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Autore: Gaia Bessie    30/01/2020    10 recensioni
Distrattamente, pensò che era fatta di questo, Hermione Granger: di tutto quello che aveva sempre odiato e invidiato.
E, forse, anche di qualcosa che, al pari del suo nome, riusciva a fargli perdere l’equilibrio fra i suoi stessi pensieri.
(...) Prima di quel momento si era chiesta se lo avesse ancora, un cuore, o se quel dicembre infinito non le fosse entrato dentro, ghiacciandole il petto. Sentiva i fiocchi di neve che le congelavano la cassa toracica, i pettirossi che le beccavano le costole per cercar cibo, e la grandine che le tempestava i polmoni.
Puoi sentirti annegare in un’ondata di gelo?
Prima classificata e vincitrice del premio speciale "Real love" per la coppia meglio caratterizzata al contest "Citazioni d'amore [OTP contest]" indetto da Asia Dreamcatcher sul forum di Efp
[Seconda classificata al contest "The one about Slytherins indetto da Soficoifiocchi sul forum di Efp]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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«Vorrei sapere cosa ti costringe a restare» un sussurro lo scosse, spolpandogli le ossa. «Di cosa sei fatta, per essere così dannatamente…».
Per un momento, che sarebbe durato un’eternità e qualche manciata di secondi, a Draco Malfoy mancarono le parole: ci si perse, nel suo silenzio barcollante, così non gli rimase altro da fare se non guardarla in volto, cercando di trovare da sé la risposta alla propria domanda.
Non la chiamò per nome. Se l’avesse fatto, avrebbe definitivamente perso l’equilibrio, e sarebbe crollato a terra con le ossa spaccate e frantumate come sabbia vetrificata.
E lei lo guardò, mentre lui annaspava in cerca di una parola, o di un fatto, che lo spingesse a concludere la frase.
Inaspettatamente, Hermione Granger rise, con una leggerezza che non le era mai appartenuta, rise facendolo sorridere a sua volta, e gli porse una mano per permettergli di ritrovare l’equilibrio.
Lui, che aveva sperato che lei non si accorgesse che gli tremavano le gambe – e probabilmente anche il cuore – ricambiò il suo sguardo, imbarazzato.
«Non lo so, di cosa sono fatta» rispose Hermione, pensierosa. «A volte me lo chiedo anche io, da cosa sia costituita la sostanza delle persone. Se possa semplicemente marcire o… degenerare».
E Malfoy, che aveva visto la propria stessa sostanza appassire e ammuffirsi con il passare dei mesi, chinò il capo, imbarazzato.
Distrattamente, pensò che la sua abitudine di leggere filosofia Babbana l’aveva cambiata, forse in peggio, le aveva aperto un orizzonte che sarebbe dovuto rimanere chiuso. Che, in fondo, le aveva svelato un assioma fondamentale dell’esistenza: nessuno, tantomeno lui, è perfetto.
E, se era vero che la sostanza di una persona poteva degenerare e ripiegarsi sui propri lati e i propri angoli, allora quella di Draco Malfoy era ridotta a un buffo origami ricoperto di muffa.
«Non penso tu possa diventare peggio di così» borbottò, quindi, sperando di distoglierla dalle sue riflessioni. «Nemmeno impegnandoti».
Hermione scosse il capo, come se così facendo si sarebbe resa in grado di lasciare andar via anche i propri pensieri.
Lui si accorse di essere rimasto a fissarla, in silenzio reverente. Distrattamente, pensò che era fatta di questo, Hermione Granger: di tutto quello che aveva sempre odiato e invidiato.
E, forse, anche di qualcosa che, al pari del suo nome, riusciva a fargli perdere l’equilibrio fra i suoi stessi pensieri.
 
