Storie originali > Epico
Segui la storia  |       
Autore: Mary P_Stark    24/01/2020    2 recensioni
Cosa succederebbe se gli dèi dell'Olimpo e gli eroi greci camminassero tra noi? Quali potrebbero essere le conseguenze, per noi e per loro? Atena, dea della Guerra, delle Arti e dell'Intelletto, incuriosita dal mondo moderno, ha deciso di vivere tra noi per conoscere le nuove genti che popolano la Terra e che, un tempo, lei governava assieme al Padre Zeus e gli Olimpici. In questa raccolta, verranno raccontate le avventure di Atena, degli dèi olimpici e degli eroi del mito greco, con i loro pregi, i loro difetti e le loro piccole stravaganze. (Naturalmente, i miti sono rivisitati e corretti)
Genere: Commedia, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
2.
 
 
Isole Eolie – Settembre 2019
 
 
«Giuro che, se sento ancora quella cavolo di pubblicità, lancerò la TV fuori dalla finestra» si lagnò Aiolos, gettando negligente un’arachide contro lo schermo piatto del suo televisore a 65 pollici.

Boreas, vento del nord, rise sommessamente e replicò: «Tu ti lamenti perché hanno dato il tuo nome a una compagnia telefonica, ma io cosa dovrei dire? Vendo arredi per il bagno!»

Aiolos – o Eolo, come era conosciuto ai più – lo fissò con aria stranita dal suo divano di vimini e, con un mezzo sorriso, esalò: «Ma dai? Dici sul serio?»

«Giuro. Ho controllato l’altro giorno su internet, ed è saltato fuori questo» gli disse Boreas, armeggiando con lo smartphone per mostrargli la pagina incriminata.

Aiolos la fissò incredulo per alcuni istanti prima di scoppiare a ridere e replicare: «Beh, per lo meno mi sembra roba di qualità.»

«Niente da dire… però ti capisco. Quando quell’affarino dice ‘eeeolo’ 1 con la sua vocetta querula, fa venire i brividi anche a me» chiosò Boreas, servendosi un po’ di succo di frutta alla pesca dalla brocca che si trovava sul tavolino da salotto.

Il dio dei venti assentì stanco, lanciando un’occhiata distratta oltre le finestre aperte della veranda in cui si trovavano, e da cui si poteva scorgere il mare illuminato dal sole e la vicina Filicudi.

Situata a poca distanza dal Belvedere Panoramico dell’isola, e proprio di fronte all’aerea balneare di Pollara, la villa di Aiolos sorgeva isolata e lontana dagli altri villaggi di Salina, il luogo in cui aveva deciso di vivere coi suoi amici venti.

Lipari, ove avevano vissuto per diversi millenni, era diventata troppo caotica a causa del turismo, così avevano deviato i loro interessi sulla più piccola Salina, centro piuttosto vivo e divertente, ma non così traboccante di turisti.

A loro serviva sia la tranquillità che la vita mondana, e Salina aveva saputo rispondere egregiamente ad entrambe le loro necessità, spingendoli a vivere lì.

Di foggia greca, la loro nuova villa vantava ampi vani e mura stuccate di bianco, imposte azzurro cielo e vaste terrazze sormontate da tendaggi. Una sola, tra esse, era stata lasciata sgombra di protezione, e perciò baciata costantemente dal sole. Essa aveva uno scopo ben preciso, e Aiolos era molto fiero di averla fatta costruire.

Da quella terrazza in particolare, e grazie ai venti favorevoli che accarezzavano l’isola – come se lui avesse avuto bisogno di aiuti, in merito! – lui e i suoi amici si involavano spesso con il parapendio, spezzando così la monotonia delle afose giornate estive.

Quel giorno, però, attendevano visite, perciò si sarebbero astenuti dal volare come erano soliti fare fino al periodo dei temporali autunnali.

Sospirando, e tornando suo malgrado con i piedi per terra, il dio dei venti esalò: «E’ il prezzo da pagare per vivere assieme ai mortali. Dobbiamo sopportare l’utilizzo improprio dei nostri nomi. Anche se devo dire che ho apprezzato molto il Cavaliere dello Zodiaco a cui hanno affibbiato il mio nome.»

