Anime & Manga > Twin Princess
Segui la storia  |       
Autore: BellaLuna    24/01/2020    4 recensioni
purtroppo, la pace non dura mai per sempre ... e stavolta il destino del pianeta Wonder è nelle mani di una antica profezia. nell'eterna lotta tra luce e buio le principesse gemelle scopriranno come ,per ritornare a esseri liberi e ritrovare se stessi, basti rispecchiarsi nella propria ombra e come l'amore sia capace di spezzare anche la più crudele delle maledizioni ... "Rein abbassò lo sguardo nascondendo le calde lacrime che le solcavano il viso provato dalla battaglia. la presa sui suoi polsi e sulle sue caviglie divendava ogni istante più ferma e pungente. -Dimmi perchè!- le ordinò scrutandola come se cercasse di entrare nei meandri più segreti della sua anima. E lei sorrise, amara ,come se quelle due parole nascondessero un significato più profondo. - Dimmi perchè continui a sperare che la luce ti salvi?- la sua voce è dura,tagliente e sprezzante ... vuota di qualsiasi emozione. E pensi che in realtà non lo sai nemmeno tu il perchè! poi li rivedi, nella tua mente, le figure dei tuoi cari,dei tuoi amici,di lui che ti sorride. loro non ti abbandoneranno ... lo sai! ed è per questo che ora riesci a fronteggiare di nuovo quello sguardo di fuoco ... più sicura,più speranzosa ... più innamorata. - perchè sono sicura che lui verrà a salvarmi!-"
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Fine, Nuovo Personaggio, Rein, Shade
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Rivelazioni
   
 

La luce calda del tramonto filtrò attraverso le finestre lasciate aperte della stanza, avvolgendo l’ambiente di colori caldi, pulviscolo e ombre che si allungavano sulle pareti spoglie disegnando strani contorni sui visi dei due ragazzi presenti nella camera.
La figura più alta era quella in movimento. Aveva ammassato su un tavolo un mucchio di roba diversa tra vestiti e provviste varie, che poi aveva trasferito dentro un’enorme sacca da viaggio.
La figura più piccola, invece, era seduta sul letto, nella zona più in ombra della stanza, a osservare l’altro senza spiccicare parola o emettere fiato, il che - per uno come lui - era già di per sé al quanto bizzarro. Infatti, fu proprio il ragazzino a spezzare per primo il silenzio teso che si era creato fra loro, esordendo con un incerto e infelice << Lo sai che si arrabbierà moltissimo quando lo scoprirà, non è vero? >> non ebbe bisogno di esplicitare all’altro ragazzo a chi si stesse riferendo. Era, infatti, più che sicuro che Terence lo avesse già capito, e inoltre aveva paura che se avesse detto troppo il moro l’avrebbe sbattuto fuori dalla camera a suon di pedate nel didietro (era già successo un paio di volte e Gon poteva assolutamente affermare che non era stata affatto un’esperienza piacevole).
Il maggiore emise uno dei suoi famosi sbuffi di disaccordo, conficcando dentro la borsa una scatola di medicinali usando più forza del dovuto, tanto che Gon ebbe paura che potesse mandarla in pezzi. Poi parlò con il suo solito tono studiatamente monocorde, quello che usava per convincere il resto mondo che il suo cuore fosse di pietra << Se, per una volta, tu riuscissi a tenere il becco chiuso, forse lo scoprirà quando ormai sarà troppo tardi per raggiungermi. >> gli spiegò, continuando a voltargli le spalle e a infilare roba nella sacca da viaggio.
Gon si passò una mano nei capelli scompigliati e cambiò nuovamente posizione sul letto sul quale era semi sdraiato, prima di decidersi a riprendere la parola con fare sia incerto sia curioso << Vai via per lei? >>
Di fronte a quell’ingenua seppur arguta osservazione, Terence frenò ogni movimento, le mani bloccate a mezz’aria e il corpo che s’irrigidiva come se avesse appena ricevuto un colpo di frusta. Se solo il piccolo guardiano avesse potuto vederlo in viso, si sarebbe accorto del lampo di dolore che aveva attraversato i suoi occhi, dolore che poi sembrava essersi propagato per ogni cellula del corpo del giovane tenebros, e che lui cercava in vano di sopprimere stringendo i pugni e mordendosi l’interno della guancia.
A quel punto – giacché ormai quell’argomento era inevitabilmente venuto fuori - Gon gettò la testa all’indietro, osservando distrattamente come la luce del sole morente creasse contorte figure sul tetto della stanza e, senza pensarci due volte, gli chiese << Tu la ami? >>; era una domanda diretta e impertinente, una di quelle domande per cui Allison lo aveva sempre rimproverato, perché secondo lei… alle persone non piace affatto che siano gli altri a sbatterti in faccia i tuoi sentimenti e... imparerai anche tu questa lezione quando sarai diventato più grande, Gon!
Terence non ebbe bisogno di pensarci più di un istante, perché anche in questo caso la risposta era abbastanza ovvia e, se avesse avuto il coraggio di guardare Gon negli occhi e parlare, avrebbe sicuramente detto qualcosa come “Più di quanto pensi”, ma il suo orgoglio e la paura che dicendo quelle parole ad alta voce avrebbe solo reso quel dolore, quella consapevolezza e quell’abbandono più reale, lo fermò. Perciò fu nuovamente il silenzio che il ragazzino ebbe come risposta, un silenzio carico di tutte i segreti mai rivelati e le verità taciute e i sentimenti non ancora chiariti che aleggiavano nell’aria carica di addii.
Stavolta Gon non ebbe più il coraggio di spezzare quel silenzio, quella confessione per sempre rimasta non detta fra loro, e si limitò a fissare la schiena dell’amico pensando a tutto ciò che avevano condiviso nell’arco di quei mesi passati assieme e a quella sensazione scomoda che provava alla bocca dello stomaco e che, sebbene Terence fosse ancora proprio lì, di fronte a lui, sapeva già tanto di nostalgia.  
Quando le ultime cose furono messe nella borsa, - e Terence riuscì a comprimere per bene ogni emozioni e rilegarla da qualche parte in fondo al suo cuore sanguinante, in modo che dall’esterno il suo viso risultasse una perfetta maschera di ghiaccio - si voltò, dirigendosi verso il piccolo Lumos.
Una volta di fronte a lui, si sfilò dalla cinta il famoso pugnale dalla lama nera per cui Gon andava matto e glielo porse. Il ragazzino, che stava ancora spaparanzato sul letto, saltò a sedere e lo fissò con occhi sgranati << Che fai? >> per risposta ricevette l’espressione grave del Tenebros e poche lapidarie parole << Prendilo. E’ per te. >>
<< Me lo regali? >>
<< Lo vuoi o no? Faccio sempre in tempo a cambiare idea.>>
Con gli occhi non più tristi ma scintillanti di entusiasmo, Gon soffiò più in fretta che poté il pugnale dalle mani dell’amico, prima che quest’ultimo avesse davvero il tempo di ripensarci.
<< Pensavo ci fossi affezionato... >> confessò, mentre già cullava il nuovo regalo ricevuto stringendolo forte contro il petto.
Terence annuì con quel suo modo di fare solenne e autoritario al tempo stesso - che a detta della loro amica in comune era un atteggiamento alquanto attraente – e poi aggiunse: << E’ un oggetto che la mia famiglia si tramanda da sempre. E’ speciale. >> Quella volta anche Gon fu bravo a interpretare ciò che Terence non sarebbe mai stato capace di dirgli, la verità nascosta dietro le sue parole... e cioè che gli stava donando quell’oggetto speciale perché pensava che lui fosse abbastanza speciale a sua volta da meritarlo. Era il complimento più bello che qualcuno, anche se in maniera indiretta, gli avesse mai fatto e, in un impeto di gioia, il piccolo Lumos si ritrovò a scattare in piedi e ad abbracciare l’amico.
Terence era molto alto mentre lui era solo un bambino che gli arrivava ancora all’altezza del costato. Gon pensò che di fronte a quell’attacco eccessivo di sentimentalismo, il Tenebros lo avrebbe respinto, gettato a terra e riempito d’insulti, invece lo sentì solo irrigidirsi e lo lasciò fare fin quando, pochi secondi dopo, il castano si staccò da lui regalandogli uno dei suoi sorrisi più furbetti << Dove pensi di andare adesso? >> tornò all’attacco con le domande, mentre Terence indietreggiava di qualche passo da lui, come a voler mettere una sorta di distanza di sicurezza per un altro possibile attacco di “eccessivo sentimentalismo” da parte del ragazzino.
<< Te l’ho già detto: andrò a cercare le mie risposte. >>
Gon sapeva bene che Ter era il maestro delle risposte evasive, ma questa superava di gran lunga tutte le sue aspettative: “andare a cercare le mie risposte” ma cosa diavolo voleva dire? Non poteva trovarle anche insieme a loro le sue fantomatiche risposte? C’era forse un luogo su Spazio chiamato “le risposte di Terence” di cui forse lui non conosceva l’esistenza? O avrebbe chiesto in giro indicazioni del tipo “qualcuno di voi lo sa, dove sono le mie risposte?” fino a quando qualcuno gli avrebbe risposto “ma certo, segui la via luminosa fin al di là dell’arcobaleno!” Era così che funzionava la famosa ricerca della verità di cui tutti tanto parlavano? Non ne aveva idea, e la trovava una cosa al quanto stupida, ma Terence gli aveva appena fatto un regalo e stava per partire e forse non lo avrebbe più rivisto e di certo non voleva terminare quel loro addio venendo pestato a sangue. Così, deglutendo un grumo di dispiacere e puntando lo sguardo sulla punta piena di fango dei suoi stivali, gli chiese: << Tornerai mai da noi? >>
Nel pulviscolo del tramonto, Gon vide Terence caricarsi la sua pesante sacca da viaggio sulla spalla e incamminarsi verso la porta, prima di girarsi un attimo a fissarlo con sguardo cupo e il viso semi nascosto dalle ombre << Non lo so, Gon.>> 
Il Lumos annuì mestamente e, iniziando a giocherellare con il suo nuovo pugnale, per la prima volta durante quella loro ultima chiacchierata lasciò che le parole gli uscissero di bocca nel consueto fiume senza senso << Beh ecco... qual’ora tu volessi farlo... in qualunque momento intendo... e per qualsiasi ragione... sappi che potrai sempre contare su di me... è a questo che servono gli amici, giusto? >> non era mai stato bravo a fare discorsi di questo tipo, anzi, non era mai stato bravo a fare discorsi seri punto, eppure Gon sperò davvero che Terence avesse recepito il suo messaggio.