 
La memoria dell’acqua
 
«Ma di cosa sei fatta, tu?»
«Di quello che ami» disse lei «Più l’acciaio».
Ernest Hemingway, Isole nella corrente
 
Le aveva toccato il cuore a mani nude, quella sera, sfiorandolo con i palmi nel suo centro pulsante, facendole mancare un battito.
Hermione, nel freddo stringente che la divorava fino al midollo, se n’era resa conto in quel singolo istante: gli aveva permesso di toccarla in un punto che nessun altro aveva mai potuto sfiorare. E, adesso che le coordinate del suo cuore gli erano chiare ed evidenti, non avrebbe mai più potuto liberarsi di lui, perfino se l’avesse voluto.
Ma Draco Malfoy la guardava, con un misto di contentezza e speranza che non gli aveva mai visto addosso, e con la punta delle dita ancora le toccava il cuore.
Prima di quel momento si era chiesta se lo avesse ancora, un cuore, o se quel dicembre infinito non le fosse entrato dentro, ghiacciandole il petto. Sentiva i fiocchi di neve che le congelavano la cassa toracica, i pettirossi che le beccavano le costole per cercar cibo, e la grandine che le tempestava i polmoni.
Puoi sentirti annegare in un’ondata di gelo?
Perché Hermione Granger, che la sera prima si era finalmente arresa a firmare le carte del proprio divorzio, annaspava in cerca d’ossigeno come l’annegato sul fondo dell’oceano.
«Le ho firmate, sai» disse, infine, cercando di colorare quel silenzio che l’opprimeva. «Le carte».
Da quando lei e Ron avevano preso strade diverse, ormai otto mesi prima, Hermione non aveva mai pronunciato, nemmeno nei propri pensieri, la parola divorzio. Una parte di lei, probabilmente quella più invasiva e importante, sapeva che l’avrebbe vissuto come l’ennesimo fallimento personale: ci aveva provato per davvero, a far funzionare quel matrimonio.
Aveva cresciuto i suoi due figli disegnando un mondo pieno di favole, e di magia, in cui tutto sembrava andare per il verso giusto. Ma, anche in quei racconti, Hermione Granger era inquieta.
Come un’anima in pena vagava per il proprio castello incantato, tormentandosi perché il principe conosceva ogni sua ripiegatura, i suoi contorni e i suoi colori, ma non le aveva mai trovato il cuore.
E adesso era comparso il Troll cattivo e bitorzoluto che, con un singolo sfioramento, ne aveva intuito la posizione esatta e l’aveva afferrato, quasi come gli appartenesse di diritto.
«Hai fatto bene» borbottò Draco Malfoy, la voce che tradiva un’esasperazione che, a lei, non aveva mai confessato. «Weasley si stava comportando da idiota».
