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Autore: Redferne    28/01/2020    7 recensioni
Tra Nick e Judy sta accadendo qualcosa di totalmente nuovo ed inaspettato.
E mentre Nick cerca di comprendere i suoi veri sentimenti nei confronti della sua collega ed amica, fa una promessa a lei e a sé stesso: proteggerla, a qualunque costo.
Ma fare il poliziotto a Zootropolis sta diventando sempre piu' pericoloso...
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Capitan Bogo, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 68

 

 

 

 

CRISI (QUINTA PARTE)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per un attimo, un solo attimo, rimasero completamente fermi e rigidi, in posa plastica.

Due istanti viventi ma che in quel momento, agli occhi di un estraneo o di un viandante di passaggio che potesse essere capitato di lì per puro caso, tanto viventi avrebbero potuto non apparire più.

Nemmeno respiravano, infatti. Nemmeno gli si stava muovendo il torace, a nessuno dei due, con quel tipico e ritmico alzarsi ed abbassarsi del diaframma che consente gli scambi respiratori e di naturale conseguenza pure quelli sanguigni.

Ma tali avrebbero potuto apparire anche agli occhi di chi era del paese, o che semplicemente li conosceva anche senza appartenervi.

Perché il modo in cui stavano disposti era talmente innaturale, talmente fuori contesto da tutto quanto li circondava da risultare indecifrabile, per chi non capisse o non sapesse cosa vi stava dietro. Per chi non capisse cosa li aveva spinti, costretti ad assumere quelle posizioni così rigide.

Narrano le leggende che in un paese lontanto, lontanissimo...in un'isola di origine vulcanica e totalmente avvolta ed isolata dal resto degli altri continenti dalle tumultuose acque dell'oceano, e pertanto rimasta indietro di decenni, il sovrano che governava con zampa e legge di ferro quei luoghi tanto aspri ed ameni ordinò nel corso di un infausto giorno una cosa assolutamente FOLLE.

Un TORNEO. Tra i migliori spadaccini di tutto quanto il paese.

Gli inviti furono promulgati all'istante, per ordine dello stesso imperatore. Così come fu lui stesso a decidere gli abbinamenti.

Si trattava infatti di far duellare maestri che avevano in comune tra loro una cosa soltanto, oltre che alle proprie abilità e all'innato talento.

E cioé che i vari antagonisti avevano tutti tra loro delle questioni personali in sospeso.

Uccisioni, rancori, vendette, tradimenti, gelosie, invidie.

Ragioni sentimentali o di puro e semplice onore. Che semplice...NON LO E' MAI, specie se si tratta di GUERRIERI.

Ognuno di quei combattenti aveva un motivo più che valido per uccidere senza alcuna pietà il proprio diretto antagonista.

Più che un torneo tra maestri...ciò che si profilava all'orizzonte era una STRAGE.

Un regolamento di conti tra ASSASSINI.

Ma il sovrano LO SAPEVA. Ne era BEN CONSCIO, di tutto ciò.

Voleva che si battessero fino ALLA MORTE, senza risparmiarsi. Per il suo unico PIACERE e DILETTO.

E niente può dar più carica dell'avere di fronte LA CAUSA DI TUTTE LE PROPRIE PENE ED ANSIE. Unita alla possibilità pressoché unica di RIMUOVERLA DEL TUTTO.

PER SEMPRE.

Tolto il problema, il dolore e la sofferenza SCOMPAIONO COMPLETAMENTE.

Anche se si tratta di MACCHIARSI DI ROSSO. E di gettare il proprio animo nobile nella PALTA PIU' PUTRIDA.

In fin dei conti...é il sovrano, IL TUO SOVRANO STESSO, a concedertelo.

Ne hai il permesso. Di RIPARARE UN TORTO. SPARGENDO SULLA TERRA LA LINFA, L'ESSENZA VITALE STESSA DI COLUI CHE LO HA PROVOCATO.

La tentazione fu pressoché IRRESISTIBILE, per tutti quanti i convocati. Anche se, dall'alto della loro sapienza acquisita con la pratica quotidiana nell'arte della spada, si rendevano conto dell'assurdità di una simile richiesta.

Non che potessero opporsi, comunque.

Era un editto governativo, per chi rifiutava una convocazione formale ed ufficiale non vi erano altre possibilità oltre all'accettare.

Chiunque era contrario avrebbe pagato la sua opposizione a caro, carissimo prezzo.

La pena per chi non avrebbe obbedito e non sarebbe comparso ad udienza era LA VITA.

Quei maestri accettarono di buon grado, anche se a malincuore.

Perché non vi é umiliazione più grande, per un combattente, del fatto di non poter essere lui a decidere quando poter MORIRE.

Avevano tutte le sacrosante ragioni per affrontarsi ed ammazzarsi a vicenda. Ma volevano...avrebbero voluto tanto, DOVUTO essere LORO, a decidere QUANDO farlo.

Ma in quel paese vi era una regola, una credenza. Una tradizione indefessa.

E cioé che il sovrano lo designano gli DEI.

Lo sceglie IL CIELO.

Il sovrano DA', il sovrano TOGLIE. E quel che dice e decide lui...E' LEGGE. Punto.

Anche se può essere TERRIBILE. Anche se può essere CRUDELE. Anche se può arrivare ad essere addirittura MOSTRUOSO.

Gli spadaccini risposero tutti quanti all'appello, senza fiatare o esitare. Ma così non fu per gli altri nobili che componevano la classe aristocratica.

Non appena iniziarono a circolare le voci...non appena si seppe cosa aveva intenzione di fare il sovrano molti, moltissimi di loro si ribellarono.

La cosa avvenne persino tra i suoi più stretti collaboratori. Persino tra coloro che componevano la sua corte più fidata.

Ma il peggio arrivò quando il sovrano, dall'alto della sua posizione e della sua arroganza senza limiti e freni, sul più bello ne pensò un'altra.

Poco prima dell'inizio della competizione se ne uscì con un'ennesima, ignobile nequizia. Che risultò proprio degna di lui, a conti fatti.

Dopotutto, vista l'assurda richiesta che aveva già fatto ed aveva pienamente ottenuto...perché non tirare ancora più diritto e proseguire lungo quella strada, anche solo per il gusto di vedere fin dove si poteva arrivare? Così, giusto per constatare fino a quali limiti si poteva spingere?

Ma, come ben presto si sarebbero potuti accorgere tutti i suoi sudditi, e purtroppo a loro spese...

Il loro sovrano NON AVEVA DEI LIMITI.

Una volta che si oltrepassano certe barriere, certi confini, e ci si addentra nei regni desolati, desolanti e perduti della PAZZIA...NON ESISTONO PIU' LIMITI, A QUEL CHE SI PUO' COMPIERE.

Il monarca ordinò che tutti i partecipanti avrebbero duellato con ARMI VERE. Dotate di autentiche LAME DI ACCIAIO, opportunamente FUSO e TEMPRATO.

I nobili impazzirono tutti quanti dalla rabbia. Erano in preda allo sconforto e rammarico più profondo.

Erano caduti vittime del dolore e del dispiacere più sinceri e cocenti, al sopraggiungere di quella notizia così agghiacciante.

Per quella decisione così sciagurata. E per le conseguenze che avrebbe proiettato su tutti coloro che quella decisione avrebbe finito col coinvolgere. Loro malgrado.

Una cosa simile li aveva addirittura sconcertati, allibiti. A dir poco inorriditi.

Era inaudito. Era un vero sopruso. Un'azione BESTIALE.

Un vero ed autentico ABOMINIO.

Già si prospettava un massacro. Ma così...così era davvero troppo.

Così sarebbe venuta fuori una CARNEFICINA.

E proprio a loro aveva avuto la faccia tosta di venirglielo a dire, quel fanatico!!

A loro! Che tanto si erano adoperati per far passare una legge apposita che proibisse i SUICIDI RITUALI tra coloro che componevano la casta guerriera!!

Perché era oltremodo inaudito che dei valenti condottieri e guerrieri potessero rimanere liberi di decidere di TOGLIERSI LA VITA PER PROPRIO CONTO, per i motivi più svariati e disparati.

Una disobbedienza o una mancata consegna nei confronti del proprio signore, fosse anche dovuta o spinta da cause e motivi nobili. Oppure un errore o un'inadempienza, magari anche di poco conto. Ma che però dentro di loro, nel loro animo così rigido e governato da codici antichissimi quanto immutabili, non riuscivano assolutamente a perdonarsi. Oppure...

Oppure lo facevano per il semplice fatto che sentivano di essere giunti alla fine del loro percorso, della loro pista.

Una cosa del genere non doveva stupire affatto, per quanto assurda.

Coloro che decidono di seguire la via marziale devono abituarsi a morire un poco alla volta, giorno per giorno. Giorno dopo giorno.

Il comune mammifero dà troppa importanza alla propria esistenza. E pensa sia normale salvaguardarla e preservarla in modo che essa duri il più a lungo possibile. Così come ritiene che tutti gli esseri viventi la pensino così.

DEVONO pensarla così. Sarebbe da CRETINI affermare una cosa diversa da questa, se non l'esatto contrario.

Ma il guerriero la DISPREZZA, una simile logica. Non fa altro che RIGETTARLA, e completamente.

La RIPUDIA e la FUGGE, con tutte le sue forze. Essa non può che andar bene con ARTIGIANI e COMMERCIANTI.

GENTAGLIA. Gente DA POCO. Che mette i BENI MATERIALI ed il VILE DENARO sopra ogni cosa. Persino sopra LORO STESSI.

Niente a che vedere con quelli del loro rango.

Un guerriero...nasce GIA' MORTO, in realtà. Si lascia scivolare tutto addosso. Niente di terreno o materiale lo tocca.

Si appassiona ed interessa alle ARTI, alle DISCIPLINE, ma...dentro di lui ha già svolto le proprie ESEQUIE.

Perché in un essere privo di qualunque attaccamento alla vita...non esiste più alcun AFFANNO o PREOCCUPAZIONE di sorta.

Un morto...NON TEME PIU' DI MORIRE. E di conseguenza NON HA ALCUN MOTIVO O RAGIONE DI EVITARE UN COLPO DI SPADA, O DELLE FRECCE CHE GLI VENGONO SCAGLIATE CONTRO.

Così facendo...ben presto si lascia alle spalle tutto. Compresa l'angoscia di una possibile DIPARTITA.

Tanto...non vi é più alcun motivo di affliggersi o affannarsi, a tal riguardo, dato che per un guerriero...essa può SOPRAGGIUNGERE IN QUALUNQUE MODO ED IN QUALSIASI MOMENTO.

Non la dimenticano, però. Certo che no. Sarebbe da stolti anche il solo pensarlo. Soltanto...decidono ad un certo momento di NON LASCIARSI PIU' CONDIZIONARE DA QUEL PENSIERO.

Anzi...NON SI LASCIANO PIU' CONDIZIONARE DA ALCUN PENSIERO.

Quella loro decisione avviene in maniera quasi spontanea, naturale. Quasi fosse il giusto e congruo risultato di un corretto processo.

La ricompensa che stava al termine del loro lungo cercare.

Il pentolone ricolmo d'oro al termine dell'arcobaleno.

Il GRAAL, per quella gente. L' ELDORADO, o qualcosa d'altro di analogamente unico e prezioso.

Morire PRIMA DELLA MORTE STESSA, in modo da poter assaporare pienamente ongi singolo aspetto, ogni singolo momento che componeva quella cosa strana, bizzarra ma forse irripetibile comunemente definita VITA. Da chiuque ha la fortuna, il privilegio assoluto di VIVERLA.

Perché qualunque cosa accada, qualunque essa sia...non si può fare a meno di VIVERLA.

Tutto ciò é indubbio. Assolutamente insindacabile.

Però...una cosa la si può ancora fare. Si può scegliere pur sempre come VOLERLA VIVERE.

Da VIVI, oppure da MORTI.

Meglio, mille volte meglio, da MORTI. Almeno secondo la logica dei guerrieri.

Era un approccio, una linea di pensiero alquanto ESTREMA. Eppure...

Eppure gli aristocratici la capivano.

La comprendevano. O almeno tentavano di comprenderla, anche se non la approvavano e nemmeno la accettavano.

Ma restava il fatto che quei maestri spadaccini erano il meglio che la loro terra avesse da offrire, in termini di materie e concetti di genere bellicoso.

Ne rappresentavano, ne costituivano il FIORE ALL' OCCHIELLO in tal senso.

Il suo ORGOGLIO. Il suo TESORO. Alla pari di veri e propri MONUMENTI o OPERE D'ARTE.

Ed in quanto tali...andavano opportunamente TUTELATI.

Erano valenti guerrieri, i migliori nel loro campo. Con le loro tecniche ne avrebbero sicuramente ispirati altri, negli anni a venire. Incoraggiati a seguire il loro esempio.

Avrebbero potuto addestrare soldati e giovani reclute dell'esercito, iniziandoli alle loro conoscenze ed ai loro segreti. Dando vita così ad una nuova generazione di combattenti che potesse avvicinarsi alla loro magnificenza, un giorno. O arrivare anche alla pari. O addirittura superarli, nel caso che qualche allievo che gli sarebbe capitato in custodia si fosse rivelato sufficientemente promettente e dotato.

Tutti insieme avrebbero creato l'esercito del futuro. Un esercito probabilmente INVINCIBILE.

Era a questo che dovevano pensare, non a morire.

Questo avrebbe dovuto essere lo scopo delle loro vite, non l'esistenza fine a sé stessa.

Non il MORIRE.

Era assurdo che rinunciassero di proposito alle loro vite, portandosi quindi con sé le loro conoscenze e la loro abilità invece di condividerla con gli altri. Mettendosi in tal modo a degno servizio dell'impero a cui gloriosamente appartenevano.

Rendendolo MIGLIORE.

Avrebbero reso l'impero ANCORA PIU' GRANDE, un giorno. Lo avrebbero reso un posto MIGLIORE.

Ancora migliore di ciò che era adesso. E quindi...

Quindi ANCHE IL MONDO, insieme ad esso.

Perche l'impero...era IL LORO MONDO, dopotutto.

Era INGIUSTO. Era tutto PROFONDAMENTE INGIUSTO.

Il mondo, o almeno quel che ERA IL LORO MONDO, visto che NE FACEVANO PARTE...non doveva rimanere privato di una simile RICCHEZZA. Di tali RISORSE.

Erano PREZIOSI.

Non era giusto.

Andavano SALVATI.

I nobili DOVEVANO SALVARLI.

AD OGNI COSTO. Persino da SE' STESSI.

Per quel motivo avevano fatto promulgare quella legge contro i suicidi volontari. E adesso...

Adesso quell' OTTUSO del loro sovrano stava per vanificare tutti i loro sforzi, con quel suo allucinante decreto.

Dovevano ribellarsi, in qualche modo.

Fargli sentire la loro voce, il loro coro di UNANIME DISSENSO.

Già. Dovevano proprio farlo. Ma...

Ma come?

Affrontare a viso aperto il sovrano, manifestandogli con chiare parole la propria contrarietà ad un simile progetto...equivaleva a scavarsi la fossa con le proprie zampe.

Tutti, tutti sapevano che chiunque si opponeva a lui moriva.

Se lo avessero fatto, se solo avessero osato...avrebbero accompagnato nella medesima, triste sorte quei valorosi combattenti destinati a MACELLARSI VIVI sotto lo sguardo del loro supremo comandante e padrone, per il suo unico piacere.

L'unica cosa che potevano fare era cercare di ricondurlo alla ragione, di farlo riflettere sui possibili effetti e sulle dirette conseguenze delle sue decisioni ed azioni.

Restava da scegliere un rappresentante. Un volontario. Oppure sarebbe stato meglio dire, vista la natura ed i rischi che si stava accingendo ad affrontare col suo intervento...

Un MARTIRE.

Ma con loro grande quanto generale sorpresa, a dispetto di qualunque previsione e pronostico non vi fu affatto bisogno di effettuare sorteggi o estrazioni di sorta.

Si offrì un VOLONTARIO.

Il più ANZIANO, tra i nobili e tra la sua cerchia.

Il suo PRECETTORE. Che gli era rimasto sempre a fianco sin da quando era un cucciolo, e che il monarca aveva nominato niente di meno che come suo CONSIGLIERE FIDATO e PERSONALE. Anche se, di fatto...NON LO INTERPELLAVA MAI. Ed aveva sempre deciso, da quando era al trono, in TOTALE LIBERTA' ed AUTONOMIA. Pensando di non dover mai RENDERE CONTO A NESSUNO. Ad ANIMA VIVA.

Il suo vecchio consigliere chiese udienza, e venne convocato il giorno seguente.

Entrò nel salone, si inginocchiò e prostrò umilmente al suo cospetto come la prcedura dell'etichetta riteneva, e poi sempre con estrema dignità e compostezza si mise seduto sui talloni. Quindi parlò al suo sovrano dell'imminente torneo che stava organizzando, e delle sue truculente modalità. E sempre con il massimo rispetto ed osservanza dell'etichetta lo invitò a considerare i possibili, anzi probabili inconvenienti che quegli scontri avrebbero quasi certamente causato, proponendogli eventualmente di RIVEDERNE LA FORMULA. Insieme ad alcune NORME DEL REGOLAMENTO. E suggerendogli, in maniera tutt'altro che velata, di MODIFICARLE là dove fosse possibile.