«Lo credo! Aveva una delle armature più fighe disegnate da Kurumada!» ammiccò Boreas, mimando due ali enormi con il movimento sinuoso delle braccia. «Anche se il tocco di Shingo Araki e Michi Himeno gli ha conferito molto più fascino.»

Aiolos rise di quella buffa imitazione del Cavaliere di Sagitter e, nel sollevarsi dal divano per stiracchiarsi, domandò: «Senti un po’, brutta imitazione di un gallinaceo… Zéphyros ed Euros non sono ancora tornati dal porto? Il traghetto è di nuovo in ritardo?»

Nótos, vento del sud, entrò giusto in quel momento in veranda, il cellulare in una mano e un sandwich nell’altra, e dichiarò: «Euros mi ha appena chiamato. Il traghetto è arrivato adesso… e pare che le figlie di Artemide siano piuttosto chiassose, perché sentivo Zéphyros lagnarsi del baccano che facevano nel piazzale del porto.»

Aiolos rise ancor più forte di prima, esalando divertito: «Sono bambine! Che pretende? Zéph è il solito noiosino e precisino.»

«E’ il vento di primavera, no? Tutto dolce e carino…» ironizzò Boreas, facendosi aria con una mano con fare svenevole.

«Se vi sente, vedrete quanto dolce e carino può diventare» li prese in giro Nótos, ammiccando all’indirizzo dei fratelli.

Boreas fece per replicare, ma i possenti colpi d’ala di due enormi uccelli li colsero di sorpresa, azzittendo il trio in veranda e portando i tre uomini a scrutare fuori dalle ampie finestre con aria dubbiosa.

Dalle vetrate aperte sulla balconata, le tre divinità scorsero infine le sagome di due immensi rapaci dalle ali grigie e, subitaneo, il panico montò in loro.

Esisteva un solo tipo di bestia alata, capace di raggiungere una simile apertura alare… e non aveva alcun motivo di essere lì!

I due rapaci, dopo aver sorvolato la villa di Aiolos un paio di volte, lanciarono un cupo grido intimidatorio prima di atterrare sulle soglie in pietra delle enormi vetrate aperte, artigliandole con le possenti zampe.

Impallidendo al pari degli altri, Boreas si fece piccolo piccolo, nascondendosi dietro lo schienale di uno dei divani mentre, con occhi spiritati, fissava costernato le due possenti aquile arpie piombate lì tra capo e collo.

Aiolos le fissò a sua volta con espressione inquieta e, mordendosi il labbro inferiore, borbottò: «Ma… non sono le arpie di Eris, quelle? Sì, insomma… Homados e Proioxis?»

«C-credo di sì, ma… perché sono qui?» gracchiò Nótos, allontanandosi un passo alla volta fino a raggiungere l’ingresso della veranda.

In fretta, quindi, si nascose dietro il muro e lì, turbato, continuò a osservare le due possenti arpie in religioso silenzio. Le aquile, però, non diedero segno né di volerli attaccare, né tanto meno di volersene andare e, anzi, infilarono le teste sotto le ali con un atteggiamento del tutto rilassato.

«E ora?» sussurrò Boreas, guardando il padrone di casa con espressione tesa.

«Io non mi muovo di un millimetro. Se vuoi fare qualcosa, falla tu» brontolò Aiolos, scivolando pian piano a terra fino a nascondersi totalmente dietro al divano.

«Sembriamo ridicoli» sbuffò Boreas, imitando comunque Aiolos.

«Litigaci tu, con quelle due bestiole. Se Eris era girata male, quando le ha lasciate uscire, può aver detto loro di beccare culi a destra e a manca, perciò io non presterò il fianco perché becchino il mio» sottolineò il dio, fissandolo accigliato.

Boreas non seppe cosa replicare in merito e, non sapendo che altro fare, rimase in silenzio a scrutare quelle enormi aquile dall’aspetto terrificante. Forse, se si fossero annoiate abbastanza, se ne sarebbero andate da sole… e senza beccare culi.
 
***

«Dovete sapere che, dalla terrazza più alta della villa, possiamo tranquillamente lanciarci con…»

Del tutto impegnato a interpretare la parte di anfitrione con i loro ospiti appena giunti a Salina, Euros, vento dell’est, impiegò qualche attimo prima di notare qualcosa di strano intorno a sé.

