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Autore: Asia Dreamcatcher    23/01/2020    3 recensioni
"Prende un treno, scende, decide di fermarsi o di salire su un altro; senza alcun piano, ne direzione precisa, ciò che sente è la sua unica bussola."
[Storia partecipante a "Il contest degli haiku" indetto da Juriaka sul forum di efp]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Haiku

Dove l'anima conduce



c'è una meta

per il vento dell'inverno:

il rumore del mare”



~


Il rumore di corpi che si muovono, valigie sbattute e il chiacchiericcio diffuso scuotono Sebastian dal torpore del sonno. Sbadiglia vistosamente, cercando di sgranchirsi braccia e gambe, nonostante l'angusto sedile su cui si è rannicchiato.
Guarda fuori dal finestrino e vede il via vai di persone, quell'ammasso brulicate di vite e sogni che incontra in ogni stazione e che per lui è diventato una visione rassicurante, famigliare.
Sbadiglia ancora, si strofina malamente i capelli ossigenati, incasinandoli ancora di più e poi decide: afferra lo zaino e scende.
Sebastian cammina in silenzio, ogni tanto i suoi occhi blu sfiorano persone che si affannano a salire sull'ultimo treno, altre che scendono e sospirano di sollievo, altre che si abbracciano, chissà da quanto non si vedono.
Da quanto tempo sono in viaggio?”, si chiede continuando a scivolare fra quelle figure frementi come un fantasma. Nessuno è lì per lui, nessuno lo sta aspettando, nessuno sa chi è o da dove viene e questo è proprio il motivo per cui vaga per il paese da quasi otto mesi. Prende un treno, scende, decide di fermarsi o di salire su un altro; senza alcun piano, ne direzione precisa, ciò che sente è la sua unica bussola.
Ha uno zaino da viaggio di quelli ingombranti, che ti fanno sembrare piccolo; dentro pochi vestiti, qualche libro, una guida generale del paese ormai logora, un cuscino gonfiabile e una coperta, un blocco da disegno, carboncino e matite acquarellabili. La sua vita è tutta lì, racchiusa fra pareti di tela impermeabili e sbiadite.
Esce dalla stazione e avverte l'aria tersa e fresca dell'autunno colpirgli il volto magro e pallido, è piacevole, si ripara gli occhi dal sole luminoso che però ha iniziato a scaldare meno le giornate.
Ad occhi estranei parrebbe un giovane viaggiatore che consulta una guida turistica – magari uno di quei diciottenni che dopo il diploma decide di esplorare il mondo in solitaria per scoprire di che pasta è fatto –, ma Sebastian sa che non è così. Si sente un fuggiasco che, per allontanarsi da tutto ciò che era stata la sua vita fino a quel momento, si è mascherato da girovago. Ha diciannove anni e non ha ancora chiaro se è stato lui a tradire la sua famiglia o loro a tradire lui.
Mentre cerca di capire in quale città sia finito, gli passano accanto dei ragazzi che dovrebbero avere la sua età o poco più, probabilmente diretti all'università. Li scorge appena, non sono poi così diversi, eppure Sebastian percepisce che fra loro esiste una distanza abissale, quella spensieratezza che lui ha abbandonato quando ha deciso di andarsene di casa. Gli pare d'essere un anziano viandante che ha sentito troppo, che ha errato troppo.
Il suo sguardo torna sulla guida e capisce di trovarsi in una località costiera, la cosa lo rincuora, gli è sempre piaciuto il mare e da ciò che legge intuisce che non è una di quelle città marittime, meta di turisti e vacanzieri in infradito e crema solare, con grandi palazzoni a ridosso della spiaggia, costellata con precisione millimetrica da file e file di ombrelloni.
Guarda l'ora, si è messo in viaggio prima dell'alba e manca ancora a mezzogiorno, decide di dirigersi verso il mare, quando lo vedrà capirà se sarà il caso di fermarsi o ripartire.

La spiaggia profuma di pino d'Aleppo, salsedine e qualcosa d'antico mai dimenticato, è un odore pungente che si mischia all'aria fresca leggermente umida dell'autunno. È una brezza che intirizzisce, dal sapore malinconico e dolciastro che a Sebastian però riempie cuore e polmoni. Osserva il paesaggio intorno a sé: la spiaggia è spoglia, si offre nuda al mare dai colori foschi, è ingrossato, un leggero vento ha fatto alzare qualche onda. A largo, fra l'azzurro cupo, il blu profondo e l'indaco sporco, c'è qualche giovane surfista che sta a mollo sperando in onde degne di essere cavalcate - “pazzi!” pensa il ragazzo -. I pini dalla corteccia grigio-argenteo si tendono dolcemente verso l'acqua, in una sorta di delicata riverenza, gli scogli hanno colori cupi e fra essi spicca qualche arbusto dal colore reso intenso dalla luce autunnale. Un piccolo porticciolo di legno stinto dove diverse imbarcazioni pittoresche dondolano placide, chiude la visuale della baia.
Mentre osserva tutto ciò Sebastian avverte uno spasmo al cuore, quasi si fosse dilatato per accogliere la bellezza d'altri tempi di quel luogo, gli piace. La tristezza per la sua condizione si stempera lentamente e lui respira. Si siede sulla sabbia grossolana e iridata, sistema meglio la sciarpa pesante attorno al collo, estrae trionfante il blocco da disegno e le matite e lascia che l'arte lo pervada e muova sapientemente la sua mano.