«Cercava di sistemare le cose» rispose lei, piccata. «Non puoi fargliene una colpa se…».
Se il loro piccolo mondo incantato si era dissolto in una nuvola di polvere: se da anni aveva smesso di esserci posto, nella loro vita, per l’amore delle favole, che aveva lasciato posto a una tiepida abitudine che, sul lungo periodo, aveva logorato entrambi.
«Se si è stancato di te» disse Malfoy, con ovvietà. «E tu di lui».
La guardò, duramente, cercando sul suo viso una conferma che sembrò non trovare e che lo colpì come una fattura, facendolo tremare.
Lei pensò che era quanto di più vicino a una dichiarazione che avrebbe mai ottenuto da lui: da quando lo aveva conosciuto, questa volta per davvero, tre mesi prima, non aveva mai ricevuto nemmeno un’ammissione. Draco Malfoy non si era mai sbilanciato nei suoi confronti, quasi come si fosse semplicemente arreso al fatto di poter essere l’unico a toccarle il cuore.
Lui sembrava nemmeno lo avesse, un cuore da poter toccare, un’anima da mettere a nudo e, tutto questo, faceva domandare a Hermione perché avesse avuto la malsana idea di farsi prendere da una fantasia proprio per lui.
Perché di fantasia, si trattava, perché non c’erano parole e soprattutto fatti che sussistessero: otteneva solamente silenzi e frasi monche, qualche dichiarazione amputata, e lui che fuggiva chissà dove.
Quella di Draco Malfoy era un’insolita partita a nascondino, nella quale sarebbe stato disposto perfino a sotterrarsi pur di non farsi trovare da lei che, di una dichiarazione, ne avrebbe avuto un bisogno estremo.
«A volte, vorrei che ti stancassi anche tu» mormorò Hermione. «Altrimenti, non capisco come tutto questo possa…».
Funzionare. Prima di parlare, lo guardò sottecchi, e si ritrovò a confrontarsi con lui che la osservava, con aria asettica.
Fu in quel momento che, dopo tre mesi, il suo cervello finalmente si rifiutò di farsi sottomettere in quel modo umiliante da un cuore che aveva intrapreso la via della follia.
«Tu non hai dimenticato» mormorò, con tiepida consapevolezza. «A volte vorrei credere che tu ci sia riuscito, in qualche modo. Ma la verità è che…».
Lui la guardò e, per la prima volta in quei mesi, le apparve completamente nudo: dietro l’espressione composta che si sforzava di mantenere, Draco Malfoy era un dolore primordiale, insensato, che gli si era infiltrato fin dentro la pelle.
«Che non possiamo andare molto lontano, nonostante tutti gli sforzi» completò. «E dobbiamo solamente rassegnarci ad essere ciò che siamo».
 
