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Autore: milla4    23/01/2020    2 recensioni
Ed era una semplice ragazza che aveva bisogno di un cavaliere a cui non chiedeva amore ma protezione.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Wilhelmina Coke
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Una fotografia senza nome
 




Era conscia del ruolo che aveva in quel mondo: trovare un marito di buona famiglia con una posizione adatta alla sua, era il suo unico compito nella vita. Non le era richiesta intelligenza, né un qualsiasi sentimento che non fosse necessario ad una pacifica unione matrimoniale. Sembrava così facile, ognuno in quella piccola corte aveva trovato un compagno, qualcuno con cui passare il proprio tempo.
L’unica preoccupazione della sua famiglia era che non fosse altro che graziosa, non aveva le armi per attrarre un uomo; quell’arte non era innata in lei, né aveva avuto una madre con quel poco di malizia che servisse ad aiutarla nel difficile compito che le era richiesto.
La giovane fanciulla vedeva ogni cosa sfuggirle dalle mani, un eterno girotondo da cui era esclusa. Fin da subito era stata indirizzata verso  Ernest, Principe Sassonia-Coburgo-Gotha: inesperta, Wilhelmina  aveva cercato di inserirsi nei suoi pensieri, ma come un cane di strada era stata debitamente evitata. E umiliata.
Ma a sua zia e alla sua famiglia non interessavano i suoi fallimenti né come ella si potesse sentire, anzi, avevano istillato ancor di più nella sua giovane mente il dubbio che non nessuno l’avrebbe mai amata né voluta e questo l’aveva portata quasi sull’orlo della disperazione. Erano rare le notti in cui l’ansia le permetteva di addormentarsi all’istante, giorno dopo giorno sentiva che il suo futuro di solitudine come una “zitella” si stesse avvicinando e non poteva farci nulla.
Aveva notato che in Lord Alfred ci fosse qualcosa in più rispetto agli altri gentiluomini, qualcosa che gli aveva impedito finora di trovare moglie, o di cercarla. Ma lui era un uomo e quelli del  suo sesso avevano il diritto di fare ciò che volevano della propria vita, o almeno il tempo era dalla loro parte. Era un uomo sensibile e affascinante ma Wilhelmina aveva cercato di tenersi debitamente a distanza, finché sua zia non l’aveva spinta nella sua direzione.
Wilhelmina aveva notato qualcosa di errato nei  comportamenti di lui e ne era rimasta scandalizzata, ma l’anziana zia si era dimostrata meno puritana di quanto fossero le nuove generazioni. Le aveva fatto notare che ogni cosa intorno a lei poteva avere più letture, più sfaccettature come uno di quei dagherrotipi che andavano tanto di moda in quegli anni. Aveva sempre vissuto vedendo tutto come un dipinto, i cui tratti e le immagini erano espressione della vista di qualcun altro, stando a corte aveva imparato di avere anche lei un punto di vista. Ognuno in quel luogo aveva trovato un compagno, se non per unirsi davanti a Dio, almeno per amicizia.
«Signorina Coke» Sir Robert Peel era davanti a lei, facendole un cenno con il capo. Subito lei si rialzò, era così indecoroso farsi vedere in disordine, gettata su una poltrona. «Sir Peel» Wilhelmina cercò di eliminare le piccole lacrime che non si era accorta di avere sul viso. Subito l’uomo si scostò la giacca per prendere un fazzoletto che poi le porse «Oh, grazie, ma davvero, non ce n’è bisogno» Peel le sorrise nel suo solito modo, rapido e delicato, come se non volesse mostrare quella faccia così diversa dall’uomo politico che tutti conoscevano.
«Non conosco molto l’animo delle donne, ahimé, ma riesco a riconoscere quando esso è ferito» Whilelmina si asciugò le lacrime tamponando con il fazzoletto «niente di tutto ciò temo, solo tristezza… credo» il viso le si imporporò di colpo, gli occhi pieni di paura per essersi esposta così tanto «Oh, ma è soltanto qualcosa di passeggero, non ho davvero nulla che possa turbarmi tanto»
«Non vi scusate» le mise una mano sulla sua mentre ella cercava di restituirgli il fazzoletto «in questa società viviamo solo per le convenzioni. Sembrano la via più semplice, una strada già percorsa è sempre dritta, con poche buche, ma la realtà è che un vicolo oscuro e cieco, senza possibilità d’uscita».
Peel aveva detto queste ultime cose con voce amareggiata, si schiarì la voce in imbarazzo quasi si fosse pentito di aver parlato «Vi chiedo scusa, mia Signora, stavo cercando Il Pincipe Albert ma evidentemente non è in questa stanza» fatto un altro cenno della testa uscì di fretta, quasi fosse rimasto scottato da quel contatto ravvicinato. Wilhelmina pensò fra sé a sé che probabilmente non fosse abituato ad aprirsi così facilmente.
 
