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Autore: Mahlerlucia    27/01/2020    3 recensioni
Non innamorarti di persone come me.
Ti porterò ai musei, parchi e monumenti
e ti bacerò in ogni posto bellissimo,
in modo che quando poi bacerai qualcun altro
il gusto di quei baci sarà quello di una ferita.
Io ti distruggerò nel modo più bello possibile.
E quando ti lascerò potrai finalmente capire
perché le tempeste portano il nome delle persone.
(Caitlyn Siehl)
[BokuAka || Spoiler!]
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Anime: Haikyuu!!
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life
Rating: arancione
Personaggi: Koutarou Bokuto, Keiji Akaashi
Pairing: BokuAka
Tipo di coppia: Yaoi
Avvertimenti: Spoiler!


 
 

 Il protagonista del mio mondo



 
Il turno del giovedì in laboratorio si era rivelato un trabocchetto al quale oramai ti eri involontariamente arreso. I colleghi veterani riuscivano ogni volta ad accampare una scusa per terminare le loro prestazioni lavorative prima dell’orario previsto, ben consci del fatto di potersi appellare alle tue maggiori libertà in termini di responsabilità affettive e familiari. Quella sera, in particolare, l’aggiornamento mensile del database ti aveva trattenuto in quella stanza umida ed immersa nella semi-oscurità fino ad un orario improbabile. Se non avessi terminato quel compito – che ti era stato affidato quella stessa mattina – non saresti riuscito a pensare ad altro sino al giorno seguente.
Il telefono era rimasto nella tasca laterale del tuo montgomery, impossibilitato a disturbarti in un frangente in cui era richiesta la massima concentrazione. Un solo errore nella raccolta bibliografica e i futuri test che avevi progettato assieme a tutti gli altri responsabili del settore si sarebbero potuti rivelare un autentico disastro; oltre che una perdita di tempo e denaro incommensurabile. Di tanto in tanto si udiva un trillo, una notifica o, peggio ancora, l’intero Notturno opus 9.2 di Chopin che avevi scelto come suoneria personalizzata tempo addietro.
Avresti potuto giurare che almeno il novanta percento di quei tentativi di comunicazione dovevano essere stati generati da una sola persona: Bokuto-san!

Le scale esterne alla palazzina all’interno della quale avevate preso casa sembravano non finire mai, specie dopo una giornata di non indifferente stress accademico e lavorativo. Ti eri soffermato a pensare a come avrebbe potuto reagire Koutarou di fronte al tuo prolungato silenzio come unica reazione ai suoi innumerevoli messaggi e alle conseguenti chiamate. Si sarà certamente preoccupato oltre il necessario, come suo solito. Già era stato un miracolo che non si fosse presentato nell’atrio dell’ateneo con qualche stramberia a portata di mano da doverti consegnare con estrema urgenza.
L’eccessiva tranquillità che ti accolse una volta varcata la soglia dell’appartamento divenne immediatamente un perfetto campanello d’allarme che non lasciava più alcun dubbio sullo stato d’animo in cui versava il tuo compagno.

“Koutarou, sono a casa! Cosa ti preparo per cena?”

Nessuna risposta, nemmeno una flebile lamentela proveniente dalla zona notte; con ogni probabilità, doveva essere ancor più imbronciato del previsto.
Ed infatti, se ne stava rannicchiato in un angolo di quell’enorme letto matrimoniale che lui stesso aveva deciso di acquistare qualche mese prima. Il viso rivolto alla parete, il respiro troppo ‘leggero’ per poter dire con certezza che stesse dormendo.
Un’inevitabile stretta al cuore ti sorprese al solo pensiero di essere stato proprio tu l’artefice di quel suo malessere umorale, per quanto potesse considerarsi passeggero allo stesso modo di una nuvola candida emersa in una giornata splendidamente soleggiata.
Cercando di non insistere più del necessario, ti eri avvicinato a lui poggiandogli una mano sul braccio; in tutta risposta Koutarou aveva dato un’improvvisa scrollata con l’intento di scacciare quell’invasione non richiesta. Aveva poi mugugnato qualcosa che poteva quasi rassomigliare ad un ‘lasciami stare’, ma non avresti potuto metterci la mano sul fuoco. E in un certo qual modo, forse sarebbe stato meglio continuare a crogiolarsi nella più becera ignoranza piuttosto che soffrire delle proprie responsabilità palesemente trascurate.
Nonostante tutto, avevi deciso di rimanere seduto alle sue spalle in attesa di una sua reazione, anche la più improbabile. In fondo, stava solamente tentando di punirti per le tue piccole e grandi negligenze mentre tu, dal canto tuo, non potevi di certo non ammettere che non avesse tutte le ragioni del mondo per comportarsi in quella maniera.

