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Autore: Rosmary    25/01/2020    16 recensioni
Hermione, uno stralcio di pergamena e una giornata interminabile.
“Non arrossire.”
“Ti sopravvaluti.”
“Credi?”
“Credo.”
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, Hermione Granger | Coppie: Fred Weasley/Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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I personaggi presenti in questa storia sono proprietà di J.K. Rowling;
la oneshot è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.



 

Stupido idiota

 

Non arrossire.”
Ti sopravvaluti.”
Credi?”
Credo.”

*

un lunedì del gennaio millenovecentonovantasei – mattina

Distrarsi durante una delle rare lezioni teoriche della professoressa Sinistra non era certo una grande idea, Hermione lo sapeva bene, ma in quel momento non avvertiva alcun interesse per le dimensioni delle lune di Giove.
Seduta a un banco della fila centrale, sfoggiava uno sguardo in apparenza concentrato sull’insegnante, il libro aperto da un lato, una pergamena immacolata dall’altro e una piuma gocciolante inchiostro stretta tra le dita. Nessuno sembrava essersi accorto dei pensieri intrappolati in altri spazi – non Harry e Ron, seduti poco distanti da lei e impegnati a bisbigliare tra loro, né Neville, che lì accanto appuntava ogni parola nel tentativo di non perdere passaggi.
Schiuse le labbra in un piccolo sospiro e incrociò i piedi all’altezza delle caviglie per impedire loro di picchiettare nervosi il pavimento.
Quanto mancava?
L’orologio segnava ancora le dieci e dieci, non erano trascorsi che due miseri minuti dall’ultima volta che lo aveva guardato. La lezione non sarebbe termina prima di seimilaseicento secondi, aveva iniziato a contarli nell’istante in cui aveva messo piede in aula, conscia che due ore potessero essere una vera e propria eternità.
Guardinga, tirò via dalla tasca della tunica il piccolo pezzo di pergamena stropicciata che le era planato dinanzi al naso mentre sorseggiava il succo di zucca mattutino. Lo rilesse e di nuovo la fronte si aggrottò contrariata e le labbra s’arricciarono di fastidio.
Stupido idiota.
Si chiese se fosse un po’ troppo sbagliato aguzzare il fine ingegno che le apparteneva ed escogitare un modo per sgattaiolare via dall’aula.
No.
Lo stupido idiota avrebbe aspettato, non meritava niente di più. E dopo aver aspettato le avrebbe anche fornito una spiegazione degna di essere chiamata tale, dopodiché lei lo avrebbe schiantato. Ecco, questo era un buon progetto.
Rinfrancata dalla ritrovata risolutezza, mise via il brandello di pergamena, scacciò lo stupido idiota da ogni anfratto della mente e si incitò a riacciuffare il filo della spiegazione.
“Giove, giusto?” sussurrò a Neville.
“Ehm, no,” sussurrò lui in risposta. “Siamo a Marte.”
Stupido idiota imprecò di nuovo Hermione dentro di sé, ma senza perdersi in ulteriori indugi s’affrettò a portare avanti le pagine del libro e ad appuntare qualsiasi cosa dicesse la professoressa.
Non gli avrebbe permesso di distrarla ancora, assolutamente no.

