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Autore: heliodor    23/01/2020    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Coscienza pulita
 
Gladia vacillò sulla sella e dovette stringere le redini per non perdere l’equilibrio.
“Sembri sorpresa” disse Bek. “Non sapevi della notizia, inquisitrice?”
Che io sia dannata se lo sapevo, pensò Gladia.
Scosse la testa con vigore. “Devo ammettere che lo ignoravo. Quando è accaduto? E come?”
“Te lo dirà la regina, se a lei compiace” rispose Bek. “Io conosco solo quello che si sente dire in giro.”
“A volte le voci che circolano tra il popolo sono l’eco dei discorsi degli Dei” disse Robern.
Bek lo guardò divertita. “Che io sia dannata se non la penso come te.”
“Dimmi della morte di Bryce” fece Gladia.
Bek sospirò. “Sembra che la poverina stesse viaggiando verso sud e sia stata sorpresa dai briganti. Ha cercato di fuggire ma questi l’hanno trovata mentre si nascondeva in un anfratto. Dicono che abbia cercato di strisciare fuori dal suo nascondiglio e che alla fine abbia implorato il perdono di sua maestà Skeli prima di esalare l’ultimo respiro.” Scosse la testa. “Che triste fine per una ragazza così bella. È una fortuna che abbia avuto il tempo di pentirsi per le offese recate a sua maestà. Almeno è morta con la coscienza pulita.”
Gladia si limitò ad annuire.
Robern l’affiancò e con discrezione le disse: “Io non conosco bene la strega dorata, ma non mi sembra una morte degna della sua fama.”
“Non lo è” disse Gladia corrucciata. Se Bryce fosse davvero morta, i suoi piani avrebbero dovuto cambiare di conseguenza. Senza contare che senza la guida della strega dorata, rimettere insieme l’alleanza sarebbe stato molto più difficile. Doveva trovare un’altra guida che prendesse sulle sue spalle quel compito, ma chi? In quel momento non le veniva in mente nessun nome.
Le porte della città si aprirono solo quando giunsero a pochi passi dal cancello. Una dozzina di soldati armati di lance e scudi si piazzarono davanti all’entrata, le armi spianate.
Per un attimo Gladia temette che ce l’avessero con loro, poi notò la folla che si era radunata vicino al cancello non appena le porte si erano aperte.
“Cercano sempre di entrare” disse Bek con un certo disappunto nella voce. “Come se dentro si stesse meglio di fuori. Che io sia dannata se è così.” Si voltò verso Gladia. “Io non ti ho detto niente inquisitrice, ma chi parla male della nostra amata città rischia la testa. Sua maestà non ama mandare in esilio e navi per Krikor non ce ne sono.”
“Il tuo segreto è in buone mani” disse con tono neutro.
Oltre il cancello si apriva una piccola piazza, ingombra di macerie e soldati che bivaccavano davanti ai cancelli. Preceduti da Bek attraversarono quella folla e si diressero al castello dopo aver imboccato la strada principale di Orfar, una via larga appena per far passare due carri affiancati.
Lungo la strada, tra i palazzi addossati gli uni agli altri, erano stati eretti dei festoni colorati di rosso e azzurro. Anche il giallo e il verde erano presenti, ma in misura minore.
“Decorazioni fatte sistemare da sua maestà per le celebrazioni di cui ti ho detto” disse Bek.
Gladia annuì.
Agli angoli della strada, dove si dipanavano altre vie più strette, erano state impiccate delle persone. Si susseguivano a gruppi di due o tre, a volte anche cinque.
I visi delle persone che incrociarono non sembravano quelli di persone che stessero celebrando dei festeggiamenti. Nessuno sorrise né li degnò di un saluto, nemmeno formale. Si limitarono a lanciare loro delle rapide occhiate e a continuare per le loro strade, ovunque fossero dirette. Tutti sembravano avere una meta da raggiungere in fretta, e Gladia si chiese quale fosse.
La metà delle case era in macerie e la maggior parte dei negozi aveva le vetrine sbarrate con assi di legno. Ogni tanto incrociavano qualche mercante ambulante che trascinava il suo carretto, ma guardando meglio si accorse che erano per lo più vuoti.
