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Autore: lilac_    19/01/2020    1 recensioni
Nella mia vita ho tre bisogni fondamentali: scrivere, migliorare la mia memoria e condividere i miei pensieri. Mi lamento sempre di non avere idee per scrivere nuovi racconti, e non mi sono resa conto che ho sempre avuto una miniera piena d'oro a portata di mano: i mie sogni! Leggereste la trasposizione letteraria di quelli che sono veri e propri film mentali di una perfetta sconosciuta?
Genere: Demenziale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Finalmente l’ho trovato. È quello perfetto per me. Il cappellino più bello che potessi desiderare. Il verde delle piume si sposa perfettamente con il giallo del costume da bagno. Domani farò sicuramente un figurone, e allora sarò io a vincere il premio per la migliore maschera di coppia. Gianrico sarà fiero di me. Mi dirigo verso l’uscita, stringendo il piccolo tesoro appena trovato tra le mani, nascondendolo agli occhi indiscreti degli altri cacciatori. Arrivo alla cassa mentre cerco di tirare fuori il portafoglio dalla borsa, e quando sollevo lo sguardo mi accorgo che la cassiera è proprio Lin. 

«E tu che ci fai qui?» le chiedo appena incontro i suoi occhi vispi che mi osservano da dietro il bancone.
«Sto dando una mano ai miei genitori, hanno aperto il negozio da poco» risponde timidamente sorridendo.
«Sarà anche nuovo» dico «ma le persone sembrano già non poterne fare a meno». Mi giro e con la mano accompagno il suo sguardo che si posa sulla fila che si è creata dietro di me: il negozio è veramente strapieno.
«Facciamo il possibile» risponde lei pacatamente, ma sento una punta di fierezza nel suo tono.

Mentre osservo le sue mani muoversi lentamente ma con decisione, intente digitare il codice del mio cappellino, mi concedo un’occhiata al negozio: è un negozio cinese, ma non è il tipico negozio cinese. La passione per questo lavoro emerge dalla cura dei dettagli, l’attenzione per la scelta della merce, che rendono l’atmosfera diversa da quella delle catene di enormi magazzini copia-incollati che hanno tolto la magia ad una così antica cultura. 
Il bip della prezzatura mi risveglia e automaticamente allungo verso Lin la mano con dentro gli spicci. 

Lei li osserva, e con sguardo confuso mi dice «Sono 294 yen».
Cavolo, come ho fatto a dimenticarmene! Avevo letto sul cartellino tre cifre, e la mia mente occidentale aveva subito tirato fuori dalla borsa tre euro (i 6 centesimi li avrei lasciati come mancia). 
Lin deve aver notato che ho già iniziato a sudare freddo, perché mi tranquillizza «Accettiamo anche i pagamenti con carta, ormai i circuiti sono internazionali e lo scambio di valuta avviene in automatico».
Oh, la carta: la mia salvezza. La tiro fuori dal portafoglio in un lampo, rischiando di far cadere le banconote che stavano dentro: sento su di me la pressione della stupidità, che mi ha fatto dimenticare di cambiare i soldi, ma soprattutto delle persone in coda dietro di me, che hanno iniziato già a spazientirsi. Presa dall'ansia passo la carta senza neanche guardare, digito in fretta il codice e mi lancio sul cappellino già imbustato.

«Allora io vado, ci vediamo presto!» dico salutandola con la mano mentre corro verso l’uscita.
«A presto» ricambia lei già alle prese con un altro cliente.
«Scusami per averti fatto perdere tempo» aggiungo quasi sottovoce, ormai fuori dal negozio.

Certe volte sono proprio stupida: a mia madre piace dire che mi dimentico come si vive, io preferisco descrivermi come un’inetta della vita. In entrambi i casi però penso abbiate afferrato il concetto.
Il flusso di insulti mentali è interrotto dallo squillo del mio telefono, che mi avvisa del pagamento appena effettuato. Quel sottile presentimento che ti porta a dubitare di qualunque azione passata mi convince ad aprilo, e ringrazio il momento in cui non mi sono fidata di me stessa. Appena i mie occhi leggono le tre cifre precedute da un meno ma seguite dal simbolo dell’euro, mi viene un infarto.
Mi si blocca il respiro, le gambe tremano e cedono. Il mio istinto di sopravvivenza mi suggerisce di rimanere sul marciapiede e aggrapparmi al muro: rischiare anche di essere investita da una macchina sarebbe troppo per un giorno solo, meglio distribuire le scariche di adrenalina equamente. Per un momento il cervello va in tilt, vedo passare davanti ai miei occhi tutta la mia esistenza passata e cancellarsi quella futura, causata dalla bancarotta scatenata da quest’acquisto.
Nel panico più totale si accende una lampadina: ricordo di aver visto una banca mentre venivo qui, e la cosa più sensata da fare in questo momento mi sembra quella di chiedere aiuto a loro, a costo di inginocchiarmi e implorare perdono per la mia stupidità. 

Varco le porte automatiche impaurita: da ciò che mi diranno qui dentro potrebbe dipendere la mia vita. Purtroppo mi rendo conto immediatamente che tutti gli operatori sono non solo impegnati, ma addirittura alle prese con delle code chilometriche. Non so se rassegnarmi alla mia disfatta, convinta che in qualche modo l’attesa e lo scorrere del tempo possano rendere sempre più irrimediabile questa situazione. Ma ecco, forse la mia buona stella è tornata a splendere su di me, perché mi accorgo dell’uomo seduto all’info point, intento a digitare chissà che cosa sul suo tablet. 

