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Autore: kuutamo    30/01/2020    1 recensioni
'Mystic Falls. L'aria che si respira in questa cittadina mi è sempre sembrata ambigua. All'inizio sembra di trovarsi in un posto normale, ma basta poco per scoprire che pullula di esseri immondi e crudeli, degli assetati di sangue. Io sono uno di loro.
Il punto è che questa volta Mystic Falls sembra davvero una normale cittadina, tranquilla e felice.
Forse dovevo davvero lasciar perdere e non tornare: forse tutti qui sono stati meglio senza il vecchio e cattivo Damon. Ma ahimè, la felicità altrui non mi è mai interessata molto.'
Gli eventi sono stati ambientati (e scritti) durante la 6a stagione: Elena e Damon si sono lasciati, lei non è caduta nel sonno di Kai e gli eventi della 7a e 8a stagione non sono avvenuti. Inizialmente partita come una one-shot (dal nome "Dressing coffins for the souls I've left behind in time") e ora diventata una long. Buona lettura!
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bonnie Bennett, Damon Salvatore, Matt Donovan, Nuovo personaggio, Stefan Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Heal all wounds and light this endless dark

 

La Carelia in inverno appariva come le lande desolate del polo nord, assolutamente prive di vita e spettrali. Solo i turbinii di neve creavano l’unica forma di movimento nel raggio di chilometri e chilometri. Le poche case che si incontravano per la strada centrale principale erano costruite interamente in legno, ed in quella parte della regione venivano esclusivamente usate come residenze estive, tutte, tranne una.

L’ultima casa, la più lontana al lago, aveva un’ospite particolare: era la residenza che restava sempre sfitta poiché, a differenza delle altre con vista  sul lago, quest’ultima era immersa nella foresta. Se non fosse stato per la neve candida di quel periodo, che rifletteva la luce creando un bagliore perpetuo, la piccola casa di legno sarebbe stata avvolta dal buio.

D’inverno oltre che alla bassissima temperatura, la gente doveva fare i conti con i mesi di buio che allungavano a dismisura il supplizi invernale.

Tuttavia, per chi cercava tranquillità e silenziosa abnegazione del proprio senso di colpa, quel luogo remoto era il paradiso.

Danaë mise a scaldare l’acqua nel bollitore, rito che ripeteva almeno tre volte al giorno per contrastare il gelo. Viveva in quella foresta da tre anni ormai. Aveva cambiato casa un paio di volte, spostandosi da una parte all’altra della frontiera russa. In quei luoghi lontani dalla civiltà e dalle pullulanti, rumorose città, si trovavano esseri singolari e davvero peculiari.

Dopo una settimana dal suo arrivo, una donna si era presentata alla sua porta, offrendole un dolce, un pò come la strega di Biancaneve. Contravvenendo alla squisita gentilezza dei finlandesi, la donna si era mostrata dapprima indisponente e sospettosa, nonostante avesse fatto lei il primo passo. Come successivamente le spiegò, l’anziana signora aveva avvertito la presenza di un’altra strega appena lei si era avvicinata a quella zona. Non era una caratteristica comune a tutte, ma la sua anzianità faceva sì che le sue “antenne” fossero molto sviluppate ed esperte. Aveva capito sin da subito, appena messo piede in quella stanza, che Danaë non era una qualunque. Per tutto il tempo, e ancora oggi, una parte della donna la teneva d’occhio, mentre l’altra si fidava ciecamente. La ragazza imparò tecniche a lei nuove, appartenenti ad uno dei ceppi magici del vecchio continente. Gli incantesimi dei popoli uralici erano completamente diversi da quelli di matrice francese, molto più primitivi e violenti. Santra, era questo il suo nome, le aveva insegnato a difendersi incanalando energia da resti animali, per esempio, o anche come invocare gli spiriti degli animali tramite alcuni luoghi presenti in natura. La maggior parte di questi incantesimi però non avrebbero sortito lo stesso effetto se praticati in un luogo troppo diverso da quello in cui si trovavano, e questo perché v’era il bisogno di attingere al giusto ramo di credenze popolari. In ogni cultura, tutti noi compiamo dei piccoli gesti rituali insignificanti, secondo noi, che però sono investiti di antichi significati oramai andati perduti e dimenticati. Il mondo magico era ancora visibile per coloro con occhi per vedere, diceva sempre Santra.