«Wilhelmina, Wilhelmina dove sei?» la voce agitata della Duchessa di Buccleuch risuonò come eco di una tempesta, la ragazza si prese un minuto prima di rispondere, doveva rendersi presentabile: prese a lisciarsi con gesti divenuti ormai automatici la lunga gonna, si sistemò il corpetto e per ultimo asciugò i rimasugli di tristezza con il fazzoletto donatole dall’inaspettato e temporaneo amico.
«Mia Signora, sì sono qui» fece una piccola corsa per raggiungere la sala il corridoio centrale, il volto raggrinzito di sua zia era esasperato e mostrava tutta la sua contrarietà, colpendola con un piccolo tocco del prezioso ventaglio italiano «Cara ragazza, dov’eri finita? Mi devi aiutare a scegliere i vestiti da indossare per la fiera sul Tamigi. Dio solo sa cosa dovremmo andare a fare, comprare caramelle o pan di zenzero?» sospirò in modo plateale «Ma se la Nostra Regina (1) questo ha deciso, noi non dovremo farla sfigurare… Avanti! Andiamo nella mia camera, bisogna sempre prepararsi in anticipo per ogni evenienza»
«Tu cosa metterai?» chiese alla nipote «Stavo pensando a quell’abito in pizzo violetto…» la Duchessa la scrutava attentamente, ignorando lo sguardo imbarazzato della nipote
«Uhm… troppo cerimoniale, vedrei meglio l’abito color pesca con quelle piccole roselline sul petto» le diede un altro tocco sbrigativo sul braccio, «Certo, Duchessa» rispose Wilhelmina con voce bassa e sottomessa. Non poteva ribattere, era soltanto una dama da compagnia, un ornamento per la guardarobiera reale.
 
*
 
Albert notò un concitato Sir Robert Peel venirgli incontro giù dalle scalette del corridoio centrale, «È successo qualcosa, Peel?» avevano deciso di incontrarsi per parlare della costruzione di nuovi marciapiedi anche nelle strade più interne di Londra e nel tempo estendere la cosa nelle piccole realtà di provincia, ma qualcosa sembrava occupare la mente del Primo ministro inglese «Uh, sì certo… se non sbaglio eravamo rimasti a quali strade chiudere per la prima fase di manutenzione…»
 
*
 
Il personale di servizio era sempre in movimento a Buckingham Palace, mentre l’aristocrazia aveva l’abitudine si svegliarsi al più tardi nella mattinata. Una delle prime ad alzarsi era ovviamente la Duchessa che condivideva questo piacere con la sua dama da compagnia.
 La signorina Coke amava poter avere del tempo per se stessa prima che i doveri della corte le prendessero la sua giornata, non le piaceva rimanere a letto più del necessario. Aiutata da una domestica, indossò l’abito. Uno stormo iniziò a creare innumerevoli figure che la incantarono alla finestra, aveva sempre apprezzato la virtù del volare che avevano alcuni animali, che fossero grandi o piccole ali, becchi ad uncino o corti zeppi, quando uno dei suoi zii, diplomatico di qualche stato africano, veniva a raccontarle delle meraviglie che incontrava nei suoi lunghi viaggi in giro per il mondo ella chiedeva sempre di parlarle degli strani uccelli che egli aveva incontrato; nei suoi racconti la fantasia si mescolava alla realtà. L’adorazione per quegli animali piumati le era rimasta per tutta la giovinezza; Wilhelmina si avvicinò al vetro strizzando gli occhi: no, quelli non erano stormo di storni, era un nugolo di oche di passaggio, il tempo passato a palazzo non le aveva fatto dimenticare le informazioni lette nei pochi libri che le era consentito di utilizzare a casa. Sua madre non era molto contenta che si dilettasse in letture così poco femminili, ma d’altro canto sua figlia non mostrava altre stranezze e le notizie delle stramberie perpetuate dall’odierna gioventù avevano di fatto reso quella passione innocua e passeggera. Una volta trovato marito avrebbe avuto altro a cui pensare.