“Mi dispiace. Avevo del lavoro da sbrigare in laboratorio e non-”

“... non potevo permettermi distrazioni. Dici sempre così, Keiji. E non è giusto!”

Il suono rotto della tua voce aveva ulteriormente confermato il suo malessere del momento. Un animo offeso dalle tue assenze e dalle continue scuse che gli sciorinavi per giustificarle. Quasi come se quello stupido database fosse stato più importante di lui e della vostra vita insieme; quasi come se il tempo dedicato al proseguimento dei tuoi studi e al tuo lavoro fosse molto più prezioso di quello speso in sua compagnia.

“Mi dispiace. Dico solo la verità.”

“Il mercoledì è l’unico giorno in cui posso passare più tempo a casa con te, lo sai!”

“Koutarou, oggi è giovedì. È sempre stato giovedì il giorno della settimana in cui, per grazia degli dèi, ti concedono il pomeriggio libero dagli allenamenti.”

L’asso dei Black Jackals si sollevò dal materasso e finalmente si voltò. Il suo viso corrucciato era tutto ciò che avresti voluto vedere in quegli istanti di esagitata apprensione. Non fu difficile intuire che la situazione poteva essere serenamente tenuta sotto controllo, nonostante i tuoi molteplici errori nei suoi riguardi.
Il bacio schioccato sulla tua guancia paonazza fece poi il resto.

“Esatto! E guarda un po’, proprio il giorno in cui io sono disponibile al centoventi percento tu decidi di startene chiuso in quel postaccio noioso a scrivere cose incomprensibili davanti ad un vecchio computer.”

Il centoventi percento.
I ricordi che si stavano impossessando con rapidità delle tue facoltà mentali, pur non avendo alcuna autorizzazione per poter procedere in questo senso. L’ennesimo colpo all’anima arrivato direttamente dal tuo passato più roseo. E comunque sì, c’era proprio da dire che catalogare per filo e per segno tutte le differenti componenti chimiche dei farmaci che sperimentavate in laboratorio non rappresentava di certo uno dei massimi piaceri della vita neanche per te. Questa considerazione di Bokuto non poteva essere obiettata in alcun modo, a discapito della tua tendenza ad essere perennemente ligio al dovere.
Nessun esame passato col massimo dei voti avrebbe mai potuto regalarti la gioia di un singolo minuto trascorso assieme al tuo ex senpai e capitano. Ne eri perfettamente concio.

“Hai ragione. Ti chiedo ancora una volta scusa.”

“E se un giorno dovesse succedere qualcosa in quel luogo buio e triste?”

“Ad esempio?”

“Non lo so, lavorate con tutte quelle robacce chimiche... potrebbe anche scoppiare un incendio o cose di questo tipo. Io mi preoccupo sai!”