Nótos era ben nascosto dietro una credenza e, con il capo, gli stava facendo cenno – con aria assai spaventata, tra l’altro – di non entrare assolutamente nel salone.

Euros, ben noto per fare l’esatto contrario di quel che gli si diceva, pregò quindi gli ospiti – a loro volta piuttosto confusi dall’atteggiamento di Nótos – di attenderlo un istante. Ciò detto, si infilò in veranda con passo lesto, esattamente come gli era stato indicato di non fare.

Bloccandosi a metà di un passo non appena ebbe oltrepassato la soglia, Euros fissò Aiolos e Boreas tutti tremanti e rannicchiati dietro un divano e, confuso, gorgogliò: «Ma che fate? I divani sono diventati improvvisamente scomodi?»

Boreas non emise fiato al pari di Aiolos, ma indicò verso le vetrate con mano tremante, l’aria di chi aveva appena visto un fantasma.

Euros, a quel punto, seguì con lo sguardo la sua indicazione e, mentre gli ospiti entravano a loro volta in veranda per meglio capire la situazione, lui strillò in modo ben poco edificante e gracchiò: «Ma cosa sono quelle due bestiacce?!»

Le arpie strillarono inviperite, a quel commento ma, prima ancora di muovere mezzo passo – ops, zampa – per vendicarsi dell’offesa, videro colui che stavano cercando e trillarono di soddisfazione.

Alekos sorrise spontaneamente nel vederle e, in pochi passi, le raggiunse per abbracciare le due aquile sotto lo sguardo sgomento di Aiolos e dei quattro venti.

«Siete arrivate prima voi! Dovrò dire a Eris che aveva ragione. Siete velocissime» esclamò Alekos, mentre la sua famiglia lo guardava con indulgenza e un leggero senso di disagio.

«Quelle bestiole non lo mollano un attimo, da un po’ di tempo a questa parte» chiosò Artemide, mentre Buffy si sbracciava per scendere e raggiungere a sua volta le arpie. «Sì, sì, ho capito, scalmanata che non sei altro. Vai pure e fatti beccare. Lo sai che obbediscono solo ad Alekos.»

«Se c’è lui, non mi beccheranno» sottolineò la bimbetta, subito seguita a ruota da Xena.

Aiolos si fece abbastanza coraggio da alzarsi e, nel raggiungere cauto i suoi ospiti, indicò la scena in corso come se si aspettasse di veder comparire uno xenomorfo2 da un momento all’altro. Turbato, quindi, domandò incredulo: «Ma… da quando in qua Alekos si è fatto due simili animaletti da compagnia?»

Athena si limitò a un’alzata di spalla, come non potendo dare una risposta semplice o esaustiva, e si limitò a replicare: «Non sono sue in senso stretto. Ma obbediscono a lui, se le chiama e, quanto pare, Alekos aveva chiesto loro di venire.»

«Oh… ed Eris glielo permette?» gracchiò Aiolos, ancora più confuso. «Da quel che so, è molto gelosa delle sue bestiole.»

«Qualcosa del genere. Il suo potere sembra tenere a bada l’istinto sanguinario delle Makhai che vivono all’interno di quelle arpie e, stando così le cose, loro lo seguono ogni volta che lui desidera stare in loro compagnia» spiegò succintamente Athena, facendo spallucce.

«Ma, di solito, non stanno sempre incollate al fianco di Eris? E’ raro vederle veleggiare da sole» domandò a quel punto Boreas.

«Va così. Di certo, se ci proviamo noi, tentano di staccarci le dita a beccate» si limitò a dire Artemide con una spallucciata, come se nessuno di loro fosse fosse in grado di dare altre spiegazioni.

I quattro venti non chiesero quindi altro e Aiolos, lasciando che alle arpie pensassero Alekos e le due bambine, guidò i suoi ospiti verso le loro camere da letto.

«Ci ha fatto davvero piacere ricevere la tua telefonata, Athena. Era da tempo che non ci vedevamo, e questo è il periodo migliore per godersi il mare. Il turismo è in calo, adesso, e visitare l’isola sarà assai più piacevole, senza tutta la confusione dei turisti estivi.»