In nome del mantenimento dell'incolumità di tutti i partecipanti. E di considerazione del loro straordinario talento. Nonché della salvaguardia dell'individuo.

Il sovrano non disse nulla, per tutta risposta. Non emise nemmeno un fiato, limitandosi ad effettuare una smorfia di incurante disprezzo.

Era chiaro, fin troppo chiaro, che non gliene importava nulla della vita dei partecipanti. Così come non aveva intenzione di cambiare idea.

E di fronte a quell'ostinato ed insensibile silenzio, il vecchio consigliere perse definitivamente la propria pazienza.

Il suo vecchio sé si era ritrovato pienamente d'accordo con quello NUOVO, davanti a cotanta arroganza e tracotanza.

Il politico che era adesso ed il lanciere che era un tempo si erano riuniti di nuovo sotto lo stesso tetto, dentro al medesimo alloggio.

Portò la zampa anteriore destra sul fianco opposto, verso la fascia che gli cingeva la vita come una cintura. E, dopo averlo afferrato, estrasse lo spadino corto dal fodero che lo racchiudeva.

 

“Mi rincresce di non essere ancora riuscito a convincervi, altezza” gli disse. “Se volete dunque proseguire nelle vostre intenzioni...lasciate che soddisfi la vostra curiosità.”

 

Orientò la punta della piccola lama verso di sé.

 

“Volete dunque sapere cosa accade in un duello con SPADE VERE? Bene, vedrò di accontentarvi subito.”

 

Si immerse la lama nell'addome e se lo squarciò. Da sinistra a destra, con un unico movimento orizzontale.

 

“Ecco...” aggiunse, con un filo di voce. “...Ecco quel che accade. Ma ancora...ancora non é tutto.”

 

Mollò lo spadino ed infilò lo stesso braccio che aveva retto l'arma fino ad un istante prima dentro nel proprio ventre, mettendosi ad armeggiare in quella ferita orrenda. E tirò fuori ciò che vi era contenuto.

Le proprie viscere, con una bella striscia di intestino tenue in testa.

Roba che non avrebbe sfigurato sul banco di un obitorio. O di un VENDITORE DI CARNE, se a qualcuno fosse venuta per la testa l'allucinante idea di mettersi a smerciare le MEMBRA o le INTERIORA dei propri simili, come eventuale CIBO. Se non fosse...

Se non fosse che la carne che componeva la materia prima di quel cibo in vendita era da considerarsi BATTEZZATA, o CONSACRATA. In tutti i vari modi in uso per rappresentare simbolicamente la venuta al mondo o l'ingresso nella comunità di appartenenza presso i vari culti e religioni, dalle più importanti alle meno praticate e conosciute.

Un'idea a dir poco MALATA, a conti fatti. Ma chi ebbe la sventura di tenere gli occhi aperti, fissi e sbarrati su quell'agghiacciante spettacolo dovette per forza di cose pensare che TUTTO ERA POSSIBILE, in un simile momento. Persino LEGALIZZARE, ISTITUZIONALIZZARE IL CANNIBALISMO.

Il vecchio consigliere mostrò al suo signore ciò che conteneva il proprio pugno insanguinato. Il tutto mentre una pozza rossa si stava formando, lentamente e gradatamente, sotto ai suoi piedi. E mentre un puzzo nauseabondo si diffondeva in tutto l'aere circostante, adeguatamente accompagnato da urla di orrore e colpi di tosse originati da conati di budella in evidente rivolta.

 

“...O...ora...ora sarete...sarete contento...” mormorò il vegliardo mammifero, con un bel malloppo di tessuto sanguigno in forma liquida misto a bile ed altri succhi gastrici che già gli si stavano formando e gonfiando in gola, fino a fargliela scoppiare per poi eruttare e riversarsi all'esterno. “...Siete...siete soddisfatto, mio signore? V – vi ho...vi ho soddisfatto, ora? Questo...questo é ciò che accade....nient'altro...nient'altro che questo. I – io ho...sono riuscito a soddisfare la v – vostra curiosità?”

 

Sputò una boccata di quella viscida pastura e si accasciò a terra. Ma proprio prima che le ombre eterne poterono provvedere ad annebbiargli ed offuscargli irrimediabilmente la vista, e prima che il dolore acuto gli annullasse e gli spezzasse completamente il cervello togliendogli quel poco di facoltà di pensare di cui ancora disponeva...il vecchio consigliere incrociò ancora una volta, PER L'ULTIMA VOLTA, il suo sgurado con quello del suo sovrano.

Giusto un attimo prima di spirare. E...

E lo vide.

Lo vide SORRIDERE.

Lo aveva visto SORRIDERE DI GUSTO. Di lui, di quello che gli stava capitando e di sicuro di TUTTO QUELLO CHE SAREBBE CAPITATO DA LI' A VENIRE. Per COLPA SUA.

SOLO ED ESCLUSIVAMENTE SUA.

Quell'infame...SORRIDEVA.

QUELLA LURIDA RAZZA DI INFAME SI STAVA PURE CONCEDENDO DI SORRIDERE DAVANTI A TUTTO QUESTO, COME SE NIENTE FOSSE.

Il vecchio abbassò la testa, poggiandola sul pavimento ed abbassando lentamente le palpebre, in un gesto mesto e solenne di resa e sconfitta.

Il suo sacrificio estremo, fatto con l'unico intento di non sprecare alte vite, era stato del tutto inutile.

Aveva deciso di versare il suo stesso sangue, da solo, per cercare di evitare che ve ne fosse versato dell'altro in misura ben maggiore. E in maniera del tutto gratuita.

Ma non era servito. Non era servito A NIENTE.

 

“...Uugh...siete...siete proprio uno SCIOCCO IDIOTA. Nient'altro...nient'altro che uno SCIOCCO IDIOTA...” mormorò e ripeté subito dopo, con malcelato disprezzo. E così morì.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Com'era ovvio, il torneo si svolse regolarmente. Nulla aveva fatto cambiare idea ed opinione a quell'incauto reggente. Nemeneo la morte di colui che lo aveva educato, allevato e cresciuto.

Come e più dei suoi stessi genitori, visto che erano sempre assenti e presi tra mille impegni legislativi e diplomatici. Al punto di averne rappresentato un naturale quanto efficace surrogato e sostituto.

Tutti gli invitati alla tenzone si presentarono, e i duelli ebbero inizio. E, piuttosto prevedibilmente...

Pochi, pochissimi di loro ne uscirono vivi. E completamente segnati nella psiche e nell'animo, al punto che alla maggior parte non riuscì più di combattere. Tanto meno di insegnare.

Erano degli spadaccini. NON DEGLI ASSASSINI.

Dei geni assoluti...COMPLETAMENTE PERSI.

SMARRITI PER SEMPRE.

Fu un lavoro compiuto da un autentico MOSTRO. Da un DEMONE, piuttosto che da un mammifero. Per il semplice fatto che solamente un demone avrebbe potuto andare fiero ed orgoglioso di un opera tanto nefasta.

Fu un disgustoso quanto esecrabile esempio di quel che può accadere quando la smania di potere e dominio, l'avidità e la prepotenza unite alla convinzione cieca di essere al di sopra della legge, al di sopra di ogni codice, al di sopra di tutto...hanno la meglio e prendono il controllo.

La guardia...la guardia NON VA MAI ABBASSATA. Solo così si possono prevenire simili SCEMPI.

La tragedia che avvenne quel giorno fu talmente grande che la brutalità e la scelleratezza sovrastarono abbondantemente la tecnica e la spettacolarità. Infatti...

Infatti non vi può essere alcun spettacolo nell'esibizione della VIOLENZA PIU' BESTIALE E FUORI DALL' ORDINARIO.

La maggior parte dei duellanti finì con L' AMMAZZARSI A VICENDA.

Alcuni, intuendo come sarebbe terminato lo scontro che li vedeva protagonisti, decisero di ANTICIPARNE L' INEVITABILE ESITO. E...

E SI SUICIDARONO.

Fu un bagno di sangue talmente grande e vasto che nessuno si ricordò più nemmeno di come andarono a finire i combattimenti che terminarono con un SOLO CADAVERE A TERRA.

Lo SCONFITTO. Con l'altro in piedi, ad interpretare IL VINCITORE.

A fronte di una cosa così LUGUBRE e BECERA...A chi poteva importare, LA VITTORIA DI QUALCUNO?

Che razza...QUALE RAZZA DI SENSO POTEVA ANCORA AVERE LA VITTORIA DI QUALCUNO, in un simile frangente?

Che senso aveva? QUANTO POTEVA ANCORA VALERE?

Tuttavia...tuttavia un incontro tra quelli BALZO' AGLI ONORI DELLE CRONACHE. Più che altro per un piccolo ma fondamentale particolare. Ovvero...

Ovvero LA STRANEZZA DEI DUE CHE LO STAVANO PER SOSTENERE.

Uno dei due...ERA MONCO DEL BRACCIO SINISTRO.

Gli doveva essere stato AMPUTATO DI NETTO, appena al di sotto del punto in cui la spalla cofluiva in esso. Mentre l'altro...

L'altro era addirittura CIECO. E ZOPPO AL PIEDE DESTRO.

Una profonda cicatrice gli partiva dall'incavo tra il pollice ed il dito subito a fianco per poi risalire più su, sempre più in su, fino a terminare all'attaccatura con le doppie ossa della gamba. Fino a collidere con l'immaginario cerchio che correva intorno ai due spigoli laterali che formavano la caviglia.

E quel solco che gli attraversava l'intero collo ed insieme la pianta dell'arto, per profondità e dimensioni, era in tutto e per tutto identico a quello che invece gli percorreva il volto in orizzontale, all'altezza degli occhi.

Una striscia scura la cui continuità veniva interrotta unicamente dal tessuto morbido delle palpebre, intatte ma perennemente chiuse. Più che altro per questione di ABITUDINE che per necessità vera e propria, dato che per un non vedente tenerle serrate o aperte col passare del tempo diventa una questione pressoché IRRILEVANTE.

Ma andava indubbiamente considerata anche la questione del mero DECORO, prima di ogni altra cosa.

Non bisognava dimenticare che ad un interlocutore poteva generare impedimento o imbarazzo doversi confrontare con una coppia di IRIDI SPENTE, GRIGIE, VACUE, SENZA VITA E LUCE E PERSE IN MODO IRRIMEDIABILE NEL VUOTO SENZA UNA DIREZIONE PRECISA A CUI FAR RIFERIMENTO.

Meglio tenerlo presente e bene a mente, che non si poteva mai sapere. Così come era di sicuro meglio, dal punto di vista estetico, che tenere UNA FASCIA O UNA BENDA STRETTE E LEGATE ATTORNO ALLE ORBITE.

Quelle si, che avrebbero causato un enorme fastidio.

Proprio vero, comunque.

Pare proprio che, contrariamente alle apparenze...SIA PIU' FACILE PER UN NON VEDENTE ADATTARSI AGLI ALTRI, PIUTTOSTO CHE IL CONTRARIO.

Comunque, non appena il monco e ed il cieco mezzo sciancato fecero il loro ingresso nell'arena e si posero uno di fornte all'altro, nello spiazzo che era stato adibito per i duelli all'ultimo sangue da svolgere in quella giornata, sia gli spettatori che i testimoni invitati rimasero ALQUANTO PERPLESSI. Per non voler dire TOTALEMENTE ALLIBITI.

Molti di loro, anzi la maggior parte pensarono ad uno SCHERZO DI CATTIVO GUSTO.

Qualcuno osò anche ipotizzare, mettendosi a confabulare coi vicini di posto, persino ad uno SPETTACOLO DA BARACCONE. O ad una RECITA A BASE DI POVERI STORPI.

Già dubitavano fortemente della sanità mentale del loro sovrano, dopo che lo avevano visto promulgare ed organizzare quell'evento. Ma adesso avevano davanti la probabile e definitiva prova che egli fosse AMMATTITO DEL TUTTO.

Come diavolo potevano battersi, in quelle condizioni?

Come diavolo avrebbero fatto ad affrontarsi due combattenti così ridotti e menomati a quel modo?

Eppure, incuranti dei brusii e dei mormorii perlpessi, i due spadaccini presero posizione.

Il senza braccio estrasse la propria spada utilizzando quello ancora sano ed integro, portando la lama di sbieco e all'altezza del moncherino.

Da lì avrebbe sicuramente sferrato un colpo verso l'esterno, tra l'obliquo e l'orizzontale. Ma, fatto ancora più strano...NON STAVA SORREGGENDO L'ELSA COL PALMO DELLA MANO, come sarebbe stato più lecito e senza alcun dubbio logico fare, visto che poteva disporre di un unico arto superiore.

Avrebbe di sicuro aumentato quella poca stabilità che ancora gli rimaneva, visto che con quel gravissimo handicap doveva avere il baricentro dell'intero corpo completamente spostato, sballato e fuori assetto. Ed invece...

Invece la stava tenendo con DUE SOLE DITA.

La stava STRINGENDO NELL'INCAVO TRA L' INDICE ED IL MEDIO. Per il semplice fatto che ogni centimetro, ogni millimetro usato per impugnare l'arma sono centimetri, millimetri che vengono SOTTRATTI ALLA GITTATA.

Bastano pochi centimetri, pochi millimetri in più per ESPANDERNE ed AUMENTARE IL RAGGIO D'AZIONE. Quei pochi centimentri e millimetri necessari a raggiungere il corpo dell'avversario. E a coglierlo d'anticipo, per poi TRAFIGGERLO e quindi UCCIDERLO. Ed ottenere così LA VITTORIA.

Il movimento della spada diventa un unico, armonioso FLUSSO. Pari a quello del moto delle onde della marea. O di una COMETA che, durante il suo transito, entra temporaneamente nell'orbita di un pianeta fin quasi a lambirne l'atmosfera.

Così stabilisce la tecnica di spada della scuola della STELLA CADENTE.

Il cieco, invece, brandì la spada con entrambe le mani, col pugno sinistro ben stretto e piazzato proprio sopra al destro.

Li stava tenendo appaiati ed appiccicati. Poi infilò la spada nel suolo, in corripondenza delle prime due dita del piede ferito. Col filo della lama che coincideva alla perfezione col taglio.

Esclamazioni di spavento erano partite, subito dopo quel gesto. In molti, per un attimo, avevano temuto che si fosse infilzato per suo conto. Che quella ferita se la fosse procurata da solo, in preda a chissà quale malsano ISTINTO AUTO – LESIONISTA.

Il cieco aveva quindi digrignato i denti per lo sforzo. Non sembrava nemmeno più un maestro di spada, messo in quella posa così assurda. Pareva più un BARCAIOLO alle prese con una CHIATTA o una CANOA. Mentre adoperava un apposito REMO oppure una PAGAIA, dandoci dentro per farla muovere.

Ma non era affatto così. Lo dimostrava il modo in cui stava torcendo il manico della sua arma, avvitando i polsi con un movimento circolare e talmente forte da far sbiancare le nocche, pur col pelo che le ricopriva.

Pareva che stesse serrando l'arma in una MORSA DI FERRO. Vi era l'impressione che persino le due falangi del piede si fossero chiuse attorno alla parte della lama che avevano in prossimità, e proprio vicino al punto in cui essa scompariva nella nuda terra.

Anche lui aveva tutta l'intenzione di sferrare un colpo a leggera traiettoria diagonale. Ma il suo lo avrebbe effettuato con un movimento ascendente, dal basso verso l'alto.

Sfruttare la parziale resistenza e l'impedimento del terreno per ottenere una spinta di impareggiabile forza. Che sommata ad un movimento in avanti di genere semi – centifrugo garantisce una potenza distruttiva assolutamente unica ed impareggiabile.

Così sostiene la tecnica di spada della scuola della CORRENTE CONTRAPPOSTA DELL'OSCURITA'.

Erano due discipline a dir poco micidiali, ma la cui pericolosità era nota soltanto ai due che ne stavano facendo ricorso.

Per tutti gli altri si trattava di un vero enigma.

Lì nessuno sapeva cosa vi era dietro. Così come nessuno sapeva cosa c'era in gioco.

La verità era che tra tutti i partecipanti a quella competizione, quei due spadaccini...quei due spadaccini erano quelli che si ODIAVANO PIU' DI TUTTI.

Erano gli ultimi due discendenti e rappresentanti di entrambe le scuole. Dopo la loro morte, che fosse di uno, dell'altro oppure addirittura di entrambi, esse si sarebbero estinte.

Non avevano eredi, né figli. Non avevano tramandato le loro arti a nessuno. Tutto sarebbe finito con loro.

Erano gli UNICI DUE SOPRAVVISSUTI, di entrambe le fazioni. Sia i compagni che gli allievi che i maestri erano tutti quanti DECEDUTI.

MORTI. TUTTI MORTI.

Tra i due schieramenti vi era in corso una vera e propria GUERRA SEGRETA.

Una FAIDA NASCOSTA, sia dal mondo che dal governo che da occhi indiscreti. Che aveva lasciato uno stuolo di CADAVERI a dir poco INNUMEREVOLE, tra tutti gli iscritti e gli appartenenti.

