Libri > Altro
Segui la storia  |       
Autore: Frenkuc    24/01/2020    0 recensioni
[Adolescenza]
"Mentre percorro il parco che mi separa dalla scuola ripasso tutto nella mia mente un’ultima volta e probabilmente i miei compagni intorno a me stanno facendo lo stesso, lo si capisce dal silenzio interrotto solo dall'avanzare dei nostri passi quasi all'unisono. Dai nuovi arrivati fino ai veterani della quinta. Chi ha scelto di scendere da letto questa mattina per venire a scuola è coinvolto è complice di quella che si prospetta essere la più grande Occupazione della storia."
Genere: Generale, Satirico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Forse è questo che provano i ladri prima di un colpo. Lo stomaco sottosopra, la testa vuota come se non avessi più il controllo sul tuo corpo, il battito del cuore che accelera e una strana sensazione di pesantezza sul petto, come se qualcuno lo stesse premendo col palmo della mano. Io queste sensazioni le sto provando tutte. Questa mattina non mi sentivo così e nemmeno i giorni precedenti, al contrario il nostro intento lo vedevo chiaro e necessario, soprattutto necessario. Scuotere gli eventi dare una scossa alla routine, ad un’abitudine che ci ha resi schiavi e sottomessi a un sistema sbagliato pregiudicando qualsiasi tipo di scelta.
Mentre sono sull’autobus controllo ancora l’interno dello zaino. La maschera è ancora li. Ogni volta che richiudo la zip viene cancellata dalla mia memoria. Ho pensato molto a questo giorno a quando sarebbe arrivato ed ero impaziente di potervi partecipare. Prendere parte a qualcosa di così…grande e unico! Avremmo fatto la storia! Riapro lo zaino e la maschera c’è ancora è uguale al mio Fargo, ed è proprio uno dei motivi per cui l’ho scelta. Mi ricorda il mio cucciolo. Gli ho detto ciao stamattina ed è stato stranamente difficile. Magari è per questo che mi sento così. O magari è perché, per non destare il minimo sospetto, non ho salutato a dovere i miei genitori. Chissà cosa ne penseranno loro di tutta questa storia. La leggeranno da internet? O la vedranno in TV o forse verranno chiamati direttamente.
Questa notte non ho dormito per l’agitazione. Non era nervosismo era emozione pura come se stessi aspettando il regalo più bello di tutta la mia vita. Quello che provo adesso invece è del tutto diverso. Sono confusa, persino la musica mi rende irrequieta. Tra poco dovrò scendere e cambiare mezzo. Ma i miei capiranno? Potranno comprendere ciò che accadrà a breve? Mi sosteranno? O si vergogneranno di me? Sicuramente solleverò qualche dubbio questo non è un comportamento da me, io sono una “brava ragazza” che rispetta i ruoli e fa quello che le viene detto. Ma ora sono stanca, ho bisogno di un vero cambiamento di uno che porti a vere soluzioni. Prendo il secondo autobus, soltanto questa città può trasformare un viaggio di mezz’ora in una spedizione di due ore. Niente da fare, la musica non funziona stamattina, ma non la spengo perché l’alternativa sarebbe sentire sospiri nervosi che ti arrivano dritti in faccia, telefonate infinite ad un volume improponibile e ultimo, ma non ultimo lo stridio dei freni. La musica è un buon aiuto per tutto questo. Girandomi vedo due compagne, ma non mi avvicino benché parlare aiuterebbe sicuramente ad alleviare la tensione non posso interferire col piano. Lo abbiamo studiato fin nei minimi dettagli e questo comprende che al di fuori della sala assemblee i rapporti che abbiamo normalmente con i nostri compagni, devono rimanere tali. Non credo proprio che tutti abbiano seguito alla lettera le regole, conosco delle persone che non avranno resistito alla tentazione e spero che non saranno un problema. E se ci fossero problemi? Non è certo la prima volta che mi faccio questa domanda, ma quando un evento è lontano nel tempo è più facile darsi risposte e calmarsi. Adesso però mancano pochi minuti per arrivare a scuola e circa un’ora prima che tutto inizi.