Alzò il viso per incontrare il suo sguardo e notò un piccolo ghigno ad arricciargli le labbra sottili. Di nuovo, la sua risposta rimase celata dal silenzio e il piccolo Lumos si sentì fiero di sé nel riuscire a leggergli in mezzo la risposta che cercava.
Terence aveva ancora la mano appoggiata sulla maniglia della porta e il castano pensò che aveva giusto il tempo di un’ultima, fatidica domanda, prima di lasciarlo andare << Aspetta! Vuoi che le dica qualcosa da parte tua? >> quella volta fu il turno del Tenebros di abbassare lo sguardo a terra, mentre mille parole diverse si affollavano nel suo cervello e cercavano di venir fuori invano attraverso le sue labbra tirate in una linea severissima.
Alla fine, con uno sguardo spento e perso che Gon trovò di una malinconia indescrivibile, gli disse soltanto << Dille solo che... non ne vale la pena... per uno come me. >> e poi la porta si chiuse alle sue spalle.
 
OoOoOoO
   
Con le mani ormai ricoperte di graffi - a causa di quella scalata a mani nude su uno degli scogli del fiordo - Gon raggruppò un’ultima volta le forze in corpo per issarsi e raggiungere così la cima della scogliera, reprimendo a stento un ringhio di fatica.
Una volta arrivato, si lasciò cadere all’indietro, ansimando pesantemente, e permettendo alla roccia nuda di pizzicargli la schiena e le braccia. Rimase giusto qualche istante in quella scomoda posizione prima di tirarsi a sedere e guardare dall’alto il panorama che lo circondava.
L’anno passato aveva speso interi pomeriggi a studiare, insieme agli altri Guardiani, la mappa di Tempo e... certo, non avrebbe potuto conoscerla meglio di Spazio, ma aveva giusto imparato a memoria quali erano i punti in cui la barriera si era infranta, lasciando portali aperti fra i loro due mondi.
Adesso - per qualche irrazionale e stupidissimo motivo che coinvolgeva un maledettissimo e inutile libro che ora era sparito! - lui e la principessa Fine si ritrovavano in uno dei fiordi nel lato sud del Regno, nemmeno troppo distanti dalla sede del Palazzo Reale di Astro.
Da ciò che la sua mente ricordava, la via più facile e veloce che avevano per arrivare su Spazio, sfruttando il Sole di Mezzanotte su Tempo, era attraversare tutto il fiordo verso ovest fino a raggiungere la catena di monti Cime-di-Tempesta dove era presente la spaccatura più vicina della barriera magica. Sembrava un’impresa facile, ma Gon era a conoscenza di due rilevanti problemi: numero uno, quella zona era quasi sempre piena di sentinelle tenebros; numero due, con lui c’era anche Fine e la ragazza non gli sembrava affatto una che passava inosservata o fosse avvezza a missioni segrete ad alto rischio.
Non che Gon lo fosse: erano mesi che chiedeva a Castel di convincere gli altri consiglieri di inviare anche lui in una missione sul campo nemico, senza però avere mai successo.
A dire il vero, quella era la prima volta che si trovava nel regno di Tempo, giacché tutti gli scontri che aveva affrontato fino a quel momento li aveva svolti solo su Spazio.
Con una punta di risentimento pensò che ecco, se quel testone di Castel lo avesse ascoltato una volta, forse adesso sarebbe stato più preparato a un imprevisto del genere, e invece...
Che cosa avrebbe dovuto fare? Scegliere una via più lunga, però con meno possibilità di incontrare nemici? E se ci avessero messo troppo tempo e fossero stati riconosciuti e arrestati? Che cosa avrebbero fatto? Sarebbero riusciti a sopravvivere più di un paio di giorni su Tempo?
Proprio mentre cercava di mettere un freno a quel fiume di domande, sentì la principessa Fine urlargli contro, dal basso della piccola insenatura dove si erano nascosti dalla spiaggia: << Allora, Gon! Che cosa vedi da lassù? Ci sono buone notizie? >>
Colto alla sprovvista, il ragazzino quasi non precipitò malamente di sotto, e poi, sporgendosi dalla scogliera, gettò dall’alto un’occhiata a metà fra il preoccupato e l’indispettito all’indirizzo della ragazza << Fine, per tutti gli Dei del cielo e della terra, abbassa la voce! Hai dimenticato dove ci troviamo in questo momento? Vuoi che ci scoprano? >>
La wonderiana sbarrò gli occhi terrorizzata prima di tapparsi la bocca con entrambe le mani, scuotendo energicamente la testa.
Gon sospirò in risposta, prima di calare giù con abili e veloci balzi felini. Una volta a terra, si portò entrambe le mani ai capelli cercando di concentrarsi e trovare la soluzione più giusta. Non lo avrebbe mai ammesso a nessuno ma, in quel momento, una delle cose che gli venne in mente fu: “cosa farebbe Castel al posto mio?”.
Osservò il viso di Fine, ancora molto spaventato e confuso, specialmente dopo che lui aveva speso interi minuti a raccontarle ogni cosa.
Non se ne sentiva minimante in colpa, e ciò era anche dovuto al fatto che Fine avesse creduto a ogni sua parola senza battere ciglio.  Aveva ascoltato tutta la sua storia – beh... quasi tutta, ecco. Certi dettagli Gon aveva preferito tenerseli per sé perché ci teneva alla sua vita e Castel aveva già abbastanza motivi per volerlo morto senza aggiungerne altri! – seduta a gambe incrociate sulla sabbia, facendo delle facce a volte basite e a volte molto buffe e commenti del tipo “Oh nooo!”, “Pazzesco!”, “Che cosa orribile!”, “Sai davvero fare tutti questi incantesimi?” in momenti alterni della narrazione. Più tempo del dovuto era stato speso a far comprendere a Fine tutta la questione della barriera e di Spazio e Tempo, perché la sedicenne era propensa a non ricordarsi i nomi o a scambiarli e alla fine tutto era diventato molto confuso e aveva finito per confondersi anche lui e Gon non era del tutto sicuro quanto davvero Fine avesse capito della sua storia. Tuttavia, per ulteriori racconti e spiegazioni ci sarebbe stato tempo, adesso la loro priorità era nascondersi, correre e rimanere in vita. Subito dopo quindi, le aveva spiegato il suo piano per raggiungere Spazio e, muovendosi più velocemente possibile per non essere visti, si era infine arrampicato sullo scoglio più alto per riuscire a capire meglio in quale punto preciso di Tempo fossero.
In realtà, Gon aveva segretamente sperato che fossero più vicini a uno dei luoghi infranti della barriera, invece, anche scegliendo di prendere la via dei Monti Cime-di-Tempesta, si trattava comunque di un bel po’ di chilometri da macinare.
Non aveva intenzione di mentire a Fine perciò, prendendo un lungo respiro, iniziò a illustrarle brevemente la questione. La ragazza se la prese un po’ quando Gon le disse che “dubitava che lei fosse silenziosa abbastanza e veloce abbastanza e subdola abbastanza da riuscire a passare inosservata in territorio nemico”.
Gon non voleva di certo offenderla o ferire la sua sensibilità di... principessa?... ragazza?... wonderiana?... insomma, era solo la verità!
Fine allora gli aveva chiesto da che cosa avesse dedotto che lei fosse una così pessima compagna di missioni ad alto rischio e Gon, imbarazzato e divertito al tempo stesso, le aveva risposto << Ehm... quando mi sei precipitata addosso... urlando... cadendo da una scogliera sulle Grotte di Inumi? >>
La principessa arrossì, puntando le mani ai fianchi con un’espressione che Gon conosceva bene perché era di solito quella che Allison gli rivolgeva quando aveva fatto un tale disastro ed era così nei guai!, citando proprio le parole della sua migliore amica. 
<< Per chi mi hai preso? >> gli chiese Fine tutta imbronciata << Guarda che io sono una velocista provetta e, d’altro canto, questa non è neanche la prima missione segreta che faccio e poi, se proprio lo vuoi sapere... sono anche un’esperta nell’incantesimo dell’invisibilità! Potremmo usare... >> aveva già aperto lo scrigno solare, quando Gon le afferrò il polso << No, non possiamo usare la magia qui! E’ troppo pericoloso, la nostra magia è luminosa... in pratica è come se accendessimo un faro sopra le nostre teste segnalando a tutti la nostra posizione. >>
Fine perse quel poco di colore che aveva appena recuperato e nascose immediatamente lo scrigno in una delle tasche della gonna, alzando le mani in segno di resa << Ho capito. Niente magia. Questo si che è un problema. >>
Gon annuì fermamente, pensando a come tutto sarebbe stato più facile se solo avesse potuto invocare la sua ombra e volare via, il più lontano possibile dal Regno di Tempo. Ma la fortuna non sembrava proprio essere dalla sua parte in quei giorni e, visto come stavano le cose, nemmeno a favore di Fine.
 << Allora, pensi di farcela o no? Te la senti di attraversare il fiordo fino a quelle montagne? >> le domandò girandosi verso Ovest, e indicandogliele con un dito.
Fine, con il cuore in tumulto e una vocina dispettosa nella sua testa che le ripeteva cose del tipo “come fai a cacciarti SEMPRE in questo genere di guai?!”, le osservò attentamente per qualche istante, prima di annuire con fare sconsolato in direzione di Gon << Non abbiamo un’opzione migliore, non è vero? >>
<< C’è un’altra strada, ma significherebbe allungare il viaggio di molti giorni, tagliando per i monti invece potremmo trovarci su Spazio già domani o al massimo dopo domani per il prossimo Sole di Mezzanotte. >>
La ragazza scostò con stizza una ciocca di capelli bagnati che le era finita sugli occhi e, sperando di non sembrare terrorizzata quanto in realtà sentiva di esserlo – cioè profondamente, vergognosamente, irreparabilmente terrorizzata - domandò al Lumos << Dimmi la verità: quante possibilità credi che abbiamo di arrivarci senza essere catturati? O... sai... peggio...? >> la domanda di Fine era semplice e schietta, ma Gon si trovò tuttavia in difficoltà a darle una risposta. Non riusciva a spiegarselo, ma aveva come una strana sensazione e poi... quello che aveva visto a Palazzo... come poteva essere possibile? Che significava?
Osservò Fine negli occhi e riuscì a leggervi dentro tutta la fiducia e la speranza che la principessa in quel momento stava riponendo nelle sue mani.
Non aveva tempo per porsi simili domande, né per lasciarsi sopraffare dai fantasmi del suo passato, doveva darsi una mossa e alla svelta. Doveva proteggere Fine. Perché proteggere le persone buone e indifese era la missione dei Guardiani. Era ciò per cui lui era nato.