Il loro vociare fu una deliziosa conferma; quella mattina Wilhelmina doveva mostrarsi al meglio delle sue possibilità; sua zia le aveva comunicato tre sere prima che quel giorno, un giovedì, alcuni giovani studenti sarebbero venuti a ricevere un premio per un’importante scoperta nell’ambito della scienza, almeno così aveva compreso. Quando aveva sentito la notizia la Duchessa aveva ascoltato solo ciò che era per lei interessante, ovvero che dei giovani e aristocratici scapoli sarebbero stati riuniti a Buckingham Palace; nel darle queste vitali informazioni aveva ricordato alla nipote che aveva già diciassette anni e che il suo tempo non era infinito, oltre ad aver approvato il suo vestito celestino, con uno scollo poco ampio ma dal bustino molto stretto.
La cameriera venne ad aiutarla a vestirsi e ad acconciarsi i capelli in grandi boccoli  che discendevano morbidi ai lati della testa; preso il ventaglio, uscì dalle sue stanze e scese le scale per arrivare al corridoio principale, non era in ritardo ma l’ansia per la giornata le aveva messo fretta, con quel vestito il suo corpo era molto valorizzato: il petto, poco esposto dalla ridotta scollatura, era contornato da piccole roselline in organza mentre la gonna a vita bassa con il corsetto rendevano i fianchi voluttuosi anche se proprio quest’ultimo aveva la controindicazioni di rendere poco  più lungo l’orlo della gonna. Ma le continue e risolute lezioni di sull’essere una donna di mondo ricevute sin da quando era più che una bambina le avevano insegnato a prevedere ogni problema legato al vestiario.
Arrivò nella stanza di ricevimento della Regina poco prima di sua zia «Wilhelmina, sei già arrivata. Sei davvero deliziosa oggi.» le si avvicinò sussurrando «su, avanti, mettiamoci in prima fila: gli uomini amano vedere esposto ciò che devono comprare.»
«Non hanno molta immaginazione…»
L’anziana donna sorrise maliziosa «Oh, ne hanno ben troppa»
Arrivate davanti alla regina, si misero alla sua destra, Wilhelmina cercò di studiare le persone che aveva davanti; ciò che vide furono dieci giovani uomini sui vent’anni dal viso orgoglioso e altero. Li scrutò uno ad uno cercando di trovare qualcuno che l’attraesse e, nel contempo cercare di attrarne a sua volta almeno uno. Due occhi verdi incontrarono i suoi per un breve istante.
«Hai trovato qualcosa da guardare, mia cara?» la ragazza annuì con discrezione; poco dopo davanti a tutti gli astanti ebbe inizio la premiazione, prima con un discorso del Principe Albert, fautore dell’iniziativa, poi con le brevi ma importanti parole della Regina.
Wilhelmina guardava sempre con una certa soggezione il fervore che il marito di Sua maestà metteva nei discorsi, come se la sua anima vivesse in quelle parole e  si vedeva all’interno di esse la passione, ma anche lo studio che vi era dietro: dalla freddezza della sua consorte e, soprattutto, dalle confidenze fattele dalla Duchessa, aveva saputo che tutto ciò non era da essa ben compreso. Istintivamente la signorina Coke cercò con lo sguardò se intorno a lei ci fosse l’altro consigliere reale, ma evidentemente si mosse troppo perché sentì arrivare una gomitata al fianco che le imponeva di rimettersi al suo posto.
La sala dei buffet era gremita di gente, ma la maggior parte si era già servita ed ora stazionava nella sala adiacente riuniti in gruppi di stesso genere e stessi componenti. Le dame della regina si erano scelte un angolo a sinistra della sala, accanto ad un caminetto acceso, cosa molto gradita nella stagione autunnale: conoscevano abbastanza bene quel palazzo da permettere di non cadere nei fatali errori di mettersi accanto alle porte – luoghi di passaggio di persone e correnti d’aria- né vicino alle finestre – dove i rari raggi del sole invadevano i volti delle persone che incautamente si erano messe nella loro