«Ora, compagni, com’è fatta questa nostra vita? Ammettiamolo: è infelice, gravosa e breve. Nasciamo; ci danno quel po’ di cibo che ci consente di restare vivi; chi di noi è in grado di lavorare viene costretto a farlo finché possiede ancora un briciolo di energia, e poi, nel preciso istante in cui la nostra utilità viene meno, ci macellano in maniera orrenda e crudele! Ma ciò fa semplicemente parte dell’ordine naturale delle cose? è forse dovuto al fatto che la nostra terra è tanto povera da non poter garantire un vita decorosa a chi l’abita? No, compagni, mille volte no! Che fare dunque? Ebbene: impegnarci giorno e notte, anima e corpo per il rovesciamento di questo sistema! Questo è il messaggio da tenere a mente compagni: Ribellione! Non posso dire quando sarà, se tra una settimana o tra cent’anni, ma così come sono sicuro di star calpestando il pavimento, so per certo che presto o tardi la nostra voce la sentiranno dall’altra parte del mondo. Ricordatevi inoltre che la vostra determinazione non dovrà mai vacillare. Non fatevi sviare dalle chiacchere. Se vi diranno che la vostra prospettiva è la loro, non ascoltate! Sono tutte menzogne. Loro non badano ai nostri interessi, solo ai loro. E fate che tra noi ci sia perfetta unione, perfetta comunanza nella lotta. Tutti la fuori sono nemici, ma noi siamo compagni!»

Queste le parole che due anni fa mi hanno tenuta incollata alla sedia, desiderosa di fare qualcosa che avrebbe cambiato drasticamente la nostra vita. Non ho mai voltato le spalle perché credevo e credo nel messaggio che vogliamo trasmettere. Scendo dall’autobus ricontrollo lo zaino. La maschera è sempre lì un po’ spiegazzata, fa quasi paura, ma forse non è la maschera in se a farmi sudare freddo al momento. Sono arrivata e ora non si torna indietro. Mentre percorro il parco che mi separa dalla scuola ripasso tutto nella mia mente un’ultima volta e probabilmente i miei compagni intorno a me stanno facendo lo stesso, lo si capisce dal silenzio interrotto solo dall’avanzare dei nostri passi quasi all’unisono. Dai nuovi arrivati fino ai veterani della quinta. Chi ha scelto di scendere da letto questa mattina per venire a scuola è coinvolto è complice di quella che si prospetta essere la più grande Occupazione della storia.
 
 
 
«Ok ragazzi, per favore non perdiamo tempo che ho già mal di testa» dice la professoressa entrando in aula. A quanto pare il buongiorno non usa più da quando ha cominciato ad insegnare, più o meno una quarantina di anni fa. «Devo interrogare e spero che siate preparati perché non ho voglia di riprendere in mano l’argomento, perciò chi fa scena muta prende due» Da quando ha varcato la soglia dell’aula non ha ancora guardato negli occhi i suoi studenti. Ha messo la borsa sulla cattedra, aperto il registro, si è seduta prendendo una penna dalla tasca con la quale cominciare la sua valutazione mattutina. Ma non ha ancora alzato la testa. Ottimizzare il tempo è una delle cose che le riesce meglio ultimamente: sapendo bene che la maggior parte dei ragazzi della sua classe non ha ancora scartato il libro di testo dal cellofan gli chiama uno ad uno, facendo in questo modo l’appello e allo stesso tempo l’aggiornamento delle valutazioni sul registro. Tutto in tempo record. Una pratica tra l’altro molto usata anche dai suoi colleghi. Ma la verità è che se pochi secondi prima fosse entrata in aula dando il buongiorno alla sua classe, forse si sarebbe resa conto di star cadendo in una trappola «Mattei? No?! due! Vanni? No?! due!» Passa in rassegna altri tre nomi prima di accorgersi che qualcosa non va «Ragazzi allora?! Ci sveglia...» Non riesce a finire la frase. Finalmente alza lo sguardo scoprendo che l’intera classe silenziosamente la sta fissando. I ragazzi sono seduti composti immobili ai loro posti e fissano la loro insegnante attraverso delle maschere di animali. Pecore, cavalli, cani, gatti. La donna dopo 10 secondi di sgomento riapre bocca «Ragazzi ora basta, state rischiando grosso! Toglietevi quelle maschere e continuiamo con la lezione, prima che vi scriva un rapporto o vi sospenda tutti!» Nessuna reazione da quella minaccia «Molto bene, non mi resta che accontentarvi dunque!» si rimette gli occhiali sul naso mentre prende il registro per scrivere il rapporto più lungo e infuriato della sua carriera «L’unica cosa che avete azzeccato sono le maschere, sapevo già di stare insegnando ad un branco di bestie, ma questa è la prova ufficiale che avevo ragione» un botto improvviso dal corridoio la fa trasalire mentre i suoi studenti rimangono impassibili. Un altro botto più vicino. La docente stringe la penna, come se potesse impedirle di cadere nel vuoto. Il suo sguardo si sposta dalla porta agli alunni e viceversa «Qualsiasi cosa stiate architettando non è divertente né tanto meno favorirà la vostra situazione!» Un altro botto sempre più vicino. Intanto pare che il corridoio abbia preso vita, riempiendosi di passi e bisbigli. La donna smette di parlare alzandosi di scatto dalla sedia appena vede la porta aprirsi.