Non eri riuscito a trattenere una sonora risata liberatoria. Da una parte faticavi a credere a ciò che avevi appena sentito, dall’altra – e ancora una volta – non potevi non ammettere che Bokuto avesse detto qualcosa di estremamente sensato, per quanto avesse utilizzato i suoi abituali toni catastrofisti. In fondo, stava solo cercando di tirare quanta più acqua possibile al suo mulino allo scopo di farti intuire quanto la necessità di averti al suo fianco fosse immensa ed indispensabile. Estremizzando come suo solito, stava solo tentando di salvarti da te stesso e da tutto quello che le tue iridi color smeraldo non erano ancora capaci di mirare in autonomia. Tanto che nell’ultimo periodo persino l’oculista ti aveva chiesto di correre ai ripari consigliandoti un paio di lenti da riposo.
Le sue mani calde afferrarono i tuoi polsi bianchi e sottili, sino al momento in cui non ti eri ritrovato supino sul materasso con gran parte del suo peso addosso. I suoi enormi occhi chiari puntavano con decisione ai tuoi, mentre il suo viso mostrava un’espressione seria quanto incantata. Sareste potuti rimanere in quell’assurda posizione per ore intere, se non fosse stato per il crescente desiderio di possederti che si poteva facilmente intuire da quello sguardo impaziente. Le sue labbra non resistettero un solo secondo in più, posandosi sulla tua bocca come a voler dare finalmente il ‘la’ a quella sinfonia d’amore che avrebbe finito per unire i vostri corpi dopo diversi – troppi! – giorni di reciproca astinenza.

“Bokuto-san, dovremo prima cenare, non pensi?”

“Keiji, ora mi hai fatto proprio venire un altro tipo di fame. Lo sai?”

“Dovrei almeno farmi una doccia...”

“Stai benissimo così. Odori di Akaashi numero cinque... che è sempre stato il mio profumo preferito!”

“Sei un idiota!”

“Sì. Ma pur sempre il tuo idiota preferito!”

Non c’è mai stato nulla da fare. Le sue parole, le sue battute degne di un qualunque studente all’ultimo anno della scuola elementare, le sue facce buffe e i suoi versi fuori da qualunque schema riuscivano a strapparti un sorriso anche al termine delle giornate più grigie. Bastava una piccola rivolta delle sue per ridare luce alla tua mente offuscata dagli impegni, dalle scadenze da rispettare e dalla tua insana necessità di mostrarti costantemente preciso e puntuale. Koutarou aveva da sempre rappresentato quella parvenza di normalità e semplicità di cui la tua vita necessitava come non mai; la capacità di non prendersi mai troppo sul serio e di saper vedere le cose anche per come apparivano, senza impegolarsi ogni volta dentro ad inutili analisi dettagliate o vagliando tutte le soluzioni possibili ogniqualvolta si fosse presentato un problema, di qualunque genere. Anche dei più infimi.

“Baciami!”

Ehi, ehi, ehi! Queste solo le richieste che mi piacciono!”

Si premurò di toglierti con delicatezza quelle lenti che da qualche tempo ti donavano un’aria ancora più ‘seria e professionale’, come lui stesso aveva sottolineato nei vostri momenti di quotidianità.
Questa volta le vostre labbra si unirono in maniera più lenta e loquace, lasciando spazio ai primi gemiti dovuti alle sue dita capaci di scivolare sul tuo petto e lungo i tuoi fianchi, dando il via alla loro personale lotta contro i bottoni e le asole della tua camicia ancora perfettamente linda. Le tue mani non poterono far altro che seguire lo stesso esempio, muovendosi tra le pieghe del morbido cotone della sua t-shirt scura. L’istinto ti guidò tra le sue gambe, sino a lambire la durezza della sua virilità pulsante. Il grugnito carico d’eccitazione col quale rispose a quella carezza azzardata era tutto ciò che ti serviva per comprendere quanto avesse apprezzato quella tua decisa presa di posizione.
Non avevi mai concesso a nessun altro il permesso di sfiorarti nelle parti più recondite del tue essere, le stesse che un tempo ti spaventavano e ti portavano a vergognarti delle tue stesse – naturali – reazioni fisiologiche.

“Bokuto-san...”

“Mi piace quando mi chiami come ai vecchi tempi!”