traiettoria. La signorina Coke era impegnata in futili conversazioni sul programma della domenica successiva, ma nel frattempo gettava uno sguardo alle persone riunite vicino ad una delle porte che collegavano la sala del buffet alla loro, cercando il giovane che prima aveva incontrato il suo sguardo. Doveva avere la conferma che non si fosse sbagliata e che la sua agitazione non le avesse fatto scorgere qualcosa che non era reale. Il volto incupito nella ricerca si rasserenò quando scorse il viso di lui che l’osservava da lontano, cosa che non era sfuggita a Lady Emma Portman.
«Credo che io e la Duchessa dovremmo andare a far visita a Lady Anderson, suo marito è un diplomatico ed è appena tornato da una spedizione ai caraibi… avrà sicuramente qualcosa di interessante da raccontarci» le due signore di congedarono dalla fanciulla, lasciandola sola a sventolare il ventaglio sperando che il ragazzo recepisse il messaggio; così fu. «Mia Signora» entrambi si profusero in piccoli inchini dettati dalla forma «Sono Sir Arthur Pumblerton, visconte di Grantham. Purtroppo non sono molto avvezzo alle dinamiche di questi ricevimenti e temo di non aver compreso dove venga servito questo delizioso punch» alzò il bicchiere «sareste così gentile da indicarmi la via: porterò un approvvigionamento per entrambi… ho notato che anche il vostro calice è vuoto» la fanciulla sorrise «Ma certo, mio signore. È nella stanza dei buffet, nel tavolo accanto a quello della ristorazione. È normale perdersi, questa dimora è talmente grande che spesso non so neanche io dove mi trovo.» aveva dato un attacco per una conversazione brillante e conoscitiva che puntualmente l’altro accettò di buon grado «Oh, cielo, che sbadato. Mi vergogno di essere così sprovveduto. E dire che dovrei partire in un viaggio diplomatico nelle Indie tra un anno e non so nemmeno orientarmi in una casa» ridacchiò per brevi istanti, accompagnato dalla risata cristallina di lei. Wilhelmina non aveva potuto pensare all’aspetto dell’uomo, ma quando egli si offrì di andare a prenderle dell’altro punch ebbe il tempo di prestare attenzione anche alla sua forma. Era un ragazzo sui vent’anni, non molto alto, ma comunque prestante, i ricci capelli scuri ne contornavano un viso allungato ma proporzionato su cui imperavano un paio d’occhiali, indispensabile aiuto per uno studioso. Non aveva un aspetto sgradevole e questo per ora le bastava. Passarono i minuti ma dell’uomo non vi era traccia, la situazione stava diventando imbarazzante, Wilhelmina sentiva addosso a sé gli sguardi dei partecipanti nella sala; le sue accompagnatrici erano ormai chissà dove e lei era sola, in un angolo ad aspettare una persona di cui conosceva a malapena il nome, il suo tirocinio l’aveva preparata anche a quest’eventualità. A piccoli e dinoccolati passi si diresse verso la sala del buffet, avrebbe finto preoccupazione o sbadataggine a seconda dell’interazione di lui, ciò che si trovò davanti appena varcata la porta fu invece qualcosa di inaspettato: il suo giovane cavaliere era stato trattenuto dal Principe perdendosi conversazione. Facendosi coraggio, la ragazza si avvicinò al duo: stavano parlando di progetti per rendere i passaggi pedonali sui ponti di Londra molto più funzionali e magari in futuro estenderli anche al di fuori delle città.
Non poteva esser d’aiuto né aveva argomenti con cui entrare. Era sola, completamente sola e le veniva da piangere, di nuovo. Aveva perso un’altra opportunità, di certo Sir Pumblerton non l’avrebbe più cercata, non era stato un incontro così memorabile e l’avrebbe dimenticata come un sogno al risveglio mattutino. Uscì dalla stanza furtivamente per non farsi vedere, ma accelerando il passo, aveva voglia di stare sola… forse un preambolo della sua vita futura. Cercò spasmodicamente un’uscita per i giardini e trovata si fermò accanto ad un muro, poi pianse. Il nervosismo la portò a singhiozzare così forte quasi da mozzarle il respiro: cosa le stava accadendo? Non era nulla di così grave! Ci sarebbero stati altri ricevimenti, altre occasioni per fare conoscenza eppure sentiva che la sua vita era finita. Il declino era cominciato. Era venuta a corte spinta dalla concreta necessità di trovare marito e aveva fallito.