Così, le sorrise e lasciò che il suo solito ottimismo lo coinvolgesse << Poche ma buone. >> le rispose, passandosi buffamente una mano fra i capelli e, seppur spaventata a morte, sperduta in un Regno sconosciuto e pieno di mostri folli che per folli ragioni volevano ucciderla, Fine si ritrovò a ricambiare il suo sorriso caloroso e lo seguì verso la sua strada.
 
 
Nascosti dentro quello che sembrava un vecchio rudere abbandonato, Rein provò ancora una volta a concentrarsi, chiudere gli occhi e tentare di richiamare a sé abbastanza magia da permettere a lei e Shade di ritornare nel Labirinto di nebbia, ma dopo il terzo tentativo in cui aveva stretto le mani di Shade talmente tanto forte da farlo singhiozzare e aveva sentito le ferite che Piimi le aveva medicato tornare a pulsare in maniera dolorosissima, alla fine, aveva rinunciato.
Non per questo però, aveva finito di incolpare il ragazzo << Bella prova, Shade! Niente male, come tua prima esperienza nel Labirinto. La prossima volta che farai? Verremo direttamente sbattuti dentro le celle del Palazzo di Tempo o no... magari proprio dritto dritto di fronte ad Astro! >>
In risposta, sentì il ragazzo sospirare con fare frustrato e... okay, forse stava dando un po’ i numeri e stava esagerando e non era del tutto colpa di Shade, ma aveva avuto una giornata incredibilmente difficile e l’essere appena stati teletrasportati nell’unico posto al Mondo dove non avrebbe voluto essere e dove un sacco di persone la voleva morta non la aiutava di certe a essere ragionevole.
<< Perché non funziona? >> le domandò Shade, seduto con le spalle appoggiate al muro di pietra del rudere e le gambe distese di fronte a sé. Rein si portò una mano sul ciuffo di capelli sporchi, continuando a passeggiare freneticamente avanti e indietro << Perché ho usato troppa magia oggi. Anche quando mi trovavo nel Regno della Goccia, sono riuscita a raggiungere il Labirinto assorbendo un po’ della magia di Terence e della mia amica Piimi.>>
Come ogni volta che veniva fuori il nome del Tenebros, Rein vide Shade corrucciarsi e il suo sguardo farsi raggelante << Bene, allora potresti utilizzare l’energia di questa maledetta spada, forse. >>
La principessa si voltò a fissarlo come se gli fosse spuntata una seconda testa sul collo << Scherzi?! E’ tutta colpa di quell’affare se siamo finiti qui! E non sappiamo nemmeno cosa diavolo sia e potrebbe anche peggiorare le cose! >>
Shade non le rispose, limitandosi a esaminare per l’ennesima volta la lama d’ossidiana della spada come se solo lì avesse potuto trovare tutte le risposte. Sulla lama vi erano antiche lettere dorate che risaltavano come stelle nel firmamento più oscuro, e che riportavano quella misteriosa frase che lui per qualche misteriosa ragione era riuscito a tradurre “Oh, così labile è il confine fra bene e male...”.
Perfetto, aveva trovato un altro stupido indovinello con cui tormentarsi fin quando lui e Rein non fossero riusciti a venire a capo di quell’assurda situazione.
<< Non dovremmo provare a raggiungere Spazio, allora? >> le domandò, alzando gli occhi verso il cielo color piombo – al rudere era infatti caduto il tetto – e osservando la luce opaca del famoso Sole di Mezzanotte del Regno di Tempo.
Gon gliene aveva parlato fino allo sfinimento, durante tutto il periodo in cui avevano viaggiato insieme su Spazio. Era un fenomeno molto bello e particolare, non dissimile dalle famose “Notti Bianche” che in estate si potevano vedere nelle zone più a Nord del Regno dei Mulini a Vento. Su Spazio, si trattava solo di un paio d’ore e poco più di oscurità perenne, talvolta mitigata dalla luce della Luna, mentre doveva ammettere che su Tempo aveva un certo fascino.
<< Se sapessi dove fossimo di preciso, certo. Invece non ne ho la più pallida idea, inoltre non conosco ancora a memoria tutti i punti di confine della barriera >> rispose alla sua domanda Rein, le braccia incrociate al petto e la fronte corrugata.
<< Ma alcuni li conosci.>> ribatté lui, tanto per stuzzicarla un po’.
<< Sì. >>
<< Questo è già sorprendente da parte tua, visto e considerato il tuo famoso pessimo senso dell’orientamento. >>
<< Io non ho un pessimo senso dell’orientamento. >>
<< Saresti capace di perderti anche dentro il giardino del tuo palazzo reale, Rein.>>
<< Sei qui per prendermi in giro o vuoi darmi una mano?! Ti ricordo che è solo colpa tua se - >>
Shade smise di ascoltarla – ormai conosceva quella ramanzina a memoria e, anche se detestava ammetterlo, in fondo Rein aveva anche un pizzico di ragione.
Che cose gli era successo dentro il Labirinto? Cos’era quella strana sensazione... quel sentire il suo corpo come controllato da un’altra persona, parlare con la voce di qualcun altro...
Era stato assurdo e terribile, e sentiva ancora un sudore freddo percorrergli la schiena ogni volta che si fermava a pensarci.
E se non fosse più riuscito a tornare in sé? C’entrava forse qualcosa lo strano spirito che vedeva ogni volta in sogno? Se sì... quale collegamento poteva mai esserci fra lui, lo spirito di quella donna, il labirinto e la spada? Avrebbe dovuto parlarne a Rein?
Ricordava ancora il modo terrorizzato con cui lo aveva osservato mentre, incurante delle sue suppliche, tirava via la spada dalla roccia. Non voleva darle altre cose di cui preoccuparsi, non in quel momento già così assurdo. Glielo avrebbe raccontato quando entrambi sarebbero stati al sicuro su Wonder o Spazio. Ovunque, ma non lì.
<< Ehi Shade... Shade, ma mi stai ascoltando?! >> la voce di Rein lo distrasse dai suoi pensieri, riportandolo con i piedi per terra.
La turchina stava proprio di fronte a lui, con i gomiti puntati, e le guance accese. Sebbene avesse tutti i capelli in disordine e i vestiti sporchi e non profumasse certo di rose non poté che trovarla molto bella << Cosa c’è? >> le chiese e Rein, sbuffando irritata, gli rispose << Ti stavo dicendo che... visto che siamo capitati vicino al mare, dovremmo andare verso Ovest... uno dei portali di cui sono certa si trova nel valico dei Monti Cime-di-Tempesta. >>
<< D’accordo, perché non l’hai detto subito? >>
<< Perché mi è venuto in mente ora! >>
Shade si portò le dita a pizzicarsi il ponte del naso, intanto che Rein borbottava qualcosa circa il suo colore dei capelli, e di come fosse costretta a cambiarlo di nuovo perché su Tempo nessuno aveva il suo bellissimo tono di azzurro e cose così.
Per certe cose, Rein non sarebbe proprio cambiata.
Shade la vide chiudere gli occhi e concentrarsi stringendo forte i pugni lungo i fianchi, intanto che la sua chioma turchina variava dal blu intenso, al viola, fino al nero.
Tuttavia, si accorse che d’improvviso la giovane aveva preso a sanguinare dal naso e le corse in contro sostenendola per un braccio. << Rein... cosa ti succede...? >> non riuscì a evitare che una nota di preoccupazione gli sfuggisse non solo dalla voce ma anche dallo sguardo che le rivolse.
La principessa, in tutta risposta, si portò velocemente una mano sul labbro, asciugando il sangue che era colato giù << Non è niente, Shade. Sono solo stanca. Su, incamminiamoci subito. Abbiamo già perso un mucchio di tempo. >>
E a spalle dritte e mento alto, la vide dirigersi verso l’uscita del rudere.
Per altri aspetti invece, si ritrovò a pensare amareggiato, era anche fin troppo cambiata.
 

A occhi chiusi e braccia spalancate, Siçil sorrise alzando il viso verso il cielo e lasciando così che la luce del Sole di Mezzanotte la colpisse in pieno.
La Lumos al suo fianco, incappucciata in una mantella nera come la notte, la vide inspirare profondamente e in modo soddisfatto prima di chiederle << Lo senti quest’odore, tesoro? >>
La rossa inarcò un sopracciglio, provando poi a inspirare come la sua signora aveva fatto prima di lei, ma l’unica cosa che sentì fu l’odore della salsedine mischiato a quello di carne bruciata. Non se ne stupiva più di tanto, visto che si trovavano in cima a una delle torri più alte del palazzo, una di quelle che si affacciava nei fiordi del Sud, tutto scogli e spuma di mare, ma era troppo sveglia per illudersi che l’altra ragazza si stesse riferendo al profumo della brezza marina.
<< No, mia signora. >> le rispose, nel consueto tono atono, privo di emozioni, anche se dentro di sé sentiva il battito del suo cuore ruggire in maniera strana, inconsueta, in un modo di cui aveva forse dimenticato il significato.
Siçil le lanciò un’occhiata deliziata da sopra la spalla, mentre il vento le intrecciava i capelli in onde di platino << Ma come? Eppure ti dovrebbe essere familiare, tesoro mio. Questo è l’odore dei Lumos che vengono a morire nel nostro Regno. Meraviglioso, non è vero? Solo qui l’odore della morte è così dolce, speziato. Sarà per via di tutta quest’aria di mare... >>
I momenti spietatamente poetici di Siçil erano qualcosa cui la Lumos si era abituata col tempo. La biondina era una prima donna a cui piacevano i palcoscenici, il dramma e gli applausi. Forse era per quello che adorava tanto battibeccare con il principe Grey, ma la ragazza non poteva affermarlo con certezza perché tutti i suoi ragionamenti e i suoi pensieri tendevano a mischiarsi e a confondersi dentro la sua testa senza una ragione apparante, tanto che la Lumos non sapeva mai dire quali fossero davvero i suoi e quali quelli che Siçil era stata tanto brava da rifilarle, imponendole il suo controllo.
Una parte di lei ne era consapevole, sapeva di non star guidando veramente il suo corpo, di non star parlando veramente con la sua voce, o pensando con la sua testa. Ma che importanza aveva, ormai?
Il suo cuore era pieno di rabbia, e lasciarsi trascinare dall’odio e dalla vendetta era stato facile... facile ... e dopo tutto quel tempo passato nelle segrete, a soffrire la fame e il freddo e le torture di Grey, dopo tutta quella solitudine... chi poteva biasimarla?