***
 
Si era rassegnata a passare la Vigilia di Natale da sola: aveva detto a Ron che non voleva privare i bambini del cenone di nonna Molly, e che avrebbe trovato qualcuno con cui trascorrere la festività.
E, infantilmente, quando aveva rifiutato ogni tipo di invito proveniente da Harry e dai Weasley, Hermione lo aveva fatto con la piena coscienza che, in qualche modo, sarebbe riuscita a convincere Malfoy a passarla insieme. Lui si sarebbe lamentato, avrebbe detto che non aveva alcuna intenzione di diventare il fidanzato-della-Granger, ma alla fine avrebbe acconsentito.
O, almeno, così lei credeva.
Perché erano passate due settimane dall’ultima volta in cui aveva visto Draco Malfoy, in cui aveva sentito la sua voce: prima che si Smaterializzasse, scomparendo dalla sua vita per chissà quanto tempo, Hermione aveva visto quella scintilla di esasperazione che così spesso gli animava lo sguardo.
Poi, semplicemente, non lo aveva più rivisto. Gli aveva scritto e aveva provato a contattarlo per tutte le volte in cui il suo orgoglio lo aveva permesso, ma lui era così bravo a nascondersi che lei non era ancora riuscita a trovarlo.
Finché, la mattina del ventiquattro dicembre, si era svegliata con il presentimento forte e chiaro di sapere dove si fosse infine nascosto, Malfoy.
Si era domandata se fosse il caso di disturbarlo , in quel posto dove chiaramente lei non poteva né doveva entrare, ma alla fine si era convinta a non lasciar perdere: era sempre stata una professionista delle cause perse, Hermione Granger, e possedeva ancora quella fiamma dei Grifondoro che la spingeva, a volte persino contro i dettami della ragione, a imbarcarsi nelle imprese più assurde.
E lui lo sapeva, e per questo non apparve minimamente sorpreso, quando la vide Smaterializzarsi nel giardino sul retro di Malfoy Manor.
Draco Malfoy sedeva, stranamente scomposto, sotto un ciliegio spoglio di foglie, il capo abbandonato contro il tronco, ma quando la vide si tirò immediatamente su, con una timida scia rosata che gli colorava il viso affilato. Nessuno dei due disse niente, sebbene Hermione riuscisse a stento a nascondere l’ondata di delusione, no, gelosia, che l’aveva colta.
«Sapevo che ti avrei trovato qui» mormorò, incerta. «Ti ho scritto migliaia di lettere. Forse non migliaia, ma almeno tre dovrei avertele spedite e…».
E tu eri qui, per tutto il tempo, avrebbe voluto dirgli. Seduto sotto l’albero sotto cui hanno sepolto tua moglie, perché è vero che il cuore preserva memoria, che non hai ancora dimenticato.
«Lo so, le ho lette» rispose lui, secco. «Ti avrei perfino risposto, se non avessi temuto di rovinare il tuo idillio con Weasley».
«Ho firmato le carte, Draco» rispose Hermione, pronunciando il suo nome quasi come fosse un insulto. «Non capisco di che idillio tu stia parlando».
Lui rise. E sembrò quasi che quel suono avesse il potere di squarciarlo a metà, di separargli la faccia come l’ennesima ferita, un marchio, che indelebilmente l’avrebbe sporcato del proprio sangue.
«Tu non l’hai dimenticato» disse. «Sei così innamorata della vostra favola che non riesci… non riesci a staccarti da lui».
Lei avrebbe voluto rispondergli, con quell’ironia pungente che le era tanto cara, che non era lei a passare le giornate seduta sulla tomba del suo defunto consorte. Ma, con orrore, si accorse che gli occhi di Draco Malfoy erano colmi di lacrime e, allora, non le vennero le parole.
«A te non piaccio io» continuò lui, amaramente. «Ti piace l’idea di fare uno sgarbo a Weasley e a Potter. Perché, in fondo, sei rimasta la stessa: una ragazzina a cui piace attirare l’attenzione».
Hermione incassò il colpo, decisa a non mostrargli quanto quelle parole l’avessero ferita: s’impose di non replicare, così gli volse semplicemente le spalle, e si Smaterializzò.
Lui non fece nulla per fermarla.
 