Era stata un'autentica STRAGE. Dove i due contendenti che adesso erano in procinto di affrontarsi avevano fornito un COSPIQUO CONTRIBUTO, essendo i DUE GUERRERI PIU' ABILI DI CIASCUNA DELLE DUE PALESTRE.

Avevano avuto modo di distinguersi, causando entrambi il MAGGIOR NUMERO DI VITTIME, sia da una parte che dall'altra.

E loro stessi si erano affrontati e riaffrontati più e più volte, senza mai giungere ad un esito che potesse risultare DEFINITIVO. Pur infliggendosi FERITE e MUTILAZIONI a dir poco ORRIBILI. E adesso...

Adesso stavano per REGOLARE I CONTI.

UNA VOLTA PER TUTTE.

Ma di ciò...NESSUNO NE ERA AL CORRENTE, fuorché LORO DUE.

Nessuno sapeva. Nessuno capiva. Nessuno poteva essere a conoscenza o comprendere. Perché entrambi, così come le scuole a cui appartenevano e che onoravano avevano fatto in modo che FOSSE e che RESTASSE COSI'.

IGNOTO.

Agli occhi del pubblico vi erano solo un CIECO AZZOPPATO ed un MONCO. Che si accingevano ad intraprendere un combattimento dall'esito PIU' CHE SCONTATO.

Il monco, privo di un braccio, avrebbe perso la spada mentre menava il suo fendente. Ed il cieco, considerato il grave handicap della vista unito alla scarsa per non dire pressoché nulla mobilità del piede ferito, avrebbe vibrato il colpo senza poter calcolare la distanza dal bersaglio in modo adeguato.

Si sarebbero AMMAZZATI ENTRAMBI, di sicuro.

E COSI' FU. Ma non per via delle loro DEFICIENZE FISICHE, tutt'altro.

Si uccisero a vicenda perché nessuna delle loro due tecniche era in grado di superare la propria diretta concorrente.

Di fatto...si EQUIVALEVANO.

Erano PARI. Sia le tecniche che l'abilità di chi le aveva eseguite.

Ma la gente lì presente...NON SI ACCORSE DI QUESTO.

Nel momento esatto in cui si solleva il cucchiaio o la forchetta dal piatto, e si separa la minuscola parte di porzione dal resto della pietanza dopo averla raccolta o infilzata con la posata, in quel preciso momento...

In quel preciso momento, se si potesse fissare, immortalare o fotografare l'immagine di quell'infinitesimale boccone, ed isolarla dal contorno e dal contesto, esso...

Esso NON SAREBBE PIU' CIBO. A stento lo si potrebbe definire tale.

Privato degli elementi che lo definiscono, caratterizzano e contraddistinguono...in quel momento il pasto diventa NUDO.

IL PASTO E' NUDO, in quell'infinitesimale attimo.

Sono i PARTICOLARI e le CONOSCENZE, a definire la realtà che ci circonda. Senza di essi, senza il loro supporto ed ausilio...NON E' POSSIBILE IDENTIFICARLA.

Quegli ignoranti non conoscevano il valore e la grandezza di quei due spadaccini, giganti nonostante le loro invalidità.

Lo stesso si sarebbe potuto dire, e senza alcuna remora o paura, dei due contendenti impegnati in quello che sembrava a tutti gli effetti l'ennesima riproposizione, se pur in chiave odierna e moderna, di un DUELLO MORTALE.

Questo almeno nella fervida fantasia di un APPASSIONATO, ESPERTO o semplicemente MANIACO FISSATO di combattimenti.

Nella mente della daina doveva essere una RESA DEI CONTI, proprio come quella che aveva coinvolto i due SPADACCINI MENOMATI.

Una GIUSTA, SACROSANTA e MERITATA PUNIZIONE.

IRRINUNCIABILE.

Nella mente del Fennec, o di QUALUNQUE cosa ne potesse fare le veci dentro oppure NON NECESSARIAMENTE nella sua minuscola scatola cranica, doveva invece apparire come una TOTALE quanto FASTIDIOSA PERDITA DI TEMPO. Anzi...di più.

Una GRAN ROTTURA DI SCATOLE, ecco cosa doveva essere. Almeno per lui, visto che già aveva ribadito che aveva di meglio da fare.

Agi occhi di una persona completamente DISINFORMATA o IGNAVA di quanto era accaduto nel corso di quella notte. Essi dovevano invece apparire come pressappoco NIENTE, o giù di lì.

Poco ci sarebbe mancato, di sicuro. Perché non sapendo cosa fosse successo e soprattuto cosa li avesse spinti a comportarsi come si stavano comportando...non sarebbe stato in grado di capire o comprendere. Tanto meno di trovare una spiegazione che risultasse LOGICA.

E se non era in grado di IDENTIFICARLI, in qualche modo....allora per il fortuito quanto casuale testimone delle loro gesta essi NON ESISTEVANO.

Due STATUE, ecco cosa gli sarebbero sembrate. Ecco qual'era la forma comune che più gli si AVVICINAVA, almeno di primo acchito.

Oppure una di quelle vignette o immagini di qualche libro o manuale dedicato alle ARTI MARZIALI, che raffigurano le esecuzioni delle varie mosse di ATTACCO, DIFESA ed eventuale CONTRATTACCO DI RIMESSA.

Figure che risultano TOTALMENTE INCOMPRENSIBILI a chiunque vi sia PROFANO e che non ne MASTICHI, dell'argomento. O che non disponga di un'adeguata INFARINATURA a riguardo, ottenuta mediante qualche SESSIONE o SEDUTA di ALLENAMENTO FISICO intervallato opportunamente dalle spiegazioni e dalle dritte di un ISTRUTTORE QUALIFICATO.

Ma ormai non era più tempo di stare a riflettere o rimuginarci sopra.

Quel che era stato era stato. E quell'attimo di stasi, quasi eterno nella sua improvvisa ed inaspettata brevità, era destinato a finire così come era cominciato.

Stava per volgere al termine. Perché, all'interno di un combattimento...NON SI PUO' MAI STARE FERMI.

MAI, COMPLETAMENTE. MAI, DEL TUTTO.

Ci si può prendere del tempo giusto e legittimo per sé stessi e per l'altro, quando occorre o lo si ritiene opportuno.

Per PARLARE. Per PENSARE. Per CHIARIRSI, o almeno TENTARE.

Ma quando si lotta...persino il pensiero e la parola diventano AZIONE.

Occorreva solo qualcosa che SPEZZASSE L' INCANTESIMO. E che facesse di nuovo FLUIRE E SCORRERE IL TEMPO, talmente IMMOBILE da parer persino CONGELATO DI BOTTO.

Bastava poco. Basta poco, per sciogliere una MAGIA.

Ciò che di solito si usa per le FORMULE.

Un CANTO. O un SUONO. O magari, meglio ancora...

UN GRIDO.

Meglio UN GRIDO, tutto sommato.

Fa più EFFETTO.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Argh!! Lasciami!!”

Eccolo.

Eccolo, il GRIDO.

“Lasciami, Finn!!”

Dopo il mezzo secondo di sorpresa generale, la vice si era riavuta e adesso voleva liberarsi.

DOVEVA liberarsi. AD OGNI COSTO.

“Nnnggh!! Lasciami!!”

Non se l'aspettava. Non se l'era davvero aspettato che quel tappo riuscisse a bloccare un suo attacco. Per di più così spaventosamente POTENTE, VELOCE e PRECISO. E tirato da una distanza così RIDOTTA e RAVVICINATA, poi...

No. Non se l'era proprio aspettata, una simile eventualità. Non l'aveva minimamente messa in conto.

Così come non aveva affatto messo nel conto che lo potesse ASSORBIRE così bene, vista l'ovvia DIFFERENZA DI PORPORZIONI tra loro due.

Con un colpo simile avrebbe potuto ROMPERE TRE TAVOLETTE DI LEGNO MESSE UNA ATTACCATA ALL'ALTRA, nel corso di una dimostrazione. Come minimo. E quel tipo, invece...

Poco importava. Poco LE importava. Non era ancora finita.

Prese a tirare. E successivamente a spingere, in un'alternanza di entrambi i movimenti. E subito dopo prese a divincolarsi in maniera compulsiva e convulsa, facendo ondeggiare e divincolare il busto, le anche ed i fianchi. Il tutto mentre strattonava col braccio ancora imprigionato.

“Nngh!! Lasciami Finn!! Sei sordo, per caso?! Ti ho detto di lasciarmi andare!!”

Niente.

Niente da fare. Non cedeva di un solo millimetro.

La stretta da parte della piccola volpe non si decideva a sciogliersi. E lui non faceva una piega.

La mano della daina sembrava bloccata dentro ad una morsa di ferro. Ad una di quelle tagliole che, guarda caso, si diceva che in passato venissero usate da coloro che cacciavano proprio gli appartenenti alla categoria in cui militava tuttora l'ex – compare di malefatte del predone dalle lunghe orecchie. Entrambi provenienti dalla grande metropoli, e rispettivamente di manto rosso fiamma e marroncino sabbia.

Erano aggeggi a dir poco infernali, la cui pressione alla chiusura simultanea delle lame era in grado di strambare un piede, o addirittura di spezzare l'articolazione della caviglia, per poi non farla ricomporre mai più. Uno che ci finiva malauguratamente lì dentro rischiava di non poter mai più fare a meno di una STAMPELLA per camminare, fino alla fine dei suoi giorni.

Venivano piazzati sul terreo nelle vicinanze dei presunti insediamenti di volpi, e poi attivate. Poco prima di dare inizio ai RASTRELLAMENTI, alle PURGHE e alle DEPORTAZIONI DI MASSA. Per intercettare eventuali sopravvissuti o superstiti, in modo da potergli tagliare ogni via di fuga.

Una volta che uno ci metteva la zampa in mezzo...non aveva più alcuno scampo. Non gli restava altro da fare che rimanersene lì, completamente immobile oppure a tentare di dibattersi in un'inutile lotta fino a prosciugare ogni energia residua. Fino a che i cacciatori non lo venivano a prendere.

E spesso e volentieri quei macellai non si prendevano nemmeno il tempo o la briga di far scattare il meccanismo per liberarli, prima di portarli via e metterli insieme agli altri esemplari già catturati.

Quelli non avevano il benché minimo tempo da perdere. Il tempo era DENARO, per loro. Ed il denaro era TUTTO. Quindi...

Quindi li TARPAVANO.

Esatto. Gli staccavano l'arto impigliato con un colpo secco e netto di scure. Appena sopra un paio di centimetri dalla doppia fila di denti della tagliola.

Tanto da quelle parti passavano pochissimi vasi sanguigni, era più che altro tutt'osso. La volpe non sarebbe certo morta di emorragia. Al massimo avrebbe dovuto SALTELLARE PER UN BEL PO', almeno fino al punto di ritrovo.

Non fosse mai che qualcuno dei suoi CARNEFICI si azzardasse a dargli una mano, o anche solo a sorreggerlo. Poteva farcela benissimo da solo, il LADRONE.

E poi...guai a TOCCARLE, le volpi. Guai anche solo a SFIORARLE, persino.

Portavano, trasmettevano IL VIRUS DELLA RABBIA. Te lo beccavi anche solo al minimo contatto. O almeno così era quello che SI DICEVA IN GIRO, SUL LORO CONTO.

E se lo dicevano TUTTI...voleva dire che era VERO, no?

Inoltre...c'era da estrarre il MONCHERINO. Perché le pelliccie di questi lestofanti appartenevano di diritto a chi COMMISSIONAVA QUEL LAVORACCIO DANNATO. Ma tutto il resto, e vale a dire ciò che RIMANEVA SUL TERRENO DOPO LA RAPPRESAGLIA CON SUCCESSIVA MATTANZA, RESTI COMPRESI...era di chi AVEVA ESEGUITO IL MESTIERE.

E anche le zampe di volpe VALEVANO PARECCHIO. Quasi quanto quelle dei CONIGLI, anche se NON PORTAVANO CERTO FORTUNA.

Erano RICERCATE, le volpi. Tutti ne volevano un PEZZETTO, di quelle MISERABILI CANAGLIE.

Strumenti micidiali, le tagliole. E adesso quello stesso tipo di forza stava tenendo Maggie ingabbiata e sul posto, impedendole di avvicinarsi e di allontanarsi. Impedendole di fatto QUALUNQUE TIPO DI MOVIMENTO.

Ma la cosa peggiore era la FACILITA' con cui tutto questo stava avvenendo. Una semplicità di esecuzione che definire DISARMANTE era dir poco, e che sembrava voler completamente irridere la giovane vittima di quell'improvviso bloccaggio. E farsi beffe di qualunque suo sforzo di liberarsi. Proprio come stava facendo L'ARTEFICE di tale mossa.

Lo stesso FARE BEFFARDO ed IRRISORIO. Sia da parte della POSA STESSA che da parte di chi LA STAVA EFFETTUANDO E CI SI ERA MESSO, in tale posa.

Era INCREDIBILE, davvero.

Quel nanerottolo doveva avere una forza ERCULEA, a dispetto delle apparenze. Eppure, quando erano nel locale di Tobey, le era riuscito di staccarsi dalla sua presa. Ma adesso...

Adesso NON CI RIUSCIVA, per quanto ci provasse e riprovasse.

Già. Era davvero una roba da NON CREDERSI. E dire che con quella sua cavolo di zampina anteriore MINUSCOLA e STRIMINZITA le copriva a malapena UNO ZOCCOLO. Pur APRENDOLA TUTTA.

Ed infatti era proprio PER UNO ZOCCOLO che la stava tenendo afferrata, costringendola a rimanersene bella che INCHIODATA lì sul posto dove si trovava.

Con le sue falangette tutte belle richiuse attorno alla sua spessa unghia di CERVIDE. Quella del dito medio. La prima ad impattare, quando si tira un bel CAZZOTTONE di quelli come si devono e come natura comanda.

E glielo avrebbe tirato BEN VOLENTIERI, se solo fosse riuscita a liberarsi. Se solo ce l'avesse fatta...

Ma ce l'avrebbe fatta. Maggie se lo sentiva. Era questione di ATTIMI. Di SECONDI. Anzi...di DECIMI di SECONDO.

La daina diede un altro strattone, bello vigoroso.

“LASCIAMI, HO DETTO!!” Gli disse, gridando a squarciagola. “LASCIAMI, CAPITO?! TI HO DETTO DI LASCIARMI!!”

Niente. Cilecca pure stavolta. Ma in quest'occasione il tentativo di lei, pur non andando a segno, produsse comunque un effetto. Un vistoso CAMBIAMENTO.

La testolina del fennec, che fino a quel momento se ne era rimasta bassa e ben stetta contro il petto, cominciò a scuotersi a destra e a sinistra come in segno di diniego. E con essa pure le grandi orecchie termo – isolanti.

Il piccoletto cominciò a far schioccare la linguetta tra i denti, producendo un suono breve e secco.

“Tch, tch, tch...”

Maggie lo guardò.

“LASCIAMI, MI HAI SENTITA?!” Gli gridò ancora. “LASCIAMI, FINN!! E' IL MIO ULTIMO AVVERTIMENTO!!”

Ma lui continuò imperterrito a fare quel verso a dir poco fastidiosissimo. Anzi...rincarò pure la dose, aumentando persino il volume.

“TSK, TSK, TSK...” le fece. “...Non por far el GUASTAFESTE, chica...ma esta frase me la soy già sientida, si nun me sbaglio. Yo stas seguro que si. Yo stas eguro que l'ho GIAMO' ESCUCHADA, lo già ascoltata.”

“E...e anche se fosse?!” Gli replicò prontamente la vice, se pur con una leggerissima esitazione. “E con ciò? LASCIAMI, ti ho detto!!”

Finnick proseguì con quell'ondeggiamento sconsolato del capo.

“Ahr, ahr, ahr...”

Pazzesco. Aveva iniziato pure a RIDACCHIARE, anche se in modo e tono alquanto SOMMESSI. Ma era fin troppo chiaro ce si stava PRENDENDO GIOCO di chi AVEVA DAVANTI.

Si stava prendendo gioco DI LEI. La stava certamente prendendo per i fondelli.

Ma Maggie volle lo stesso esserne sicura. Anche se stava andano letteralmente su tutte le furie, per via di quell'atteggiamento tanto irriverente quanto strafottente da parte sua.

“Che...CHE HAI DA RIDERE, SI PUO' SAPERE?!” Gli fece, senza smettere neppure per un secondo di sbraitare. “TI FACCIO RIDERE, FORSE?! SONO IO CHE TI FACCIO RIDERE?! RISPONDI, MALEDETTO!!”

E la risposta non tardò certo ad arrivare. Sembrava che il nanetto se la aspettasse, persino.

“Aah, POBRECITA...” disse, mesto. “Ay, mi POBRECITA PEQUENA...povera la mia cara y muy petita MAGDA...”

L'agente Thompson fece tanto d'occhi.

“Cosa...costa stai...”

Ma Finn proseguì con quella sorta di lamentosa litania. E lei lo lasciò fare, giusto per vedere dove volesse andare a parare con quelle chiacchiere. Anche se già temeva il peggio, ed il tutto con il discorso che NEMMENO ERA FINITO. E se questo era solo L' INIZIO...FIGURARSI IL RESTO.