sempre quel lunedì del gennaio millenovecentonovantasei – pomeriggio

“Ragazzino, cosa stai facendo?”
“I-io n-niente.”
Hermione mise le mani sui fianchi e assottigliò gli occhi sospettosi, scrutando con estrema attenzione il dolcetto che il piccolo Grifondoro stringeva tra le dita.
“Di quale anno sei?”
“Secondo.”
“E, di grazia, perché non sei a lezione di Incantesimi?”
“I-io...”
“Che succede qui?”
“Oh, Ronald,” esclamò Hermione, regalandogli uno sguardo carico di disappunto. “Credevo ti fossi perso.”
Ron le rifilò un’occhiata di sbieco, ma si incoraggiò a non dirle nulla di aspro o avrebbero finito col litigare. Si limitò così a spostare lo sguardo sul dodicenne dalla fronte imperlata di sudore e le mani un po’ tremule, non dovette aguzzare la vista per capire il motivo di un’ansia così palese.
“Va bene, dai, dacci la merendina e fila in aula, per questa volta fa niente,” disse Ron. “Ma fa’ più attenzione in futuro.”
Hermione ebbe appena il tempo di sbarrare gli occhi oltraggiata, il ragazzino non attese che la lancetta dei secondi completasse il giro del quadrante prima di ubbidire a Ron e correre via.
“Sei un irresponsabile.”
“Non farla troppo lunga,” reagì subito lui. “Siamo sotto Serpeverde e Corvonero, se iniziamo a togliere punti anche per le merendine marinare a fine anno saremo ultimi, gli altri Prefetti non sono rigidi come te con i compagni di Casa.”
“Perché non hanno capito niente di questo ruolo,” ribatté sicura. “E neanche tu.”
“Già, dimenticavo che l’unica a capire sempre tutto sei tu.”
Il sarcasmo di Ron fu una sferzata di vento in pieno volto per Hermione, che scosse il capo e riprese il cammino a passo di marcia. L’amico le fu accanto in una manciata di istanti, era più alto e di conseguenza riusciva a mettere in fila passi più lunghi.
“Se proprio vuoi saperlo,” riprese lui, “neanche per me è uno spasso fare la ronda a quest’ora, questa novità è una gran rottura.”
“Pensi questo perché continui a non capire niente,” disse gelida. “Se la Umbridge propone una stupida squadra per rafforzare la disciplina, Silente o l’accontenta o rafforza le ronde dei Prefetti.”
“Beh, vuoi il mio parere? Potrebbe anche ignorarla e basta, il Preside è lui, non Faccia da Rospo.”
Hermione alzò gli occhi al cielo e scosse una seconda volta il capo.
“Se fosse così semplice, Hogwarts non sarebbe un incubo quest’anno.”
Fu il turno di Ron di roteare gli occhi, alle volte sopportava molto poco il piglio saccente di Hermione, soprattutto in giornate come quelle – storte – dove alzatasi con la luna storta credeva di essere in diritto di sfogare su chiunque il cattivo umore.
Fu costretto a sobbalzare quando gli strappò la merendina marinara dalle mani per farla prima levitare a mezz’aria e poi incenerirla in un’unica, pericolosa fiamma.
“Ma sei impazzita?”
“Non voglio più vedere quella robaccia,” sbraitò lei. “Dovrei scrivere a tua madre, i tuoi fratelli non possono riempire la scuola di queste diavolerie.”
Ron non ribatté, ma sbuffò in maniera piuttosto rumorosa, ficcò le mani in tasca e si incupì. A differenza di Hermione non aveva nessuna intenzione di inimicarsi Fred e George, inoltre le loro invenzioni gli piacevano, le trovava utili ed esilaranti, e proprio non riusciva a capire perché lei s’accanisse così tanto su dei dolcetti quasi innocui.
Hermione assecondò il silenzio altrui serrando a propria volta le labbra. Lo sguardo torvo, inasprito da un sopracciglio inarcato, scrutava ogni angolo dei corridoi e simulava una totale attenzione al compito svolto. In realtà, ancora una volta i pensieri della ragazza erano distratti: lo stupido idiota era ovunque.
Ovunque.
Strinse istintiva la stoffa che copriva la tasca dentro cui aveva riposto il pezzo di pergamena. Aveva pianificato di parlargli durante il pranzo, ma aveva scoperto che era finito in punizione su ordine della Umbridge. Aveva allora sperato di incontrarlo un istante prima dell’inizio della ronda, ma di lui non c’era traccia. Riconoscere tra le mani di quel ragazzino una delle sue stupide idiote invenzioni aveva scosso tutti i suoi nervi – perché c’era anche quando non c’era, e lei non lo sopportava.
Stupido idiota.