Danaë e Santra si vedevano una volta a settimana, di solito, studiando continuamente. Per tutto il resto del tempo, la ragazza se ne restava rintanata nella sua casetta isolata, lavorando per corrispondenza. L’isolamento dal mondo le stava facendo bene, risanava le ferite e il tempo, dal canto suo, lasciava che la nebbia di ricordi si confondesse con la confusione delle tempeste di neve, svanendo. C’erano momenti però, molti momenti, in cui per giorni interi Danaë non faceva che singhiozzare e pensare continuamente a ciò che si era lasciata indietro. Era divisa a metà tra l’impulso irrefrenabile di tornare a casa, se quella era poi davvero casa sua, e il bisogno di proteggere l’uomo che amava.

“Quando tornerai a casa? - le chiese un giorno Santra, con il suo inglese perfetto e le sue r marcate - Mi fa molto piacere la tua compagnia, ma lo sai anche tu di non poter scappare per sempre”

“Non sto scappando, Santra”

“Sì invece, piccola. La convinzione malsana di proteggere una persona allontanandosi è un falso mito. Somigli a quelle madri che abbandonano i loro figli per offrirgli una vita migliore: stronzate belle e buone. Un figlio non può crescere senza sua madre. E tu non puoi vivere senza te stessa, o almeno non ancora per molto”

“E cosa dovrei fare, tornare e rischiare di fare uccidere le poche persone a cui ho voluto bene? No”

“So soltanto che non puoi proteggerle da qui, a migliaia di chilometri di distanza” le indirizzò uno sguardo di rimprovero e poi tacque per qualche minuto. Poi schiuse le labbra - Torna, proteggi chi ami, ma fallo da lontano. Questo sì che potresti farlo”

“E come? Vivendo ogni giorno con la paura che qualcuno mi trovi, rivivendo ancora una volta quelle circostanze? Io non so se potrei rifare tutto ciò che ho fatto in passato”

“Potrai fare di meglio. Non è forse questo, sotto sotto, il motivo per cui hai voluto imparare così tanto in questi anni? Io non insegno a chiunque, per di più ad una straniera, un’americana. No, se ho voluto trasmetterti la mia conoscenza è perché so che potevi accoglierla ed usarla al meglio. Sei destinata a grandi cose, piccola, ed ora è arrivato il tuo momento”

“Sembra quasi che tu non mi voglia più qui” rifletté Danaë, dando voce alle sue sensazioni.

“Mhm, forse, potrebbe essere. Sei una mina vagante, e l’ho sempre saputo”

“Quindi mi hai tenuta d’occhio, per tutto questo tempo non c’era nulla di genuino e spontaneo in te?” chiese delusa.

“Non ho detto questo”

“Non puoi essere amorevole e spaventata allo stesso tempo, Santra”

“La paura, l’odio, l’amore, l’affetto… sono tutti sentimenti molto strani da decifrare, con confini molto labili. Ma suppongo che tu possa pensare ciò che ritieni più giusto” disse l’anziana sovrappensiero, per poi avviarsi verso la porta d’ingresso della casa.

“Indipendentemente da ciò che penserai e farai, devi andare via da qui. La settimana prossima tornerò per riprendermi i grimori che hai qui nella libreria, ti saluto adesso con un arrivederci. Non mi piacciono gli addii” Santra fece qualche passo e si richiuse la porta alle spalle senza guardare indietro.

“E a chi piacciono?” disse la ragazza a sé stessa.

 

 

Mystic Falls. L’aria che si respirava in quella cittadina era sempre stata ambigua. Nonostante non fossero accaduti eventi tali da sconvolgere la comunità, come in passato, quando se ne oltrepassavano i confini un brivido era solito attraversare la schiena.

Danaë tornò a casa una mattina di fine marzo: a dispetto del luogo da cui proveniva, lì v’era un clima assolutamente più mite. Appena il taxi la fece scendere dall’auto, lei pagò la corsa e approfittò di quel sole primaverile per bearsene seduta su una panchina nella piazza principale.

‘Un posto un pò troppo in vista per una che non vuole essere notata’ si disse. Scegliere di tornare era stato un passo che aveva richiesto molto, molto tempo ed altrettante notti insonni, tutt’ora non ne era convinta. Salire sull’aereo invece, beh, quello era stato il gesto più facile e naturale del mondo. Il suo corpo conosceva, bramava la strada di casa: il clima umido, l’odore del fieno nei campi fuori città, la torre dell’orologio con i suoi mattoncini rossi caratteristici. Aveva voglia persino di tornare al Mystic Grill, locale che a volte definiva ‘per snob’.