***
 
In breve tempo, il senso di colpa se lo mangiò vivo: non in un sol boccone, che gli avrebbe evitato una giornata di tribolazioni, ma poco a poco, con il passare delle ore. Così, alle sei e mezza di pomeriggio, Draco Malfoy non ne poteva già più e si era domandato, almeno un milione di volte, perché sapesse solamente ferire le persone che amava.
Ma lui l’amava, la Granger?
Se lo era domandato, seduto con la schiena sull’albero che, con le proprie radici, abbracciava lo scheletro minuto di sua moglie Asteria.
Se lo era domandato, annegando quel pensiero sul fondo della vasca da bagno, osservando le gocce d’acqua e bagnoschiuma che gli scivolavano sul petto, abbracciandogli il cuore.
Perfino l’acqua ha memoria, allora lui come avrebbe mai potuto essere in grado di dimenticare? Aveva già avuto un grande amore, nella sua vita, come avrebbe potuto trovarne un secondo, con che speranza si sarebbe potuto concedere di – dimenticare – passare oltre.
Eppure, dovette ammettere a sé stesso, l’aveva cercata lui: forse se n’era sempre sentito attratto, o magari era semplicemente impazzito, ma era lui che l’aveva avvicinata. Era stato, come tutto quello che la riguardava, una lotta.
L’aveva dovuta avvicinare come si fa con un cucciolo un po’ ritroso, un passo per volta, qualcuno avanti e molti indietro: perché Hermione, come l’acqua, aveva memoria. Si può dimenticare metà della propria vita in un secondo?
Draco, nei suoi ricordi, ci annegava: erano come un’onda che si ritraeva, facendogli pregustare un’altra vita, prima di tornare a infrangersi sulle scogliere della sua mente. Casa sua urlava ricordi perfino lì, in un bagno dipinto di un semplice azzurrino, dove sembra aleggiare come uno spettro la presenza di Asteria Greengrass.
Sospirò, passando una mano tra i capelli umidi, cercando di convincersi che la sua incertezza fosse perfettamente comprensibile, che lui e la Granger stavano correndo troppo, che la loro storia era fondata su assiomi sbagliati. Che. Che, forse, ci sono fantasmi incancellabili.
In una foto appesa di fronte a lui, che aveva incollato lì la sera che era dovuto rientrare a casa dal San Mungo, senza sua moglie, lì, Asteria sorrideva di fronte alle scogliere di Dover. Chissà cosa l’aveva fatta ridere, in un vestito giallo canarino, e lei sembrava quasi volerlo rimproverare, con quella risata.
Daphne, sua cognata, glielo aveva detto: Asteria non vorrebbe questo, per te.
Non ti vorrebbe fossilizzato nel dolore, annegato nel senso di colpa, a cercare di tenere a galla una vita che non ti appartiene più. Forse, era stato per queste parole che, quella sera a lavoro, aveva avvicinato la Granger.
Se è vero che l’acqua preserva una sua memoria, le scogliere della mente di Draco erano intrise di Asteria Greengrass, dei suoi respiri, delle sue risate: e, forse era stato esattamente questo che lo aveva spinto a cercarla, Hermione Granger incarnava tutto quello cui lui, e Asteria, si erano impegnati a combattere e disprezzare.
L’avrebbe mai potuta volere, Draco, una donna simile a sua moglie?
Guardò un’ultima volta la foto che ritraeva Asteria, biondissima contro il cielo plumbeo, che rifletteva quella scintilla, no, quella tempesta che doveva averle agitato il cuore. Se l’era domandato, Draco, se sua moglie non si fosse semplicemente lasciata morire.
Se non l’avesse amato abbastanza da voler combattere quando, dopo la nascita di Scorpius aveva cominciato a sfiorire: quando aveva smesso di mangiare, e si era trasformata in uno scheletro, quando aveva smesso di dormire, e duri solchi le si erano scavati sotto gli occhi azzurri. Lui gliel’aveva chiesto, di combattere per loro figlio, e per lui.
E Asteria era morta. Chissà se aveva mai veramente combattuto, o si era semplicemente lasciata scivolare via, chissà se era riuscita a renderla veramente felice.
Eppure, nella foto attaccata al muro con la maglia, Asteria Greengrass-Malfoy rideva e, con gli occhi, sembrava volergli dire qualcosa.
«Non amare un’altra donna, se vuoi solamente renderla infelice» mormorò Draco, sottovoce. S’illuse quasi che quelle parole venissero dalla foto.
Poi, tornò a guardare l’acqua che turbinava nella vasca, sporca di bagnoschiuma, come se potesse leggervi un suggerimento, un indizio, per poter uscire da quella situazione.
La vasca gli restituì il suo stesso riflesso: il suo volto, che si fondeva a quello che l’acqua aveva memorizzato, era scavato dalla disperazione.
 