Cercò di guardarsi dall’esterno: che cosa vergognosa, in una fotografia avrebbe visto una giovane donna dal viso rosso e sfatto, sola accanto ad un cespuglio di margherite gialle. Una scena patetica.
«Tutto bene?» una voce dietro di lei la fece sussultare, era rimasta fin troppo nei propri pensieri quasi da dimenticarsi la realtà. «Oh cielo, vi sentite male?» «N-no, solo un po’ di malinconia.» Cercò di sistemarsi come poteva «Qualcosa è. Vedere piangere una giovane fanciulla una volta è un male, ma due volte vuol dire che qualcosa non va» le si avvicino per dare un conforto e la sua protezione seppur a distanza. Non avrebbe dovuto farlo, si era davvero messa in ridicolo se una persona come il Primo ministro aveva pietà per lei, il pianto da trattenuto si fece impetuoso. Peel si trovò totalmente spiazzato e incapace di fare alcunché; non era molto bravo con l’altro genere, se fosse stata sua moglie o una delle sue figlie l’avrebbe abbracciata poggiando il suo viso sul suo petto, ma questo era impossibile in quel caso «Calmatevi, davvero. Vado a chiamare qualcuno… cerco un domestico e…» «No, no vi prego. Ora sto meglio, era stato soltanto un attimo.»
«Sta durando troppo tempo questo “attimo”»
 «Il nostro genere subisce molto pesantemente i cambi climatici di questa stagione» cercò di scusarsi lei, «Oh, non credo molto a queste cose. Dietro lacrime vedo semplicemente tristezza.» Ella non rispose, come avrebbe potuto mentire ancor di più? L’aveva vista disperarsi poco prima, nascondersi dietro alla fragilità femminile era un insulto alla sua intelligenza.
«Ve la sentire di dirmi cosa vi turba? Sapete ho una figlia più o meno della Vostra stessa età… se vi fa comodo non pensate a me come al Primo ministro ma come un padre preoccupato delle sue figlie»
Ancora nessuna risposta «Julia, la mia primogenita ha degli sbalzi umorali molto simili ai vostri, sua madre mi ha detto che ha paura di rimanere zitella e di invecchiare sola.» Con l’occhio cercò un segno, che l’altra involontariamente gli diede deglutendo «Ma ha soltanto sedici anni e troverà qualcuno che l’ami come io ho trovato mia moglie e mio padre ha trovato mia madre e così via.» Peel sentì lo sguardo di lei attento su lui «Credo che questa mania del matrimonio abbia portato soltanto del male. Il Tamigi sarebbe largo il doppio se fosse riempito da tutte le lacrime delle giovani donne di questo paese.»
«Oh, guardate una rondine» indicò un uccellino che aveva spiccato il volo da un albero vicino, parlando avevano percorso già una cinquantina di metri senza accorgersene «Che strano, in questo periodo dovrebbero essere migrate altrove» corrucciò lo sguardo cona aria pensosa.
 «No, no è una sterna artica. Il loro viaggio inizia proprio dalle nostre coste, mio signore» Peel guardò stupito la sua compagna «siete molto informata sull’argomento» Wilhelmina arrossì, la conversazione così intima l’aveva portata ad esporsi forse troppo «Ho soltanto letto qualche libro in merito» l’uomo sorrise, aveva forse trovato un argomento neutro con cui rallegrarle l’umore. «Ditemi, com’è nata in voi questa passione?» «Non lo so, credo per via della loro libertà» questa volta era si era contenuta, avrebbe potuto dirgli la verità, che uno zio le aveva raccontato di mondi lontani ma non era il caso. Camminarono per altro tempo parlando di oche e passeri. Nulla però in un palazzo del genere rimaneva celato ad occhi indiscreti.
 