Entrano quattro ragazzi alti, grossi di schiena e spalle, che indossano delle maschere da animali. Due cani, due maiali. I due maiali che entrano nella stanza per secondi sono uno bianco e uno nero. Gli alunni della classe si alzano appena i due si mostrano loro «Ora basta! Basta!!» urla la professoressa «Siete usciti di testa!! Non avete idea di quello che state facendo è una follia!!!» Il ragazzo con la maschera da maiale bianco fa qualche passo verso la cattedra, guarda il registro scorrendo con il dito l’elenco degli alunni e i voti accanto a questi «Lei è molto severa» dice con voce ovattata. La donna non riesce ad aprire bocca. Si sente in trappola, tradita e impaurita. È già accaduto in altre scuole. Studenti che letteralmente colpiscono i docenti con sedie, caschi o a mani nude filmano tutto e poi spopolano sulla rete dei malati. Ma nessuno qui sta filmando niente, né si muove né dice niente! I pensieri dell’insegnante si accavallano impedendole di reagire. Possibile che stesse capitando a lei? Proprio in quel momento? Proprio a me? Il maiale bianco fa un altro passo avanti facendone fare due indietro alla donna «Che…che cosa volete?» Riesce a dire con un filo di voce «Mi farete del male?»
«No» rispese secco il maiale bianco «Che vuole dire? Non volete farmi niente?»
«Lei vuole che le facciamo qualcosa?»
«Assolutamente no!»
«E allora perché e lo chiede?» Il corpo rigido di lei si scioglie lievemente; non sa perché ma crede alle parole di quel ragazzo, forse perché nonostante la situazione nonostante abbia il completo controllo, continua a darle del Lei. La donna prende coraggio e allunga la mano verso la cattedra per prendere la borsa. Prendere il telefono e chiamare qualcuno, ecco quello che va fatto. Appena si avvicina un dei cani sbatte con violenza una mazza di legno sulla borsa, facendola indietreggiare fino all’estremità dell’aula. «Avevi detto che non mi volevate ferire!»