Ma gli permise di proseguire.

“Mia povera piccola Magda...” ripeté il fennec. “Ed esti...anze, quelli que me hai terato prima...quelli SAREBBERO PUNOS, seconda de ti? Sarebbero PUGNI, secondo il tuo parere?”

“...Cosa?!”

“Que tu es sorda, bimba? Te ho preguntado, te ho domandado si segundo el tu muy modiesto parere quelli que tu ME HAS TIRADO EN PRIMERO, que tu me hai tirato prima erano pugni.”

“Che...che intendi dire?”

“Intendo dire que...ooook, muchacha. Sarò muy FRANCO. Anche si me llamo...”

“...LO SO, come ti chiami. Lo so fin troppo bene.Ti chiami MAR...”

“Alto! Meglio si nun prosegui, bambina. Sarò franco, y BEGGO EL TU PERDONO por la repeticiòn. Yo volevo solo saver se quelli que me hai terato erano pugni. Y domando escusa anca por esta de repetissione.”

“Certo che lo erano!!” Saltò su la daina. “Lo erano ecc...”

“Ah, ecco” la interruppe lui. “Como tiemevo, purtrueppo. No, si por que quelli por ti erano pugni...allora esto sta a segnefecar que tu NO ES EN GRADO DE PICCHIARE PROPRIO NINGUNO, mi querida. A parte LE MOSCHE.”

Lei lo osservò, completamente allibita.

“Cosa...” gli domandò. “...Cosa vorresti insin...”

“Yo no ensinuo nada” la bloccò di nuovo il piccolo mammifero. “Yo AFFIERMO, zucchero. Si questo es el maximo que tu puede far, y que tu ME puede far...allora faresti mejo ad usar le tu mani por artro. Tipo AMARE TE STESSA, si te garba un bonito exempio.”

Maggie seguitò ad osservarlo, senza mutare espressione. Ma questa volta rimanendo in silenzio.

E per tutta risposta Finn le fece l'occhiolino ed arcuò l'angolo corrispondente della bocca in direzione della palpebra che aveva appena chiuso, mostrandole i bianchissimi denti. Ed infine le puntò contro l'indice della mano rimasta disimpegnata.

“CH – CHECK!!” Le fece. “C' maaaannn...eddaaaiii, va là che mi hai capito benissimo, su quel que te entendievo dir...yo volevo dirte que...”

“Lo so, cosa stai per dire!!” Lo ammonì l'agente, diffidandolo dal proseguire. Ma non servì a nulla.

“Aah, ma allora tu es MUY EXPERTA!!” Proseguì lui imperterrito, come in preda ad una sorta di ILLUMINAZIONE APPENA RICEVUTA. “Y vabbuò...io te EXPLAINO EGUAL, te lo spiego lo stesso. Yo te entendievo dir de adopierarle por PRENDERTE CINQUO MENUTOS POR RISCOPRIRE LA TU ENTIMITA'. Por SODDISFARTE PER CONTO TUO, bambina. Y quando QUALCHE VOLTA TU FAI PENSIERI STRANI, Y CON UNA MANO TE SFIORI. TU DA SOLA DIENTRO AD UNA STANZA, Y TUTTO EL MUNDO DE FUORI...”

“Nun te devi mica SCANDALIZZARE, pasticcino” precisò quindi. “Semo tra PERSONAS ADULTE Y VACCIENATE. Enoltre...FA MUY BIEN A' LA SALUD, alla salute. En attesa que CE PENSI EL MI SOCIO, A TI. Tu sas...accussì vedémos se le su DITA VELOCI sono veloci solo quando se tratta de SGRAFFIGNARE QUALCOSA. Ma, como digo yo...QUANDO UNO HAS UN TALIENTO, LO PUO' EMPIEGAR EN QUALUNQUE ALTRA COSSA, tu no me crees? Tu non credi, tesoro? Personalmiente, si tu FOSSI D'ACCORDO...nel frattempo que Nickybello se REVEILLE, se resveglia ed esce dalla su condizione de BELLO ADDORMENTATO, si tu vueles...CE PENSA LO ZIETTO FINN, a ti.”

“Whoops!!” Si corresse subito dopo, con aria quasi colpevole. “Quasi dementicavo...quasi me dementicavo que...YO NO PUEDE FARLO. Non posso farlo, me desculpe. El qui presiente...NON SE METTE A ROSICCHIARE L'OSSO QUE APPARTIENE GIA' AD ALTRI. Y tu lo sas trés bien a chi es destinato quest' OSSICINO BELLO SUCCULENTO...tu es destinata al MI FIGLIOCCIO, OCCHIDOLCI. Perciò...yo te puede dar solo un PETIT CONSEIL, un pequeno conseglio. Intanto que tu aspietti...AMA TE STESSA. ES MEJO. FA L'EQUIVALENTE DE NOI MASCULI, QUANDO NON REMEDIAMO EN GIRO. Como deciamo nos otros...EN MANCANZA DE CARNE SODA Y ROVENTE DA LETTO, CONCIEDETE UNA SORTIE A' SEVEN, UNA BELLA USCITA A SETTE CON MANITA E LE SU CINQUE SORELL...”

“Basta!!” Gll inveì contro Maggie, ormai in preda all'ira e quasi al limite della sopportazione.

“T – tu...” aggiunse, sdegnata. “Tu...tu...”

“Tu, tu, tu, me piaci tu...” commentò il fennec, forse cercando di fare una battuta che invece non fece ridere nessuno. LUI PER PRIMO.

“...Tu...tu...tu...” le fece quindi il verso, mettendosi a roteare l'arto sinistro alla stregua di un disco numerico di quei vecchi telefoni a gettone che riempivano le cabine in tempi ormai bell'e che andati. “...Que es OCCUPATO, por caso?”

“Tu...tu MI FAI SCHIFO” commentò la vice, decidendosi finalmente a completare la frase lasciata in precedenza incompiuta.

“Ed esto tu me lo ha già dito, muchacha” la informò il tappo. “...Y DEPUIS? Y poi?”

“T – tu...tu mi fai schifo” gli ribadì lei. “Non solo sei un VIGLIACCO...ma non sei altro che un LURIDO MAIALE, anche!!”

“Eeehi, BELLEGAMBE...vediamo de non offendere LOS CERDOS, ahora. Yo compriendo que nun é que ne avete uno de LOS MEJORES ESPONIENTES, da este parti. Ma...”

“Non sei che un LURIDO E VISCIDO MANIACO, ecco cosa sei!!” Precisò Maggie, tagliando corto.

Era fin troppo chiaro che non si era riferita ai SUINI, apostrofandolo a quel modo. Ma ora ce n'era stata la DEFINITIVA CONFERMA.

“Mi dà il RIBREZZO sentirti parlare così, chiaro?! Quando parli a quella maniera mi fai venire il VOLTASTOMACO, CAPITO?!”

Finnick le fece una spalluccia.

“Que ce vuoi fare, Magda...yo NO SOY UN PUERCO. Non sono un maiale, si tu ce tienes a saverlo. Né de NATURA, né de INDOLE. Seulement...solamente, ME DISEGNANO ACCUSSI'. Me desegnano così. Glie gusta CARATTERIZZARME EN ESTO MODO, ALL' AUTORE. Tu chiamale, se vuoi, EMOZ...no, si te va....llamale SCIELTE DE REGIA. Si tu tienes qualche cosa o remostranza da dir o da fare, sorella...es TOTALMIENTE ENUTILE CHE TU ME ROMPES LOS CAROTULES, que tu me rompi le scatole a mi. FARESTI MEGLIO A PRENDERTELA CON L...”

“Piantala!!” Gli intimò la daina. “E un'altra cosa...ti informo che la sottoscritta é letteralmente STUFA MARCIA, di sentire le tue FESSERIE SENZA ALCUN SENSO!! FALLA FINITA, UNA BUONA VOLTA!!”

“Tu dise que nun sei muy convinta de quel che t'agg' ritt, right? Tu piensi de nun essere una ESCAMORZA, no?” Le domandò il fennec. “Allora...femo accussì. Facciamo così.”

Mollò di colpo la propria presa, e proprio mentre lei stava per tirare l'ennesimo quanto inutile strattone.

O almeno era così che credeva. Anche se non vi era alcun suo merito, nel fatto che si fosse appena liberata.

E di questo la giovane agente ne era pienamente consapevole, mentre barcollava all'indietro rischiando per un attimo di terminare quasi col sedere per terra per via dell'imprevisto slancio sommato al suo impeto.

Fece una serie di goffi quanto inarticolati passi in retromarcia, per cercare di mantenersi in piedi ed evitare una figuraccia.

Finnick aspettò pazientemente che si arrestasse, poi le fece una proposta.

NON OSCENA, per carità. Ma comunque PIUTTOSTO STRANA.

“Se pensi davvero de poterme stendere” le disse, “Allora TIRAMENE PURE UN ALTRO, se tu retieni che sia el caso.”

Abbassò entrambe le braccine.

“Avanti” la invitò. “Coraggio, chica. Tiramene pure un altro. Con toda la fuerza que hai.”

Poi alzò la mano destra, la stessa con cui l'aveva tenuta ferma fino ad un istante prima, vicino alla mandibola.

“Avanti” le disse ancora, prendendo a massaggiarla ripetutamente. “Colpiscime. Proprio aqui. Dritto dritto sul muso, ragazza. Como se volessi STACCARME LA PARTE SOTTO.”

“C – cosa?!” Fece Maggie.

“Tu has entiendido” replicò il nanerottolo. “Hai sentito benissimo. Tirame un altro pugno. Te farò vedere una cosa.”

“Guarda...guarda che io non mi faccio certo problemi” Lo avverti la vice.

“Ecco, appunto” le rispose. “NON FARTELI. Ma NUN TE LI FARE PROPRIO. Colpiscime, avanti.”

“Come preferisci, amico.”

La giovane agente si abbassò ancora di più sulle ginocchia e sferrò un altro diretto di destro.

“KYYAAAH – AH!!”

Fu un colpo a dir poco magistrale, eseguito secondo i precisi dettami dei più praticati stili di Karate riguardanti il modo in cui vanno sferrati attacchi di quel tipo per ottenere il massimo effetto.

Col braccio opposto che si piegava ad angolo retto e seguiva la torsione della propria parte di busto. Esattamente come stava facendo quello impegnato nel micidiale affondo ma seguendo la traiettoria perfettamente speculare ed inversa, fino a sfiorare il fianco per poi raccogliersi e rannicchiarvisi contro.

Secondo quel tipo di arte marziale un pugno, OGNI TIPO DI PUGNO...NON E' MAI UN SEMPLICE PUGNO E BASTA. Ma IL FRUTTO DEL LAVORO DI ENTRAMBI I PUGNI. Sia quello che AVANZA quanto quello che ARRETRA.

Stava mirando dritta al mento. La zona pressoché perfetta per eseguire UN K. O. A REGOLA D'ARTE.

Quel punto era ben conosciuto anche ai praticanti di tecniche di stampo tipicamente ORIENTALE, e non solo ai cultori del NOBILE PUGILATO. Da lì l'impatto si irradiava lungo tutto il cranio, dalla base fino alla sommità.

Quando lo si beccava in pieno, l'intero corpo si rilassava all'istante, con le gambe che si facevano MOLLI e DI GELATINA.

Era come TAGLIARE I FILI CHE SORREGGEVANO UNA MARIONETTA. Alla pari di PREMERE UN PULSANTE PER TOGLIERE LA LUCE AD UNA STANZA.

Si SPEGNEVANO DAVVERO LE LAMPADINE, raggiungendo quel punto. Come se l'intero corpo si DISATTIVASSE ALL' ISTANTE.

Si cadeva a terra e non si sentiva più nulla. COME MORTI.

Aveva tirato dritto dritto al mento. Alla PUNTA, per voler fare i precisi.

Almeno questa era la sua intenzione, dal principio. Ma...NON VI RIUSCI'.

Si dovette accontentare di centrarlo nella parte compresa tra essa e l'inizio della fila inferiore dei molari, proprio appena dietro al canino. Il tutto alla faccia di chi sostiene, spavaldo e senza la benché minima esitazione, che essere di TAGLIA NOTEVLMENTE INFERIORE ALLA MEDIA PORTA SOLO SVANTAGGI. E che CHI E' PIU' ALTO CONTROLLA E DOMINA INVARIABILMENTE IL MATCH.

Evidentemente possono concedersi il lusso di parlare così solo quelli che hanno avuto la fortuna di non dover mai affrontare un mammifero DI TAGLIA MOLTO MA MOLTO PIU' PICCOLA DEL NORMALE E DEL CONSUETO. Specie se sei uno SPILUNGONE quale era lei, sicché per colpire ti ritrovi costretto ad ABBASSARE NOTEVOLEMENTE IL TUO BARICENTRO. Con l'unico risultato che sia la PRECISIONE che L' ACCURATEZZA dell'attacco vanno letteralmente A FARSI BENEDIRE.

Già lo aveva fatto prima. E RIPETUTAMENTE, pure. In occasione di tutti quanti i precedenti attacchi. Ma adesso, per colpirlo esattamente doveva lei voleva...aveva quasi dovuto arrivare a dover STRISCIARE SUI SUOI MENISCHI.

Pazienza. Contava di sopperire con la POTENZA alla scarsa mira dovuta a cause di forza maggiore e di FIN TROPPO DIFFERENTI quanto EVIDENTI SPROPORZIONI. Eppure...

Eppure il suo pugno NON AVEVA SORTITO ALCUN VISIBILE EFFETTO.

Ad una prima impressione il tappo NON STAVA FACENDO UNA PIEGA. Nonostante le sue nocche gli si fossero ABBATTUTE ADDOSSO. Ed IN PIENO, anche.

IN PIENA FACCIA.

Ma il piccoletto non si era mosso di un solo millemetro. Neppure di un decimo.

Finn non aveva fatto NULLA, per difendersi.

Non si era spostato. Non l'aveva evitato. E nemmeno aveva tentato di pararlo. O anche solo di bloccarlo, come aveva fatto in precedenza.

Aveva deciso di PRENDERSELO PER INTERO. Quasi a volerle sfacciatamente provare che non avrebbe sortito conseguenze. E...

Ed era PROPRIO QUEL CHE LE STAVA DIMOSTRANDO, dannazione.

CI STAVA RIUSCENDO. E ALLA GRANDE, come se non bastasse.

La osservò con occhi sottili e con sguardo beffardo, mentre una coppia di rivoli scuri e densi cominciava a scendergli dalla narice e dal lato della bocca che erano rimasti coinvolti nella tremenda mazzata appena subita.

“Uh, uh, uh...” fece. “Proprio come pensavo. Con una MANO DE BURRO como quella que tieni tu non puoi stendere uno como mi. Puoi al massimo DARCE DIENTRO COMO SE DEVE. Te ce puoi fare giusto un bel DITAL...”

“Ti...ti ho detto di SMETTERLA, RAZZA DI MANIACO!!” Sbottò Maggie.

“E invece non la smetto” rincarò il volpino. “Te lo puoi scordare. Avanti, a mi tu me lo puede dir, sin paura...QUANTI TE NE SPARI AL GIORNO, PENSANDO AL TU NOVIO? AL TU CARO Y TANTO AMATO NICKYBELLO? Confidate un po', col tu viejo.”

Era evidente che la stava provocando. E lei ci cascò in pieno.

“Continui a dire IDIOZIE” gli disse. “Ma io, adesso...io adesso TI TAPPERO' LA BOCCA PER SEMPRE!! UNA VOLTA PER TUTTE!!”

“Eh no, piccola” la avvertì lui. “Nun me risulta que yo TE HO DATO EL PERMISO DE COLPIRME UN' ALTRA VUELTA.”

“Ah, si?” rispose Maggie. “Beh...sappi che NON ME NE FREGA NIENTE. Adesso io...adesso io TE LE DARO' FINO A CHE NON MI CHIEDERAI SCUSA PER TUTTE LE SCEMPIAGGINI CHE HAI OSATO DIRE. SIA SUL CONTO MIO CHE SU QUELLO DI NICK!! PREPARATI!!”

Finn ondeggiò a destra e a manca il secondo, tozzo ditino in segno di diniego.

“Tsk, tsk. LASSA PERDE, Magda. Te lo sconseglio vivamiente. Guarda che poi...TE NE PENTI.”

“Ah...ah, si? Beh...é quel che staremo a vedere” le disse maggie, di rimando. “E' proprio quello che staremo a vedere, caro mio!!”

“Okie – dokie, bambola. D'accord. Poi nun me venire a dire que io nun te avevo avviertida.”

La daina sollevò e piegò di nuovo la gamba, portandola al petto. Proprio come aveva fatto quando aveva iniziato ad aggredirlo e pestarlo. A quel punto, inspirò profondamente.

“Ooooh....KYYAAAHHH!!”

Eseguì quindi un nuovo calcio, mentre buttava fuori l'aria. E compì una mezza torsione in avanti, roteando la parte di corpo corrispondente all'arto che stava lanciando in avanti e verso il bersaglio, insieme ai lombi e alle anche entrambi impegnati in una manovra di tipo antagonista.