ancora quel lunedì del gennaio millenovecentonovantasei – sera

Harry le aveva detto che non cenare per portarsi avanti con lo studio era una pessima idea, ma Hermione s’era stretta nelle spalle ed era rimasta seduta sulla sua poltroncina preferita, quella nell’angolo più in disparte della Sala Comune, dove l’eco degli schiamazzi giungeva sempre ovattata.
Peccato che non stesse studiando.
Più che altro fissava i caratteri a stampa del libro, e intingeva la punta della piuma nella boccetta di inchiostro, e sistemava i rotoli di pergamene sul tavolino tondo che aveva accanto, e poi asciugava la punta troppo zuppa, e poi la intingeva di nuovo – e poi pensava.
Aveva appena riletto per l’ennesima volta quel pezzettino di pergamena, quando un ticchettare sulla fronte la costrinse a sollevare lo sguardo.
“Ciao.”
Ciao?”
“Ciao.”
Ciao?”
“Sì, ciao.”
“Sei uno stupido idiota, lo sai?”
Le labbra di Fred Weasley si incurvarono in un sorriso sghembo e i suoi occhi chiari brillarono di malizia. Hermione dissimulò l’imbarazzo con un patetico colpo di tosse, si raddrizzò sulla poltrona e gli restituì l’espressione più infastidita che riuscì a mimare.
“E tu una petulante rompi-boccini.”
“Non sono stata io a cercarti.”
“Ma mi hai pensato tutto il giorno.”
“No.”
“Sì.”
“Ho detto no.”
“E io invece dico sì.
“E ora cosa fai?”
“Mi avvicino.”
“Non ci provare neanche.”
Non arrossire.”
Hermione ingoiò a vuoto, le dita d’un tratto gelide strette attorno ai braccioli della poltrona. S’accorse di avere il respiro accelerato quando fu costretta a schiudere la bocca per ingurgitare aria.
Fred s’era calato alla sua altezza, aveva chiuso le mani attorno a quegli stessi braccioli, le sue braccia la ingabbiavano e la sua ombra la risucchiava.
Un predatore.
Malgrado l’imbarazzo e la tensione e l’inconcepibile adrenalina, Hermione si impose di non fuggire al suo sguardo, di non chinare la testa, di non mostrarsi succube di una vicinanza che le azzannava lo stomaco.
Ma i pensieri, quei traditori che le avevano disobbedito durante l’intera giornata, s’aggrapparono a un ricordo vecchio di una ventina di giorni – il Quartier Generale, tanfo di tensione, un venticinque dicembre sporco di paura, la trappola.
Scosse impercettibilmente il capo, come a cacciar via quelle immagini, sbatacchiò le palpebre, come a focalizzare ancora di più il viso a un palmo dal proprio, e inspirò.
Ti sopravvaluti.”
Fred ampliò il ghigno, Hermione riuscì a vedere le fossette ai lati della bocca acuirsi, e le ammiccò insolente.
Credi?
Credo.”
“E allora cos’è tutta questa tensione, Granger?”
Hermione le avvertì, le guance arrossarsi di imbarazzo, provò allora ad alzarsi, ma Fred glielo impedì lesto, premendo le mani sulle sue e stringendo le sue gambe tra le proprie.
“Hai letto la pergamena?”
“Sei uno stupido idiota.”
“L’hai letta,” dedusse tronfio. “Allora?”
“Allora niente.”
“Continui a mentire.”
“E quale sarebbe la verità?”
“Quella che ti ho scritto.”
“Io non muoio dalla voglia di baciarti, Fred,” proruppe Hermione, ripetendo a voce alta la banale, scarna frase che l’aveva tenuta in ostaggio per un’infinità di ore.

 

~

venticinque dicembre millenovecentonovantacinque – notte

“Hermione, questo è il mio regalo.”
Tu mi hai fatto un regalo?”
“Certo, sei praticamente di famiglia.”
“Oh, beh… Insomma… grazie?”
“Immagino sia corretto, sì. Quindi, prego?”
A Hermione sfuggì una risata e Fred s’accodò subito.
In quell’angolo di Grimmauld Place erano soli, l’unico rischio era quello di parlare a voce troppo alta o incappare in qualche rumore che avrebbe risvegliato l’insopportabile ritratto della madre di Sirius.
Quando Hermione scartò il pacchetto, con sorpresa scoprì un piccolo portagioie, lo aprì incuriosita e si ritrovò dinanzi la propria immagine riflessa in uno specchio tondo. D’istinto, sollevò lo sguardo guardingo sul viso di Fred, cogliendo subito un luccichio divertito a vivacizzare quegli occhi chiari. Avrebbe voluto renderlo partecipe dei propri pensieri, dirgli che trovava quel regalo a dir poco sospetto, ma sopra le loro teste sbucò qualcosa che la impietrì e ammutolì.
“Però, questo sì che è interessante.”
Hermione sgranò gli occhi e fissò attonita quello che, non c’erano dubbi, era vischio. Vischio verde, brillante e compromettente.
Si guardò attorno alla ricerca di George o di chiunque altro che avrebbe potuto essere complice in quello scherzo, ma non intravide nessuno, scrutò allora le mani di Fred, ma erano sprovviste di bacchetta.
“Cos’è questa roba?”
“Il tuo desiderio!”
“Cosa?”
“Il tuo desiderio,” ripeté con un sorrisetto sghembo. “Cara Prefetto del mio cuore, il mio magnifico regalo è l’ultimissima trovata del genio straordinario del sottoscritto: svelami!”
Cosa?” ripeté stridula Hermione.
Svelami, lo specchio che ti guarda dentro!” disse trionfante. “No, il motto va cambiato, questo fa schifo,” aggiunse pensoso. “Ti specchi e lui ti mostra cosa vuoi.”
“Questa è una sciocchezza, io non voglio il vischio.”
“Hermione, credo che il vischio sia il tramite.”
Lo sussurrò al suo orecchio, Hermione deglutì nervosa, chiedendosi quando s’era avvicinato così tanto e soprattutto perché i sensi non le avevano comunicato il pericolo. Confusa, capì che era la sensazione dettata dal suo respiro sulla pelle a farla rabbrividire. Quando Fred le afferrò il mento tra due dita e lo sollevò con sicurezza, si ritrovò a irrisorie manciate di centimetri dalle sue labbra e ancora una volta non capì cosa stesse accadendo.
“Lasciami.”
“È Natale, non mi sognerei mai di non esaudire un tuo desiderio!”
“Io non voglio baciarti.”
“Hai ragione, tu muori dalla voglia di baciarmi!”
“Questa è un’assurdità.”
“Dimostralo.”
“E come?”
“Non arrossire.”
“Ti sopravvaluti.”
“Credi?”
“Credo.”
“Miss Granger, lei è davvero una bugiarda!”
“E tu sei solo uno stupido idiota!”