Chi aveva qualcosa da vendere esibiva la merce su banchetti malmessi, nella maggior parte dei casi carne e frutta che aveva un’aria tutt’altro invitante se non disgustosa. Uno in particolare la colpì. Un uomo dall’aria dimessa aveva appeso le carcasse scuoiate di alcuni animali su una corda stesa tra due asticelle di legno.
Nugoli di mosche ronzavano attorno alle povere bestie che avevano così poca carne sulle ossa da sembrare degli scheletri.
“Prima della guerra qui si stava bene” stava dicendo Bek. “Chissà se le cose torneranno come prima quando tutto sarà finito.”
“È quello che tutti desideriamo.”
“Che io sia dannata se lo desidero” esclamò la strega. “Per fortuna il peggio sembra passato.”
“La guerra deve ancora finire.”
“Al nord, ma l’altopiano è quasi tutto sotto il controllo di Persym. L’arcistregone con i suoi colossi ha messo tutti d’accordo.”
“Tu li hi visti?” chiese Robern spezzando il suo silenzio.
“Che io sia dannata, no di certo” rispose Bek indignata. “E nemmeno ci tengo a vederli. Dicono che quando succede stai per morire.”
“Conosci qualcuno che li ha visti?” chiese Gladia. Anche lei era interessata a quei mostri e voleva saperne il più possibile.
“I malinoriani li hanno visti” disse Bek. “E dicono tutti la stessa cosa. Sono enormi, alti come montagne e distruggono tutto quello che incontrano. Hanno fatto a pezzi Malinor e avrebbero ridotto in macerie anche Orfar, se sua maestà non fosse stata così abile da impedire a Persym di attaccare la città.”
“Quindi si è sottomessa all’arcistregone?” chiese Robern.
Gladia stava per rimproverarlo, quando Bek rise.
“Che io sia dannata, il tuo amico non si rende conto di correre un rischio a parlare così. Per fortuna io non andrò certo a dire certe cose a sua maestà, ma digli di tenere a freno la lingua quando sarete in sua presenza.”
“Lo farò” disse Gladia rivolgendo a Robern un’occhiata di rimprovero. “Ma tieni conto del fatto che Dodur non è mai stato troppo sveglio.”
Bek ridacchiò. “Questo l’avevo notato anche io, inquisitrice, ma non te lo volevo dire per non offenderti.”
Gladia accennò un leggero sorriso. “Non mi offendi affatto. Un giorno di questi perderà la lingua se non starà attento a quel che dice.”
“Qui a Orfar perderà ben più di quella se non misura le parole” disse Bek seria. “Il boia ha sempre da fare di questi tempi.”
“Un buon motivo per non dargli altro lavoro” disse Gladia rivolta a Robern.
Questi voltò la testa di lato e finse di osservare il panorama desolato offerto dalla città. O almeno così pensò Gladia.
Bek li scortò fino all’ingresso del palazzo, dove li affidò a uno stregone dai capelli bianchi e il viso affilato.
“Takis vi scorterà fino alla regina” spiegò Bek.
Takis, lo stregone, li squadrò con sospetto. “Chi sono questi due, Bek?”
“Misura le tue parole” disse la strega. “Stai parlando di Gladia di Taloras.”
“L’inquisitrice?”
“Vuole conferire con la regina.”
Takis annuì. “E l’altro? Sembra malmesso.”
“Dodur ha bisogno di cure” disse Gladia. “Ha una ferita che si sta infettando.”
“Come se l’è fatta?” chiese Takis sospettoso.
“Sono inciampato in un dardo magico” disse Robern con un mezzo sorriso.
Takis si accigliò. “E quello che ti ha colpito?”
“Morto.”
“Guaritori ce ne sono, ma per le infezioni ti servirà uno veramente bravo.”
“Portalo da Falcandro” suggerì Bek.
“Se non è impegnato a squartare topi…”
Gladia si accigliò. “È affidabile questo guaritore?” chiese a Takis.
“Lo è, ma non è un guaritore. È un erudito. Vieni con me, ti farò parlare con la regina, ma prima devo annunciarti. Sono le regole.”
“Nel frattempo potresti indicare a Dodur dove trovare Falcandro.”