Fu un movimento che ricordò quello della macina o del frantoio di una antico mulino, con le pale sotto la spinta della acque di un fiume o di una cascata. Talmente vorticoso da formare quasi una spirale, identica a quella realizzata da una trottola che vortica su sé stessa. Anche se, nel suo specifico caso, avrebbe arrestato la propria corsa una volta che la pedata fosse andata a segno.

Si era messa talemente di fianco, una volta che aveva esteso la gamba, da trasformare il suo calcio. Da frontale che era in partenza ormai si era tramutato quasi in LATERALE.

Aveva sbagliato. Stava commettendo un madornale errore. Colpi di quel genere andrebbero eseguiti con la gamba AVANZATA, non certo ARRETRATA. Perché non sviluppando una gran forza si giocano di conseguenza tutto sulla sopresa e sulla velocità. Tirati con la gamba posteriore diventano FIN TROPPO PREVEDIBILI, e perciò piuttosto FACILI DA NEUTRALIZZARE.

Ma lei cercava LA PIENA POTENZA, quella volta. Voleva colpirlo per TRAPASSARLO DA PARTE A PARTE. E...

E quasi vi riuscì. Solo...NON CON CHI AVEVA PENSATO.

NON CON LA FIGURA INTERA DEL PICCOLETTO.

Se ne accorse non appena ebbe uditò il RUMORE. Un rumore chiaramente METALLICO.

Aveva immerso la propria gamba nella carrozzeria della fiancata, deformandola ed accartocciandola fin quasi a formare un buco. Ma di Finn...

Di Finn NESSUNA TRACCIA.

Si guardò intorno alla sua spasmodica ricerca, mentre abbassava il piede e lo ripoggiava a terra.

Ma dove...dove poteva essere finito, accidenti.

Osservò ancora per ogni dove, sia ai lati che alle proprie spalle. Ma non le riuscì di scorgere niente.

NIENTE DI NIENTE.

Buttò le pupille persino sul terreno, arrivando persino a pensare che avesse potuto scavare un foro. Quasi come quello che a momenti aveva causato lei sulla lamiera del furgone.

Dopotutto si diceva che le volpi fossero anche piuttosto abili a realizzare TANE SOTTERRANEE. Anche se la loro perizia in tal senso non arrivava certo a rivaleggiare con quella dei CONIGLI, che andavano considerati i MASSIMI ESPERTI, almeno per quanto riguardava quel settore.

Ma lì c'era solo ASFALTO, non certo MOLLE TERRENO.

Ma allora come potev...

Un momento.

Non c'era che una possibilità, ancora. Non le era rimasta che una via, da controllare. Per quanto IMPROBABILE CHE FOSSE.

Il c...

Non riuscì a finirli. Né la PAROLA, né il PENSIERO.

Udì un fischio.

“Fiiuuuiiit!! Guarda qui, chica.”

Alzò gli occhi e nello stesso istante la sua bocca le si spalancò per lo stupore.

La luna stava splendendo nella notte. Bella alta, frastagliata in superficie ed enorme. E nel suo centro...

Nel suo centro vi stava una sagoma totalmente scura, annerita per intero dal suo fioco chiarore.

Una figura che aveva i contorni di una VOLPE DEL DESERTO, con le braccia e le gambe aperte e spalancate ai quattro venti. Come quelle di uno SCOIATTOLO VOLANTE in procinto di planare per spostarsi da un albero all'altro.

Maggie non ci riusciva a credere. Non riusciva a credere a quello che vedeva.

Quel tappo doveva aver spiccato un balzo di qualche DECINA DI METRI. Ed il tutto nell'arco di qualche frazione di decimo di secondo, dato che non l'aveva nemmeno visto farlo. Esattamente come la parata che aveva effettuato prima sul suo pugno diretto.

“N – non...non é possibile...” mormorò.

No, infatti. Non era proprio possibile. Una mossa simile non poteva esistere nella realtà.

Nessuno. Nessuno poteva muoversi a quella velocità. Nessuno poteva muoversi con una rapidità simile. Tanto meno arrivare a quell'altezza, con le gambette secche e corte di cui disponeva.

Quel che aveva fatto superava i suoi limiti fisici, senza dubbio. Non solo: trascendeva addirittura le leggi che governavano il tempo e lo spazio, e le dimensioni in cui si muovono gli esseri viventi.

Era...era assurdo. A dir poco ASSURDO.

Ma ancora non era finita.

Intuendo il suo sgomento, Finnick le rispose.

“PAURA, eh?” le disse, ironico. “Sei sopresa, non é vero?”

Il piccolo mammifero era IMMOBILE A MEZZ'ARIA, mentre le parlava.

In realtà non aveva ancora completato ed esaurito la spinta propulsiva che lo aveva portato sin lassù, dato che ancora stava salendo.

Lo si poteva notare con certezza, ad una più attenta occhiata. Non era perfettamente stazionario, nonostante la levitazione verso l'alto risultasse ormai quasi impercettibile. Ma l'effetto restava IMPRESSIONANTE LO STESSO.

Pareva si fosse arrampicato su di una corda oppure sui pioli impalapabili di una scala altrettanto invisibile. Una scala fatta di ARIA.

Sembrava che vi galleggiasse, dentro a quell'elemento. Quasi quanto un pesciolino, un mollusco o un crostaceo che si ritrovassero alle prese col suo quasi – omonimo di genere LIQUIDO.

Stava quasi dando l'impressione che la FORZA DI GRAVITA' NON ESERCITASSE ALCUN POTERE, su di lui.

Non era possibile. Qui si stava decisamente entrando nel campo della pura FANTASCIENZA.

“Ooh...que tu me cedi po accussì poco?” Le chiese il fennec. “No te preocupe, baby. ES ADESSO QUE VIENE EL BELLO.”

Si esibì in un ghigno a canini scoperti, che scintillò nella bianca luce riflessa del satellite.

L'unica cosa che si poteva scorgere nella slihouette de suo profilo, insieme a due FESSURE SCARLATTE.

“Que tu li vedi LES MES DOS OJOS?” Le domandò, riferendosi alle due fessure appena citate.

Maggie fece quasi per annuire, e lui la indicò a dito.

“Beh...allora vedi de non chiudere i tuoi, BAMBI. Oppure...rischi de non vederme più!! Ahr, ahr, ahr!!”

Certe volte avere a che fare con gli adulti é lo stesso che trattare coi bambini. Nel senso che si finisce inevitabilmente per FARE CIO' CHE SI DICE DI NON FARE. Ed anche questa volta le cose NON ANDARONO CERTO IN MODO DIFFERENTE.

La vice non poté fare a meno, per via di un insopprimibile riflesso fisiologico, di serrare le palpebre.

Non lo fece che per un solo, misero istante. Eppure BASTO'.

Quando le riaprì, subito dopo, Finn NON C' ERA PIU'.

La luna era tornata completamente INTONSA. INTATTA.

VUOTA.

E fu l'ultimo scorcio che riuscì a vedere dell'astro protettore dei sonni e dei sogni, prima di ritrovarsi faccia a terra ad osservare il suolo ed il sotto del van.

Qualcosa le era piombato sopra le spalle, costringendola a finire a terra. E le aveva bloccato e messo dietro la schiena entrambe le mani prima che avesse la possibilità di provare a reagire. O di poter fare qualunque altra cosa.

Di qualunque cosa si trattasse, era tutto avvenuto in maniera estremamente rapida. La daina non aveva fatto in tempo ad accorgersi di nulla. E nemmeno ad applicare qualche genere di contromossa che potesse risultare almeno in parte efficace.

Anche se più che di QUALCOSA sarebbe stato senza alcun genere di dubbio mille e mille volte più opportuno parlare di QUALCUNO.

E Maggie lo sapeva bene, chi era questo QUALCUNO.

E CHI POTEVA ESSERE, altrimenti?

Girò le pupille verso la propria fronte ed il più possibile all'indietro, attivando così la sua VISTA PERIFERICA E PANORAMICA.

Il tipico tratto distintivo di una PREDA, insieme all' UDITO ULTRA – SENSIBILE. Anche se nei tempi antichi, una volta che si finiva catturati e tra le grinfie di un predatore...potevano giusto servire allo sfizio di sapere CHI SI STAVA CIBANDO DELLE TUE TENERE E VIVE CARNI. Giusto per sapere chi era IL TIZIO CHE DOVEVI RINGRAZIARE PER IL FATTO DI MORIRE TRA ATROCI E STRAZIANTI TORMENTI.

Almeno ti levavi la soddisfazione di MANDARLO AL DIAVOLO, mentre TE NE FINIVI ALL'ALTRO MONDO.

Un brivido ghiacciato la percorse, a quel pensiero.

Alzò lo sguardo e i suoi timori ebbero pronta conferma. Non appena la punta delle sue enormi orecchie entro nel suo campo visivo.

Era FINNICK.

Com'era ovvio, ad un certo punto l'attrazione terrestere aveva finito col RECLAMARE I SUOI PIENI DIRITTI. Persino su uno così, che fino a poco prima sembrava risultarne COMPLETAMENTE IMMUNE. E nel scendere le era FRANATO LETTERALMENTE ADDOSSO E SUL DORSO. E mentre gli CAPITOMBOLAVA TRA CAPO E COLLO si era pure trovato il tempo e preso la briga di AFFERRARGLI TUTTE E DUE LE ZAMPE ANTERIORI E DI INCROCIARLE, PER POI MONTARVICI E SEDERVISI SOPRA!

Tentò di disarcionarlo, facendo ondeggiare il torso per toglierselo di dosso. Ma scoprì suo malgrado che NON SAREBBE STATO AFFATTO FACILE.

Non ce l'aveva fatta. La piccola volpe si trovava ancora al suo posto.

“Hngh!!”

Riprovò, emettendo un mugolio dalle labbra. Cilecca anche stavolta.

Sembrava diventato di PIETRA. Di CEMENTO. Di GRANITO.

Era...INSPIEGABILE. Era come se quel nano avesse potuto AUMENTARE DI COLPO IL PROPRIO PESO, pur mantenenedo inalterata la mingherlina massa corporea.

Magie si sentiva oppressa, schiacciata, tenuta sotto da quel che aveva tutta l'aria di essere UN MASSO DI SVARIATI QUINTALI.

Prese a divincolarsi compulsivamente. Doveva togliersi da lì. Doveva TOGLIERLO DA LI'.

E SUBITO, anche. Ma dovette DESISTERE, e quasi da subito.

Finn aveva intuito le sue intenzioni e gli aveva poggiato una mano sulla spalla più prossima ad essa, premendole contro e spingendola contro il bitume solidificato. E che da nero si era fatto ormai grigiastro per via delle brusche escursioni termiche dal giorno alla notte e dell'imperversare degli agenti atmosferici, anche se era da tanto che non pioveva. Senza contare L' INCURIA, ovviamente, visto che era da un bel pezzo che nessuno si degnava di catramare.

“Ouch!!”

Maggie, nel scendere così bruscamente, aveva quasi picchiato mezza faccia. Provò a girarsi nuovamente, almeno per guardarlo in viso e dritto dritto nelle palle delle pupille.

Voleva almeno capire che cosa avesse in mente, dallo sguardo. Ma lui glielo impedì.

La prese per il ciuffo rossiccio sulla sommità del capo, e glielo torse fin quasi a strapparglielo.

“Te avevo avvertita que FINIVA MALE, chica” le disse, portando le scure labbra vicine all'altrettanto scuro angolino di una delle due orecchie. “Ma tu...tu NUN ME HAI VOLUTO DARE RETTA, bimba. Y ahora...ES PEGGIO POR TI. Adiesso, visto que tu ce tienes tanto, te lo faccio passare yo UN TRANQUILLO WEEK – END DE TERRORE.”

Aveva pienamente ragione. Ragione sacrosanta. Se quelli erano davvero i suoi piani, beh...aveva di sicuro INIZIATO CON LA ZAMPA GIUSTA. GIUSTISSIMA. E senza nemmeno bisogno di mettersi a fare proclami e di sbandierare ai quattro venti i progetti a cui aveva accennato in precedenza.

Ci era riuscito benissimo, ad IMPAURARIRLA. E poco interessava che avesse pure SBAGLIATO LA CITAZIONE CINEFILA.

Però era da considerarsi un notevole PASSO IN AVANTI. Una volta il suo socio, solo perché aveva usato quel termine...aveva rischiato di BUSCARLE.

Per lui le parole di cui non conosceva il significato equivalevano ad INSULTI.

Se non altro...aveva IMPARATO.

Maggie era spaventata. SPAVENTATISSIMA. Per il solo e semplice fatto di trovarsi un PREDATORE FAMELICO DIETRO ALLA PROPRIA NUCA. E SENZA ALCUNA POSSIBILITA' DI RISPONDERE O DIFENDERSI DALLA MINACCIA.

“Ma...ma cosa vuoi fare?!” Chiese. Ma dal fennec non arrivò alcuna risposta.

“Cosa...cosa vuoi fare?!” Gli ripeté lei. “C – che...che diavolo ti sei messo in testa di fare?! Dimmelo!!”

“Seconda ti?” Le chiese di rimando lui. “Me siembra ovvio, querida la mi muchacha. Tu FAS DOS PLUS DOS...quel tanto ques te basta por andar da TREINTA A FAR TREINTA Y UNO. Anzi...TREINTA Y DOS, trentadue, visto que a trientuno me sa que ce siamo già arrevati.”

“M – ma che stai...che stai dicend...”

“Sssshh. CALM DOWN AND TAKE IT EASY, babe. Siamo appena all'inizio. Te l'agg' ritt que IL BELLO VIENE ADIESSO, no? O meglio...DEVE ANCORA VENIRE,a volerla dir toda. Pensa, Occhidolci. Pensa. Reflettice sopra un POCHITTO. You've a PREDATOR ON YOUR BACK, tu tienes un PREDADOR dietro de ti. La CACCIA es terminada, bella mia. Avimm'jogado ad ACCHIAPPARELLA, y ho VINTO YO. Te ho CATTURATA. Y detto INTER NOS, tra mi e ti...secondo el tu modesto parere, COSA FANNO UN PREDATORE Y UNA PREDA QUANDO LA CACCIA E' FINITA E IL PREDATORE HA VINTO?”

“I – io...”

“C'mon!! Repondéz - vous!!” La esortò sbatacchiadole ed agitandole la testa mediante il ciuffetto che teneva ancora ben stretto e saldo nella mano. “Cosa credi che faccia un predatore, quando ha catturato la sua preda? COSA CREDI CHE FACCIA, EH? DIMMELO!!”

“T – tu...tu sei PAZZ...AH!!”

Non le riuscì di completare il commento. Un nuovo, lancinante strattone alla ciocca situata appena qualche dito sopra la fronte la obbligò a tacere.

Chiuse un occhio, mentre si mise a digrignare con forza i denti per cercare di resistere al dolore.

Una smorfia di estrema sofferenza le comprave sul volto.

“Facciamo accussì” le suggerì Finnick. “Ahora...TE LO DEMOSTRERO' COI FATTI, cossa te voglio fare. Quel che te farò...VALE PIU' DE MIL UND MIL ENUTLES PALABRAS. De mille enutili parole. Aaahh...”

Insieme a quel suono spalancò le proprie fauci mostrando le puntute appendici che le farcivano su entrambe le arcate, come un paziente docile e sedato di novocaina mentre si stravacca e stramazza sulla poltrona dell'odontoiatra in vista di un'imminente otturazione.

Non appena udì quel rumore, alla daina le si rizzarono letteralmente i peli della schiena.

“M – ma...che cosa vuoi far...”

Si era bloccata. In realtà lei lo sapeva benissimo, quel che le voleva fare. Stava per farle quel che la giovane aveva immaginato che Nick le avrebbe fatto il primo giorno che si erano visti ed incontrati.

Quando l'aveva guardata dritta dritta nelle pupille e l'aveva raggelata lì dove si trovava, dietro alla sua scrivania, mentre stabiliva le nuove direttive e la nuova linea d'azione. E mentre ridistribuiva l'organigramma. E...

E si. Lo doveva ammettere. Doveva essere sincera, nei confronti di sé stessa. Anche quando si immaginava lei e lui. SENZA VESTITI.

Completamente IGNUDI. Ed abbracciati ed allacciati l'uno all'altra mentre si amavano furiosamente.

Perché si sa che i predatori, quando sono al culmine ed al massimo dell'eccitazione...si mettono a MORDERE. O almeno era quello che aveva sentito dire. E di cui aveva letto in proposito.

Perché, intanto che aspettava che accadesse qualcosa, QUALUNQUE COSA...si era ADEGUATAMENTE DOCUMENTATA, a tal riguardo.

Forse non sarebbe MAI SUCCESSO. Forse non sarebbe mai successo NULLA. Ma se succedeva...non si sarebbe di certo fatta trovare IMPREPARATA.

I predatori maschi, durante L' ATTO, serrano spasmodicamente le mascelle attorno alla cotenna dei fianchi o delle spalle della femmina e non mollano. Fino a che non si sono completamente scaricati, svuotati per poi crollare su di esse totalmente privi di forze e vigore.

A quello pensava, mentre con una mano si stringeva il petto immaginando che FOSSE QUELLA DI NICK. Che di sicuro sarebbe stata, doveva essere PIU' GRANDE E FORTE DELLA SUA. E con l'altra, che intanto, si discostava piano dalla sua compagna per scendere lungo la pancia e da lì ancora giù, SEMPRE PIU' GIU'...