Un tempo c’era stato qualcosa, nel suo cuore, qualcosa di cui adesso non sapeva ricordarsi il nome, ma che era stato luminoso e forte e l’aveva tenuta in vita per così tanto tempo, eppure adesso non lo ricordava... non ci riusciva.
Sapeva solo che aveva una missione e che Siçil l’avrebbe aiutata a uccidere la persona che l’aveva condannata a tutto ciò, che l’aveva prima ingannata e poi costretta a un’esistenza misera e infelice, consegnandola nelle mani dei suoi più acerrimi nemici.
Siçil le aveva promesso la libertà, le aveva promesso di liberarla dal dolore per sempre, e la Lumos aveva accettato.
Ma c’era ancora qualcosa nel suo petto che bruciava come una fiamma ardente, una fiamma che non si estingue e, anche se solo a livello inconscio, la ragazza sperava ancora che quella fiamma riuscisse a farle ritrovare sé stessa.
<< Allora, >> riprese la parola Siçil aggiustando i capelli in una coda alta affinché il vento non glieli facesse sbattere in faccia << Siamo pronte a vincere la nostra scommessa e prendere le mutandine di Grey? >>
La rossa puntò lo sguardo verso Ovest, in direzione della spaccatura più vicina che Siçil voleva farle attraversare per combattere la sua prima battaglia direttamente nel suo ex regno, Spazio.
Annuì, sentendo i muscoli irrigidirsi per la tensione.
Accanto a lei, Siçil s’infilò i guanti della tenuta da combattimento << Bene. Riassumi in breve quello che abbiamo capito dal fiasco totale delle “ombre” di Grey su Wonder.>>.
<< La presunta prescelta è in grado di utilizzare le armi leggendarie di Prominence, Calipso e Deianira. >>
<< E...? >>
<< Il suo potere è ancora incompleto... instabile. >>
<< E questo significa che...? >>
<< Un tipo di magia così, che si adatta sia alla luce sia al buio, non può essere di questo Regno, né di Spazio. La giovane è di sicuro una Wonderiana.>>
<< Splendido! >> la applaudì Siçil con fare teatrale, pimpante ed elettrizzata come una bambina il giorno del suo compleanno.
Con fare lento e suadente iniziò poi a camminarle intorno, nella perfetta imitazione di un predatore che circuisce la sua preda << Il nostro problema è questo, tesoro. Ahimè, noi non abbiamo nessun potere o portale che possa condurci lì, su Wonder... uuuuf... faccenda noiosa, sì lo ammetto... perciò... che cosa faremo per attrarre la prescelta quaggiù... dritta dritta da noi? >>
La Lumos si ritrovò ad alzare un braccio e a puntare il dito verso il valico dei Monti- Cime-di-Tempesta << Distruggeremo uno dei punti vitali di Spazio. >>
<< BOOM! >> mimò il suono dell’esplosione Siçil, scoppiando poi a ridere l’istante successivo, << Esatto! E se non si farà vedere dopo quello che noi due abbiamo in mente di fare, allora, lasciamelo dire, è proprio una gran bella stronzetta! >>
 
  
Terence non avrebbe mai creduto che sarebbe tornato in quella che un tempo era stato felice di chiamare casa.
O, almeno, non credeva che sarebbe successo in quel modo, per un errore, un incidente, senza nessun’arma e nessun esercito al fianco per marciare contro Astro, trascinarlo via dal suo trono, togliergli la corona e davanti a tutto il suo popolo costringerlo a rivelare la verità.
Tutto quello che aveva fatto, tutte le bugie e gli inganni e il dolore che aveva disseminato solo per la sua folle sete di potere, per la sua vanagloria.
Nell’osservare il palazzo che si ergeva fra le scogliere a strapiombo proprio di fronte ai suoi occhi furiosi, Ter strinse talmente tanto forte i pugni che le unghie gli si conficcarono sul palmo, facendolo sanguinare.
Non sentì il dolore, né gli starnazzi di Piimi che cercava di riprenderlo, perché tutto quello che riusciva a provare era odio. Così tanto da accecarlo, così tanto da far diventare i suoi occhi rossi e risvegliare il figlio del Drago che scorreva nelle sue vene.
Un tempo aveva creduto alla grandezza della sua stirpe, alla grandezza del suo sangue, e aveva sfoggiato il suo nome con orgoglio proprio come suo padre e suo fratello gli avevano insegnato, cacciando da parte ogni altra cosa, ogni altro possibile sentimento.
Poi c’era stato l’attacco su Spazio, l’uccisione di quell’alchimista da parte di Siçil, l’incontro con Gon, l’imboscata lungo il fiume... e poi lei.
Tutto quel tempo passato in un villaggio minuscolo su Spazio, a fingere di essere un altro, di essere Lux, con la scusa di apprendere più informazioni possibili da quelli che aveva scoperto essere i famosi Guardiani di cui suo fratello tanto blaterava e poi... a ogni giorno passato con loro, quel muro che aveva eretto intorno al suo cuore per non provare più niente era venuto giù, anzi, lei era riuscito a farlo a pezzi con i suoi sorrisi splendenti, il suo cuore gentile, i suoi baci caldi e dolci, la sua tenacia, la sua forza.
Insieme avevano combattuto e scoperto la verità, quella che Terence per anni aveva preferito non vedere, quella che si era rifiutato di vedere sin dal giorno in cui sua madre era morta.
E se non ci fosse stata lei, al suo fianco, fino alla fine, forse anche adesso non sarebbe stato in grado di accettarla, forse se ne starebbe ancora dentro il suo palazzo di pietra nera a gongolare di tutto il sangue che aveva lasciato dietro di sé.
<< Ter, per favore, calmati! >> Piimi gli tirò una ciocca di capelli neri per farlo ritornare alla realtà, e il tenebros la fissò come se avesse tutta la voglia di strangolarla.
<< Che cosa vuoi?! >>
<< Mi prendi in giro? Dobbiamo andarcene da qui! Siamo troppo vicini al Palazzo Reale. E se qualcuno dovesse avvertire la tua magia? Non ti stai proprio sforzando molto per tenerla a freno... >> Ter vide la folletta far un cenno verso le sue mani, una sanguinava a causa dell’eccessiva forza con cui l’aveva serrata, l’altra era stretta intorno al pomello della sua spada che, di conseguenza, aveva iniziato ad emettere pericolose scintille nere.
La staccò subito, perché nonostante la sua voglia irrazionale di far piazza pulita delle guardie e farsi strada a suon di fendenti dentro il Castello fino a trovarsi faccia a faccia con Astro, sapeva bene che sarebbe stato solo un ottimo piano per farsi scoprire, mandare all’aria la sua copertura e un anno intero di macchinazioni e di ricerca, e calarsi l’ascia del boia sulla testa da solo.
E per quanto impulsivo fosse, Terence non era uno stupido né uno a cui piaceva mandare a monte i propri studiatissimi piani.
No, avrebbe aspettato ancora per avere la testa di Astro, avrebbe aspettato ancora per avere la sua vendetta, contro tutto ciò che quell’uomo gli aveva portato via.
<< Cosa dobbiamo fare adesso? >> gli chiese Piimi, nascosta all’ombra del suo mantello nero.
Si trovavano nella cittadella che circondava le mura del palazzo; nascondersi in mezzo al via vai di gente del mercato di Mezzanotte era stato facile, naturale, l’importante era non imbattersi nelle guardie di ronda – chissà magari qualcuna con cui aveva lavorato poteva anche riconoscerlo e quello sì che sarebbe stato un grosso problema! - e che Piimi rimanesse ben nascosta, visto che non c’erano molti Folletti dell’Equilibrio in quelle zone.
La cittadella era come al solito piena di botteghe e negozi e taverne, e durante il Sole di Mezzanotte molti uscivano per una visita al mercato.
I banchi di pesci e di carne erano sempre quelli più affollati, aveva notato il ragazzo, mentre quelli di frutta e verdura erano sempre più poveri.
Coltivare era difficile visto che tutto ciò che li circondava era roccia o distese di boschi, e il Sole si intravedeva solo per poche ore al giorno.
La loro economia si era sempre e solo basata sulla caccia e sulla pesca, mentre quella dei Lumos era molto più prolifera.
Con le loro belle vallate, i loro altopiani e i fiumi e i laghi, e il Sole sempre alto nel cielo, Spazio era per tutti i Tenebros un vero e proprio paradiso, un paradiso che, nella loro logica di pensiero, era stato a loro tolto per colpa della stupida barriera e dei Lumos stessi, che avevano senza alcun motivo condannato tutti loro a vivere in una tenebra eterna.
Era stato facile per Astro convincere il suo popolo a scendere in guerra, e ancora più facile era stato convincerli che la loro guerra era giusta, che fosse tutto ciò di cui avevano bisogno per riprendersi quel paradiso che era stato a loro negato senza ragione.
Si sarebbero ripresi il Sole e poi anche il regno di Spazio perché era quello che il loro popolo meritava, e che importanza poteva mai avere sapere qual’era stato il prezzo da pagare per infrangere la Barriera?
Perché un prezzo era stato pagato, un prezzo altissimo e non era stato Re Leonida a infrangere quel veto, come tutti i tenebros erano stati convinti a pensare, ma Re Astro.
Astro era la causa di tutto e l’unico motivo per cui Selen tempo prima – quando ormai aveva perso ogni cosa, persino il suo nome – era riuscita a convincerlo ad aiutarla ad addestrare la Prescelta e a farle ritrovare le famose Armi Leggendarie, era perché gli aveva promesso che alla fine, quando Rein avrebbe riportato l’equilibrio e risanato la Barriera e rimesso le cose a posto, lui avrebbe avuto la sua vendetta. Avrebbe avuto Astro.
Ma cosa fare adesso? Erano bloccati su Tempo e Terence non sapeva se sarebbe stato meglio restare lì, dove per lui era molto più facile mischiarsi fra le gente, oppure tentare di attraversare la Barriera e rifugiarsi su Spazio, dove invece un Lumos qualsiasi avrebbe potuto riconoscerlo come un invasore e arrestarlo.
L’unica scelta era provare a raggiungere il confine con il Labirinto di Nebbia, ma era parecchio distante da dove si trovavano ora e di sicuro non sarebbero riusciti ad arrivarci senza rubare un cavallo.
Aveva appena comprato un po’ di frutta al banco di una vecchia signora – perché sia lui che Piimi avevano bisogno di mangiare per rimettersi in forze – quando da sotto la camicia che indossava avvertì la sua stella a otto punte cominciare a surriscaldarsi e pulsare contro la sua pelle.