~

 

“Perché non lo ammetti?”
“Perché non è vero.”
“Le nostre invenzioni sono infallibili.”
“Ma che t’importa?”
Fred non le rispose subito, si lasciò il tempo di far scorrere la mano destra lungo il suo braccio, arrivare alla spalla, sfiorarle il collo e poi la nuca, e affondare lì, tra i ribelli capelli castani, godendo di quegli occhioni quasi spauriti.
Non se l’era chiesto affatto, perché gli importasse. Erano state sufficienti la tensione e l’eccitazione di quel momento a convincerlo a volere di più, a volerla sul serio. Quando le aveva rifilato Svelami a tradimento per l’ultimo test s’era aspettato di veder apparire l’immagine fittizia dei docenti al completo impegnati ad applaudirla, ma non quello, non un qualcosa di così tangibile, giovane, desiderabile.
Lo aveva stupito, e ragionandoci un po’ era giunto alla conclusione che Hermione riusciva sempre a stupirlo, lo stupiva anche quando lo induceva sull’orlo del nervosismo, anche quando non la sopportava affatto, anche quando parlava così tanto che l’avrebbe baciata pur di zittirla.
“Quella volta sei arrossita.”
Hermione affondò gli incisivi nelle labbra, e ancora s’impose di non fuggirgli.
“Sei uno stupido idiota.”
“Ed è un problema?” ironizzò lui.
Hermione si concesse un sorriso esausto: Fred era impossibile, non riusciva a gestirlo, era una sfida continua.
“Alle ragazze intelligenti non può piacere uno stupido idiota.”
Fred inarcò le sopracciglia ed esibì un ennesimo ghigno.
“Mi sa che sei tu a sopravvalutarti, Prefetto,” insinuò. “Intelligente è veramente un parolone!”
Hermione avrebbe tanto voluto gonfiare le guance in un moto offeso, ma preferì afferrargli la cravatta della divisa e strattonarla per indurlo ad avvicinarsi ancora di più. Prima che potesse razionalizzare ciò che aveva appena fatto – darsi della matta, pentirsi –, la mano di Fred insinuatasi tra i capelli esercitò una piccola pressione e lei stessa si ritrovò ad andargli incontro, a cercare le sue labbra, a baciarlo come avrebbe voluto fare giorni addietro, quando lo aveva spinto via ed era fuggita impettita – e scombussolata.
Nell’istante in cui Fred le strinse il polso per invitarla ad alzarsi dalla poltrona, si ritrovarono in piedi in una Sala Comune vacante, il tepore del camino a cullarli, le dita di lei a stringere ciocche di capelli rossi, quelle di lui ad abbracciarla.
“Ora puoi arrossire,” mormorò Fred.
Hermione sorrise del tono giocoso del ragazzo, forse – rifletté svelta – ad attrarla era questa leggerezza, questo sorridere imperituro che lui riusciva a regalarle.
“Continui a sopravvalutarti.”
“E tu a mentire.”
“Sei veramente uno stupido idiota!”
Fred ghignò e decise che, di lì in avanti, non avrebbe più perso tempo a contraddirla, baciarla era decisamente il metodo più efficace per appianare qualsiasi contrasto.






 


NdA: quasi non ci credo, eppure sono tornata a scrivere della mia coppia preferita. Avrei sperato in qualcosa di più corposo, ma per ora mi accontento. Nonostante in questo periodo sia presa dal progetto sulla nuova generazione, Fred e Hermione restano casa. Spero che la storia sia piaciuta a chiunque l’abbia letta, grazie del vostro tempo!

   
 
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