DI PIU'...

Basta. Non era il momento, cavolo. Non era proprio il momento.

Morderla. Nick non lo avrebbe mai fatto.

Con Nick...NON LO AVREBBE MAI FATTO.

E comunque, quel che il suo comandante gli avrebbe fatto solo nelle sue più recondite fantasie e nei suoi più sfrenati sogni...il suo compare STAVA PER FARLO SUL SERIO.

Stava davvero per SALTARLE ED AZZANNARLA ALLA GOLA, quella BESTIA.

Ma dove pensava di stare, quello? ALL' ETA' DELLA PIETRA, forse?

I tempi erano cambiati, al giorno d'oggi.

Nessuno...SBRANAVA O DIVORAVA PIU' NESSUNO. O forse...

...O FORSE NO?

“N – non...non puoi farlo!!” lo avvertì, cercando di affettare indifferenza e sicurezza. Pur non disponendo né di una ne dell'altra, in quel preciso istante. “T – tu...tu stai BLUFFANDO, ecco la verità!! N – non...puoi farlo davvero!! Non puoi volerlo fare veramente!! Tu vuoi solo SPAVENTARMI, n – non...non é vero? Ma certo!! Ma certo che é così!! T – tu...tu non puoi avere il coraggio di farlo per davvero!!”

“T – tu...tu non lo farai, capito?!” Gli ripeté. “Tu non lo f...”

SZOCK.

Si interruppe di botto. Perché era rimasta senza fiato, dopo che i suoi padiglioni auricolari ebbero sentito quel suono. Paragonabile a quello di un infinitesimale punteruolo che buca un fogliettino di cartone bianco o magari colorato, dopo aver girato e rigirato su sé stesso e scavato a fondo fino a generare un forellino sulla superficie ruvida.

E poi, dopo quel suono...un gran calore. Alla base del collo.

Lo aveva fatto, quel folle. Lo aveva fatto PER DAVVERO.

SUL SERIO.

Finnick aveva serrato le proprie due file di zanne attorno alla metà sinistra della sua gola. E quattro minuscoli rivoletti erano sgorgati dagli equivalenti punti in cui gli inizi dei suoi canini avevano affondato dentro la pelle, vincendo la tenue resistenza del primo strato della cute stessa e giungendo fino al secondo, quello inferiore. Il tutto con la sua linguetta viscida che lappava nella parte di mezzo di quel cruento quadrilatero, saziandosi ed abbeverandosi di quanto usciva, per pur poco che fosse.

Stava...stava BEVENDO IL SUO SANGUE.

Niente di più niente di meno di come avrebbe fatto un VAMPIRO. E non si stava tirando in ballo unicamente la ben nota e famigerata razza di PIPISTRELLO.

Grossomodo, quel che gli aveva fatto altro non lo si poteva consderare che una sorta di BRUTTO PIZZICOTTO. Dato con i denti anziché con le dita. Ma già di per sé, quell'atto costituiva una cosa GRAVISSIMA.

IL PEGGIOR CRIMINE CHE SI POTESSE COMMETTERE.

Era una cosa IMMORALE, SBAGLIATA. Totalmente fuori dalle norme che regolavano la società e la convivenza civile.

Quel fennec...doveva essere REGREDITO ALLO STADIO PRIMITIVO, come minimo.

Aveva fatto una cosa da ANIMALE.

DA ANIMALI, proprio. L'aveva...

L' AVEVA MORSA.

LA STAVA MORDENDO. Ed era...

Era una cosa a dir poco ORRIBILE. INSOPPORTABILE.

La daina urlò.

“AAAAAHHH!!”

“HA HITTA!!” Gli fece lui, farfugliando perché aveva la bocca piena. Piena di una porzione di carne della giovane.

“Ooh...hto hringendo la hua HAROTIHE HALDA, Magda...” le disse. “Homo hes HELLAH HELAHHIHAH...he hu riehi a hapihe huel he hiho?! Hm?!”

Maggie era immobile, fuori di sé.

“Rihondih!!” La esortò il piccoletto. “Riehi a hapire huel he ti diho?!”

La vice annuì.

“Si...si.” gli rispose, muovendo il capo per quanto potesse.

“Huy hien...ahardate a mueherte o a ullahe anhora que te la REHIDO DE NEHHO, hlaro?”

“C – come?!” Chiese la daina.

Il fennec sbuffò.

Mollò la presa dal prelibato malloppo, o almeno così sembrava che lo trovasse, e rialzò la testolina.

“Ho detto...AZZARDATI A URLARE CHE TI MORSICO DI NUOVO. E TI RECIDO DI NETTO LA CAROTIDE, INSIEME AD UNA DELLE GIUGULARI. Me soy ESPLICADO, uh? Mi sono spiegato a sufficienzia, tesoro?”

“S...si.”

“Muy bien. E te informo que lo stesso sarà si nun farai quel che te digo. E si parlerai sienza essere stada enterrogada.”

“C – cosa?! M – ma c – che...”

“Fà silenzio!! Te ho appena dito que parlo yo. Que te ho fatto una domanda, por caso?”

“M – ma...”

A quelle parole Finn si riavvicinò al suo collo ed aprì la bocca.

“N – NO!!”

“Rispondi, MOCCIOSA!! Que te ho fatto una domanda, por caso?”

“I – io...”

“Allora?”

“N...no.”

“Bene. E visto QUE CE SEMO, visto que ci siamo...vedi de non mueverte tropo e de non provare a liberarte. Si no el risultado...sarà EL MISMO, el medesimo. Alla menema mossa o passo falso...te ne finisci SGOZZATA, ok?”

E per meglio farsi intendere, si passò il pollice sinistro davanti al pomo d'adamo. Lentamente, mimando il fendente di un temperino a scatto, insieme al rumore.

“ZZZZZKKHH!!”

“O...ok” gli disse Maggie. “I – io...io me ne starò buona, v – va bene? N – non...non mi muovo, vedi?”

“Mejo accussì, bambina. Così va meglio. Mejore. Bién, visto que se hablava de preguntas...visto que se parlava de domande, yo adesso te ne farò una. Y vojo que tu me responda SINCIERAMIENTE. Te darò un PEQUENO AJUDE almeno EN PRENCIPIO, almeno all'inizio. Ma quando me dovrai respondere...TE LA DOVRAI CAVAR DA SOLA, bella mia. Y a quel punto te darò solo TRE POSSIBILIDAD. Si me responderai giusto...TE LASCERO' ANDARE. Ma si SBAGLI...”

Rifece il gesto della molletta. Ed il gracchiare.

“ZZZZKKHH!!”

“C – cosa?! M – ma io...”

Finnick si diresse verso il suo collo, pronto a morderlo di nuovo.

“N – NO!! NO, TI PREGO!!” Lo implorò lei. “N – NON...NON FARMI MALE!! N – NON...NON FARMI DEL MALE, TI PREGO!!”

Le lacrime stavano iniziando a farle capolino. Ancora una volta.

L' ENNESIMA, per quella nottata.

“Que cosa te ho detto, prima?” Le domandò. “Fame un'altra domanda enutile, fuerza!! Dì COSA un'altra STRA – MALADETTISSIMA VOLTA!! Avanti, PICCOLA SMORFIOSETTA PRESUNTUOSA CHE ALTRO NON SEI!! TI SFIDO!! DILLO UN'ALTRA VOLTA, SU!!”

Notò cosa aveva preso a fuoriuscirle dalle palpebre sbarrate.

“Tsk” osservo, con disprezzo. “Lagrime. TODOS IGUALES, USTEDES HEMBRAS. Siete TUTTE UGUALI, voi FEMMINE. Quando non sapete cosa fare...VE METTETE A PIANGERE. Pensate que una BELLA SCARAGNATA RESOLVA TUTTO. Que SESTEMI OGNE COSA.”

“Peccato seulement que...” aggiunse. “Peccato que ad alcuni de noi MASCULI NON EMPORTI NULLA, DE VEDERVE FRIGNARE. Anzi...CE GODONO PURE. Por que, de facto...accussì faciendo AMMETTETE LA VOSTRA DEBOLEZZA ED ENFERIORITA' DAVANTI A LUI. Y GLIE CONFERMATE IL SU CONTROLLO Y EL SU PREDOMINIO SU DE VOI.”

“I – io...scu...SCUSA.”

“Que...que tu as dis? Che cossa l'é que tu ha detto?”

“Io...io ti CHIEDO SCUSA, Finn. T – ti...ti VOGLIO CHIEDERE SCUSA. Parlerò...da ora in poi parlerò solo SE INTERROGATA.”

“Right. Y ahora dime....che cos'é che senti?”

“C – come?”

Dopo averlo detto, Maggie sobbalzò. Si era detto NIENTE ALTRE DOMANDE.

“Tranquila” la rassicurò lui, esibendo un ghigno che era tutt'altro che tranquillizzante. “Questa TE L'ABBONO. Dimmi...che sensazione é che senti, adesso?”

“Io...io...non so.”

“Prova, piccola. BUTTATE.”

“N – non...non so...D – DOLORE, forse?”

Finn fece per aprire la bocca. E la daina si rimise a supplicarlo.

“N – NO, ASPETTA!! T – TI PREGO, A – ASPETTA!! NO...NO!!”

“Ehi, ehi!!” le fece lui, sghignazzando di gusto. “Relax, ragazzona. No es ancora el momiento. Semo ancora ne la fase degli AIUTINI. Y comunque, en ogne caso...TU AS TROMPE'. Hai sbagliato. Resposta errata. GNEEEKK!!”

Si era concesso un istante per emulare il CICALINO ELETTRONICO DI UN CONCORSO A PREMI TELEVISIVO.

“Dunque....reeeplay. Che cossa l'é que tu siente?”

“Io...D – DISPIACERE, p – per caso?”

Finnick scosse la testa.

“Nada.”

“D – DISPERAZIONE?”

Altro agitamento di capo.

“Nope.”

“Aaahh...rién a faire, Occhidolci. Semo in alto mare. Facciamo accussì. Te la do yo una petita IMBECCATA DE DRITTA. Tu veux saver como te siente, hm?Ma el punto e capire COSA SIENTI. Vuoi sapere cosa tu siente, Nocciolina? Te lo digo yo cosa tu siente. Tu te siente como...como se tu HA PIERSO QUALCOSA. Como se tu ha pierso qualcosa de muy RARO Y PREZIOSO. El tu TESSORO.”

“U – un tesoro? M – ma c – che...”

“Ahora basta” sentenziò il tappo. “Fine de L'AYUDO DA CASA Y STOP CON LE TELEFONADAS. Da adesso en poi...SE FA SUL SERIO. TE ARRANGI DA SOLA, bella mia. Yo...NON TE AYUDERO' PLUS, nun te aiuto più. Como da ACCORDO Y CONTRATTO...da ora en depuis sono solo AFFARI TUOI.”

“C – cosa?!” esclamò lei. “M – ma io...io N – NON S – SONO P – PRONTA!! I – io n – non so...”

Ma il fennec aveva già riaperto le fauci ed aveva ripreso a procedere verso le vene ed i vasi sanguigni alla base della gola. Quelli belli portanti, che facevano affluire la linfa vitale e l'ossigeno nuovi, carichi e puliti direttamente al cervello, per poi riportare quelli esausti ed impuri verso il cuore.

“Te consiglio de spicciarte, a darme le risposte” le fece. “Altirmenti...TU LO SAS MUY BIEN, cosa accadrà.”

La mente di Maggie iniziò ad agitarsi e a vorticarle dentro come un frullatore. Esattamente come le SUE DITA, nei dolci ed intimi momenti a cui si era stranamente ritrovata a pensare poco prima. Ma stavolta...NON VI ERA NULLA DI PIACEVOLE, in quel ribollire.

Non c'era in ballo il suo PIACERE. C'era in ballo LA SUA VITA.

Già. LA VITA. Forse...

No. Assurdo. Non poteva essere così SCONTATA, la risposta. E poi...e poi quel BUZZURRO d'una volpe del deserto a simili livelli filosifici non ci poteva arrivare di certo.

Che diavolo ne sapeva della vita e delle sue sottigliezze uno che la sua la impiegava e sprecava solo per BERE, FUMARE e FORNICARE?

Che diavolo ne poteva sapere? Meglio optare per qualcosa di TERRA – TERRA.

“Il...” balbettò, esitante. Ma non vi era più molto, da poeter esitare. “Il DUELL...”

“WRONG, chica” le rispose lui, senza nemmeno farle finire la parola. “YOU 'VE FAILED. Sotto col secondo tentativo.”

Ed avanzò ancora.

Il respiro della daina si fece affannoso.

Cosa fare, maledizione? Che dire?

Ma si. Tanto valeva tentare la prima risposta.

“L – la...la VITA” Provò a pronunciare, ormai con un filo di voce.

Per tutta replica Finn le serrò le fauci attorno ad uno dei due grossi tendini laterali che regolavano il movimento e la stabilità del suo cranio di cervide. E questa volta...NON SI LIMITO' AD APPOGGIARLI E BASTA.

NIENTE PIZZICOTTI. Stava applicando la TIPICA PROCEDURA DI UCCISIONE DI UNA PREDA BRACCATA E CATTURATA DA PARTE DI UN PREDATORE in maniera pressoché PERFETTA. Da MANUALE.

Era una riuscitissima quanto micidiale via di mezzo tra uno STRANGOLAMENTO ed un SOFFOCAMENTO.

Le stava bloccando sia l'immissione di aria che di sangue. Restava da capire se a farle perdere conoscenza, per poi farla entrare in un COMA MORTALE E SENZA ALCUNA POSSIBILITA' DI RECUPERO O RITORNO...sarebbe stato prima il BLOCCO DEGLI SCAMBI RESPIRATORI oppure quello CARDIO – CIRCOLATORIO.

Si aprono le scommesse, signori. Quale tra i due COLLASSI l'avrebbe fatta CREPARE PER PRIMA?

Chi tra i due atleti avrebbe trionfato? Il celeberrimo MR. VACUUM oppure l'altretanto famoso APOPLEX STRIKE, detto anche THE INFART per gli innumerevoli amici, fan e sostenitori?

Fate il vostro gioco, gente!!

C'era proprio da poterci SCOMMETTERE SOPRA, se non fosse che era così tragica.

Stava per MORIRE. La stava per UCCIDERE.

Emise un grido che non avrebbe mai pensato di poter emettere.

Un BRAMITO. Il lamento di un suo simile che stava per venire AMMAZZATO.

Il saluto, L' ULTIMO SALUTO da parte di una cerva MORENTE a questo mondo. Mentre il pianto, ormai...aveva preso a scorrere copioso.

“Hehho hahuto” sentenziò Finn, spietato. “AHIEHU.”

AHIEHU.

ADIEU.

ADDIO.

Anche lei, conscia delle propria imminente fine, aveva preso ad agire da manuale. Dal punto di vista di quelli che vengono CACCIATI e MANGIATI, però.

E cos'é che fa una preda, quando inizia...anzi, quando si rende conto di essere giunta alla fine della sua pista, del percorso della sua esistenza?

Semplice. Molto, molto semplice.

SI LASCIA ANDARE.

Abbandona tutto e tutti. Ogni cosa. Si lascia alle spalle tutto quanto.

In preda al dolore e al terrore, ma ancora lucida e bella cosciente. Con gli occhi rivolti al cielo, a mormorare un silenziosa e sommessa preghiera nei confronti del creato, dell'intero creato...

Per ringraziarlo di tutto quello che ha avuto, e che gli é stato donato. E di quello che non potrà mai più sperare di avere. NON IN QUELLA VITA almeno, visto che é in procinto di TERMINARE PER SEMPRE.

In quel momento...TUTTO CESSA DI ESISTERE. NON SOLO LEI.

Tutto. Persino IL PREDATORE CHE LA STA ACCOPPANDO E DIVORANDO, mentre é ANCORA VIVA.

Ed é proprio lì...Proprio lì che LA PREDA VINCE. Nonostante STIA PERDENDO.

Nonostante ABBIA GIA' PERSO.

Il predatore può avere IL SUO CORPO.

La sua CARNE.

Il suo RESPIRO.

Il suo SANGUE.

Ma la sua ANIMA, il suo SPIRITO...quelli NON LI POTEVA AVERE.

NON AVREBBE MAI POTUTO AVERLI.

Quelli gli APPARTENEVANO, e sarebbero RIMASTI SUOI.

IN ETERNO.

Finnick aveva cessato di esistere. Alla pari di tutto quanto il resto ed il circondario.

E fu allora, con il cervello ormai annebbiato dalla doppia carenza sia di genere ASFITTICO che APOPLETTICO, ed ormai sul punto di DEFLAGARE ed ESPLODERE DEFINITIVAMENTE, ormai completamente finito vittima dell' EMOZIONE, al punto di venirne TRAVOLTO e PARALIZZATO...

Fu allora che gli balenò un'idea.

Anche quello era uno schema assai consolidato.

Quando viene attaccata, quando si viola il suo SPAZIO VITALE...una preda si mette a FUGGIRE. E quando poi si ritrova con le spalle al muro e capisce che non vi é più alcuna via utile dove poter scappare...allora decide di GIOCARSI IL TUTTO PER TUTTO.