Il cuore perse un battito...  e il respiro gli si bloccò in gola... non era possibile che... cosa... non poteva essere... come poteva... su Tempo...?
<< Ter... stai bene? Che cos’hai? Sei molto pallido... >>
Piimi fissava il ragazzo che a occhi sgranati osservava la folla che li circondava, lo sguardo folle di chi crede di essere appena finito in un allucinazione o in uno dei suoi peggiori incubi.
Non poteva essere... non poteva essere…! No! Era assurdo... folle... impossibile!
E poi la vide.
Avrebbe riconosciuto quei ridicoli capelli biondi ovunque: Siçil.
Al suo fianco vi era una figura mingherlina e incappucciata che il giovane non riconobbe, e dietro di loro una manciata di soldati tutti disposti in fila per due, le armature nere con il simbolo della casata reale – il drago dalle ali spiegate – ben stampato sul petto.
La folla si spaccò perfettamente in due parti per lasciarli passare e Terence si calcò meglio il cappuccio in testa, sfruttando la sua altezza per spostarsi indietro e comunque mantenere sott’occhio la situazione.
Era proprio Siçil, la sua sorellastra con i suoi bei lineamenti sottili, le labbra piene piegate in quel suo solito ghigno maligno, la coda di capelli biondi che le oscillava alle spalle e quella stupida maschera a forma di ali di pipistrello a coprirgli gli occhi grigi e gli zigomi.
Siçil. Lady Dark. Il subdolo serpente di Astro. Quel piccolo demonio biondo.
<< Non dirmi che quella è... >> gli sussurro Piimi all’orecchio, proprio quando la ragazza e il suo seguito passarono davanti a loro, superandoli.
<< Sì, è proprio lei... >>
La folletta sentì i muscoli del ragazzo irrigidirsi, il suo sguardo farsi penetrante senza mai staccarsi dalla figura longilinea della biondina.
<< Non pensarci nemmeno, Ter. Non pensarci nemmeno! >> provò a persuaderlo, dandogli piccole gomitate sui fianchi.
Ma Terence, la mano stretta sulla stella a otto punte che continuava a pulsare come un piccolo cuore nel suo palmo, aveva già stabilito ogni cosa.
Forse non era stato un incidente, un errore a portarlo lì, quel giorno, su Tempo. Forse era stato il destino a dargli finalmente un occasione.
“Se non posso prendermi oggi la mia vendetta contro Astro...” pensò, lasciando che il rancore e la rabbia guidassero i suoi ragionamenti “almeno potrò comunque vedere quella piccola strega cadere.”
E, senza indugiare oltre, iniziò a seguirla.
 

Quella zona della costa, si rese conto Shade mentre insieme a Rein intraprendevano la strada verso il Valico Cime di Tempesta, era praticamente deserta e per questo motivo il giovane Wonderiano non poté che trovarla incredibilmente suggestiva.
Aveva provato la stessa sensazione di profonda meraviglia e stupore anche attraversando le vallate verdeggianti di Spazio, certo, ma Tempo era tutta un'altra cosa, si ritrovò a pensare, mentre tallonava una Rein sempre più scura in volto, e rigida come un manichino.
Di solito, era lui quello pensieroso e silenzioso e lei quella che non la smetteva mai di parlare un istante, e dopo tutti quei mesi in cui aveva cercato di ricordare il suono della sua voce, della sua risata cristallina, Shade sentì una fitta al petto rendendosi conto che nonostante l’avesse appena ritrovata, Rein sembrava comunque più lontana che mai.
“E’ cambiata... per certi aspetti non sembra più la ragazza che conoscevo così bene. Che cosa ti è successo, Rein? Che cosa ti hanno fatto?”
<< Hai deciso di non rivolgermi più la parola per tutto il tempo? >> provò a stuzzicarla, perché di solito funzionava sempre, e perché sembrava così pallida, così... spenta, vuota, esausta, e Shade avrebbe dato di tutto invece pur di vederla arrossire di nuovo, ridere di nuovo, guardarlo come faceva una volta.
Rein si morse la lingua e, scuotendo appena il capo, si limitò ad accelerare il passo, l’erba alta del sentiero al limitare di una delle tante foreste di Tempo che lei e Shade stavano percorrendo, le frusciava fra le gambe, pizzicandole le ferite ancora aperte.
Sentendo alle sue spalle Shade sospirare amaramente, provò a reprimere il senso di colpa che come un masso avvertiva pressarla alla bocca dello stomaco, insieme al dolore pulsante all’altezza del costato, lì dove Calipso l’aveva gentilmente sbattuta fra le pareti di roccia delle ormai andate Grotte di Inumi. Per non parlare del braccio sinistro, che era ormai andato come qualunque magia che Piimi aveva utilizzato per alleviarle il dolore.
“Respira, Rein. Concentrati. Respira. Un passo dopo l’altro. Puoi farcela. Continua a camminare, Rein.”
Non poteva far vedere a Shade quanto fosse a pezzi, lo scontro con le Sirene le aveva prosciugato ogni energia e quel poco che aveva recuperato mentre si trovava nel Labirinto sembrava essere stato risucchiato via nel momento esatto in cui aveva messo piede nel Regno delle Tenebre.
Ma se si fosse fermata, se si fosse guardata indietro e fosse crollata, sia lei che Shade non avrebbero avuto alcuna speranza.
Dovevano arrivare a Spazio, recuperare le energie e poi ritornare al Labirinto, per poi riportare Shade a casa e ritrovare le tracce di Terence e Piimi.
“Dei... Terence e Piimi... i miei amici... chissà che staranno facendo... chissà dove sono…” pensare a loro due, da soli chissà dove nel Regno della Goccia, non fece altro che aumentare il peso che sentiva nel petto, quel peso che sembrava adesso toglierle il respiro e schiacciarla per terra.
<< Rein... che cos’hai? >> sentì le dita di Shade stringere le sue, così calde, così rassicuranti e nel momento in cui si girò a guardarlo negli occhi, in quei suoi maledettissimi occhi sempre così blu, sentì quel poco di forze che ancora aveva in corpo abbandonarla, le ginocchia piegarsi come fuscelli spezzati dal vento, la testa leggera come un palloncino sgonfio.
Se il Principe della Luna non avesse avuto i riflessi pronti per afferrarla sarebbe precipitata a terra, fra l’erba e le pietre, invece il suo viso aveva trovato l’appoggio del petto di Shade, la sua mano si era istintivamente arpionata alla sua camicia per non precipitare nell’oblio.
<< Sto... bene... >> gli aveva risposto, la voce troppo flebile e tremante per risultare convincente, tuttavia la prescelta cercò nuovamente di ritornare lucida e ritrovare stabilità sulle sue gambe.
<< Devi riposarti. Non puoi proseguire in queste condizioni, sei ancora troppo debole.>>
“Troppo debole... sarò sempre troppo debole...” pensò, lasciando che le sue labbra si piegassero in un sorriso amaro, mentre ancora il suo viso restava nascosto nel petto del ragazzo.
Aveva dimenticato il suo profumo, esotico e penetrante come la sua terra, il Regno della Luna, perso fra le dune e le oasi del deserto, così diverso dal Regno di Tempo, così caldo e pieno di colori e di vita.
Per qualche istante lasciò che l’odore familiare del principe e il ricordo dei giorni in cui insieme passeggiavano per le belle città del suo Regno le invadessero la mente, portandola lontano, lontano dai suoi nemici, dai suoi demoni, dai suoi incubi, in un posto dove nessuno sapeva ancora che fosse una Prescelta, un posto in cui poteva ancora essere solo Rein.
Sarebbe stato così bello, dopo tutto quel tempo, poter essere solo Rein almeno per un po’, anche se Rein, a ben pensarci, non era poi questo granché, ma almeno era libera, almeno era al sicuro.
Mordendosi l’interno della guancia e scacciando indietro le lacrime, la principessa provò a sottrarsi all’abbraccio del giovane << È stato solo un leggero mancamento, Shade. Niente di grave. Non abbiamo tempo per fermarci, dobbiamo andare avanti.>>
<< Rein, dammi retta per una volta, se continui così finirai per... >> la turchina sentì la stretta del principe farsi più salda sulle sue spalle, impedendole di muoversi pur senza farle del male.
Molte volte in quei mesi di distanza aveva immaginato come sarebbe stato ritornare fra le braccia di Shade. Nelle sue fantasticherie romantiche da piccola principessina ingenua, lui accorreva sempre a salvarla - il suo eroe coraggioso-, e non importava quante volte finivano per litigare, non importava quante volte avesse avuto voglia di strangolarlo perché... era Shade.
E Shade l’avrebbe sempre protetta, l’avrebbe sempre riportata a casa sana e salva, lo aveva già fatto così tante volte, anche quando ancora non si fidava di lui, anche quando gli aveva ordinato di starle alla larga.
“Shade è tornato... è tornato davvero... per me?”
<< Eri tu... non è vero... nel bosco di Halle... su Spazio... eri veramente tu...? >>
Con l’orecchio premuto sul suo petto, la turchina avvertì chiaramente il cuore del ragazzo accelerare, proprio come era successo al suo mentre con le guance in fiamme era riuscita finalmente a porgli la domanda.
Shade prese un respiro profondo, per poi poggiare la fronte sul suo capo, una mano premuta forte sulla sua schiena per tenerla più vicina possibile a sé, e l’altra che le accarezzava i capelli ora neri.
 La sua determinata, coraggiosa, piccola principessa.
<< Sì... ero io... >>
<< Pensavo di averlo solo immaginato... pensavo che... non credevo davvero che tu... e invece... sei riuscito a trovarmi. >>
<< E’ la cosa che mi riesce meglio. Io... >>
<< Me lo ricordo.>> spinta da chissà quale arcana forza, era riuscita a confessarglielo fissandolo di nuovo negli occhi, e il suo blu profondo la avvolse, facendole dimenticare ogni cosa, la sua missione, dove si trovavano il quel momento, il destino che gravava su di loro, il sole di mezzanotte, tutto.
Vide gli occhi di Shade spalancarsi per lo stupore e poi d’improvviso farsi più scuri mentre premeva di più il suo corpo contro il suo, e lasciava che per qualche secondo il suo sguardo si posasse sulle sue labbra.
Di riflesso Rein non poté evitare che la lingua le scivolasse appena sul labbro inferiore percependo il sapore dell’acqua di mare e del sangue, e purtroppo bastò quel gusto a ricordarle che non erano ancora in salvo, che erano in pericolo, in estremo pericolo e che dovevano cercare di andarsene il prima possibile, che non avevano tempo, non potevano rischiare di farsi scoprire.