Mi fiondo immediatamente da lui «Bu-buongiorno!» esordisco con un po’ di affanno, dovuto sia alla corsa che all'ansia che mi sta divorando dentro.
«Salve signorina, come posso esserle utile?» risponde meccanicamente, senza nemmeno alzare lo sguardo dal dispositivo.
Inspiro profondamente, rassegnandomi al fatto che questa purtroppo è la mia unica occasione e che in qualche modo devo fare funzionare le cose. Spiego la situazione il più chiaramente possibile, sorvolando sulla mia disattenzione, spostando piuttosto il focus sulle conseguenze catastrofiche che questo avvenimento comporterà. 
«Non possiamo fare nulla per lei, mi dispiace» risponde con tono neutro e il riflesso delle caramelle colorate ancora sui suoi occhiali.
Congiungo le mani e gli occhi mi si inumidiscono «La prego, ne va della mia vita», ribatto, «è la prima volta che vi si presenta una situazione del genere?» domando ancora, speranzosa.
«No signorina, ma non possiamo comunque fare nulla per lei» continua imperterrito, ma finalmente alza lo sguardo e lo posa su di me, contemplando lo stato di disperazione in cui mi trovo, a metà tra lo scocciato e l’incredulo.
«E vi sembra normale che finora non abbiate fatto nulla per i vostri clienti?» sbotto allora inviperita: ormai non c’è più nulla che trattenga la mia frustrazione.
Non gli do neanche il tempo di replicare perché mi giro sdegnata, marciando con rabbia verso l’uscita.
E ora chi lo dice a mia madre?!


Appena messo piede in casa mi travolgono due novità, una bella e una brutta: la notizia positiva è che non devo affrontare l’imbarazzo di iniziare questa conversazione, Mamma e Sabrina, mia sorella, già sanno tutto (a quanto pare i pagamenti della carta sono collegati anche al loro telefono); la notizia negativa è che purtroppo devo ancora recuperare i miei 294 euro. Cerco di spiegare loro che bisogna trovare una soluzione, perché altrimenti dovrò dichiarare bancarotta eterna, ed entrambe mi danno ragione, aggiungendo che non hanno intenzione di mantenermi economicamente perché “troppo ingenua per vivere in questo mondo”. Scuoto la testa ormai arresa: che bello l’affetto e il supporto familiare. 
Tra le urla e gli insulti la Mamma comunque riesce a tirare fuori un’idea non troppo sbagliata: dovremmo ritornare al negozio e contrattare con loro. 


Varco per la seconda volta nello stesso giorno le porte di un negozio che sinceramente non vorrò vedere più nella mia vita, affiancata stavolta da mia madre e mia sorella, una a destra e l’altra a sinistra, con l’intento di difendermi ma anche di evitare una mia possibile fuga. Mi conoscono bene. Appena vedo Lin spazzare all'ingresso sento un briciolo di speranza accendersi in me: siamo amiche, sicuramente farà di tutto per aiutarmi.

«Mi dispiace, non possiamo fare niente» dice lei scuotendo le spalle, e torna a rivolgere le sue attenzioni al pavimento, dopo un ultimo sguardo impotente.
Sento mia madre irrigidirsi accanto a me. Ecco, la donna cannone è carica: tra poco ci sarà la guerra.
«Lin, non è vero, una possibilità ci sarebbe» a quanto pare qualcuno vuole concludere questa battaglia a tavolino. Il paciere sembrerebbe essere proprio il padre di Lin, che aggiunge «potremmo restituirle i soldi, ma non in contanti, purtroppo la ragazza ha pagato con la carta» eccolo infrangere ancora una volta le mie speranze.
«Potremmo ridarle l’intera cifra in oggetti acquistabili qui in negozio» continua «purtroppo però l’unico articolo di cui abbiamo sufficiente disponibilità sono le extension per capelli» continua lui. 
Ma che trattato di pace sto firmando?

«Io però porto i capelli corti» faccio notare con estrema tranquillità a tutti i presenti, ammutoliti in attesa di una mia risposta.
«Appunto, le extension servono proprio in questi casi» azzarda Lin, cavalcando l’onda dell’equilibrio interiore che sembro finalmente aver raggiunto.
«MA SE LI PORTO CORTI VUOL DIRE CHE LI VOGLIO CORTI, NO?!» urlo liberando tutta la frustrazione e la tensione accumulate durante questo dialogo surreale. Scoppio a piangere disperata, ormai rassegnata al mio destino da barbona.

Percepisco mia madre che continua a contrattare cercando di trovare una soluzione, ma ormai è lontana, Lin è lontana, il negozio, le extension sono lontane: davanti a me sento presente e tangibile solo il futuro che mi è stato negato a causa di un acquisto disattento. Che stolta che sono.

Una mano mi tocca la spalla: è il padre di Lin. Mi guarda a stento imbarazzato per la quantità di lacrime che sto versando e forse spaventato che possa inondargli il negozio nuovo. 
«Potresti lavorare qui da noi quest’estate, così recupereresti i soldi» mi propone timidamente, sperando che questa soluzione possa placare il Tigri e l’Eufrate che sgorgano dai miei occhi. 
Mi fermo a fissarlo, incredula di poter riacchiappare il futuro strappatomi. Stringo le mani del mio salvatore piena di riconoscenza e mi volto verso mia sorella sorridendo.

«Almeno potrò aggiornare il curriculum».





Saaalve a tutti, sono tornata.
Ci tengo a specificare che nei sogni emergono parti della mia personalità in maniera estremamente accentuata e che nella vita reale non sono così ansiosa e disfattista. O forse si. In ogni caso, mi fa sempre piacere sapere cosa ne pensate, perché io mi diverto un sacco a scrivere racconti nonsense, ma forse sono troppo cringe. 
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