Takis richiamò l’attenzione di un valletto. “Porta lo straniero dall’erudito.”
Il valletto annuì con poco entusiasmo.
Robern scambiò una rapida occhiata con Gladia e lei rispose con un leggero cenno della testa.
“Ti raggiungerò dopo” disse. “Ora devo conferire con Skeli.”
Robern seguì il valletto.
Takis le fece cenno di seguirlo. Attraversarono sale vuote e dall’espetto dimesso dove dominavano colori grigi e cupi. Gladia cercò di memorizzare il percorso, anche se non aveva un motivo preciso per farlo. Da ragazza, ancor prima di consacrarsi, quell’esercizio mentale le aveva salvato la vita un paio di volte e da allora non aveva più smesso di farlo.
Dopo l’ennesima svolta arrivarono davanti a una porta dall’aspetto imponente. Otto guardie armate di lancia e quattro mantelli montavano la guardia con fare annoiato. Quando videro avvicinarsi Takis scattarono sul chi vive.
“Tak” disse uno degli stregoni. “Oltre questo punto non si può avanzare.”
“Non ne ho alcuna voglia” disse Takis. “Sua maestà riceve, oggi?”
“È di cattivo umore. È arrabbiata.”
“Perché?”
“Il formaggio che le hanno portato non era di suo gradimento. Almeno così dicono dalle cucine. Ha fatto punire un paio di valletti.”
Takis annuì grave. “Apri la porta. Le parlerò io.”
Lo stregone si fece da parte. “Aprite” disse alle guardie.
Una di esse bussò tre volte alla porta e questa si dischiuse appena perché una testa si affacciasse. “Che volete?”
“Il Comandante Takis deve conferire con la regina.”
“Aspettate” rispose la guardia dall’altra parte.
Gladia si sorprese a spostare il peso da un piede all’altro. Non ricordava procedure così complesse per le udienze. A Taloras a nessuno straniero sarebbe stato concesso di arrivare a quella porta appena arrivata a palazzo. Alarak, uno dei segretari di Hagar, aveva il compito di raccogliere e vagliare tutte le richieste di udienza presentate al suo ufficio e di avvertire i questuanti di presentarsi solo il giorno e all’ora precisa.
Quella complessa procedura non riguardava le persone che contavano qualcosa. Quelle avevano sempre la procedenza e a volte poteva capitare che il re fosse costretto a interrompere le sue attività per concedere un’udienza.
Nella sua ricercata complessità che sfociava nell’inefficienza trovava divertente e patetico il tentativo di Skeli di farla apparire come una regina oberata dagli impegni.
Per quanto ne sapesse Gladia, la sua poteva essere la prima udienza da giorni, se non da Lune intere. Non aveva visto delegazioni straniere arrivando a palazzo, né Takis le aveva accennato a chissà quali impegni.
Skeli stava pranzando ed era contrariata da quello che le avevano servito, pensò. E fa attendere un’inquisitrice.
La porta si riaprì interrompendo il filo dei suoi pensieri. “Takis può passare, la straniera no.”
“Non ci vorrà molto” la rassicurò lo stregone.
Gladia si limitò ad annuire in maniera benevola. Ci vollero altri minuti di attesa prima che Takis tornasse. “Puoi entrare.”
Skeli sedeva su di uno scranno su misura per le sue dimensioni, le gambe coperte da una lunga veste color cremisi che le pendeva addosso come una tenda.
E forse da un tendaggio è stata ricavata la stoffa, pensò Gladia.
Al suo fianco, seduto su di uno sgabello di legno, un uomo sui trent’anni, la testa incassata nelle spalle e l’espressione sofferente.
Kymenos, pensò Gladia. L’unico figlio di Skeli. Aveva sentito parlare di lui dalle poche volte che Bryce e Vyncent lo avevano nominato.
Takis si fermò a una decina di passi di distanza da Skeli.
“Puoi ritirarti” disse la regina con un gesto annoiato della mano.
Takis fece un inchino e tornò alla porta.
“Io ti saluto” disse Gladia esibendosi in un mezzo inchino.
“E io saluto te, inquisitrice. Non sono sorpresa di vederti nella mia città. Mi aspettavo il tuo arrivo.”