«Infatti» continua il maiale bianco «Ora dovrebbe uscire dall’aula»
«No!!» urla lei
«La prego professoressa, i suoi colleghi l’aspettano nel cortile»
«I miei colleghi? Ragazzi, ma che state facendo?» i suoi occhi sfiniti si riempiono di lacrime e le gambe le cedono sul pavimento. Riesce solo a singhiozzare. Il maiale bianco le si avvicina «Chiudete la porta» dice ai due cani entrati con lui. Lei non riesce a muoversi. È debole, stanca e impaurita si copre il viso con le mani per non guardare più la sua classe che silenziosa, sta assistendo a tutto questo o meglio sta partecipando. Lui le si avvicina sempre di più. Lei Vuole solo piangere. Il maiale bianco si inginocchia. La donna è afflitta, riesce solo a scorgere tra le dita bagnate il pavimento, l’ombra del ragazzo che si avvicina e poi una scritta “HAVE A NICE DAY!”. Si toglie le mani dal viso. Il maiale bianco le porge il suo termos, un regalo che la figlia le aveva fatto per affrontare quelle lunghe giornate fredde. Lo prende tra le sue mani sentendolo ancora tiepido, sentendo qualcosa che la fa calmare «Beva e si riprenda» la donna è ancora più confusa, ma segue il “consiglio” cercando di riattivarsi. «Cosa avete in mente?» riesce a dire dopo qualche secondo, non ricevendo risposta «Ora dovrebbe proprio seguirci fuori dall’aula» le dice il maiale bianco aiutandola ad alzarsi. La docente a quel punto si incammina lentamente verso la porta che le viene aperta da uno dei due cani mostrandole il corridoio riempito di studenti, anche loro con maschere di animali. Prima di uscire rivolge un ultimo sguardo ai suoi ragazzi. Era stata la loro professoressa per tre anni, ma più gli guardava, più aveva la sensazione di trovarsi di fronte a un gruppo di sconosciuti. Entra in corridoio. Tutte quelle maschere, tutti quei ragazzi la seguivano con la testa. Lei si volta verso il maiale bianco, come se in quel breve colloquio avuto poco prima fossero diventati amici. «Non deve avere paura, nessuno le farà del male, deve solo scendere al piano terra e uscire nel cortile dove l’aspettano i suoi colleghi» detto questo il maiale bianco, quello nero e i due cani entrano nell’aula accanto dalla quale già si potevano sentire le imprecazioni che il professor Fugi stava rivolgendo alla sua classe di alunni mascherati e impassibili. La professoressa a piccoli passi raggiunge la tromba delle scale, senza mai essere persa di vista da tutti quegli animali. Che posso fare? Si chiede, consapevole di non poter far molto in realtà. Una donna contro un centinaio di giovani ragazzi e ragazze? Raggiunto il piano terra gira a sinistra per raggiungere il cortile come le è stato detto. La porta dietro di lei viene chiusa appena varcata la soglia. Tra la stretta delle sue mani il termos è quasi tornato caldo. Arrivata al cortile vede i suoi colleghi e gli inservienti, seduti o intenti a camminare nervosamente avanti e indietro. Quando la vedono però si bloccano un istante. La professoressa Elena, collega e amica le si avvicina abbracciandola facendola crollare di nuovo nel pianto.
Dopo qualche minuto il professor Fugi varca la porta del cortile. È pallido, ma si capisce che quello è il risultato di tanta rabbia che sfociata in paura, gli ha tolto completamente il fiato. Si guarda in torno, poi con una mano si trascina lungo la parete sedendosi pesantemente al suolo «Che sta succedendo?» chiede al collega di chimica accanto a lui
«Non lo so, è assurdo»
«Che intenzioni hanno?» continua il signor Fugi «Qualcuno ha un cellulare?»
«No gli hanno sequestrati tutti»
«Ma che… sono dei ragazzini per la miseria» dice asciugandosi la fronte con la manica del cardigan «Come hanno fatto? Insomma, stamattina era tutto normale giusto? Giusto?» chiede ai presenti cercando approvazione.
«Stamattina avevano già le maschere» esordisce un’inserviente appoggiata alla rete poco più avanti del professor Fugi «Cosa? No, me ne sarei accorto»
«Non tutti l’avevano, ma alcuni sì. Ho visto che le indossavano prima di salire»
«Perché non ha detto nulla!» La incalza una professoressa dall’altro lato del cortile «Pensavo fosse una cosa organizzata con l’Istituto!» si giustifica «è comunque un liceo d’arte no?!» fa passare qualche secondo di silenzio. Se lo merita di vedere la faccia pentita della donna che le stava dando della stupida «Ho visto alcuni ragazzi indossarle, poi poco dopo l’inizio delle lezioni quattro studenti sono venuti da me passando dalla porta dietro la portineria. Due con maschere da cani, due con maschere da maiali uno bianco e uno nero»
«Perfetto!» dice il professor Monfino camminando verso il centro del cortile «Questo ci è utile, se lei è la prima che hanno preso e sono passati dalla porta che dà alla vostra area di lavoro vuol dire che quei quattro, i capi o almeno questo è quello che sembrano, avevano lezione di incisione alle prime ore!»