 
 
«Cos’hai combinato» la Baronessa era entrata come una furia, Wilhelmina corse a mettersi la vestaglia da camera, era sera e si stava preparando ad andare a letto; congedò con una mano la sua aiutante «Cos’è accaduto, zia?» «Avresti dovuto cercare di prendere marito, un uomo solo e scapolo ricco e possibilmente con un titolo, non irretire un uomo già sposato e per di più il Primo ministro della nazione!» Si era avventata sulla ragazza come un falco su un agnellino «Abbiamo soltanto parlato» balbettò la ragazza
«Oh no mia cara, hanno visto anche altro. Avete riso e scherzato come una coppia in luna di miele. Cosa ti è preso mia cara? Quel giovane non era di tuo gradimento?»
«Scusatemi zia, non pensavo fosse così sconveniente. Sir Peel mi aveva chiesto quale regalo potesse piacere a sua figlia per il compleanno e allora ho dato informazioni sulla moda odierna»
Quella scusa era l’unica che le era venuta in mente in così poco tempo, non avrebbe potuto mai dirle che l’aveva trovata in un fiume di lacrime, non gliel’avrebbe perdonato «Questa volta la cosa è rientrata da sola, camminare e parlare non sono ancora fonte di scandalo» l’anziana donna si sedette sul canapè di mussolina, non aveva più le gambe di una volta «vedi, mia cara ci sono cose che travalicano il senso del giusto e dello sbagliato. Ci sono cose che vanno valutate secondo ciò che sia opportuno e inopportuno. È giusto che un uomo cerchi uno svago da un matrimonio? No… ma è lecito? Buon dio, sì. Sei ancora troppo giovane e molte cose scoprirai sull’ipocrisia della nostra società. Per adesso devi comprendere che passare del tempo da sola con un uomo sposato, anche solo per parlare de tempo, non è una buona cosa» così sentenziato le chiese un aiuto per alzarsi e si ritirò. La signorina Coke passò una strana nottata, aveva pensato di fare veglia tutta la notte per via del principio di scandalo che aveva causato ma la verità era che parlare con qualcuno che l’ascoltasse era stato alquanto galvanizzante e gli occhi si chiusero al sol contatto del morbido cuscino.
 