Gladia si accigliò. “Mi aspettavi?”
Skeli sorrise. “Non te in particolare, ma sapevo che prima o poi uno del tuo ordine si sarebbe presentato ai cancelli. Tassos, il precedente inquisitore, è morto durante la battaglia per la riconquista della città. Ho inviato un messaggio ad Ardor per chiedere un sostituto.”
Gladia scelse con cura le parole successive. “I miei contatti con l’ordine sono piuttosto scarsi negli ultimi tempi. La guerra ha rallentato di molto le comunicazioni.”
“Quindi non sei qui per sostituire Tassos?”
“Ho paura di no.”
“Allora perché hai chiesto udienza?”
“Mi servono aiuto e supporto, maestà.”
Skeli la guardò con sospetto. “Gli inquisitori non chiedono aiuto, lo esigono. Se qualcuno prova a rifiutare è facile che venga poi circondato dai sospetti.”
“Sono certa che non sia il tuo caso.”
Skeli annuì. “Takis mi ha informata che un tuo amico è rimasto ferito.”
“Spero di poter contare sul tuo aiuto.”
“Non potrei essere meno che entusiasta di aiutare gli inquisitori e i loro amici” disse Skeli senza mostrare alcuna traccia dell’entusiasmo di cui parlava.
“E noi ne terremo conto quando invieremo un nuovo inquisitore.”
“Ne ero certa. C’è altro che posso fare per te?”
Gladia pensò alle parole da usare. “Venendo qui non ho potuto fare a meno di notare due cose. Hai addobbato la città a festa.”
La bocca di Skeli si increspò. “Immagino che tu sappia già il motivo.”
“Dicono che la strega dorata sia morta.”
Skeli annuì solenne. “Una vera tragedia. Come saprai, dovevamo unire le nostre casate in un gioioso matrimonio, una volta conclusa questa guerra, ma il destino ha voluto altrimenti.”
“Bryce di Valonde è rimasta per almeno una Luna a Orfar dopo la sconfitta di Aschan e la sua orda.”
“Lo ricordo bene.”
“Vuol dire che ne ha avuto di tempo a disposizione per onorare la sua promessa di matrimonio.”
L’espressione di Skeli si fece dubbiosa. “Non nego che ci siano stati dei contrasti riguardo a certe scelte ma non si trattava di problemi così grandi da non poter essere risolti con un serrato negoziato.”
“Non ne dubito” disse Gladia. “Tuttavia, io ho avuto modo di parlare varie volte con la principessa Bryce e lei sosteneva che fossi stata tu a rompere quel patto.”
“È un’assoluta menzogna” disse Skeli.
“Davvero? È una menzogna che Kymenos abbia sposato Aschan?”
“Quella canaglia lo aveva in ostaggio.”
“C’erano dei documenti ufficiali firmati da te…”
“Opera di abili falsari. È stato provato.”
Gladia annuì solenne. “Era quello che volevo sentire.” Si concesse una pausa per scegliere le parole successive. “Re Andew mi ha incaricata di trovare la principessa Bryce e riportarla a nord.”
“Se è così, mi rammarica informarti che stai sprecando il tuo tempo” disse Skeli con leggera soddisfazione.
Non vedeva l’ora di dirmelo, pensò Gladia. Avanti Skeli, dammi una sola speranza per credere che sia tutta una menzogna messa in piedi da te.
“La principessa Bryce è morta sulla via che la portava a Malinor.”
Ecco, pensò Gladia trionfante. Ti sei tradita.
“Come facevi a sapere che stava andando a Malinor? Solo qualcuno che viaggiasse con lei poteva saperlo.”
Skeli si concesse un leggero sorriso. “È così. E quel qualcuno è proprio qui, in questo palazzo.”
Gladia si accigliò. “Vuoi dire che Igar…”
Skeli annuì. “Igar è tornato. Era ferito e malmesso, ma i miei guaritori sono eccezionali e gli hanno salvato la vita. E sì, Gladia di Taloras, è stato lui a raccontarmi che cosa era accaduto. Egli è stato testimone degli ultimi, tragici istanti di vita della strega dorata.”

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