Avevi iniziato ad accarezzare i suoi folti capelli liberi dal solito impiastro di gel che donava loro quella forma selvaggia, ma della quale ti eri perdutamente invaghito. Saresti potuto rimanere in contemplazione di quel viso rilassato sino all’alba del giorno seguente, incurante di avere una casa e una vita frenetica da gestire, oltre a doverti occupare di tutte quei compiti che, puntualmente, Koutarou si dimenticava di portare a termine. In momenti come questi contavate solamente voi due. Il resto del mondo poteva anche mettersi in lista d’attesa e pazientare quanto bastava.
La sua mano irrequieta accarezzò interamente il tuo addome, fino a giungere alla parte superiore della zip dei tuoi pantaloni eleganti. Due dita s’intrufolarono sotto la biancheria per addentrarsi tra i tuoi peli pubici. Il solletico provocato dal quel tocco liberò per qualche istante le tue inibizioni, permettendo all’ex capitano della Fukurōdani di sfilarti rapidamente i calzoni e i boxer attillati. Non eri riuscito ad evitare un moto d’imbarazzo dovuto all’esserti ritrovato quasi totalmente nudo ed impotente di fronte al suo sguardo famelico.
La sua testa spettinata si fece largo tra le tue cosce, mentre la sua lingua cominciava a muoversi lungo la tua intimità. I primi spasmi di piacere indussero la tua schiena ad inarcarsi in cerca di un appiglio a cui potersi reggere in quel giro di boa desiderato ed improvvisato allo stesso tempo. Sentire le sue labbra avvolgere in toto il tuo sesso eretto ti sorprese come un tuono improvviso in piena estate.
Le tue dita affondarono tra le sue ciocche argentee, strattonandole appena. Non ti era però ben chiaro se avessi maggiore necessità di trovare un’ancora per non perdere contatto con la realtà o, più semplicemente, se volessi giusto lasciargli intendere di poter proseguire liberamente e con ardore ancora più radicato. Con ogni probabilità, la seconda opzione doveva essere in netto vantaggio sulla prima, almeno nella tua testa annebbiata dalle sue volontà.

“Koutarou... Koutarou... sì... continua...”

“Tranquillo, non ho nessuna intenzione di smettere!”

Bokuto pronunciò quelle parole con voce impastata, passandosi più volte la lingua sulle labbra già umide della tua essenza. Un’immagine delle più provocanti tra quelle che ti aveva proposto all’interno del suo vasto repertorio erotico. Istintivamente ti eri portato una braccio a coprire gli occhi, come a voler godere in maniera ancor più viscerale ed intensa di quei momenti di pura libido pulsionale. Una fellatio che ti stava letteralmente trascinando in un’altra dimensione... una galassia solamente vostra!
Pochi attimi prima di giungere all’apice della gioia lo avevi invitato ad allontanarsi per far sì che non si sporcasse, anche se sapevi bene che a lui di questo non importava affatto. Più volte in passato non si era fatto alcun problema ad ingoiare il tuo seme e a fartelo addirittura notare con un discreto orgoglio.

“L’hai fatto di nuovo!”

“E lo farò ancora tante altre volte! Mi piace mangiarti!”

“Koutarou!”

“Ok, ok! Ora però mi è venuta davvero fame!”

Lo disse sollevandoti per i fianchi e portandoti a lui. Ti strinse con forza e accortezza allo stesso tempo, poggiando il mento alla tua spalla. Senza porti inutili domande sulle sue intenzioni, ti eri limitato a seguire il suo esempio, buttandogli le braccia al collo e stringendo le gambe intorno al suo bacino. Fare l’amore per voi poteva significare anche restare fermi l’uno tra le braccia dell’altro ad accarezzarvi e a contare i battiti dei vostri cuori in tumulto. Il movimento energico della sua mano dietro alla tua schiena era ancor più confortante di un qualunque orgasmo fisiologico fine a sé stesso, così come la canzoncina che ti stava canticchiando nell’orecchio, per quanto fosse stonato.

“Mi dispiace.”

“Eh? Cosa dici?”

“Mi dispiace di averti fatto rimanere male prima.”