***
 
Hermione aveva fatto quello che, per tutta la vita, l’aveva aiutata a fuggire dai propri problemi: si era chiusa in una stanza piena di libri. Il suo ufficio, negli anni della maggiore età, era diventato il suo unico luogo sicuro. Vi aveva passato i momenti più difficili del suo matrimonio con Ronald, e tutte le sere che avevano preceduto la sua decisione di firmare le carte del divorzio.
Una parte di sé la stata rimproverando per aver scelto di trascorrere lì la Vigilia di Natale, ma il pensiero di rimanere quella notte sola, in una casa vuota, la tormentava: avrebbe fatto meglio, si disse, ad accettare l’invito di Harry e Ron.
Probabilmente, rifugiarsi al Ministero della Magia non era il comportamento più maturo che potesse assumere, ma le aveva permesso di non piangere di fronte a lui. Da quando avevano cominciato ad avvicinarsi, ed Hermione immediatamente aveva avuto chiare tutte le perplessità del caso, si era ripromessa che, se le cose fossero andate male, non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di vederla piangere.
Così, quando Draco Malfoy si Smaterializzò nel suo ufficio con un sonoro schiocco, Hermione rimase a guardarlo, con gli occhi fieramente asciutti. Rimasero a guardarsi, in silenzio, senza riuscire a fare il primo passo.
Poi, Malfoy sospirò, con aria stremata. «Hermione» disse, pronunciando il suo nome. «Volevo dirti che…».
Ma lei se lo mangiò vivo, senza parole, con una singola occhiata che bastò a staccarlo dalla propria carne, dalle proprie ossa. Se lo spolpò con il suo silenzio, e una lacrima che non si era accorta di non essere riuscita a trattenere, che gli causò un terremoto nel cuore.
Lo sapeva, Hermione, che si era ripromesso di non fare mai più piangere un’altra donna? Draco la guardò, senza parole, senza niente, mentre davanti a sé riviveva sua moglie, ridotta a uno scheletro, con le labbra spaccate e gli occhi rossi di pianto.
«Mi dispiace» mormorò, senza sapere a chi fosse rivolto. Se si stesse scusando con sua moglie per averle tolto quella vita che le era stata così cara, o con Hermione per averla fatta piangere. «Sono stato ingiusto, con te».
Lei lo guardò, esterrefatta, e pensò che avrebbe dovuto essere abituata, alle scuse: Ron si era scusato, continuamente, quando le aveva detto che rimaneva solo il divorzio, quando le aveva detto che non l’amava più. E, alla fine, tutte le parole avevano perso significato.
Ma Draco Malfoy la guardava, e quelle scuse gli sanguinavano giù dalle labbra senza che lui riuscisse a frenarle.
«Io non…» iniziò a dire, pensando che probabilmente erano arrivati a uno stadio di cose che le scuse non bastavano più. «Sono così…».
Delusa.
Ma lui la interruppe con un singolo sguardo, e scivolò accanto a lei, sul pavimento, accanto alla pila di libri che si era messa di fianco.
«Lo so» mormorò. «Non voglio farti la stessa cosa che ho fatto a lei».
Lo disse con una voce, piena di terrore, che non gli aveva mai sentito usare prima: l’aveva visto sprezzante, incattivito, più umano, gentile perfino. Ma questa era la prima volta che si trovava davanti un Draco Malfoy spaventato come un bambino, appena la madre esce dal suo campo visivo.
«Non le hai fatto niente» si trovò a dire, conciliante. «A volte, alle persone capitano cose brutte e tu… non puoi fare niente per impedirlo».
Distrattamente, notò di aver usato lo stesso tono conciliante che aveva dovuto usare con Hugo, il giorno in cui le era toccato spiegarle che il coniglietto pasquale non sarebbe venuto a divorarlo, di notte, come gli aveva raccontato sua sorella. Forse, in quel momento, Draco era persino più fragile di un bambino che ha paura del buio.
Era la prima volte che le notava, quelle crepe, che si rendeva conto che Draco Malfoy era l’emblema esatto di un vaso rotto: perdeva acqua, e forse anche lacrime, dalle sue stesse incrinature.
«Avrei potuto» mormorò, con la voce che rifletteva il medesimo tremore che lo scuoteva internamente. «E ho scelto di lasciarla andare».
 