«Inoltre…» aggiunse Zéphyros, tutto sorridente: «… da quando possiamo lanciarci col parapendio direttamente dalla terrazza, stare qui è diventato ancor più divertente.»

«Io proverò di sicuro» dichiarò immediatamente Artemide.

«Sì… e poi chi glielo dice, a Buffy e Xena, che loro non possono fare quello che fa la mamma?» ironizzò Felipe al suo fianco.

Lei si accigliò, storcendo la bella bocca rosea e, in un borbottio sommesso, disse: «Beh, potresti distrarle mentre faccio un giretto.»

«Cioè… vorresti comprare il mio silenzio, mia divinità?» celiò lui, scatenando l’ilarità dei presenti.

«Ci penserò» motteggiò altezzosa Artemide prima di lanciare un’occhiata all’interno della stanza a loro assegnata. «Wow! Ma che affreschi magnifici!»

«Merito delle Muse. Si sono divertite a dilettarsi in un nuovo genere di arte, per loro, e devo dire che ci sanno fare anche con colori e pennello, non solo con musica e canto» dichiarò fiero Aiolos.

«Adesso che lo so, saprò a chi far ridipingere la villa» disse Artemide, lasciandosi cadere sull’enorme letto con aria estasiata.

Aiolos fissò curioso Felipe e lui, con una scrollatina d spalle, ammise: «Anche Buffy e Xena hanno messo alla prova la loro affinità con l’arte del colore del pennello, ma con scarsi risultati.»

«Oh… non oso neppure chiedere» esalò vagamente ansioso Aiolos, dandogli una pacca consolatoria sulla spalla mentre osservava turbato gli affreschi della stanza.

Sperò davvero che le due gemelline non si sognassero di affrescare anche casa sua.

«Non immagineresti mai quanto posso essere… creative» sospirò Felipe, scuotendo il capo. «Sarà un dramma far loro capire che, quando cominceranno la scuola, il vostro mondo dovrà rimanere segreto a tutti i costi. Nei loro splendidi disegni non fanno altro che mostrare ciò che vedono tutti i giorni... il che non è esattamente normale.»

L’istante seguente, Felipe sgranò gli occhi quando il suo sguardo si portò all’altezza della finestra, ove corse l’istante successivo per aprirla e scrutare all’esterno, suscitando così la curiosità di tutti.

Terrorizzato, l’uomo si sporse il più possibile all’esterno per capire quanto, di ciò che aveva soltanto intravisto, fosse stata realtà ma, non appena si rese conto di aver visto benissimo, urlò: «Buffy! Ma che diavolo fai?!»

Costernato e pieno di terrore, la osservò a occhi sgranati mentre volteggiava sul dorso del possente Proioxis, felice e deliziata come poche altre volte l’aveva vista.

Subito, Artemide balzò via dal letto per comprendere cosa stesse accadendo e, quando vide a sua volta la scena, andò su tutte le furie.

Ignorando la presenza di parenti e amici, corse verso il salotto – dove ancora si trovavano Alekos, Xena e il possente Homados – e, senza alcun controllo, sbraitò: «Cosa vuoi fare, Alekos? Ammazzarmi le figlie?!»

Negli occhi del giovane comparve un lampo di protesta che mai, prima d’ora, Artemide aveva scorto nel nipote ma, prima che quel lampo potesse tradursi in una rispostaccia, Alekos richiamò con un fischio Proioxis e disse: «Non è mai stata in pericolo. Proioxis l’avrebbe protetta a costo della vita.»

«Perché gliel’hai chiesto tu?» lo rimbeccò sarcastica Artemide, afferrando Xena per prenderla in braccio, mentre la bimba protestava animatamente per tutta risposta.

Alekos assottigliò le palpebre e, ancora, sembrò sul punto di rispondere a tono ma, come in precedenza, si limitò a dire: «Sì. Perché gliel’ho detto io. Mi sono fedeli, e fanno di tutto per esaudire i miei desideri.»

Quando poi Proioxis tornò a posare le enormi zampe sulla soglia della finestra e fece scendere una eccitatissima Buffy, aggiunse serafico: «Come vedi, non è successo nulla.»