Bokuto sollevò il capo e prese il tuo viso tra le mani. Erano calde ed accoglienti, tanto da essere persino più morbide del tuo stesso guanciale.
Se in quel momento qualcuno si fosse soffermato a chiederti la motivazione dei tuoi occhi lucidi, probabilmente non saresti stato in grado di fornire una risposta. Sapevi solo che Koutarou era l’unica persona al mondo capace di portarti da uno stato emotivo all’altro anche solo con la forza di un piccolo gesto o di uno sguardo carico di luce e comprensione, ovvero tutti quei pochi concetti di cui necessitavi per dare un senso alla tua vita.
Le lacrime cominciarono a palesarsi lungo le tue guance arrossate, sino a sgattaiolare tra le sue dita ruvide e imperturbabili. La tua bocca iniziò a tremare come accadeva tutte le volte che l’emotività prendeva il sopravvento sulla tua fragile volontà. Il calore delle sue labbra posate sulla tua fronte riuscì ad acquietarti quanto bastava per consentire a quel pianto silenzioso di darti la meritata tregua.

“Non importa. So che sei oberato di studio e lavoro in questo periodo. A proposito... si dice oberato, giusto?”

Il tempo necessario per sollevare il viso su di lui e di soffiarti il naso. La sua mano scivolò ancora una volta sotto la camicia aperta per attirarti a lui; la sua bocca sulla tua a suggellare la vostra unione e la vostra empatia avviata già in tempi non ancora sospetti. La tua mano tra i suoi capelli come a non volerti mai più separare da lui e da tutto quello che era stato in grado di donarti in quegli anni di vicinanza e reciproco sostegno. Un rapporto fondamentale per entrambi e capace di superare momenti di lontananza forzata e piccoli disguidi di poco conto. Sì, perché tutto quello che importava davvero eravate voi due e i vostri sentimenti, voi due e la forza che riuscivate a trasmettervi anche solo con una parola significativa o un’occhiata d’intesa. Voi due e nient’altro.

“Sì, si dice così.”

Un bacio sfiorò appena la punta del tuo naso, per poi scendere di nuovo sulle tue labbra umide. Le vostre lingue s’incontrarono usando toni più languidi e pacati, decidendo di varcare i confini delle vostre bocche. Di tanto in tanto la sensazione vischiosa che ne era derivata ti provocava un sorriso capace di diventare una breve risata a seconda delle smielate carinerie che l’asso dei Black Jackals era in grado di raccontarti con un insolito filo di voce.

“Dovrai usare tante parole difficili, così potrò impararle tutte.”

“Di cosa stai parlando, Koutarou?”

I suoi occhi si spalancarono lasciando spazio libero alle sue iridi color del sole. Un enorme sorriso si allargò nella parte inferiore del suo viso poco prima che le sue dita si posassero con una certa agitazione sulle tue spalle inermi.
Sembrava sul punto di volerti sbranare da un momento all’altro, considerando anche lo stato del suo stomaco. Dal canto tuo ti saresti anche lasciato divorare, se questo fosse bastato a renderlo felice e a lasciargli per sempre una buona immagine di te e di quello che eravate stati insieme.

“Ma come sarebbe a dire ‘di cosa sto parlando’? Ma del libro che vorresti scrivere! Il primo di tanti che avranno sicuramente un successo pazzesco in tutto il mondo. Pensa, ci saranno persone che lo leggeranno in inglese, in francese, in spagnolo, in austro-ungarico...”

Una lieve risata si liberò tra le tue labbra. Non era tua intenzione offenderlo di fronte a tutto l’entusiasmo che stava mostrando per quel progetto a cui miravi da tempo e rispetto al quale, purtroppo, eri stato più volte costretto a procrastinare. Studio e lavoro di certo non avrebbero mai perdonato il tempo che sottraevi loro.
Il tuo senpai ti fissava con aria perplessa e quasi affranta. Non riusciva a capire se i suoi incoraggiamenti non erano stati graditi o se avesse detto qualche castroneria. Ad ogni modo, avrebbe sicuramente voluto rimediare ai suoi errori, se qualcuno – a caso! – li avesse fatti presenti.

“Ehm, Bokuto-san... non esiste la lingua austro-ungarica. In Austria parlano il tedesco, in Ungheria l’ungherese.”