Provò a muoversi, ma le sue gambe erano ancora troppo deboli, la stretta di Shade così forte e sicura intorno a sé, i suoi occhi così belli, e le sue labbra sempre più vicine... più vicine...
<< Lo ricordo anche io... >> gli sentì sussurrare, prima di chiudere gli occhi e percepire il suo respiro caldo sul viso, sulla bocca.
L’urlo spaventato di una donna li strappò dall’incantesimo in cui erano caduti, e Rein riaprì gli occhi e balzò via dalla presa di Shade, guardandosi in giro sgomenta.
<< Che cos’è stato? >> gli chiese il ragazzo, una mano ancora stretta sulla sua spalla, per fortuna non quella su cui Calipso aveva così gentilmente inferito.
La sedicenne non ebbe nemmeno il tempo di rispondere che uno stormo di enormi corvi planò sopra le loro teste, nella direzione opposta dall’urlo della sconosciuta, così tanti che se avessero voluto avrebbero potuto oscurare il sole.
L’urlo spaventato di poco prima risuonò alle loro spalle, e più per abitudine che per altro i due wonderiani iniziarono a correre verso quella stessa direzione, accompagnati dallo stridere dei corvi e dal loro impazzito battere d’ali.
Entrarono dentro uno dei sentieri della foresta di altissimi pini e abeti che delimitava la costa, e quasi subito si ritrovarono di fronte una vecchia casa di legno e pietra.
Si acquattarono dietro il tronco di un albero poco distante dal recinto della piccola casa e da lì intravidero quello che sembrava essere un branco di lupi dalla pelliccia nera come la notte accerchiare una donna, non più vecchia di sua madre si ritrovò a considerare Rein.
<< Dobbiamo aiutarla! >> si propose subito Shade, notando la tenebros in difficoltà che con un bastone di legno cercava di spaventare i tre lupi che la circondavano, vicino al recinto dove il cadavere di due piccoli agnellini stavano riversi in una pozza di sangue ancora fresco.
La prescelta lo bloccò per un braccio, prima che Shade potesse sguainare la spada per aiutare la povera donna indifesa << Non intervenire.>> gli disse, gli occhi acquamarina totalmente gelidi e indifferenti nell’osservare la tenebros e i suoi passi incerti, spaventati, che arretravano.
<< Cosa... ma... Rein?! Sei impazzita!? La uccideranno! >> la voce di Shade ora le sembrava distante, lontanissima, mentre senza fare un passo o emettere fiato continuava ad osservare i lupi avanzare, la donna scattare il viso da una parte all’altra, le mani tremanti, il viso paonazzo dalla paura e dalle grida.
Una voce, dentro la testa di Rein, aveva iniziato a sussurrarle parole cattive, parole che non erano sue.
“E’ solo una Tenebros...” diceva la voce, che era fredda e sprezzante proprio come quella di Calipso “è solo un’altra tenebros, un’altra nemica che merita di morire, Rein. Non è compito tuo salvarla. Non è compito tuo salvare per forza tutti. Salvare anche loro. Lasciala morire. Lasciala morire.
<< Sei pazza se pensi che me ne resterò qui fermo a guardare! >> sentì Shade urlarle contro, sottrarsi dalla sua mano e iniziare a correre verso la donna.
<< Ehi! Perché non venite a prendervela con me, cani rognosi! >> sguainò la spada e l’istante dopo gli occhi gialli dei lupi erano tutti rivolti verso di lui, ma le loro espressione, si accorse subito la wonderiana, non erano più affamate e furiose come solo qualche istante prima.
I lupi avevano smesso di ringhiare, nascondendo le zanne e abbassando le orecchie.
Sia Rein che Shade pensarono che fossero quasi terrorizzati.
Ulularono, abbassarono il capo e poi corsero verso la foresta con la coda fra le gambe.
Fu solo a quel punto che la donna lasciò cadere il bastone, e cadde in ginocchio per terra, osservando il giovane principe con grosse lacrime che le solcavano il viso scarno.
<< Grazie agli Dei eravate qui... vi ringrazio io... credevo che mi avrebbero portata via... credevo... >> con mani tremanti si afferrò il grembiule e si asciugò gli occhi, singhiozzando.
<< Hanno mangiato le mie pecore... tutte... e ora erano venuti per me... lo so che erano venuti per me... >>
<< Mi dispiace. Sta bene? E’ ferita? >>
Con sguardo gelido, la prescelta osservò il ragazzo avvicinarsi alla donna, e aiutarla a mettersi in piedi, la spada già nuovamente riposta nel fodero al suo fianco.
La spada.
<< No, ragazzo, no. Sto bene. Sto bene. Grazie a te. Gli Dei sono stati clementi e ti hanno mandato ad aiutarmi. Mi hai salvato la vita.>> la donna era sconvolta, aveva lo sguardo vacuo di chi non dorme da giorni, le labbra secche e viola, ed era così magra che sembrava essere fatta di sole ossa.
“Questa gente sta morendo” pensò con rammarico, osservando ancora la tenebros singhiozzare e stritolare fra le mani il suo povere grembiule sporco. “Anche la gente dei villaggi di Spazio stava male... molti posti erano stati bruciati e razziati... è vero... ma questo è diverso... questa donna sembra essere già... morta.”
Si voltò verso Rein, perché non era mai stato bravo come lei a consolare qualcuno o a scambiare parole di cortesia, ma la ragazza stava osservando la donna come se si aspettasse che da un momento all’altro potesse trasformarsi in un Demone Oscuro e ucciderla.
Le mani le tremavano per lo spasmo di stringerle troppo forte lungo i fianchi e gli occhi chiari parevano iniettati di sangue.
Il contrasto fra la sua pelle pallida e i capelli neri, spaventò Shade più di tutte le Ombre nere che fino a quel momento aveva visto.
La Rein che aveva stretto fra le braccia solo pochi minuti prima era di nuovo svanita, persa dentro la nebbia del suo Labirinto.
Con sospetto la vide portare una mano al suo ciondolo e aprire le labbra come per pronunciare qualcosa, ma il suo tentativo andò a vuoto, perché l’attimo dopo cadde a terra svenuta fra l’erba, come se una forza misteriosa le avesse d’improvviso risucchiato ogni energia.
<< NO! >> Shade riuscì ad afferrarla prima che sbattesse la testa al suolo e la donna accorse ad aiutarlo, spostando i capelli scuri dal viso provato della giovane.
<< Oh, poveretta, che cosa le è successo? Ha la fronte così calda... >>
<< Come?! >> il panico lo colpì come un pugno dritto allo stomaco e subito la sua mano imitò quella della tenebros, portandosi ad accarezzare la fronte di Rein.
“Scotta... è malata... ”
 << Presto, portala dentro, ragazzo! Le preparerò un brodo caldo e sposteremo il giaciglio vicino al fuoco. Su, su, fa presto! >>
Shade, la testa pesante e il cuore spezzato, osservò gli occhi scuri della donna, poi il corpo di Rein svenuto fra le sue braccia e infine la piccola casa di pietra alle sue spalle.
Non avevano altra scelta, proseguire con Rein in quello stato sarebbe stato troppo rischioso.
Senza quasi riflettere si ritrovò a stringere la mano della donna in segno di riconoscenza e ad annuire.
La tenebros gli sorrise aiutandolo a trasportare la principessa nella sua dimora.
Shade sperò solo di non aver deciso di abbassare la guardia troppo presto.
 
 
I sentirei fra le foreste non erano mai stati il suo forte, pensò Gon, guardando in alto e cercando di orientarsi seguendo la luce del Sole di Mezzanotte.
<< Mantieni il passo, Fine! Non posso proteggerti se continui a stare dietro di me! >> disse in direzione della ragazza che gli camminava alle spalle, e che cercava in tutti modi di non morire di paura a ogni sussurro, bisbiglio, folata di vento che avvertiva frusciare fra gli alberi.
Le mani strette vicino al petto, e le ginocchia tremolanti, la wonderiana trotterellò agile come una gazzella per riportarsi al fianco del suo nuovo compagno di avventure.
<< Non fare rumore.>> la rimproverò subito Gon, non appena le fu vicino.
Fine mise il broncio << Non ho fatto rumore.>>
<< Hai calpesto un rametto tre passi fa, se io l’ho sentito anche un possibile Tenebros che sta in questa foresta può averlo fatto!>>
<< Aaah, e tu mi stai dicendo queste cose per farmi sentire meglio, giusto? >>
Gon le sorrise, sinceramente divertito, e poi le afferrò una mano incitandola così ad aumentare ancora il passo.
La sua sicurezza e il suo coraggio erano sorprendenti si ritrovò a pensare la giovane, continuando a fissare l’undicenne con la coda dell’occhio.
Il castano non aveva mai tentennato un istante, non sembrava provare alcun minimo timore nel ritrovarsi in mezzo a una foresta sconosciuta, all’interno di un Regno che voleva tutta la sua gente morta.
Fine avrebbe dato via tutta la sua collezione di premi di ginnastica pur di avere anche solo la metà del suo coraggio.
Ed era così giovane... com’era possibile che un quasi dodicenne potesse essere già molto più temerario di lei?
Sospirando, provò a concentrarsi su qualcos’altro. Ma siccome qualsiasi cose le venisse in mente aveva a che fare con tutti i suoi brutti ricordi relativi a tutte le volte in cui era stata così sfortunata da perdersi dentro una stramaledetta foresta, provò a spezzare la tensione provando a riaccendere la conversazione.
<< Allora... ricapitoliamo un’ultima volta... >> iniziò e, sopprimendo una risatina, vide Gon alzare gli occhi al cielo, lanciando qualche maledizione sotto voce.
<< Tu sei un Lunos. >>
<< Un Lumos, Fine.>> aveva smesso di chiamarla principessa probabilmente quando si era reso conto che lei di principesco non aveva proprio un bel niente, neanche un singolo capello.
<< E provieni da un Regno parallelo al mio, chiamato Regno della Luce.>>
<< Spazio. Regno della Luce in teoria è come dovrebbero chiamarlo i Wonderiani.>>
<< E siete in guerra con un altro Regno parallelo chiamato Regno Tenebroso.>>
<< No. No. Per tutti gli Dei... si chiama Regno di Tempo o Regno delle Tenebre, ed è abitato dai Tenebros.>>
<< D’accordo. D’accordo. E perché siete in guerra con loro? >>
A Fine sembrò che una nube improvvisa avesse appena oscurato tutta la solarità del viso del ragazzino, rendendo i suoi occhi grigissimi come nubi cariche di piogge temporalesche.