«Beh, la prossima volta, chiedimelo» sbottò Artemide, trascinando via anche Buffy, mentre il resto dei familiari osservava la scena in completo, imbarazzato silenzio.

Aiolos fu lesto a indirizzare il gruppo verso la terrazza, così che gli animi si calmassero un poco ma, con Alekos, rimasero Athena ed Érebos.

Non appena la famiglia si fu allontanata, la dea si avvicinò al figlio, intento a carezzare il capo di un incolpevole Proioxis, e mormorò: «Come mai questo colpo di testa?»

Il figlio reclinò il capo a scrutarla in volto e, suo malgrado, Athena sospirò. Era diventato ormai grande e la superava di mezza testa, per quanto lei stessa fosse alta.

Alekos aveva già compiuto diciannove anni e assomigliava moltissimo a Miguel, almeno dal punto di vista fisico. Sul piano caratteriale, il dolce e tenero bambino dei primi anni era stato man mano sostituito da un adolescente intraprendente, che aveva poi lasciato il posto a un giovane affascinante quanto prestante.

I suoi poteri del tutto unici, però, lo rendevano diversissimo dall’ex marito e diverse volte, ormai, glielo rendevano quasi un estraneo. Come quel giorno.

Nel corso degli anni, ne aveva ammirato la crescita e si era scoperta assai orgogliosa di avere un figlio così dotato. Per certi versi, aveva persino peccato di vanità, pur sentendosi un po’ sciocca nell’ammetterlo con se stessa.

Nell’ultimo paio d’anni, però, come la stessa Eris aveva notato, e come Érebos aveva temuto, il suo potere aveva finito con il diventare sempre più grande e forte, e stava iniziando a cambiare il carattere di Alekos.

Il corpo di un semidio non era in grado, a quanto pareva, di contenere anche soltanto una parte del potere di una divinità Ctonia, e questo stava incidendo sempre più spesso sulla capacità decisionale di Alekos.

Spezzando in due il proprio filo della vita per donarlo ad Alekos, Érebos aveva prodotto un effetto collaterale che, in un primo momento, non aveva minimamente ipotizzato, ma che ora iniziava a mostrare i suoi punti deboli.

Né lui né Athena avevano la minima idea di come poter bloccare, o calmierare, una simile escalation, ma era sempre più evidente quanto, quella necessità, sarebbe presto diventata inderogabile.

«Avresti dovuto chiedere ad Artemide o a Felipe, se potevi farlo. Lo sai» sottolineò con dolcezza Athena, carezzandogli un braccio.

«Volevo rendere felici Buffy e Xena, e loro me l’avrebbero impedito» replicò Alekos, tornando a volgersi per carezzare il capo di Proioxis per poi aggiungere: «Era giusto che provassero l’ebbrezza del volo, e loro me l’avrebbero impedito.»

Athena fissò preoccupata Érebos che, con gentilezza, replicò: «E’ encomiabile, da parte tua, ma così hai turbato Artemide e Felipe.»

A quelle parole, il volto di Alekos ebbe come un guizzo e si fece cereo e, con mani tremanti, il giovane si coprì il viso, esalando: «Non… non ci ho pensato. Ho ascoltato le preghiere di Buffy e Xena e le ho esaudite, però non ho…»

Interrompendo il suo dire, si lasciò scivolare a terra sotto gli occhi sgomenti dei due genitori mentre le arpie, irritate, iniziarono a strepitare e soffiare all’indirizzo di Athena ed Érebos.

«Tesoro, tranquillizzati. Non è successo nulla. Le tue cugine stanno bene, e lo sai che Artemide ha un caratteraccio. Le passerà» mormorò Athena, cercando di non far caso agli artigli delle arpie. Non voleva essere aggredita e, di sicuro, non desiderava far del male a quegli animali, ma lo avrebbe fatto se l’avessero tenuta ancora lontana dal figlio.

Alekos, però, sollevò una mano per carezzare una delle zampe di Homados e, subito, lo strepitio ebbe termine.

Non andava bene. Per niente.

Nessuna divinità poteva avere il controllo sull’animale sacro di un suo pari, ma lui – da semidio – guidava le aquile arpie di Eris come se fossero state sue, e questo non dipendeva dagli ordini della dea.

