così ci distruggeranno - ammise Brunswick - E poi la dissenteria sta aumentando le vittime e demoralizzando le truppe, al momento dobbiamo dichiarare la nostra sconfitta, non c'è altro modo - proseguì sospirando, amareggiato e impotente - È solo una piccola battaglia, in fondo, ne vinceremo altre - tentò di tirare su il morale. Le due colonne che aveva guidato con fermezza e grinta lo seguivano, seppur deluse da un simile risultato. L'esercito più potente d'Europa, sconfitto da un manipolo di morti di fame.

Dumouriez che avrebbe potuto seguirli e annientarli definitivamente, non lo fece, preferì lasciarli andare, quella piccola vittoria era più che sufficiente al momento per l'esercito e per la patria. Avevano perso 300 uomini. Inoltre temeva che le truppe indisciplinate non lo seguissero, per il fatto che non fosse particolarmente amato o addirittura facessero di testa propria, compromettendo l'incredibile risultato che avevano raggiunto.

Decise, dunque, di aprire le trattative con il re di Prussia Federico Guglielmo II, allo scopo di sottrarre le sue forze agli austriaci. Se fosse riuscito ad averli dalla loro parte, allora sarebbero stati invincibili. Il re, tuttavia, intuendo in parte le ambizioni del francese decise comunque di aprire le trattative, prendendo tempo.

Era questo che serviva al suo esercito per poter tornare ad essere il più potente d'Europa, il tempo: riorganizzare le truppe dopo e concretizzare gli accordi convenienti che aveva stipulato ad agosto, in gran segreto, con la Russia per annettere al suo regno territori ad est, a scapito della Polonia. Era più importante tutelare gli interessi della propria nazione, piuttosto che difendere i confini di una nazione già persa come la Francia.

Il duca di Weimar, Carlo Augusto di Sassonia-Weimar-Eisenach, uno degli ufficiali più prestigiosi e famosi della Prussia, che era a capo del reggimento dei corazzieri, non poté non provare stupore nei confronti di simile situazione. "Chi lo avrebbe immaginato? Hanno avuto molta fortuna, certo, ma soprattutto tanta audacia" pensò dopo aver osservato il campo di battaglia pieno di cadaveri umani, equini, pezzi di stoffa, bandiere, carri, fucili e fumo "Tuttavia è solo momentanea, la nostra superiorità schiacciante li travolgerà".

Al seguito del duca vi era un letterato, abbastanza noto in quegli anni, che si stava facendo strada tra le corti prussiane e del Sacro Romano Impero, fedele suddito di Weimar: Johann Wolfgang Goethe. Si era arruolato tra le fila dell'esercito non solamente per combattere, ma soprattutto per conoscere meglio l'evoluzione degli eventi francesi, che in Prussia erano giunti come un'eco poco chiara.

Non si definiva rivoluzionario, né li sosteneva, per quanto fosse un uomo inquieto, incapace di adattarsi completamente a quel modo fermo nei rituali e nelle etichette. Aveva girato per l'Europa, aveva visitato l'Italia, rimanendone affascinato, specialmente di quel mondo antico che aveva custodito gelosamente per secoli e che negli ultimi anni stava riemergendo dagli scavi. Non aveva perso tempo, persino durante le lunghe ed estenuanti marce, di osservare, ascoltare ed annotare ogni dettaglio della vita militare, delle città, dei paesaggi e delle conversazioni avute con gli alti ufficiali.

"Da oggi inizia una nuova era" sentenziò tra sé, avendo compreso
da quell'avvenimento in particolare che qualcosa, nell'ordine del mondo stava inesorabilmente cambiando e che, per quanto le potenze europee potessero sforzarsi nel contenere quella violenza rivoluzionaria, non sarebbero riusciti a trattenerla entro i confini francesi, fino ad estirparla "In cui nulla sarà come prima...".

Parigi, 21 settembre

La notizia della vittoria si diffuse rapidamente in ogni angolo della Francia, suscitando l'entusiasmo generale. L'essere riusciti a sconfiggere, con pochissimi uomini, l'armata alleata, in special modo quella prussiana, aveva ridato credibilità all'esercito e spinto numerosi uomini ad arruolarsi, accettando perfino la coscrizione obbligatoria. 

Inoltre aveva infuso coraggio ai membri della Convenzione nel chiudere definitivamente con il passato, decretando la fine dell'Ancient Regime e di conseguenza l'abolizione della monarchia in Francia e l'istituzione della Repubblica Francese - Dichiariamo infine che Luigi XVI, che da adesso in poi sarà chiamato solamente Luigi Capeto verrà processato per collaborazionismo con il nemico e crimini contro il popolo francese - venne annunciato alla fine della prima riunione della neonata Repubblica. 




 

 

   
 
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