«Lei gli conosce?» gli chiese l’inserviente
«Sinceramente? Non ho riconosciuto neanche i miei di studenti stamattina, è stato surreale» fa una pausa. Si passa una mano sul viso per scacciare qualsiasi pensiero di nervosismo o paura. Fa un giro su se stesso «Lei!» dice indicando la professoressa Tonneri seduta sui gradini di pietra sbocconcellati «Lei ha avuto lezione in quell’aula stamattina! Chi sono i quattro animali? Chi sono i due maiali?» La donna, il quale appellativo le è stato concesso solo alla nomina di professoressa meno di un mese prima, non riesce a rispondere. Non tanto per lo shock, anche se quella mattinata le aveva procurato ben più di questo, ma perché non ha la minima idea di che faccia abbiano i suoi alunni. È riuscita certo a farsi un’idea, ma ancora fatica a mettere a fuoco i volti in corrispondenza dei nomi. «Non avrai risposta mi sa» dice un inserviente con un forte accento del sud «Nemmeno io ho capito chi sono quei quattro e con quelle maledette maschere certo non puoi sapere chi ti trovi davanti! Si distinguono a mala pena i ragazzi dalle ragazze e in tutta la scuola ci saranno 800 studenti!». La porta del cortile si riapre e i presenti fanno spazio a un nuovo arrivo «Ma stanno prendendo tutto il corpo docenti?» Bisbiglia la professoressa alla sua collega stringendo ancora il suo adorato termos «Cosa vogliono farci?» Le chiede ancora
«Non lo so, ma intrappolati qui tutti ammassati in un unico punto, siamo bersagli facili» sentendo quella frase dei brividi percorsero la schiena di tutti i presenti. La porta del cortile rimarrà chiusa per quasi mezz’ora, dopo l’arrivo degli ultimi due docenti rimasti e Rosa, la signora che gestisce la piccola biblioteca al terzo piano dell’edificio.
Tre cani si presentano nel cortile davanti al corpo docenti dell’istituto o almeno a quella parte che aveva lezione quel giorno «Buongiorno» comincia uno dei tre facendo un passo avanti «Vi pregherei di uscire e dirigervi all’ingresso principale» nessuno accenna a muoversi «Sarebbe utile» continua il cane «che vi dirigeste alla porta principale…»
«No!» Urla il professor Fugi che nel frattempo ha ripreso le forze. Il Professor Fugi insegna Storia dell’Arte da quando ancora la Storia dell’Arte non esisteva, si diceva che probabilmente era trisnonno e che riusciva a raggiungere il secondo piano dove faceva lezione, con l’aiuto di un ascensore che il Duce aveva fatto costruire solo per lui e del quale nessuno conosceva l’ubicazione. Quale altra spiegazione ci poteva essere? C’era più aria che muscoli nel suo corpo eppure eccolo lì in prima linea, pronto a battersi se necessario. Con lo spirito di un generale si mette faccia a faccia col cane da pastore che ha davanti «Pensi che io non sappia chi sei?!! Noi conosciamo ognuno di voi ragazzi! E conosciamo le vostre famiglie!! Voi state solo peggiorando una situazione a cui già dovrete rispondere severamente!!»
«Lei sa chi sono?» chiede il cane
«Certo che lo so, dovete farla finita con questa pagliacciata…» il ragazzo si avvicina all’insegnante, toccando con la punta del naso della maschera quella dell’uomo, in modo da farsi vedere bene attraverso i fori per gli occhi
«Me lo dica»
«Che, che cosa?»
«Mi dica chi sono. Dica il mio nome, se lo farà mi toglierò la maschera e lo stesso faranno gli altri» il docente lo fissa. Cerca di ricordare gli occhi che attraverso la maschera non cedono lo sguardo. Cerca un particolare nell’abbigliamento, purtroppo molto simile a quello dei suoi due complici che obbedienti aspettano la risposta. «Le sto dando una grande opportunità» continua «Ora è lei che tiene le redini del suo futuro, non vorrà tradire la sua presa non rispondendo a una semplice domanda?» questo è un indizio e il professor Fugi lo sa, perché spesso dice questo ai suoi studenti durante le interrogazioni o almeno lo dice a quegli che considera, come lo potremo dire gentilmente usando le stesse parole dell’uomo? Persi in partenza. Ma invece che aiutarlo quella frase blocca i suoi pensieri ormai consapevole che, benché la persona che gli sta davanti è certamente un suo studente, lui non riesce a capire chi è «Per favore» dice poi il cane «Vorrei che usciste e vi dirigeste verso la porta principale» mentre docenti e inservienti lasciano il cortile il professor Fugi non accenna a lasciare la presa continuando a fissare il suo ignoto studente. Col cortile vuoto l’uomo si sente libero di abbassare la testa e raggiungere i suoi colleghi. «Non vi accadrà niente» lo rassicura il cane prima che l’uomo giri a sinistra percorrendo il corridoio verso l’Ottagono.