“Wow! Keiji, come sei saggio! Dovrai scrivere anche questa cosa nel tuo libro altrimenti chi non andava tanto bene a scuola come il sottoscritto continuerà a pensare che esistono lingue che... beh, che in realtà non esistono. Io lo leggerò tutto e diventerò sicuramente più intelligente!”

“Koutarou, tu sei già molto intelligente.”

“Sì, ma non come te! Per questo il mondo ha bisogno delle tue opere.”

Una parvenza di rossore ricoprì le tue guance, tanto che non avevi potuto evitare di ringraziare la scarsa luminosità presente nella vostra stanza in quel preciso frangente. L’idea che lui desse tutta questa importanza al tuo progetto ti lusingava e ti spaventava allo stesso tempo. Se anche il tuo compagno aveva cotante aspettative su quella trama che ti frullava per la testa da oramai troppo tempo, l’impresa si sarebbe prospettata ancor più ardua del previsto. D’altronde, Koutarou non poteva di certo immaginare che il tuo lavoro letterario non avrebbe preso in considerazioni argomenti di cultura generale, se non lo stretto necessario per donare lo spessore dovuto e la giusta contestualizzazione a quello che sarebbe poi stato il tema di fondo della stesura.

“Il mondo ha anche bisogno di vederti in forma mentre dai il tuo centoventi percento in campo. Per cui ora andremo a cenare.”

“Akaaaashi! Stai cambiando discorso! Lo fai sempre quando parliamo del tuo libro!”

“Non esiste ancora un mio libro. Quando comincerò a scriverlo, sarai sicuramente il primo a saperlo! Il tempo di rivestirmi e inizio a preparare la cena, promesso.”

Ed intanto le parole che avrebbero composto la prefazione si palesarono tra i tuoi pensieri, pronte per essere digitate quella stessa notte su di un file che avresti denominato ‘Onigiri’, giusto per restare in tema e per evitare di destare inutili sospetti.
Per Koutarou, per voi.


 
 
E scoprirai che tra queste pagine ci sarai tu e ci sarò io.
Perché noi siamo e saremo sempre i protagonisti del mondo.
Ciascuno a modo suo, ognuno per la sua strada,
ma sempre uniti da un abbraccio indissolubile.
Se gli dèi ce lo consentiranno.
Se tu lo vorrai.
Concedimi di amarti per sempre.












 

Angolo dell'Autrice


Ringrazio in anticipo tutti coloro che avranno voglia di leggere e recensire questa mia piccola one-shot! :)

Il tanto atteso aggiornamento del manga è arrivato (mi riferisco al capitolo 381)! **
Non ho potuto non approfittare di questo spoiler e delle novità che Furudate ha proposto per il mio pairing preferito. Ammetto che inizialmente avevo pensato di scrivere una shot più ‘rossa’ basandomi su un prompt del p0rn Fest. Ma è stato proprio quest’ultimo aggiornamento a farmi virare verso un fronte più ‘soft’ ed ‘intimistico’, lasciando il momento intimo appositamente in sospeso per dare spazio ai sentimenti e ai consueti battibecchi che intercorrono tra questi due simpatici ‘gufetti’.
Nella mia piccola trama Akaashi è uno studente di farmacia che sogna di scrivere un libro autobiografico; mi sono discostata leggermente dal canon almeno per quanto riguarda la carriera lavorativa del setter della Fukurōdani. Per quanto Furudate abbia optato per un ambito più umanistico, io ho voluto dare spazio anche alla profonda capacità analitica di Akaashi, immaginandolo studente di una facoltà scientifica, ‘sperimentale’ e pericolosa, come riporta lo stesso Bokuto. E quest’ultimo, si sa, è diventato il trascinatore dei Black Jackals e non poteva essere altrimenti anche qui.
Spero che questo piccolo intruglio di canon e ‘future verse’ rivisitato possa essere di vostro gradimento. ;)

Il testo è scritto in seconda persona (dal pov di Akaashi) e al tempo passato. Non fa parte di nessuna serie o raccolta precedente.

Grazie ancora a chiunque passerà di qua. **

A presto,

Mahlerlucia

 
   
 
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