***
 
Pensò che non avrebbe mai potuto superarla. Che magari ci avrebbe provato, che per un momento avrebbe potuto pensare di esserci riuscito, ma sicuramente non c’era modo, per Draco Malfoy, di superare la morte di sua moglie.
E, allora, Hermione dovette domandarsi se sarebbe stata in grado, nei seguenti giorni, mesi e anni della sua vita, di rivaleggiare con un fantasma. Se sarebbe mai riuscita, allo stesso modo in cui faceva Asteria Greengrass, a fargli tremare il cuore.
Se l’avrebbe mai segnato allo stesso modo, se l’avrebbe scavato come la goccia d’acqua che crepa la pietra, se sarebbe riuscita a mandargli il cuore in tempesta. Come, e fu un’ammissione quasi dolorosa, lui aveva fatto con lei.
Per tutti quei mesi, aveva pensato di essere lei, quella con il problema peggiore da sotterrare: Ron sarebbe rimasto una presenza reale, e dolorosamente tangibile, nella sua esistenza, e l’avrebbe rivisto, magari ci avrebbe anche parlato. Egoisticamente, aveva invidiato Draco: l’oggetto del suo dolore era sparito e, prima o poi, la memoria si mangia il dolore.
Ma, guardandolo negli occhi, mentre lentamente le parole fluivano, Hermione pensò che, per una volta, aveva sbagliato su tutta la linea: perfino l’acqua non dimentica, come possiamo pretendere noi di non serbare memoria del dolore?
Lei non l’aveva mai vista, Asteria Greengrass-Malfoy, ma in quel momento le parve quasi di vedersela davanti: le apparve, bellissima, con il vestito giallo della foto nel bagno di Malfoy, in punta di piedi sulle scogliere di Dover. Pensava, già in quel momento, che avrebbe semplicemente potuto lasciarsi cadere?
La vide rabbuiarsi, dopo la nascita di Scorpius, la vide cedere alla paranoia, all’isteria: aveva un’altra, Draco, l’amava ancora, l’aveva mai amata?
Negli occhi grigi di Draco, Hermione Granger s’illuse quasi di poterla sfiorare: uno scheletro coperto da un sottile strato di pelle, fragile come pergamena, che si rifiutava di mangiare, che forse non aveva più nemmeno la forza per farlo. E vide anche Malfoy, lì a guardarla, come paralizzato.
Pensò che i suoi dubbi erano fondati, che probabilmente Asteria si era davvero lasciata morire, quando finalmente era crollata per il peso delle sue stesse ossa. Pensò che forse l’aveva rovinato per sempre, lasciandogli dentro un vuoto incolmabile, che gli aveva gelato il cuore, annegato la mente, che l’aveva rovinato per sempre.
E, nonostante tutto, Draco Malfoy l’aveva cercata, e tormentata finché non era riuscito a scioglierla da quel ghiacciaio in cui si era murata via. L’aveva consolata, ascoltata, a volte punzecchiata, ma il più delle volte l’aveva lasciata sfogarsi.
Quando, lui, viveva con il dubbio di aver permesso a sua moglie di lasciarsi scivolare via, come acqua tra le mani. Si accorse di essere rimasta a guardarlo, anche dopo che lui aveva finito di parlare, senza riuscire a dire nulla.
«Sei la mia seconda chance» disse lui, alzando le spalle. «Tu sei diversa da lei. Ho pensato che non ti saresti mai… lasciata andare».
«Forse, tutto questo ti ha cambiato per davvero» mormorò Hermione, incerta. «Non sapevo se crederci, a questo tuo cambiamento, e…».
«Sei quello che mi sono impegnato a combattere per tutta una vita, quello che mi ha fatto sbagliare e…» un sospiro tradì lo scroscio di pioggia che gli stava tempestando il cuore. «Quello che ha rovinato Asteria».
La donna che aveva preso vita nell’immaginazione di Hermione sorrise, come una cerbiatta: un marchio nero, fatto di vapore condensato, era spuntato alle sue spalle.
«Anche i tuoi genitori erano Mangiamorte» disse, dura. «Ma tu non ti sei lasciato…».
Morire. Non riuscì a pronunciare quella parola, che le si bloccò in gola, strozzandola.
«No» rispose lui, calmo. «Sono stato più… predisposto di lei a rivedere ciò in cui credevo».
«Ora lo so» mormorò Hermione, guardandolo. «Forse ora dovremmo andare, o vuoi passare la Vigilia di Natale in ufficio?».
Lui sorrise, con una dolcezza inedita, e le porse una mano per aiutarla ad alzarsi. «Andiamo a casa» disse. «Abbiamo ancora tempo, per un cenone privato».
Lei rise. Adesso sapeva che lui non l’avrebbe lasciata scivolare via.
 