<< E’ per colpa di Zoroastro, o Astro Re di questo Regno. Ci odia e vuole distruggerci. Vuole Spazio per sé.>>
Era una spiegazione semplice e al quanto lapidaria, una di quelle che di solito i generali fornivano ai soldati che osavano chiedere il perché dovessero seguire degli ordini senza senso.
Fine puntò lo sguardo verso terra, sentendo il dispiace e il nodo del pianto in gola.
<< Perché fa questo? >>
Saette infuocate parvero di nuovo rianimare lo sguardo cupo del guardiano, che scosse la testa e alzò le spalle come se volesse scrollarsi di dosso quell’alone cupo che Fine aveva risvegliato.
<< E chi lo sa? E’ pazzo. E’ malvagio. Ha spezzato il Sigillo della Barriera Magica... Nessuno era mai arrivato a tanto.>>      
La wonderiana si ritrovò a stringere più forte la presa fra le sue dita, ritrovandole inaspettatamente molto diverse da quelle che un ragazzino di soli undici anni dovrebbe avere.
<< Che vuoi dire? >> non poté evitare di chiedergli ancora, anche se ormai aveva capito che stava camminando in un terreno particolarmente difficile per lui.
Gon si permise un lungo respiro prima di risponde, i suoi occhi grigi ora puntati dritti in quelli color lampone di Fine.
<< Sai perché nessuno prima di lui aveva provato a spezzare il Sigillo della Barriera che divideva Spazio da Tempo? >>
Fine non ricordava che lui glielo avesse detto ma, per sicurezza, rispose << Ehm... c’è una risposta giusta a questa domanda? >>
Avanzando verso il sentiero della foresta, Gon ricontrollò ancora una volta la loro posizione alzando gli occhi verso il cielo.
Non restava loro molto tempo, ormai, ben presto il Sole sarebbe calato e l’oscurità li avrebbe avvolti. Fin quando si trovavano su Tempo mentre era “giorno” Gon non avrebbe avuto difficoltà a sbarazzarsi di Tenebros che non potevano usare i loro poteri, ma una volta che fosse tornata la notte...
Non volendo soffermarsi su quell’eventualità, preferì rispondere alle domande scomode di Fine.
<< Per spezzare il Sigillo ci vuole un pegno di sangue. Un sacrificio umano. Ma non di una persona qualunque. Colui che spezza il sigillo magico deve sacrificare la persona da lui più amata al mondo.>>
La principessa avvertì chiaramente ogni singola goccia di sangue nelle sue vene gelarsi per il terrore.
Si bloccò, il respiro incastrato in gola, gli occhi spalancati e orripilanti fissi sulla nuca del Lumos.
Gon si voltò a guardarla tenendo però lo sguardo rivolto verso il basso, la mascella serrata, le spalle rigide.
“Non può essere vera una cosa del genere... no... avrò di sicuro capito male... questo è... va oltre ogni cosa... la persona più amata... non è possibile...” pensò la ragazza, aprendo e chiedendo le labbra più volte prima di trovare la forza per chiedere nuovamente a Gon << Mi stai dicendo che... il Re di questo posto ha ucciso la persona che più amava solo per invadere il tuo Regno? >>
Il castano annuì, e Fine si sentì come se una voragine oscura si fosse appena spalancata non sotto ma davanti a lei, versandole addosso tutta l’oscurità del mondo. Tutto il male degli uomini.
<< È... questo è... terribile... >> balbettò, cercando disperatamente lo sguardo del ragazzino, una spiegazione a quella follia.
“In quale inferno sono capitata?” non poté fare a meno di chiedersi.
Gon si morse il labbro inferiore, per poi tirarla verso di lui per proseguire il cammino, evitando ancora di guardarla.
<< E’ peggio di terribile... >> le rispose dopo un po’, la voce così dura e fredda che non pareva affatto quella del ragazzino allegro con cui aveva chiacchierato su Wonder << E’ imperdonabile. >>
<< Chi mai potrebbe fare una cosa del genere? Quale genere di persona potrebbe mai arrivare a tanto? >>
Fine aveva bisogno di comprendere contro quale mostro stesse lottando questa volta e se davvero lei e tutti gli altri potessero avere qualche possibilità di vittoria, prima che quella voragine che aveva appena intravisto li inghiottisse.
Solo allora Gon si voltò a fissarla, e nei suoi occhi la principessa vi lesse un odio così profondo, così radicale da lasciarla senza respiro << Qualcuno che non ha più un’anima.>>
 
****
 
Quando Castel ritrovò il Libro, bianco e aperto su una pagina a caso lungo il corridoio del primo piano del palazzo, era già troppo tardi.
Non solo Gon era svanito nel nulla, ma per qualche strana ragione insieme a lui era scomparsa anche la principessa Fine del Regno Solare.
Come se non bastasse, numerose guardie erano state trovate tramortire, segno che la sua prima intuizione era stata quella giusta, qualcuno si era veramente intrufolato di nascosto dentro il castello.
In quel momento, però, il problema era un altro. Senza le prove per dimostrare ciò che pensava fosse accaduto, per i wonderiani era stato facile rigettare tutta la colpa su di lui.
Secondo il pensiero del comandante Rod era stato Gon –un ragazzino logorroico di undici anni – a rapire la principessa Fine –una ragazzina che era stata in grado di cacciar via un maledettissimo Demone Oscuro vestita in abito da sera! - e ad aver fatto del male alle guardie.
Castel aveva ascoltato tutta la sua accusa accasciato su una sedia dentro lo studiolo della Regina, il Libro stretto fra le braccia come unico ancoraggio per non sprofondare nella disperazione.
“Gon... ho perso anche Gon... come faccio adesso? Come farò senza di lui?”
Da quando Allison aveva trovato quel piccolo moccioso orfano lungo la riva del fiume, Castel non ricordava un solo giorno in cui Gon non era stato al suo fianco.
Lui, Allison e Ambra lo avevano cercato per così tanto tempo, il quarto guardiano e invece, come al solito, era stato Gon a sorprendendoli, trovandoli per primo.
E adesso lo aveva perduto, aveva perduto Gon e... aveva promesso ad Allison che avrebbe sempre vegliato su di lui, che lo avrebbe protetto, dai Tenebros, dal suo passato, e invece lo aveva perso, lo aveva perso...
<< Castel... >> sobbalzò, sentendo la leggera pressione della mano di Mirlo sulla sua spalla.
Quando alzò il viso per guardarla, e si scontrò con i suoi occhi preoccupati e feriti, gli sembrò che una parte dentro di lui si spezzasse, un argine che aveva eretto affinché la fiumana delle sue emozioni non lo travolgesse dal momento in cui Shade era scomparso, probabilmente morto.
L’argine adesso stava cedendo, e faceva così male che il Lumos provò l’insano desiderio di aggrapparsi alla mano della principessa per non annegare nel suo stesso dolore.
La sua mano era così calda, stretta fra le sue, piccola e calda.
<< Gon... >> riuscì solo mormorare, stanco e più demoralizzato che mai ora che non soltanto era lontanissimo dalla sua casa e non aveva la minima idea di come ritornarci ma era rimasto anche da solo.
La principessa Mirlo si sedette al suo fianco, e le sue dita sfiorano gentilmente le sue in un gesto di conforto: << Li ritroveremo, vedrai… Shade e Fine e il tuo amico Gon... sono sicura che sono in salvo... >>
Castel si ritrovò a scuotere energicamente il capo, affondando con rabbia una mano fra i capelli << No… non capisci... lui era qui... l’ho sentito… lui... prima mi ha portato via Allison e adesso è venuto per Gon... ed è tutta colpa mia… mia! Se solo... fossi stato più attento... se solo…>>
Lo sguardo di Mirlo si addolcì ancora, e strinse più forte la presa sulle sue dita << Castel io- ... >>
<< Principessa Mirlo! Allontanatevi subito da quel farabutto! La decisione è presa, verrà sbattuto nelle segrete fino a quando non confesserà dov’è che il suo amichetto ha portato la principessa Fine e perché!>> l’uomo si avvicinò per afferrarlo per il braccio e tirarlo su, ma la castana fu più svelta mettendosi in mezzo ai due.
<< Aspettate un secondo, comandante! Castel non c’entra nulla con tutto questo, era con me quando la principessa Fine è scomparsa!>>
<< Non lo avete capito? Il suo era solo un espediente! Vi ha portata in infermeria per distrarvi e per permettere al suo complice di rapire la principessa del Regno Solare! >>
<< Le cose non sono andate affatto in questo modo. Sono stata io ad insistere per portare qui Castel! Lui non voleva seguirmi e Gon... >>
<< Tutte scuse, principessa! La verità è che questi due ragazzacci vi hanno raggirata fin dall’inizio! >> a quell’accusa Castel vide Mirlo sbiancare e indietreggiare come se fosse stata colpita da una spada all’addome.
Per un istante si voltò nuovamente a fissarlo e c’era incertezza nei suoi occhi color lavanda, e quell’incertezza contribuì a devastarlo un pezzettino di più.
Nemmeno lei ormai riusciva più a fidarsi di lui.
Del resto, perché avrebbe dovuto?
Aveva fallito nel proteggere Allison, adesso aveva perso Gon...
Quella sciocca principessa avrebbe fatto benissimo a rassegnarsi e smetterla di fissarlo come se fosse chissà quale sottospecie di eroe, perché non lo era.
Non lo era affatto.
<< Ehi tu... >> nel suo mare di autocommiserazione sentì qualcuno tirargli delle ciocche di capelli: era lo strano folletto che seguiva ovunque la principessa da buffi codini color lampone.
Il folletto lo stava fissando a bocca aperta, lo sguardo rivolto verso il libro che teneva fra le braccia.
<< Dove... dove hai trovato quel libro? >> gli chiese.
A Castel servì qualche istante per ritrovare lucidità mentale prima di rispondergli << Ce l’aveva Shade... qualche ora fa, però, Gon l’aveva ritrovato sulla spiaggia.>>
<< Shade?! >> saltò su il folletto, gli occhi enormi che lo fissavano incredulo.
Castel si limitò ad annuire e allora Poomo aggiunse << Posso vederlo? >>
Non appena lo ebbe fra le piccole mani, il volto del folletto cominciò a dipingersi delle più diverse sfumature di rosso.
<< Per tutti i folletti! >> esclamò così forte da attirare l’attenzione di tutti su di sé.