Neppure Eris avrebbe potuto obbligare Homados e Proioxis a farsi dare ordini da qualcun altro, se non da lei; non era così che funzionava, con gli animali devoti delle divinità.

Le arpie, invece, si lasciavano modellare come creta nelle mani di Alekos, e questo poteva solo voler dire una cosa; il suo potere stava diventando troppo forte. Così forte da condizionare una delle regole basilari del loro mondo.

Érebos non disse nulla, limitandosi ad aiutare Alekos a risollevarsi da terra e, dopo uno sguardo ad Athena, lo condusse nelle sue stanze perché si riposasse un poco.

Lasciando quindi il figlio nelle mani del compagno, la dea raggiunse la sorella sulla terrazza più alta della villa, dove si era radunata l’intera famiglia, e lì venne subito avvicinata dalle nipoti.

Buffy e Xena le abbracciarono le gambe, guardandola poi con aria colpevole e, quasi all’unisono, mugugnarono: «Scusaciii! E’ colpa nostra! Non hai sgridato Alekos, vero? Siamo noi che abbiamo insistito!»

Athena si chinò alla loro altezza per abbracciarle e, stringendosele al petto, mormorò: «Voi non avete colpe, tesori miei. E lui è abbastanza grande per dirvi di no, quando serve.»

«Sì, ma noi abbiamo davvero davvero insistito!» sottolineò Buffy, ai limiti del pianto: «Alekos ha chiamato le due arpie perché noi ci siamo lamentate del fatto che non avevamo il permesso di volare con le aquile del nonno, e non ci sembrava giusto!»

Accigliandosi leggermente, Athena lanciò un’occhiata ad Artemide che, nel frattempo, si era avvicinata, e mormorò: «Giusto, eh?»

«Sì, zia. Lui ci ha detto che la riteneva un’ingiustizia, così ha ordinato alle arpie di seguirci fin qui» annuì Xena. «Quindi, è colpa nostra, non sua.»

Athena sorrise alle bambine, pur non sentendosi dell’umore per farlo, e baciò entrambe prima di rassicurarle sulla buona salute di Alekos. Ritenutesi soddisfatte, le gemelle tornarono dal padre nel loro trotto allegro e la dea, nel rialzarsi, sospirò stanca e preoccupata.

Artemide, ora più calma, asserì: «Dovrei essere abbastanza grande per capire che Alekos non le avrebbe mai messe in pericolo. Scusami se ho alzato la voce con lui.»

Athena scosse il capo, dicendo per contro: «Doveva chiedere, prima di tutto.»

Ciò detto, la dea fece un cenno alla sorella perché si allontanasse con lei dal resto del gruppo e, nel poggiarsi contro il parapetto della balconata, Artemide domandò cupa: «Non c’entrano soltanto i capricci delle gemelline, vero?»

«Non del tutto. Voleva portare giustizia, il suo concetto di giustizia, a tutti i costi. Infischiandosene delle conseguenze» sospirò Athena, passandosi una mano tra la folta chioma fulva.

Levando un sopracciglio con evidente confusione, Artemide esalò: «Che intendi dire, scusa?»

«Tu e Felipe sareste stati un impedimento alla felicità delle bimbe, perciò non vi ha interpellati e ha fatto di testa sua… perché lui deve rendere felici le persone, aggiustando i torti che trova lungo il cammino. Indipendentemente dal fatto che siano veri, o presunti.»

«Merda!» gracchiò la dea, costernata. «E’ il suo potere, a parlare?»

«Temiamo di sì. Già l’anno scorso, quando lui e Acaste obbligarono Eris a palesarsi con l’inganno, Alekos ebbe una crisi di nervi per averla costretta a mostrarsi a loro» le spiegò Athena. «La cosa più folle fu che non me lo disse, preferendo nascondersi da me perché non lo obbligassi a dire la verità.»

«Oh, già… la faccenda del vostro legame» borbottò Artemide, annuendo. «Come lo scopristi, quindi?»

«Me lo disse Clizia. Non le parve normale, perché la sua reazione non fu soltanto emotiva, peraltro assai esagerata, ma anche fisica. Mi disse che, nei tre giorni passati nel regno di Oceano, le sue condizioni fisiche peggiorarono fino a bloccarlo, con un tremendo mal di testa e una brutta tachicardia a corollario.»