Non avrebbe vissuto proprio a Mystic Falls, ma appena fuori città. Quella che si era concessa era stata solo un’innocente, nostalgica passeggiata nel passato, prima di relegarsi, nuovamente, dietro le quinte. Avrebbe osservato e protetto tutti in quella città, ed in particolare avrebbe vegliato su una persona, senza che questa se ne accorgesse. E proprio mentre se ne stava al sole come un rettile tanto attraente quanto fatale, ripetendo a sé stessa l’innocuità della sua visita, accadde quello che Danaë, ingenuamente, aveva sperato che non accadesse.

Dall’altro lato della strada, nella direzione opposta, scorse Damon uscire dal bar di snob, armato di una birra in bottiglia di vetro e la sua solita aria da sbruffone. Le sue membra si contrassero, ogni parte di lei le stava implorando di alzarsi e corrergli incontro dimenticando tutti i sacrifici e le promesse fatte. Avrebbe voluto essere egoista per una volta. Ma invece, complice la sua volontà di ferro, rimase seduta al suo posto sforzandosi di non versare lacrime.

Damon si scolò la birra e si stirò la schiena; doveva esser stato lì dentro per un pò. Aveva l’aria stanca, la testa fra le nuvole e lo sguardo assente, pensieroso. Quando qualcuno lo chiamò alle sue spalle, si voltò: Elena uscì dal Mystic Grill continuando a parlargli, in quel momento Danaë suppose che la ragazza non era mai andata via dalla città. Molto probabilmente i due stavano insieme. Mentre li guardava, invidiava la loro complicità, una complicità che solo gli amanti hanno. Damon ed Elena erano stati ciò che lei e il vampiro non avrebbero potuto mai essere. Non aveva mai voluto ammetterlo a sé stessa, ma tra le altre ragioni che l’avevano spinta ad andarsene, c’era anche la paura che provava al solo pensiero di non poter rimpiazzare la relazione precedente di Damon. Il fantasma di quel rapporto aleggiava tra le mura di casa Salvatore, non si poteva essere completamente certi che Elena potesse considerarsi un capitolo chiuso. E come volevasi dimostrare, era tutto ancora in gioco sotto i suoi occhi.

Danaë decise che era ora di andare, per quel giorno era abbastanza. Quindi si alzò in piedi e percorse il viottolo nella direzione esattamente opposta a quella di Damon. Si allontanò in fretta, non voltandosi mai indietro e sperando che Elena non si accorgesse della sua presenza.

 

Tuttavia colui che la vide fu proprio Damon. Lì per lì per poco non gli cascò la mascella. Aveva già fatto automaticamente il primo passo verso di lei per raggiungerla, ma Elena interruppe il suo corso di pensieri con la sua voce.

“Klaus da una festa alla villa dei Mikaelson, dovremmo andarci prima che io torni ad Atlanta. Cosa ne pensi?” gli chiese.

Damon distolse a fatica lo sguardo dall’oggetto della sua attenzione e biascicò un sì distrattamente.

“Davvero?” esclamò lei.

“Cosa?” la voce entusiasta della ragazza lo riportò definitivamente alla realtà. Danaë era completamente scomparsa dalla sua visuale adesso.

“Andremo davvero insieme alla festa?”

“Uhm - il vampiro realizzò che forse aveva acconsentito un pò troppo in fretta, ma poi si rese conto che magari qualcuno poteva aiutarlo a rivedere Danaë, forse proprio a quella festa - Ma certo. Prima che vai via ti concederò questo grandissimo onore” scherzò lui.

Ma come mai il cuore gli stava esplodendo in petto? Non avrebbe dovuto non provare più nulla per lei?

Sarebbe stato così, se solo non fosse successo un imprevisto durante il percorso, un imprevisto di cui la piccola strega non aveva tenuto conto.

 

Un anno dopo aver perso la memoria, o meglio tutti i ricordi che riguardavano Danaë, Damon si era messo in pericolo a causa di una bravata delle sue. Oggi non ne ricordava neanche il nome, ma durante una sua gita a New York si era scontrato con un vampiro e quest’ultimo dopo qualche ora era tornato da Damon con un paio di amici, pronto a fargliela pagare. In breve, il vampiro era stato dissanguato, nel suo corpo non era rimasta neanche una goccia di sangue e, conseguentemente, l’incantesimo si era annullato così come era stato fatto. L’essenza di una persona, o meglio buona parte di essa, è contenuta nel sangue, e dunque non essendone rimasto neanche un goccio, l’azione magica era svanita. Se non fosse stato per un’ignara ragazza che passava da quelle parti, Damon non si sarebbe neanche nutrito e poi ristabilito.