<< Che ti prende, Poomo? >> gli domandò Mirlo, accostandosi a lui ed evitando di incrociare nuovamente lo sguardo del Lumos, ma il folletto di Fine evitò la sua domanda e con gli occhi che quasi gli uscivano fuori dalle orbite domandò nuovamente a Castel: << Sei sicuro, ma proprio sicurosicurosicuro, che fosse il principe Shade ad averlo? >>
Lo straniero annuì, mentre in mezzo al tumulto di rabbia e senso di colpa che lo stava affliggendo cercò di comprendere per quale motivo il folletto stesse facendo tutto quel baccano per quello stupido libro, mentre invece avrebbe dovuto preoccuparsi del fatto che un Tenebros era appena stato a palazzo e i suoi amici erano scomparsi!
<< E ti ricordi se Shade ha detto qualcosa a riguardo... dove l’ha trovato ad esempio…? >> continuò ancora Poomo, sempre più rosso in volto, e se avesse continuato a urlargli ancora in faccia a quel modo, si ritrovò a pensare Cast, probabilmente la sua testa gli sarebbe esplosa.
<< Ha detto di averlo trovato in una biblioteca, e che quel libro era magico… infatti è stato quel libro a portarci qui su Wonder... >> capì di aver detto la cosa sbagliata quando la faccia del folletto da rossa passò direttamente al viola.
<< Che significa... quel libro vi avrebbe portato su Wonder? >> si aggiunse allora la voce confusa e pacata di Mirlo, catturando l’attenzione anche della madre e del comandante Rod che fino a quel momento avevano preferito ignorare gli strepiti del folletto – forse perché c’erano abituati – per discutere sulla disposizione di nuove squadre di ricerca per catturare Gon e salvare la principessa Fine.
<< Si giusto… >> si intromise però a quel punto Rod con una risata sprezzante, la sua voce da orco tuonò per tutta la sala così forte che allo spirito spezzato di Castel sembrò rimbombargli fin dentro le ossa << adesso vuole farci credere che vengono da chissà quale pianeta... >>
<< Non da un altro pianeta... >> bisbigliò Poomo, in un tono così basso che solo Castel e la principessa Mirlo riuscirono a sentirlo.
<< Se non da un altro pianeta allora... >> sussurrò a sua volta Mirlo, continuando a lanciare occhiate confuse in direzione del suo ospite.
Gli occhi di Castel invece erano fermi sullo sguardo sempre più consapevole del piccolo folletto, che volteggiava in aria proprio di fronte al suo viso.
Dalla luce sconvolta che emanavano i suoi occhi violetti, capì la verità.
“Lui sa...” pensò, non preoccupato quanto avrebbe dovuto ma accettando la cosa con estrema e sconsolata rassegnazione.
“Ha capito chi sono.”
Nel momento stesso in cui abbassò gli occhi verso il basso, incapace di sostenere ancora lo sguardo sempre più consapevole del folletto, quest’ultimo ritornò ad osservare il libro dalla vecchia e usurata copertina che teneva ancora fra le mani.
Per un attimo, un ricordo confuso balenò nella mente di Poomo, quello di due bambine gemelle, principesse del regno solare.
Una aveva capelli rosa e occhi gentili, e aveva compiuto un sacrifico mortale per salvare il mondo.
L’altra invece... perché non riusciva a ricordarla? E perché quei ricordi sembravano essergli riaffiorati solo adesso, mentre stringeva fra le mani il Libro di Prominence che soltanto fino a qualche secondo fa aveva dato perduto per sempre?
Quando insieme a Boomo e a Fine avevano provato a evocarlo, lo scrigno che lo conteneva si era rivelato essere vuoto e per mesi Poomo si era chiesto come fosse possibile, chi avesse potuto prendere o addirittura rubare il Libro di Prominence se l’incantesimo di evocazione era uno dei più difficili che esistevano e, soprattutto, se era necessaria la presenza di una discendente della stessa Prominence per farlo?
E invece, per tutto quel tempo, era stato nelle mani di Shade, un figlio della Luna, un principe che sembrava anch’esso scomparso nel nulla fino a solo quella mattina quando era sbucato fuori accompagnato da quei due bizzarri stranieri dallo strano accento.
Qualcosa nei loro modi lo aveva da subito messo in guardia, anche se non aveva mai dubitato di loro, non dopo che avevano aiutato la principessa Fine a sconfiggere i mostri delle Grotte di Inumi.
Eppure, c’era qualcosa in loro, nel loro strambo modo di parlare che gli sembrava familiare, come il ricordo di un sogno che però sbiadisce non appena ti svegli.
Assorto nei suoi pensieri, Poomo iniziò a sfogliare velocemente una dopo l’altra tutte le pagine bianche del libro.
“Il gioco delle ombre” sentì sussurrare, avvertendo il cuore balzargli in gola.
Se non fosse stato totalmente assurdo, avrebbe giurato che fosse stato proprio il Libro a parlargli, usando una voce antica e potente, la stessa voce che alimentava i poteri che Poomo sentiva scorrergli nelle vene.
“I Folletti della Luce...” bisbigliò ancora la voce, ancora e ancora man mano che Poomo continuava a sfogliare le pagine, rimbalzandogli nelle orecchie come un eco lontana che continuava a ripetersi nella sua mente “I Folletti della Luce...I Folletti del Buio... e il gioco delle Ombre...”
Alla fine, il libro gli scivolò via dalle piccole mani aprendosi su una pagina vuota a caso quando sbattette a terra.
“Il gioco delle Ombre, Poomo. Te lo ricordi?”
Riconobbe la voce e, con sguardo incredulo e spaventato cercò quello dello straniero che sedeva stravolto a solo un passo da lui, intuendo, anche se non sapeva di preciso come, che anche lui avesse sentito l’eco di quel richiamo lontano.
“Nelle nostre vene scorre lo stesso tipo di magia...” capì in quel preciso momento “La magia della Luce”.
<< Dieci i regni in cui poter viaggiare...>> gli recitò in un bisbiglio e vide un muscolo della sua mascella serrata guizzare per la tensione, prima che il ragazzo si decidesse ad annuire in risposta, con fare quasi solenne.
Poomo sentì uno strano brivido percorrergli il corpo, qualcosa di freddo e oscuro penetrargli fin dentro le ossa.
Non era Castel, però, a dargli quella terribile sensazione, ma era ciò che lo sguardo del giovane straniero gli stava comunicando in quel momento, uno sguardo che parlava di sangue e di guerra e di orrori ben più grandi dei mostri che avevano fino ad ora affrontato.
A quel punto, non gli rimase altro che raccogliere da terra il leggendario Libro di Prominence, stringerselo contro più forte che potette, prima di rivolgersi alla Regina.
<< Maestà, >> iniziò, deglutendo un boccone più amaro del fiele che gli bruciò in gola come veleno << temo che sia arrivato il tempo di convocare un Alto Consiglio Straordinario di tutti i Regnanti>> sentenziò, quasi non riconoscendo la voce baritonale che venne fuori dalle sue labbra.
Aveva sbagliato tutto sin dall’inizio… ma certo… come aveva fatto a non capirlo subito?
Prima l’indebolimento della Benedizione del Sole, poi questo… aveva tutti gli indizi davanti agli occhi e, per paura o per stupidità, aveva deciso di ignorarli, e forse, adesso che sia Fine che Rein erano perdute, forse adesso era già troppo tardi, troppo tardi per tutti loro.
Dieci erano i Regni di Wonder... non sette... dieci Regni divisi dal gioco delle Ombre…”
 
 
 
 
N/A: Ta-daaam! Sono tornata! So che molti speravano di essersi liberati di me, ma così non è. Perciò fingiamo che sia passato pochissimo tempo dal mio ultimo aggiornamento e che ci sia ancora qualcuno in questo fandom che ancora si ricordi della mia storia.
Questo capitolo è stata scritto molto tempo fa, ma per una ragione e per un’altra non sono mai riuscita a terminarlo in maniera decente, e quindi a decidermi di pubblicarlo. L’altro giorno però, mi sono imbattuta in una serie tv le cui dinamiche fra i due protagonisti mi hanno ricordato Rein e Shade e i bei giorni andati in cui erano un’adolescente che fantasticava sulla Blue Moon... e quindi eccomi ancora qui!
Questo capitolo mi è servito principalmente come transito per far arrivare tutti i personaggi dove voglio io, ossia nel Valico Cime di Tempeste che altro non è che un punto infranto della barriera fra i due regni dove è possibile spostarsi da Tempo a Spazio.
Avevo scritto i dialoghi fra Rein e Shade molto tempo fa, cercando di far vedere come, in fondo, le loro dinamiche siano sempre le stesse, anche se Rein non è più la ragazza spensierata di un tempo e anche se Shade si è un po' stancato di giocare al gatto e al topo con lei.
La Rein di questo capitolo è una Rein molto provata e stanca per tutte le battaglie che ha combattuto (e ha pure ragione, povera ragazza!), ma è anche una Rein più oscura, una Rein che, forse per la prima volta nella sua vita, ha visto qualcuno in difficoltà e non è corsa ad aiutarlo. Perché? Che cosa le sta succedendo? Sono domande a cui anche lei stessa dovrà cercare di trovare una risposta...
Intanto, Gon è costretto a dare delle spiegazioni a Fine che finalmente viene anche lei a conoscenza della guerra fra Tenebros e Lumos e comprende che cosa siano i “mostri” che di recente hanno iniziato a mostrarsi su Wonder. Esplorare il rapporto fra due personaggi uguali e, al tempo stesso, diversi come Gon e Fine è la cosa che più mi ha divertita mentre scrivevo, tra l’altro *_*
Poi abbiamo anche il ritorno di Lady Dark che ha un piano malvagio in mente come al solito, senza però sapere che sulla sua strada sta per incontrare il nostro Terence, il quale non la ama particolarmente molto per svariate ragioni che si scopriranno in seguito.
Il paragrafo iniziale è un flashback che spiega come Gon sia venuto in possesso del suo prezioso pugnale dalla lama nera, quello che sembra aver condotto poi Shade alla spada ritrovata dentro il Labirinto di Nebbia. Mentre, nell’ultimo paragrafo, ci troviamo invece di nuovo su Wonder con un Castel che si ritrova completamente da solo, in mezzo a gente sconosciuta a dover reggere una situazione più che complicata, divorato da (ingiustificati) sensi di colpa, mentre Poomo avrà una rivelazione importante che finalmente farà scendere in campo anche tutto il versante Wonder e non solo.
Che dire? Un capitolo molto allegro insomma ^_^”
Spero comunque che vi sia piaciuto e che ci sia ancora qualcuno lì fuori che voglia condividere i suoi pareri su questa storia con me! 
Alla prossima,
BellaLuna

 
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Twin Princess / Vai alla pagina dell'autore: BellaLuna