Ma quando anche quell'opportunità fallisce...prima di cedere e di finire alla completa mercé dell'aggressore, quasi consegnandosi a lui così docilmente e sommessamente, la preda decide di giocarsi un'ULTIMA CARTA. PRIMA DELLA RESA TOTALE ED INCONDIZIONATA.

Tenta un BLUFF. Proprio come quello che Maggie pensava che stesse facendo il buon vecchio fennec, prima di accorgersi suo malgardo e a sue spese che NON STAVA AFFATTO SCHERZANDO.

UNA BURLA. UNO SBERLEFFO. Quando non rimangono altre opportunità da sfruttare.

Quando NON RIMANE PIU' ALCUNA ALTERNATIVA.

E' l'istinto.

E' L' ISTINTO DI SOPRAVVIVENZA.

E' sempre LUI, a PARLARE PER ULTIMO.

E' sempre LUI, ad avere L' ULTIMA PAROLA IN UN DISCORSO.

E' sempre LUI, ad AVERE LA MEGLIO SU TUTTO QUANTO. Persino sulla VOGLIA DI ARRENDERESI E DI FARLA FINITA.

Per quanto incredibile sia a DIRSI che a PENSARSI...Maggie si RILASSO'.

Ci riuscì, nonostante l'apnea che la stava conducendo all'incoscienza e alla perdita dei sensi.

 

Calma, si disse.

E ragioniamo. Proprio come avrebbe detto Nick.

Che...che cosa avrebbe fatto, in casi come questo?

Avrebbe detto che...

Avrebbe detto che C' E' SEMPRE, UNA SOLUZIONE.

Avrebbe detto che C' E' SEMPRE, UNA VIA DI USCITA.

 

Era completamente immobilizzata. Non poteva reagire. Non poteva liberarsi in alcun modo. Il piccoletto era troppo pesante e forte. Era troppo PIU' FORTE DI LEI.

Non aveva che una possibilità, ormai. Non le era rimasta che quella.

Doveva trovare QUELLA RISPOSTA. Doveva trovare quella DANNATISSIMA RISPOSTA.

Voleva quella risposta? E gliel'avrebbe data,

Solo quello. Bastava solo quello.

Almeno in quello era rimasta LIB...

Uh – oh.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'aveva sentita.

Aveva percepito chiaramente che lei aveva smesso di IRRIGIDIRSI.

Si stava calmando.

A Finn venne da sorridere. Ed infatti lo fece, ma lo tenne PER SE' e DENTRO DI SE'.

La prova non era ancora finita.

Per un attimo aveva quasi avuto la tentazione di SMOLLARE IL GIOGO, ed allentare la presa. Ma non poteva. Altrimenti...

Altrimenti se ne SAREBBE ACCORTA.

E perciò...fece L' ESATTO CONTRARIO, schiacciando e stringendo ancora di più.

Tanto era andato avanti fino ad adesso. Un secondo in più e una strizzata in più non avrebbero fatto poi questa gran differenza. Non avebbero cambiato nulla.

Del resto, aveva come il sentore che i prossimi sarebbero stati GLI ULTIMI ATTIMI DI SOFFERENZA CHE LE AVREBBE INFLITTO, per quella sera.

IN UN MODO O NELL'ALTRO. Indipendentemente da COME SAREBBE ANDATA A FINIRE.

Ma aveva ben motivo per azzardarsi a pensare che sarebbe finita NEL MODO GIUSTO.

Si. SAREBBE FINITA BENE.

La giovane agente era sulla STRADA CORRETTA, finalmente. Non le restava che PERCORRERLA. E andare FINO IN FONDO.

Stava iniziando a capire. Aveva capito in tempo, per fortuna.

Maggie aveva capito. E Finn...AVEVA CAPITO CHE AVEVA CAPITO.

 

Ci siamo, disse tra sé.

Coraggio, bimba.

Coraggio, MAGDALENE MAY.

Ci sei quasi. Non mi deludere.

NON MI MOLLARE PROPRIO ADESSO.

Manca poco, forza.

ANCORA UN MIGLIO.

NON E' CHE UN ALTRO MIGLIO IN PIU'.

AVANTI, dillo.

AVANTI.

DILLO.

DILLO!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Maggie alzò la testa, visto che le riusciva ancora di muoverla, e prese ad osservare la luna. Che faceva risplendere nel nero spazio in cui si trovava immersa la luce riflessa direttamente dal suo collega di stampo e rango più grande e superiore, come sempre e da sempre pacifica ed incurante di tutto quanto le sta attorno.

Né di più né di meno di quanto si sentiva e di quanto lo doveva essere lei in quel preciso momento.

Trasse un respiro profondo, per lo meno per quanto poteva.

“...La...” disse, con un filo di voce.

Finn girò gli occhi verso di lei, senza smettere di effettuare pressione con le fauci.

“Hh?!”

Sembrava in attesa.

Maggie esitò ancora per un istante, quasi avesse paura ad enunciare quella parola. Come un soldato che deve attraversare un campo o uno spiazzo, verso l'elicottero che lo caricà su con sé e lo condurrà verso il campo base. Verso la salvezza.

Verso CASA.

Oppure allo stesso modo di un naufrago che deve mollare, abbandonare la zattera o lo scoglio su cui si é momentaneamente aggrappato e rifugiato per raggiungere la scialuppa coi soccorritori.

Ebbene, sono proprio QUEI MOMENTI. Sono quei momenti, quelli in cui si prova più TIMORE.

I momenti dove scatta il TERRORE.

Quello VERO, AUTENTICO. PROFONDO.

Quando gli altri ti RASSICURANO pronti ad ABBRACCIARTI, a TENDERTI LE ZAMPE e a RIEMPIRTI DI PACCHE SULLE SPALLE, mentre ti dicono che E' FINITA, finalmente.

O che almeno DOVREBBE ESSERE FINITA. Ma che finita, purtroppo...NON LO E' MAI.

Perché NON CI SI CREDE, ecco qual'é la verità. Per il semplice fatto che SE NE SONO PASSATE TROPPE.

Si sono prese tante e tali di quelle BASTONATE e di LEGNATE dalla vita che non ci si crede che possa cambiare per davvero. Non ci si crede di essere ANCORA VIVI, nonostante tutto.

Si pensa di esserlo ancora...si pensa che il destino ci abbia voluto mantenere ancora tali solo per il sadico quanto perverso piacere di rifilarci un ENNESIMO COLPO BASSO, proprio ALL'ULTIMO.

Qualcosa che ci afferra per la caviglia e ci trascina a fondo, verso gli abissi senza fine dell'oceano, giusto mentre stavamo percorrendo l'ultimo tratto a nuoto.

Un cecchino, che c'era dove non doveva esserci, visto che avevano provveduto a bonificare e ripulire opportunamente tutta quanta la zona. E poi un lampo rosso, accompaganto da uno schiocco secco. E d'improvviso si sentono le gambe di gelatina, e ci si chiede per quale dannato motivo non riescano più a sorreggere il proprio peso. E ci si affloscia a terra, con l'atroce dilemma sul fatto che forse, quel che si sente colare sul collo e sulle spalle sia il CERVELLO, il CERVELLETTO oppure la PARTE INIZIALE DEL MIDOLLO SPINALE...

Salvezza e perdizione COINCIDONO, inevitabilmente ed invariabilmente.

Non le usciva nulla. Voleva dirla, quella parola. Ma non ci riusciva.

Da quella dipendeva TUTTO. OGNI COSA.

E...e se si fosse rivelata SBAGLIATA?

Assurdo. Era semplicemente ASSURDO.

Avrebbe dovuto restare vicino a Nick. Vicino al suo comandante. Vicino al suo AMAT...

Doveva stare lì con lui. Ed invece...

Invece aveva voluto saldare uno stupido, stupidissimo DEBITO D' ONORE. E di RANCORE.

Perché lei non lasciava debiti insoluti con NESSUNO. MAI. Così come a nessuno faceva sconti.

E per colpa di quello...adesso gli toccava dover CREPARE IN UNA MANIERA COSI' CRETINA.

Assurdo. Semplicemente ASSURDO. Eppure...

Eppure DOVEVA RISPONDERE.

LUI...LUI, al suo posto...LO AVREBBE FATTO. E SENZA ESITARE.

Nick era lì, a pochi passi. Vi erano pochissimi isolati di distanza, che li separavano.

Doveva solo rispondere, null'altro. Dare quella STRAMALEDITISSIMA RISPOSTA.

Sospirò, lanciando fuori da sé quell'ultima stilla di fiato che ancora si ostinava a sostare. Insieme alla RISPOSTA.

“...La...”

Si concentrò. E questa volta completò la fatidica parola.

“...La LIBERTA'.”

Gli angoli delle labbra del fennec si arcuarono verso l'alto, nonostante fossero ancora prese a dare manforte e maggior forza alla stretta dei denti.

Aveva sorriso.

Stava sorridendo, per quel che aveva udito.

La lasciò. Maggie si portò immediatamente una mano appena sotto al mento, cominciando a tossire per via dell'aria che aveva preso ad irromperle tutto d'un botto dentro alla trachea.

“Muy bien” sentenziò, stando ancora seduto sopra alla sua sua schiena snella. “Es proprio quello che volevo sientire. BRAVA LA MIA FIGLIOLA.”

“Coff!! Coff!! C -cosa?!” Domandò lei, ancora in preda agli spasmi dei bronchi. E senza smettere di massaggiarsi il collo.

Si bloccò per un attimo, rimanendo come paralizzata.

L'aveva detto.

Aveva detto ancora quella parola.

Aveva detto ancora COSA.

“Aaaw, tranquila” la rassicurò lui, intuendo la sua improvvisa paranoia. PIENAMENTE GIUSTIFICATA tra l'altro, visto quel che le aveva appena fatto passare. “Ahora...ahora tu LA PUEDE PRONUNZIAR, QUELA PALABRA. La puoi dire, quella parola. NO ES PLUS FORBIDDEN, no es più prohibida. Tu la puede dir e repietere quanto te pare.”

“C – cosa?!” replicò lei.

E dagli. Ormai ci aveva fatto il vizio.

“C – cosa?! V -vuoi dire...v – vorresti dire che...”

“Eeexactly, chica” le confermò Finn. “Tu ha ENDOVENATO. Es...es la LIBERTAD, quella che tu ha pierso. Te sienti MUY TRISTE y ANGOSCIATA por que quando perdi un combattimento, tu perdi la LIBERTA'. La tu vida NUN TE APPARTIENE PIU. JAMAIS.”

“Tu no es più PADRONE TE LA TU EXISTENCIA” le spiegò. “La tu vida FENISCE NE LE ZAMPE DEL TU AVVERSARIO. Y lui, da quel prieciso momiento, DEVENTA EL TU PADRONE E SEGNORE. Por que tienes el PODERE DE DISPORNE COMO, QUANTO Y MEGLIO GLIE AGGRADA.”

“Da esto momiento en depuis...” continuò, “ogne tuo attimo può essere THE LAST, L' ULTEMO. Può FENIRE quando meno te l'aspetti. Y NON SEI PIU' TU, QUE DECIDI QUANDO Y DOVE MORIR. Sta todo...sta tutto al CAPRICIO DE CHI TE HA BATTUTA. Si lui decide que tu VIVI...TU VIVI. Si lui decide que tu MUERE...TU MUORI. THE END. Fin de la comédia. Fine della storia. EINDE. GAME OVER. KAPUTT. Entendido?”

Maggie sgranò gli occhioni castano scuro.

“M – ma...ma allora...quel peso c- che...”

“Tu lo siente, right?” la interruppe il piccoletto. “Quel peso che te opprime el petto. GRAN BEL PETTO, tra l'altro...”

Si umettò le labbra con la lingua, dopo quella sorta di complimento. Ma decise che non era affatto il caso di mettersi a divagare ulteriomente.

No, non era proprio il caso.

“Lo sienti, vero?” Proseguì. “Lo senti bene, quella specie de peso che te opprime e que te toglie ogne speranza, hm? Y bada bene...que NO SOY YO.”

E ridacchiò alla sua stessa battuta, mentre Maggie annuiva svelta con un rapido movimento del capo. Lui la scorse.

“Ecco” le disse. “Quello que tu siente...quelo che senti...SE LLAMA SCONFITTA.Es LA SCONFITTA.”

“Ho...ho capito.” annunciò mestamente Maggie, sospirando e reclinando la propria testa.

“Ottemo” proclamò il fennec. “Davvero ottimo. Tu has emparado TODO QUEL QUE CE STA DA SAVER, tutto quel che c'é da sapere a riguardo. Vedi, muchacha...dievi sapere que EL DOLOR y L'HUMILIATION sono da siempre dei GRANDISSIMI MAESTRI. Sono i MEGLIORI MAESTRI QUE UNO PUO' SPERARE DE ENCONTRARE, lungo el su camino. Te INSEGNANO y TE FANNO EMPARARE UN MUCCHIO DE COSAS. El tu avérsario te PICCHIA, te MALTRATTA, te UMILIA y te FERISCE y TE FA DEL MALE. Y tu...tu NON PUOI FARE NIENTE, POR FERMARLO. Y qualunque cosa lui te faccia a ti, al TU CUERPO o al tu ESPIRITO...tu NO PUEDE FAR NULLA, POR TENTARE DE FERMARLO. Qualunque cosa tu faccia...TU NO PUEDE EMPEDIR NADA. Tu...NON PUOI EMPEDIRE NULLA DI CIO' QUE TE STA ACCADENDO, POR QUANTO TU TE SFORZI.”

“Por que...” buttò lì, quasi con rammarico. “Por que YOU ARE WEAK. Por que tu es TROPPO DEBOLE. Lui es PIU' FORTE Y POTENTE DE TI. Y quindi, de CONCEQUENXIA...lui PUO' FAR QUELLO QUE VUOLE. PUO' FAR DE TI Y FARTE TODO QUEL CHE LUI VUOLE. Y lui...y lui LO SA. LO SAS BIEN. Y NE GODE, de esta cosa.”

“Ho...ho capito, Finn” fece lei con voce estrememente calma, dopo aver appieno recuperato il respiro.

Lui sorrise di nuovo. E poi, dopo aver allungato una manina, le scompigliò affettuosamente il ciuffetto sulla sommità del cranio. Proprio quello che prima aveva stretto e ritorto in maniera tanto brusca quanto brutale.

“Ah!”

La giovane agente se ne doveva essere ben ricordata, dato che si inarcò istintivamente all'indietro nonostante l'evidente dolcezza ed inoffensività di quella manovra.

“Buona, buona...” le sussurrò Finn, cercando di rasserenarla. “Tu estas muy bonita, mi querida. Nun ce sta plus alcun besogno di tenere paura, ahora. Fidate.”

“Dunque...CE SEI ARRIVATA, finalemént” le confidò, subito dopo. “Si tu ha comprendido quel que t'ho dito...se hai capito quel che te ho detto...vuol die que tu HA CAPITO TODO QUEL CHE C'ERA DA CAPIRE. Y yo...yo NO TIENGO PIU' NULLA DA INSEGNARTE, Bambi.”

“C -cosa?!” Gli domandò Maggie.

Un'altra volta. Ma ormai non vi era piu' alcun pericolo.

“Estas proprio accussì” le rivelò la minuscola volpe. “Tu as...HAI SUPERATO LA PROVA, piccola mia. Y lassate dire...lassate dire que esto VECCHIO PELLEGRINO VAGABONDO ES FIERO Y MUY ORGOGLIOSO DE TI. Sei...sei davvero UN' OTTIMA ALLIEVA, MAGGIE.”

“Oh...”

La daina si permise di ricambiare timidamente il suo sorriso. PER LA PRIMA VOLTA, dopo quella sera.

PER LA PRIMA VOLTA, TRA LORO DUE. Dopo TANTO, TANTISSIMO TEMPO.

“Bién” saltò su lui. “Y adiesso, visto que tu has superada la PROVA PRELIMENARE...te ritengo UFFICIALMIENTE ESCRITTA ALLA PALESTRA DE STRADA Y DE VIDA del maestro FINNICK. Que poi...SAREI YO. AHR, AHR, AHR!! Dunque, por primera cosa...qui besogna FESTEGGIARE!!”

D'improvviso effettuò un colpo di reni e rotolò all'indietro sulla schiena della vice, senza smettere per un solo istante di rimanerne IN SELLA E A CALVALCIONI. Poi, dopo essere riplanato sul proprio fondoschiena...alzò entrambe le gambette e fece un mezzo giro su sé stesso, finendo in posizione opposta a quella precedente e dandole le spalle.

“M – ma...ma CHE DIAVOLO...CHE DIAVOLO STAI FACENDO?!” Gli chiese allarmata lei, essendosi accorta di quella strana capriola seguita da giravolta.

Che...che cosa d'altro gli era venuto in mente, stavolta?

Che cosa aveva intenzione di farle?

“C – che...che DIAVOLO STAI FACENDO, Finn? C – CHE DIAVOLO...CHE DIAVOLO HAI INTENZIONE DI FARMI?! RISPONDIMI, MALEDIZIONE!! E' UN ORDINE!!”

Ma Finnick non le replicava, tutto preso ed assorto da quella SOAVE VISIONE.