Una goccia, poi un'altra e un'altra ancora scivolano fra i capelli... Gocce?
Solleva sconcertato lo sguardo per puntarlo in un paio d'occhi curiosi e dal colore cangiante.
«Oh ti sei accorto di me, ammetto che stavo cominciando a sentirmi leggermente offeso!».
Il ragazzo davanti a lui ha una voce calda e leggermente arrochita, indossa una muta, i suoi capelli biondi sono scuri a causa dell'acqua e sulle punte si raccolgono piccole gocce d'acqua che cadono imperterrite sulla sua, di chioma.
Sebastian deglutisce a vuoto, è disorientato, si guarda attorno e vede la tavola da surf piantata nella sabbia a pochi passi da loro.
«D-da quanto tempo sei qui?», chiede leggermente atterrito, il volto così vicino del ragazzo lo manda in confusione. Per troppo tempo si è sentito invisibile agli occhi degli altri e ora quello sguardo penetrante e vivo, il sorriso aperto lo mettono a disagio.
«Qui in questo paese? O qui che ti osservo?», scherza lui, finge un'espressione pensierosa poi le labbra si ripiegano in quel sorriso conturbante.
«Beh io qui ci sono nato e ci vivo. Ti osservo, credo, da cinque minuti buoni. Ho anche provato a richiamare la tua attenzione, ma eri totalmente assorbito-», getta uno sguardo sul blocco da disegno e Sebastian osserva attento come le sue sopracciglia si sollevino in un moto di sorpresa, «Beh capisco! Se avessi il tuo talento nulla potrebbe distogliermi dal mostrarlo», continua colpito.
Sebastian abbassa gli occhi, osservando il paesaggio di carta e colore che ha ricreato, arrossisce leggermente. Gli era capitato, in quei mesi di viaggio, di vendere qualche suo disegno, a volte un ritratto a volte un paesaggio – per pochi euro, certo – rimpinguando i soldi che guadagnava trovando lavori per brevi periodi, nelle città in cui gli capitava di soggiornare per più tempo. Ma nessuno gli aveva mai detto una cosa simile, nessuno aveva chiamato la sua più grande passione: talento.
Quel talento per cui – oltre a svariate difficoltà e incomprensioni – aveva lasciato casa e famiglia.
«Ti ringrazio, anche se credo sia merito del luogo», replica – la sua voce ha preso coraggio – riesce a accennare a un sorriso.
Il ragazzo – che Sebastian reputa più grande di almeno un paio d'anni – si guarda attorno e annuisce orgoglioso.
«E' splendido, vero? Io comunque sono Lex!» gli tende la mano e lui l'afferra un po' incerto, è calda e umida, profuma di mare.
«Sebastian», la voce trema lievemente. Dire il suo nome ha cominciato ad esser un gesto quasi estraneo, poiché non resta mai abbastanza a lungo in un posto perché qualcun altro lo pronunci con calda famigliarità.
«Beh Sebastian che ci fai qui? Non ti ho mai visto prima».
Al ragazzo viene da ridere, ma sarebbe una risata mesta dalle note amare. Da dove cominciare? Dal momento in cui ha cominciato ad ammantare la sua vita di bugie, per compiacere la sua famiglia? O dal momento in cui la sua famiglia – scoperta la verità, per mezzo delle sue stesse labbra – l'abbia rifiutato? O quando ha deciso che essere se stessi valeva più di una vita falsa, anche se con l'approvazione e l'affetto di chi ti ha messo al mondo?
Si stringe nelle spalle.
«Ho preso una direzione e questa direzione mi ha portato qui», dice semplicemente.
Lex lo osserva con attenzione quasi con circospezione, Sebastian percepisce che lo sta studiando. No, più che studiando lo sta leggendo dentro, capisce che la sua risposta cela molto più e lui vorrebbe sottrarsi a quegli occhi, ma è da così tanto che non si sente visto, per davvero, che si lascia sondare; con la faccia smarrita e gli occhi enormi e malinconici.
«Ti fermerai per molto?», chiede. Lex prova una sana curiosità per quel ragazzo. Il suo è un paese piccolo di marinai e pescatori, con le nonne che, la sera, ancora siedono fuori lungo i marciapiedi a rimembrare i vecchi tempi andati, mentre i ragazzi – che si conoscono tutti – chiacchierano dei loro sogni e di viaggiare, di andare all'estero. I bambini scorrazzano per le strade giocando a pallone e i vecchi imprecano per un settebello sottratto. È un paesello dall'anima antica fatto di pietra e legno, dalle case variopinte e i balconi straripanti di fiori e piante, dove nessuno chiude a chiave la porta e i turisti che giungono sono per lo più viaggiatori che anelano ritrovare sapori e profumi antichi.
Lex ne ha visti tanti ma nessuno con lo sguardo di Sebastian, con quel corpo magro e nervoso che chiede ristoro e con quel talento custodito nelle dita eleganti.
«Non lo so. Dipende da cosa trovo», replica dopo un po' il più giovane.
«Non mi sembra che tu sappia cosa stai cercando», ribatte il surfista leggermente provocatorio.
«Direi di no, altrimenti – credo – non mi sarei messo in viaggio», risponde Sebastian un po' ironico, un po' sulla difensiva.
«Immagino che tu non sappia dove fermarti per la notte?».
Il girovago nega col capo, Lex ridacchia incredulo.
«Vieni conosco un posto», gli offre la mano.
Sebastian accetta d'istinto – nemmeno lui sa dire il perché – prende le sue cose e si incammina dietro il ragazzo.
La luce del sole d'autunno tinge i ciottoli e le case di sfumature calde, creando giochi d'ombra inediti che le altre stagioni possono solo sognare. Sebastian osserva tutto ciò e si sente incredibilmente ispirato, forse vale proprio la pena fermarsi un po'.

   
 
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