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Autore: Lily Ayers    26/01/2020    0 recensioni
What-if Peggy Carter was Tony's Godmother?
Come avrebbe potuto essere il Marvel Cinematic Univers se Peggy Carter fosse stata madrina di Tony: dall'infanzia di Tony Stark fino a poco dopo gli eventi di Capitan America Civil War.
[Scritta prima di Avengers IW, quindi nessuno riferimento agli ultimi due film degli Avengers, volontario per lo meno...]
Protagonista: Tony Stark
Accenni Stony e Steggy
Movieverse, Canon Divengence, What-if
» Storia nata come one-shot e diventata più lunga del previsto; una short-story che in origine è nata come un mio flusso di pensieri su Peggy Carter, Tony Stark ed il loro rapporto negli anni.
Genere: Angst, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Jarvis, Morgan Stark, Peggy Carter, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Prologo -




Parigi quel giorno era piacevolmente soleggiata. Una perfetta giornata estiva di metà giugno. Non faceva molto caldo, nonostante il sole svettasse nel cielo limpido e senza nuvole, ma la maggior parte delle persone girava in t-shirt e pantaloncini. 
Tony era l'unico ad indossare un completo elegante grigio scuro e dei mocassini neri. Spiccava in mezzo alla folla come un canarino in uno stormo di corvi.

Camminava lentamente e con in mano un mazzo di tulipani bianchi abilmente avvolti in un velo di tulle turchino. 

Nel suo passo non v'era fretta. Prendeva tempo, forse, cercando di rilassarsi, svuotare la mente dal turbinio di pensieri ed angosce che la affollavano. 

Dopo essere passato dal fioraio aveva congedato il tassista con una generosa mancia di cento dollari. Non aveva con se la moneta locale ma all'uomo parve non dispiacere.

Aveva preferito fare due passi anziché andare in auto per schiarirsi le idee, con scarsi risultati.

Si fermò all'angolo del quartiere e si appoggiò al palo del semaforo pedonale per qualche istante ma restare fermo lo agitava ulteriormente. Per questo aveva preferito camminare piuttosto che stare seduto nel sedile posteriore di un malconcio taxi parigino.

Ricominciò a camminare senza più intenzioni di fermarsi perché temeva che, se lo avesse fatto un'altra volta, si sarebbe voltato e sarebbe tornato indietro.

Non capiva il motivo di quell'angoscia. Mica si stava recando all'altare. Allora perché si sentiva così?

Gli era capitato spesso, negli ultimi tempi, di chiudersi in se stesso, nei ricordi dei tempi felici, che ormai parevano distanti anni luce dal presente. Non si era mai definito un tipo nostalgico ma forse preferiva non darlo a vedere a vedere, convincere anche se stesso che fosse così. Era ancora attaccato al passato e non riusciva a lasciarselo alle spalle. Si era illuso che fosse così ma da un anno a quella parte si era accorto di non aver mai sanato davvero quella ferita, che tornata ogni tanto a sanguinare e cercava di tamponare, oppure semplicemente la ignorava sperando che scomparisse. Non si era mai però del tutto rimarginata ed era bastato un attimo a riaprirla del tutto. Fare finta di nulla ormai non sortiva più effetto, non poteva continuare ad ignorare ciò che era successo. Sentiva di avere un conto in sospeso che non lo avrebbe mai lasciato davvero libero di lasciarselo finalmente alla spalle e tornare a vivere se non lo avesse affrontato.

Era per quello che si era recato a Parigi - di punto in bianco, organizzando tutto e partendo senza prendere il disturbo di informare nessuno - ed ora esitava. Lui che ne aveva affrontati a centinaia di nemici, alieni, umanoidi, droidi, dei, terroristi, si trovava ora sulla soglia di un vecchio cancello di ferro battuto, esitante e nervoso all'idea di quello che stava per fare, che doveva fare. 

Se lo era promesso ma, soprattutto, lo aveva promesso a lei. Alla donna che aveva deluso talmente tante volte e che  sapeva doverle almeno quello. Lui che non era mai stato bravo a mantenere la parola data.

Si era da poco ripromesso di non fermarsi eppure era lì, immobile come una statua di gesso a fissare il selciato oltre il cancello aperto, l'edera sulla cancellata e sui tronchi degli alberi torti e il fogliame talmente fitto da rendere rari gli scorci di pieno sole nella penombra che avvolgeva la vegetazione.

Si diede uno schiaffo mentale per risvegliarsi e spronarsi a proseguire. Fece un passo, poi un altro, rendendosi conto che ogni metro, ogni centimetri, percorso gli dava un un minimo senso di leggerezza che andava lentamente aumentando sebbene il nervosismo persistesse.

Che fosse un segnale, quello? Che una volta affrontato quell'ultimo passo decisivo tutta l'angoscia lo avrebbe abbandonato, che sarebbe riuscito a vivere non più all'ombra del passato, a non svegliarsi più la notte dai sogni sempre più insistenti che nell'ultimo mese erano tornati a fargli visita, come dei vecchi amici indesiderati che Tony conosceva fin troppo bene? 

Non incubi, solo sogni, scorci di ricordi intrecciati tra loro in una matassa che sembravano portarlo ad un unico momento.
Adesso.

Un unico luogo.
Quello.

Così si disse, proseguendo nel vecchio cimitero e non accorgendosi, troppo preso da mille altri pensieri, di essere osservato in lontananza e, dopo un attimo di esitazione, seguito.

   
 
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