Artemide sospirò, passandosi una mano sul volto con espressione irritata e, nel poggiare una mano sulla spalla della sorella, domandò: «Ci sono stati altri episodi?»

«Il fatto che Era e Zeus vadano d’accordo ormai da mesi, non ti dice niente?» domandò con fiacca ironia la dea, facendo sobbalzare la sorella per la sorpresa.

«C’è il suo zampino?»

«Non ne so molto, perché è diventato più guardingo, con me, e vengo a sapere le cose più… anomale tramite Acaste, Apollo o Clizia, ma pare che non ritenesse giusto che la coppia più importante del pantheon litigasse sempre.»

«Merda!» ripeté Artemide, passandosi le mani tra i corti capelli ramati. «E ora che si fa?»

«Non lo sappiamo. Érebos è impegnato da mesi a studiare e scandagliare tutti i libri e le pergamene più antiche di cui dispone, ma non è saltato fuori nulla di utile. Alekos è unico per molti motivi, e non so davvero cosa potrebbe succedere, se le cose andassero avanti a questo modo» sospirò Athena, poggiando il capo contro la spalla della sorella. «Potrebbe consumarsi, di questo passo, travolto dal suo stesso desiderio di portare giustizia ovunque... o, nella peggiore delle ipotesi, potrebbe fare del male a qualcuno per portare del bene ad altri.»

Artemide le carezzò il capo, sentendosi per la prima volta in vita sua veramente impotente. Lei era una dea dai poteri immensi, eppure non aveva la più pallida idea di come poter risolvere un problema simile.

«Non essendo figlia diretta di Crono, non ho potuto dargli il dono della divinità completa, come invece sarebbe avvenuto se a partorirlo fosse stata Demetra, o Era…» sospirò Athena, scuotendo il capo per l’irritazione. «… e questo lo porta ad avere seri problemi nella gestione del suo potere che, a quanto pare, sembra poter essere governato solo da un dio. E’ un problema non da poco.»

«Non puoi fartene una colpa, così come non deve farsi una colpa Érebos per aver deciso di salvarlo. Non potevate sapere.»

«Non sono abbastanza forte per proteggerlo, ed è una cosa che non sopporto» sorrise mesta Athena, passandosi una mano sul viso con espressione turbata.

Artemide, per tutta risposta, la abbracciò e disse con veemenza: «Atty, non è assolutamente colpa tua! Nessuno poteva prevedere che Alekos avrebbe sviluppato un simile potere, ma stai tranquilla. Se c’è qualcuno che può dipanare questa matassa, è sicuramente Érebos. Dopotutto, è lui che vi ha permesso di uscire dall’Oltretomba, no? Riuscirà anche stavolta.»

Athena annuì senza però dire nulla. Nemmeno Artemide conosceva l’intera storia, e dirle del sacrificio di Érebos – e di ciò che questo sacrificio aveva involontariamente scatenato – non sarebbe servito.

Non voleva in alcun modo mettere in ansia la sua famiglia, e dirle la verità l’avrebbe sicuramente messa in agitazione. Dovevano risolvere da soli quel problema.

Se mai vi era un modo, ovviamente.

 
 
____________________________________
 
1 Eolo: Aiolos si riferisce alla pubblicità della Eolo – società telefonica per internet a banda veloce.
2 Xenomorfo: 
Lo Xenomorfo, noto anche come Alien, è una specie immaginaria extraterrestre presente come principale antagonista, sia nella serie di film Alien, che nell'universo immaginario a esso collegato.
________________________________________


N.d.A.: direi che i problemi di Alekos sono ben lungi dall'essere migliorati e anzi, la faccenda sta assumendo dei contorni anche piuttosto inquietanti. Il fatto stesso che sia stato tentato di replicare per le rime alla giusta preoccupazione di Artemide - e la relativa crisi successiva - ci dice che qualcosa si è spezzato, e il tempo per rilassarsi è ormai finito.
Cosa faranno i nostri eroi, a questo punto?
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Epico / Vai alla pagina dell'autore: Mary P_Stark