 
*
 
Differentemente nella dimora dei signori Peel, c’era una certa agitazione «Robert, è tardi dovresti riposarti: domani mattina devi andare presto in Parlamento» quando la moglie lo andò a chiamare per la notte, trovò il marito intento a cercare tra i volumi della sua biblioteca
«Sì, sì cara. Tra dieci minuti ti raggiungo, sto cercando qualcosa che credevo di avere».
Robert Peel non era mai stato un appassionato naturalista, era un uomo molto pratico, ma la biblioteca di suo padre era stata abbastanza amplia e qualcosa che riguardasse la migrazione dei volatili o qualcosa che riguardasse dei pennuti doveva esserci. Non sapeva il motivo, forse essere circondato da molte donne, una moglie, due figlie e sua madre, lo aveva portato a comprendere molto più facilmente cosa si nascondesse nell’animo femminile, solo quello della sua Regina gli pareva insondabile; forse ciò che gli rimaneva così ostico e oscuro era la sovranità in ella inscindibile dalla femminilità.
Ma quella giovane donna, quale era Wilhelmina Coke, era identica nei dubbi e nelle incertezze alla propria figlia maggiore e si era sentito stringere il cuore nel vedere una gioventù sprecata nelle lacrime e nella malinconia, aveva sentito un senso di protezione paterna verso di lei e come un padre aveva voluto che sua figlia sorridesse. Era un uomo pragmatico il Primo ministro, ma talvolta il temperamento impetuoso lo portava a gettarsi in imprese anche se non indispensabili. Quando prese in mano un volume del 1796 "Sull’emigrazione delle oche di Williams" (2) sentì, oltre alla polvere, una piacevole sensazione di vittoria.
Tre giorni dopo, di mattina presto iniziarono i preparativi per la visita reale e della sua corte all’annuale visita della fiera del Tamigi. Non tutti era felici della gita e il tempo variabile aveva regalato speranze risultate poi inattese visto che quella mattina il sole aveva deciso di splendere al meglio che la stagione autunnale gli avesse permesso, ma tutto era ormai pronto;  la dame  si stavano appena mettendo i guanti quando, «Signorina Coke, Signorina Coke» Wilhelmina si sentì chiamare, girandosi vide Lord Alfred correre verso di lei con qualcosa di voluminoso in mano «Signorina Coke, temevo fosse già salita in carrozza… ho qualcosa da darvi» raggiunte le donne fece un inchino con la test indicando poi con la mano un posto più appartato per parlare «un amico comune mi ha dato questo per voi, credo ci sia un biglietto all’interno»
«Io… io vi ringrazio» era stata molto scortese inizialmente con lui ma nel tempo, dopo anche aver scoperto chi fosse veramente, aveva imparato ad apprezzarlo.  Con la scusa di andare a prendere uno dei guanti uscì fuori la sala, subito prese a scartare il pacchetto: all’interno un piccolo volume, era compatto, le pagine odoranti lievemente di muffa erano giallognole, ma le raffigurazioni dipinte con cura erano ancora vivide e colorate. La giovane si mise una mano sul cuore mentre cercava con tutta se stessa di non piangere, subito cercò il foglio nascosto nella pagina iniziale “Carissima Signorina Coke, affido questo mio piccolo pensiero ad un amico. Spero possa regalarvi attimi di pace, prego con ardore che il fiume di lacrime si inaridisca al più presto. Addio R.P”.
Inspirò e espiro due, tre volte: doveva riprendere il battito normale «Wilhelmina, la carrozza è arrivata!» andò verso l’ingresso principale chiedendo prima ad un cameriere di assicurarsi di farlo portare nella sua stanza. Le carrozze arrivarono nei pressi della fiera alle 10 esatte; sua Maestà La Regina Vittoria aveva fatto il suo ingresso trionfale in mezzo al suo popolo, poco dopo scesero anche i suoi accompagnatori, passati inosservati dalla folla.
Il principe Ernest sarebbe dovuto essere il suo accompagnatore, ma quella mattina era scomparso, adducendo come scusa un fastidioso mal di testa, accanto a lei si era prontamente offerto Lord Alfred. «È stato un regalo gradito?» erano le prime parole che venivano pronunciate da dieci minuti a questa parte, «Oh, molto. Un gradito regalo di un amico» Alfred strinse addosso a sé il braccio che lei aveva messo sotto il suo «se lo permetteste ne avreste altri e tutti felici di volere il vostro bene.»
Lei gli sorrise, abbassando gli occhi: lo avrebbe fatto. Wilhelmina Coke stava comprando dello zucchero filato da una bancarella, il fiume era alla loro destra e non era pieno di lacrime di giovani donne, ma di vita. Avrebbe potuto ricominciare, aveva due amici e forse ne avrebbe ottenuti altri con il tempo, si doveva concedere almeno questo… il crudele fantasma della sua sorte in solitudine l’avrebbe perseguitata per sempre. La foto avrebbe mostrato una ragazza osservare disincantata il suo futuro.

 


Buonasera. Parto con il dire che questa storia non era la mia prima scelta; la mia intenzione era partecipare con un storia molto particolare sul Trono di spade ma era più una long che una storia corta e così ho dovuto cambiare tutti i miei piani. Sono soddisfatta di questa storia? Nì, è stata molto affidata al caso, non avevo qualcosa che dicesse “È lei!” in mente.
Comunque, bando alle ciance, ringrazio mille volte  Setsy per avermi regalato ben due storie belle strane, che mai avrei pensato di poter scrivere e vi lascio lo schemino della richiesta del contest:
 
Wilhelmina Paget - Sir Robert Peel
scrivere una storia senza usare mai la parola “Inghilterra” e usando i prompt “fiume” e “fotografia”
 
Note:
1. Non so bene come debba essere chiamata Vittoria, su internet ci sono davvero tante informazioni a volte discordanti
2. esiste questo libro? Boh! Ho cercato dei titoli ma Google latita
   
 
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