***
 
«Vorrei sapere cosa ti costringe a restare» un sussurro lo scosse, spolpandogli le ossa. «Di cosa sei fatta, per essere così dannatamente…».
Lei lo guardò, gelandogli l’anima, quando attorno a loro l’inverno aveva ceduto alla primavera la propria resa.
«Non lo so, di cosa sono fatta» rispose Hermione, con un sorriso che lasciava intuire una nevicata di boccioli, un timido raggio di sole. «Forse di neve, o d’acqua».
Draco la guardò, e gli scappò, timida, una risata. «Io credo di saperlo» disse, e lasciò cadere quelle parole, senza darvi un seguito.
«Di quello che ami» rispose lei, con una presunzione che non le apparteneva. Era finito, il tempo delle conferme, adesso che tutto era scoperto come un mazzo di carte alla fine di una partita di solitario, Hermione Granger si sentiva appagata della propria tranquillità. «Acqua, memorie, sangue».
Malfoy scosse la testa e, controluce, lei avrebbe potuto ancora contare le crepe che lo attraversavano ma che, finalmente, non lasciavano più uscir fuori lacrime. Si era saldato, Draco, riuscendo a ricostruirsi dal milione di cocci in cui si era rotto, con la morte della moglie.
Era stato un processo lungo, ed estenuante, ma alla fine il dolore era sbiadito e lui era riuscito a ricomporsi.
Nella trentaquattresima Vigilia di Natale della sua vita, aveva ritrovato sé stesso e, alla fine, era venuto a patti con il fatto che, le persone, in qualche modo possono ancora cambiare: in un bagno riverniciato di fresco, a Malfoy Manor, una foto di Asteria Greengrass era rimasta incollata alla parete, con la magia.
Sua moglie sorrideva, in un vestito giallo, sullo sfondo delle scogliere di Dover. Immerso nella vasca da bagno, qualche giorno dopo, Draco l’aveva fatta parlare, nella marina della sua mente, un’ultima volta: «Grazie per avermi lasciata andare», gli diceva.
E, sotto il ciliegio, adesso ci giocava il seienne Scorpius, quasi come fosse in grado di percepire che, lì sotto, sua madre finalmente era serena e pronta ad amarlo.
Draco Malfoy sorrise, pensando che finalmente era riuscito a dare a suo figlio una casa, una famiglia, una tranquillità che Asteria aveva tolto a entrambi.
«No» rispose, a Hermione, con un sorriso divertito. «Sono abbastanza convinto che tu sia fatta d’acciaio».
Lei rise, ma non lo contraddisse, e tornò a guardare fuori dalla finestra, dove l’ultima nevicata dell’anno si scioglieva dietro la tiepida pioggia di marzo.
Lui la raggiunse, sedendosi al suo fianco, e stupendosi di come ancora gli tremassero le gambe: Hermione Granger era ancora in grado di fargli perdere l’equilibrio tra i suoi stessi pensieri.


 
Scrivo due velocissime righe per scusarmi se ancora non ho risposto alle ultime recensioni che mi sono state lasciate, ma comunque vi leggo sempre e ne sono molto felice.
Come detto nella intro, ho scritto questa storia per un contest, nel quale spero di non fare una magra figura: ho sempre avuto il pallino, delle Draco/Hermione, ma per me quadrano solamente quando sono scritte da altri. L'unica maniera in cui sono (spero) riuscita a salvare una parvenza di IC è stata ambientando la storia nella NG, quindi dando per scontato che le persone crescano, e cambino.
I prompt usati sono la citazione a inizio storia, inverno e acqua; io ho poi aggiunto una citazione da M. George, Il re e il suo giullare: ovvero "dobbiamo solamente rassegnarci a essere ciò che siamo".
Credo sia tutto, passo e chiudo.
Gaia.
   
 
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