Eccole lì. Appena sotto il punto in cui la coppia di muscoli esterni del lombi confluivano fino a formare la sua BELLA CODINA. Che in quel momento continuava ad agitarsi convulsamente e senza sosta alcuna, quasi a voler compensare il fatto che il resto del corpo di cui faceva parte non potesse fare altrettanto.

Eccole lì. Tutte e due.

EVARISTA e ERNESTA.

Rispettivamente CHIAPPA SINISTRA e CHIAPPA DESTRA.

PIACERE DI FARE LA VOSTRA CONOSCENZA, care le mie GEMELLINE BELLE.

Con chi...CON CHI COMINCIO, TRA VOI DUE?

Si concesse un istante per rimanersene lì dove stava a BEARSI e a COMPIACERSI di quello SPETTACOLO.

Eccole lì. Bellissime, TUTTE E DUE. In PRIMA FILA per LO SPETTACOLO UNICO.

Così TONDE, SODE e PERFETTE...proprio come quelle della sua cara MAMMINA. Nonostante l'età avanzata.

E c'era ben da crederci. La cara FRUGOLETTA doveva avere come minimo LA META' DEI SUOI ANNI. E comunque...

BUON SANGUE NON MENTE MAI, ragazzi.

Per un istante ebbe la tentazione di AFFERRARLE e di SFILARLE I PANTALONI DI ORDINANZA.

Così. Giusto per VEDERE COSA C'ERA SOTTO. Per VEDERE LA MARCA ED IL TIPO DI MUTANDINE CHE INDOSSAVA.

Pura CURIOSITA' STILISTICA, che vi credete. Sempre ammesso CHE LI PORTASSE, GLI SLIP.

D'altra parte, si sa...dicono che gli sbirri, ma soprattutto LE SBIRRE, spesso decidano di NON PORTARE BIANCHERIA O INDUMENTI DI TIPO INTIMO, mentre si ritrovano IN AZIONE o IN SERVIZIO.

Sapete com'é...con tutto quel movimento che si ritrovano a dover fare...SI IRRITANO, là sotto.

Le avrebbe rimirate ben bene. Prima di STRAPPARGLIELE A MORSI. Ed aveva avuto un mezzo pensiero di fare la stessa cosa pure con L' ALTRO CAPO DI ABBIGLIAMENTO DESCRITTO IN PRECEDENZA, invece di limitarsi a toglierglielo e basta.

Oh, si. L'avrebbe DENUDATA. Così gliele avrebbe potute mettere NATURE. E RIMIRARE COSI' TUTTO QUEL GRAN BEN DI DIO ALLO STATO BRADO. Con il delizioso SOLCO MESSO DA MADRE NATURA A SEPARARLE e DELIMITARLE rimasto completamente AI QUATTRO VENTI. E a quel punto...

E a quel punto ci avrebbe INFILATO ED AFFONDATO COMPLETAMENTE IL MUSO, a DENTI SCOPERTI E LINGUA IN FUORI.

Per iniziare finalmente a SAZIARE E DELIZIARE ANCHE L' OLFATTO ED IL GUSTO, oltre che la VISTA.

Più che giusto.Anche loro...anche loro AVEVANO DIRITTO ALLA LORO PARTE. E là in mezzo...

Là in mezzo doveva ODORARE E SAPERE DI PARADISO, come minimo. O almeno doveva essere LA COSA CHE PIU' GLI SI DOVEVA AVVICINARE, per un maschio che si rispetti.

E cioè PERENNEMENTE ARRAPATO ED IN CALORE.

Già lo sentiva a distanza, quell'inebriante FRAGRANZA. FEROMONI DI FEMMINA FERTILE E CHE OVULA mischiati a quelli che i NEUROTRASMETTITORI avevano provveduto a secernere per colpa del più recente ATTACCO DI STRIZZA. Da LUI DIRETTAMENTE CAUSATO, tra l'altro.

Avrebbe sentito lo stesso profumo di quando si coglie e si porta alle narici un' ORCHIDEA SELVATICA, cresciuta e fiorita spontaneamente in un giardino ormai incolto ed abbandonato da tempo. E doveva avere sia LE COSCE che i FIANCHI talmente stretti che AVREBBE SENZ'ALTRO TRITURATO QUALUNQUE COSA O APPENDICE MOLLE MA NON SEMPRE CHE AVESSE DECISO DI FARE UNA CAPATINA DA QUELLE PARTI.

Merito anche del grosso e bello SPAGHETTO che le aveva infuso, tra l'altro.

Complice quello...avrebbe senz'altro potuto SPACCARE UNA NOCE, con i muscoletti che le adornanavano e riempivano l'inguine.

Pensò con rammarico al suo socio, che in quel momento se ne dormiva il sonno tormentato dei più o meno giusti.

Che cosa si stava perdendo, il buon Nickybello. E che cosa continuava a perdersi...

Proprio un peccato. Un gran peccato-

Beh, ciancio alle bande. Ci aveva fantasticato e dato dentro con la mente a sufficienza, solleticando a dovere le proprie fantasie. E NON SOLAMENTE QUELLE.

E comunque..restava il fatto che lei...NON ERA E CONTINUAVA A NON ESSERE ROBA PER LUI.

Non era la sua PREDA. Non era pane per i suoi denti e le sue mascelle. Ma piuttosto per quelle del suo figlioccio.

Sempre ammesso e non concesso che si decidesse a DARSI UNA MOSSA, un bel giorno.

In quanto ai suoi pensieri impuri e peccaminosi...niente che un' USCITA A SETTE CON MANITA E LE SUE CINQUE SORELLE NON POTESSE RISOLVERE, giusto per ritirare in ballo una battuta sconcia fatta in precedenza.

Rifletté sul fatto che forse con quei due avrebbe fatto meglio ad INTERVENIRE DI PERSONA, per provare a sistemare la situazione.

Con quei due si era ancora al livello di una COTTA DOLESCENZIALE TRA SCOLARETTI.

Pff. Che SQUALLORE.

Chissà. Forse avrebbe potuto NARCOTIZZARLI A DOVERE, complice una cena in compagnia. Per poi SVESTIRLI E BUTTARLI DENTRO AD UN LETTO QUALUNQUE. Così da FAR CREDERE LORO CHE AVESSERO DAVVERO COMBINATO QUALCOSA, TRA QUELLE LENZUOLA.

In tal modo...AVREBBERO RICOMINCIATO SUBITO, ritenendo entrambi CHE ORMAI IL DANNO ERA FATTO E CHE QUINDI TANTO VALEVA CONTINUARE A SPASSARESELA.

Così sarebbe STATA LA LORO PRIMA VOLTA. Anche se in cuor loro sarebbero stati per sempre convinti che in realtà...fosse la SECONDA.

BUGIE BIANCHE. Possono sbrogliare una matassa di quelle belle intricate, alle volte. Ed in fondo non fanno male a nessuno. Anzi...

Si ricordò che in passato aveva fatto LO STESSO, con una coppia di conoscenti innamorati persi da una vita l'uno dell'altra. Fin dai tempi delle scuole. Ma che non si decidevano mai, perché troppo timidi ed imbranati per farlo.

E adesso...adesso erano SPOSATI CON CINQUE FIGLI. E stavano da favola, insieme. Con un'intesa sia SENTIMENTALE che SESSUALE pressoché perfette.

E forse ma forse poteva funzionare anche con la cara Magda e con Nickybello.

Ok. Sui figli...NON POTEVA GARANTIRE. Ma potevano sempre DARCI DENTRO COME E PEGGIO DEI RICCI, questo si.

Ma ora basta divagare.

Le osservò di nuovo.

 

Rieccomi qua, ragazze.

E scusate per l'attesa, ma alle volte ho la tendenza a CINCISCHIARE.

Allora, BELLEZZE...

Come dicevo...DA CHI COMINCIO?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!!

Felice anno nuovo, tanto per cominciare!!

Anche se il primo mese é quasi agli sgoccioli, e ho già avuto modo di fare gli auguri a molti di voi tra recensioni e risposte varie.

Allora? Come ve la passate, ragazzi?

Spero bene.

Ed anche stavolta ce l'ho fatta.

Non vi nascondo che questo capitolo mi ha fatto letteralmente DANNARE.

E tuttora non sono molto convinto del risultato.

Spero vi piaccia.

Per la seconda volta di fila il protagonista della storia NON COMPARE, ed il capitolo é tutto incentrato sui suoi due...COMPRIMARI D' ECCEZIONE, chiamiamoli così.

Soprattutto su Finn. Che in questo caso ci va giù in maniera decisamente PESANTE.

Inutile nasconderlo. La nostra povera Maggie viene STRAPAZZATA PARECCHIO, qui.

Il fennec ha usato metodi decisamente BRUTALI, ai limiti della violenza fisica. Per non dire anche DI UN ALTRO TIPO, quasi.

Ho detto QUASI, infatti. Fin lì non ci siamo arrivati. Anche se il finale di episodio lascia un inquietante dubbio, a riguardo.

Non c'é niente da fare: col tappo sempre lì si va a parare. Ma abbiate pazienza, ci siamo quasi.

Si, perché ne abbiamo ancora per un capitolo, poi si ritorna al nostro Nick.

Lo so, lo so. Avete pienamente ragione.

Vi avevo annunciato che QUESTO sarebbe stato l'ultimo. Ma...diciamo che la parte più gustosa me la sono tenuta per ultima.

Indubbiamente la vice aveva bisogno di una lezione, questo é sicuro.

Sapete cosa ha ricordato a me, questa scena?

Una parte piuttosto emblematica di V PER VENDETTA, il capolavoro di Alan Moore.

Si, ok, consideriamo pure il film, visto che tanto era molto simile. E mi era pure piaciuto.

Anche se consiglio di dare un'occhiata anche al fumetto, che merita.

Mi riferisco al punto in cui V, per convertire totalmente la sua “allieva” Evey alla propria causa contro il regime, utilizza un metodo, diciamo...UN FILO ESTREMO.

Si rende conto che la ragazza non é ancora pronta. E che le serve una terapia d'urto.

E perciò inscena un arresto, la tiene segregata in una cella dentro la sua abitazione, e la sottopone ad umiliazioni e torture terribili. Facendole credere di essere finita in un campo di concentramento.

E solo quando lei preferisce la condanna a morte piuttosto che una dichiarazione di resa (davanti ad un finto giudice, che é sempre lo stesso V), lui capisce che é pronta. E la libera, raccontandole tutto.

Ed ora un piccolo appunto sulla parte iniziale, che potrebbe lasciarvi lievemente spiazzati.

Come ho già ribadito in passato...non amo citare le mie fonti, dato che considero la caccia alle citazioni una sorta di gioco nel gioco. Ma in questo caso farò una piccola eccezione, in quanto la considero meritevole.

La parte sui duelli all'arma bianca é un omaggio ad un manga che ai tempi mi aveva letteralmente sconvolto. Al punto che per svariati anni non ho più letto altro, sul genere.

Sconvolto in senso positivo, eh. Perché l'opera in questione é assolutamente RACCAPRICCIANTE. Ma SUBLIME al tempo stesso.

Si tratta di SHIGURUI – LE SPADE DELLA VENDETTA, di Takayuki Yamaguchi. Un autore che in passato avevao già apprezzato parecchio per il manga fantascientifico e di combattimenti IL DESTINO DI KAKUGO.

Ma qui, con l'opera successiva, direi che si é superato.

E' una storia ambientata nel Giappone feudale a base di vendette, tradimenti ed ossessioni. E pazzia, sangue e morte. Dove si esplora a fondo il lato oscuro del Bushido, il codice d'onore che regolava la vita e le abitudini della casta guerriera di quel paese.

Dove scopriamo che i Samurai non erano solo dei nobili e virtuosi combattenti. Ma anche delle CIECHE MACCHINE DISPENSATRICI DI MORTE, disposte a tutto pur di eseguire l'ordine di chi apparteneva ad un rango superiore.

Persino ad UCCIDERSI E A FARSI A PEZZI DA SOLI, se occorre.

Lo ammetto, e pertanto preferisco mettere le mani avanti.

L'episodio che ho appena pubblicato potrebbe lasciare alquano perplessi. Ma contiamo che é visto per gran parte con gli occhi allucinati del nostro beneamato Finnick di quartiere.

E quindi, come poteva uscire se non così?

PAZZO, STORTO, COMPLETAMENTE FUORI SQUADRA, FUORI FASE E FUORI FUOCO.

Detto in sole tre parole...FUORI – DI – TESTA.

Ma non temete. Manca ancora un pezzetto. E se questo vi può aver causato dei dubbi...sappiate che il prossimo SARA' ANCORA PEGGIO.

Ma ne siamo quasi fuori, come vi ho detto.

E adesso lasciatemi fare un elogio a tutti voi del fandom.

Tra nuove storie e graditi ritorni direi che é stato un inizio d'anno davvero col botto.

Non mi stancherò mai di ripeterlo: é davvero incredibile, se consideriamo che tra non molto sarnno esattamente QUATTRO ANNI che questo stupendo film é uscito.

Bene. E adesso...é il mio turno, naturalmente.

Non poteva certo mancare il mio contributo!

E meno male, aggiungo. Come ho detto in precedenza...questo episodio mi ha fatto sudare le proverbiali SETTE CAMICIE.

E questa affermazione la dedico a chi ritiene che lo scrivere, così come il cantare o il comporre o qualunque altro passatempo di questo genere lo si riesca a fare per SCIENZA INFUSA.

Se sapessero quanta fatica e quante NOTTI INSONNI, quando un pezzo o un passaggio proprio non vuole venire...

Beh...ogni tanto CI STA, direi. Fino ad adesso era andato tutto lisco come l'olio, o prima o poi un capitolo ostico capita!

Niente paura. Poco a poco...STO DOMANDO LA BESTIA.

Prima dei ringraziamenti di rito, una piccola comunicazione di servizio.

HO COMINCIATO LA PUBBLICAZIONE DELLA MIA LONG SU KEN IL GUERRIERO!!

La storia é praticamente conclusa, almeno nella prima versione.

Non ne ho ultimato la tarscrizione definitiva sul pc, ma i primi dieci capitoli sono fatti.

Quindi...direi che fino ad Agosto siamo coperti.

Dopotutto, come quella che ho pubblicato tempo addietro su ROCKY JOE...ce l'ho nel cassetto da mesi, e SCALPITA.

Inutile quindi, se non addiritura controproducente, tenerla lì a fare la muffa.

Sarà una bella sfida gestire due storie insieme. Ci ho già provato, e non é una passeggiata.

Ma la tentazione é troppo forte.

Inutile aspettare ancora. La decisione é presa.

Ve lo avevo pur detto che sarebbe stato un 2020 all'insegna delle sfide.

Vi confesso che sono curioso. Esattamente come quella su Joe Yabuki, lo sfortunatissimo ma indomito pugile di Tetsuya Chiba...Ken, per il sottoscritto, ha rappresentato una di quelle storie che hanno letteralmente MARCHIATO A FUOCO LA SUA INFANZIA.

Ai tempi della sua uscita fu una MEZZA RIVOLUZIONE.

Certo, la violenza non era certo una novità. Tutti noi eravamo abituati ai robottoni, e alle battaglie sul ring de L' UOMO TIGRE.

Ma la trovavamo più accettabile, fino a che si trattava di mostri alieni e di lottatori variopinti quanto assurdi.

Con Ken...ERA DIVERSO.

C'era sangue, e gente che moriva e che finiva uccisa SUL SERIO. Ma anche lealtà, coraggio, senso di amicizia e spirito di sacrificio. E personaggi e situazioni epiche UN TANTO AL CHILO, davvero.

Non so gli altri, ma...a me Ken, Raoul, Toki, Rei, Shu, Fudo...MI HANNO DAVVERO INSEGNATO QUALCOSA.

Comunque...si comincia, in un modo o nell'altro. E sono davvero curioso di vedere cosa ne verrà fuori.

Si intitola L' ULTIMO SEGRETO, e la trovate nella sezione apposita.

E veniamo al consueto angolo dei ringraziamenti, ora.

Un grazie di cuore a hera85, Sir Joseph Conrard, Devilangel476, DANYDHALIA e Plando per le recensioni all'ultimo capitolo.

Ad EnZo89 per la recensione al capitolo 66 (molto bello anche il tuo ultimo racconto, complimenti ancora!!).

A zamy88 per le recensioni ai capitoli 63, 64 e 65.

Al “commilitone della vecchia guardia” Freez shad (non mollare mai, amico!!) per le recensioni ai capitoli 50 e 51, e per il suo nuovo capitolo (davvero bello. Leggete i suoi racconti, mi raccomando!).

E a RyodaUshitoraIT per le recensioni ai capitoli 19, 20, 21, 22, 23,24, e 25. Grazie davvero per la costanza e per il tempo che ci dedichi. E per la tua storia, che continua a piacermi parecchio.

Bene, credo di aver nominato tutti (ed eravate in parecchi).

Che dire...ridendo e scherzando siamo quasi a QUOTA 600.

Davvero NON RIESCO A CREDERCI.

GRAZIE, RAGAZZI.

DI CUORE.

 

Alla prossima, e...

 

 

 

See ya!!

 

 

 

 

 

 

Roberto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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