 In quel breve tragitto il professor Monfino ha preso nota di tutto quello che sta accadendo, qualcuno dovrà pur riferire i particolari alle autorità. Lungo il corridoio da entrambi i lati, una fila di ragazzi e ragazze con indosso maschere da pecora e pollame seguono il gruppo di “ostaggi” con lo sguardo senza accennare il benché minimo movimento. Sembrano soldati. Dalla fila di destra, la parte che dà sul secondo cortile dell’Istituto, adibito a palestra per le ore di educazione fisica, Monfino intravede altri animali cani, cavalli, asini e qualche pecora. Sembra che stiano costruendo qualcosa, ma non capisce di che si tratta; vede delle stecche molto lunghe e della stoffa ampia che qualche pecora è intenta a stendere sul pavimento. Solo questo, il corridoio non è lungo e onestamente non vuole restare in quell’edificio un minuto di più.
Arrivato all’Ottagono il professor Fugi vede i suoi colleghi fermi davanti alla porta. Ritrovando la sua verve aumenta il passo fino alla prima fila del gruppo. I quattro ragazzi che gli avevano sequestrati dalle loro aule quella mattina si frappongono tra loro e l’uscita dall’incubo. I due maiali, bianco e nero, al centro aspettano che i loro compagni si sistemino lungo i lati dell’Ottagono prima di cominciare.
«Buongiorno a tutti» comincia il maiale bianco «So che abbiamo creato non pochi disagi questa mattina…»
«Voglio uscire!!!» Grida una delle inservienti dal centro del gruppo «dovete farmi uscire di qui!!» il suo grido però non accenna a manifestarsi in azioni violente, quindi il maiale continua
«Uscirete fuori, nel portico troverete due scatole contenenti gli effetti che avete lasciato nelle classi. Ora avrei solo una richiesta»
«Non puoi chiederci niente!!» dice qualcuno. Il maiale bianco fa un sospiro e continua
«Quando contatterete la polizia, dovrete consegnare un messaggio» fa un’altra pausa per evitare di essere interrotto nuovamente «Un messaggio da parte di Palladineve e Napoleone»
Il professor Lombi, che quell’anno ha iniziato a insegnare matematica si ritrova paralizzato. I suoi colleghi sono corsi via e probabilmente qualcuno sta già avvisando la polizia, ma lui non riesce a muoversi. Alcuni hanno avvisato le persone nel parco che ignare di quello che era appena accaduto si stavano godendo quella mattina fredda e soleggiata, ma lui non riesce a muoversi. Basta così poco per farlo crollare? Solo due giorni prima scherzava con una collega sul fatto che avrebbero dovuto liberare un po’ di cattedre ammuffite, che c’era un tempo per tutti e che per molti questo era finito. Eppure è lui quello immobile; quello che non riesce a togliersi dalla mente l’immagine dei suoi studenti con indosso le maschere, immobili, impassibili, minacciosi. Quando i due maiali avevano fatto irruzione nella sua aula quella mattina, qualcosa si era fermato in lui. L’unico movimento che riesce a portare a termine è la rotazione del corpo verso la porta da cui era appena uscito. Un calcinaccio gli sfiora la scarpa cadendo dall’alto, ma l’uomo nemmeno se ne accorge. Non si accorge che dall’alto altri maiali e cani lo stanno osservando, aspettando impazienti che se ne vada. Lombi insegna matematica ed è un codardo questo ormai l’ha capito. Viene raggiunto da una collega tornata indietro per portarlo via. Scuotendolo un po’ lo guida verso l’uscita del parco, dove intanto alcuni carabinieri si preparano ad entrare.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Altro / Vai alla pagina dell'autore: Frenkuc