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Autore: Lady Chryseiss    29/01/2020    0 recensioni
"Esisterà certamente qualcuno felice di vivere nel caos, nello smog, circondato da cemento e piccioni; ma forse è felice così perché non ha mai potuto sentire sulla pelle la purezza del bosco d’inverno."
Non tutti gli esseri umani pensano secondo gli stessi schemi mentali. Non tutti gli esseri umani sono portati alla socializzazione e al piacere di relazionarsi l'uno con l'altro. Non a tutti gli esseri umani viene facile trasformare le proprie sensazioni in pensieri definiti, i pensieri in parole dal senso compiuto e poi trovare la voce per pronunciarle.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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11. Invasione
 
Irene ed io non abbiamo mai parlato prima. Quando era piccola accadeva spesso che lei venisse da me a sprecare parole, ma io non le rispondevo mai. Alla fine se ne andava via, delusa dalla mia indifferenza. Ha smesso di fare tentativi verso la metà delle elementari, rassegnandosi a tollerare la mia presenza a tratti invisibile e a tratti ingombrante come io tolleravo la sua. Sapevo perché lei era lì, viva e allegra a godersi soddisfatta gli abbracci di mamma e papà: perché io non volevo farlo. Lei esiste perché io non ero abbastanza. Quando me ne sono andato da casa non l’ho più vista, quasi dimenticandomi di lei. Adesso invece è qui che invade ancora una volta i miei luoghi personali, costringendomi a condividere di nuovo l’aria che dovrei respirare soltanto io.
-Cosa fai quando esci da qui?- mi domanda all’improvviso, durante uno di quei pomeriggi in cui lei invade il mio spazio vitale.
La risposta viene naturale nella mia mente, attraverso le immagini rievocate dalla memoria: Barbara che ride con le amiche, Giovanna che cammina veloce, Dario che mi guarda e sorride prima che io fugga dopo aver lanciato un cucchiaino. Ma come faccio a spiegarlo a Irene? La osservo, seduto sul mio divano mentre lei si muove in giro per l’appartamento, sistemando le cose che mi ha portato per poi mettere a bollire l’acqua per il tè, che ormai sta diventando consuetudine.
-Osservo. Cammino e sto seduto.- Spero abbia senso, ma non ne sono sicuro.
-Ah- è evidente che per mia sorella non ce l’ha. –Un giorno potrei venire a osservare, camminare e stare seduta con te?- si ferma e mi guarda, con la speranza negli occhi. No. Assolutamente no. Non può rubarmi anche questo, non può invadere anche questo spazio della mia mente.
-Lo sapevo. Ci ho provato.- Sospira, senza che io abbia risposto nulla.
-Perché vorresti venire con me?- chiedo, una volta aver riordinato la struttura grammaticale nella mia testa più volte. Anche lei pare non sapere cosa dire; si guarda in giro, come se stesse cercando una via di fuga. Anche a me capita spesso di farlo, così capisco di averla messa in difficoltà.
-Mi sento sola da quando mamma… non c’è più. Papà è strano, mi parla a fatica, tutti si comportano in modo strano con me, è tutto diverso adesso. È come se adesso papà si aspetti che io diventi come la mamma, che faccia tutto quello che faceva lei. Mi sento addosso pesi che non voglio avere, non riesco a smettere di piangere quando penso a lei, vorrei che tutto tornasse normale anche se so che è impossibile. Vorrei solo scappare da tutto e da tutti e smettere di stare male.- Qualche lacrima le scivola lungo il viso mentre si avvicina per sedersi accanto a me sul divano. -È come se tu rappresentassi qualcosa di esterno alla vita, per me.-
-Purtroppo non lo posso essere davvero. Sono anni che ci provo senza successo-
Irene mi guarda e ride: -È la frase più lunga che ti abbia mai sentito dire.-
Io non capisco bene perché lei stia ridendo, ma preferisco questo a quando piange. Cerco di sorridere e lei ride più forte. A quanto pare non sono bravo nemmeno a fare finta di sorridere.
-D’accordo, puoi venire- dico. Lei sorride e so che vorrebbe dire qualcos’altro oltre a “grazie”, ma non lo fa.
Ultimamente non sto frequentando molto il solito posto davanti all’Università, perché è fine gennaio, e credo che in questo periodo le lezioni non ci siano: la gente è più rara lì in questo periodo, così come d’estate. Non posso portare Irene lì, anche se mi sarebbe piaciuto raccontarle le vite dei miei amici immaginari. Non so perché, ma sento che forse lei potrebbe anche non giudicarmi frettolosamente come i miei genitori, fosse anche soltanto perché ha bisogno di me. O meglio, ha bisogno di ciò che rappresento per lei, come ha detto. Mi chiede quando ci vedremo per fare quello che faccio di solito e io le chiedo un giorno di tempo per abituarmi all’idea, anche se lei vorrebbe uscire subito, o il giorno dopo. Io però non sono a mio agio con l’improvvisazione. L’unica cosa che non pianifico sono i discorsi con le persone, quando mi capita di dover parlare con qualcuno, perché in quel caso la premeditazione ingarbuglia le idee e basta. Me ne sono accorto a scuola, quando ho provato qualsiasi metodo per adattarmi e farmi accettare, quando ancora farmi accettare dai miei genitori mi interessava, almeno un po’.
 
   
 
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