Quando aveva ripreso appieno le sue facoltà sia fisiche che mentali, tassello dopo tassello, tutto era ricomparso nella sua mente, completando il quadro generale. Ora ricordava anche il momento in cui Danaë gli aveva  cancellato la memoria, ricordava tutte le sue parole. Era talmente arrabbiato con lei, non capiva come avressee potuto fare una cosa del genere. Dopotutto loro due erano uguali, ma lui non avrebbe mai compiuto una scelta altruista. Solo allora capì finalmente il significato di privare un’essere umano della propria memoria, un’azione che lui aveva eseguito milioni e milioni di volte a suo beneficio. La memoria era l’unica cosa che poteva durare per sempre, era un nastro da riavvolgere più e più volte, ma senza l’inconveniente di logorare il nastro ad ogni ascolto. Ciò che gli era mancato come l’aria in tutto quel tempo, era la voce di Danaë.

Il solo pensiero che potesse mancargli una cosa del genere lo spaventava a morte: significava che c’era ricaduto, che era nuovamente alla mercé di una donna e che anche stavolta, aveva perso.

Nonostante il suo orgoglio, la cercò assiduamente durante i primi mesi dopo il recupero della memoria, ma non ne trovò mai alcuna traccia. Sembrava davvero scomparsa nel nulla così come era arrivata, la prima volta che l’aveva vista. Stefan non appena si era accorto del cambiamento in Damon, gli confessò di essere a conoscenza di ogni cosa: il giorno in cui Danaë aveva cancellato la sua memoria, Stefan aveva assistito alla scena, restando nascosto nella foresta. Aveva taciuto perché pensava che quella fosse la cosa migliore per tutti, ma soprattutto per Damon. Stefan capiva le ragioni della ragazza, per molti punti di vista avevano delle cose, ragionamenti e modi di fare in comune.

Damon per qualche tempo era ricaduto in quella spirale di disperazione e annullamento di sé, celata al resto del mondo, che lo aveva colto già in passato. Aveva di nuovo iniziato a fare sciocchezze, a sparire per mesi interi, a comportarsi di Damon insomma. Pensare che la sua persona si delineasse anche, e soprattutto, sulla base di un certo tipo di comportamenti, era abbastanza svilente, nonostante l’eterna pretesa da duro e cinico che era intenzionato a dare di sé al mondo.

Alla fine era sopravvissuto come sempre, ma con un macigno in più sul cuore e un pezzo di sé in meno.

Rivedere Danaë però lo aveva improvvisamente irrorato di nuova vita, di inquietudine pulsante e di speranza.

 

Klaus aveva insistito più e più volte affinché la strega più potente che conoscesse, fosse presente alla sua festa di (auto)bentornato alla villa di famiglia. Dopo molti rifiuti, Danaë aveva accettato solo a patto che Klaus non abbandonasse le speranze con Caroline: da quella volta a New Orleans, lei non aveva fatto altro che spingerli l’uno nelle braccia dell’altra. Era un modo per attenuare il caratteraccio dell’originale e ammansirlo, per quanto possibile. L’unico vero motivo per cui aveva accettato l’invito tuttavia, era stata la possibilità di tenere tutti gli originali sotto controllo, piano alquanto pretenzioso per i suoi gusti, ma necessario. Lo scopo del suo ritorno dopotutto era proprio quello di vegliare, sistemare le cose da lontano.

Era contenta di essere tornata, di sentirsi di nuovo utile: il ritorno dei Mikaelson portava solo tempesta e lei era pronta a tutto, o quasi.

 

La sera della festa arrivò in un batter d’occhio. L’ansia di rivedere Damon divorava la ragazza. Avrebbe dovuto comportarsi come se niente fosse, come se non lo conoscesse. Anzi, non ci avrebbe neanche parlato. Si era imposta di rimanere ai margini di quella festa: perciò scelse il vestito più semplice che aveva, tuttavia elegante, e si truccò diversamente dal solito per tentare di camuffare il suo aspetto ai presenti che avrebbero potuto ricordarsi di lei.

Arrivò tardi alla festa, come da programma e rimase per la maggior parte della serata a sorseggiare champagne in un angolo della sfarzosa sala ballo della villa dei Mikaelson. Klaus si avvicinò a lei ad un certo punto per salutarla, ma quando le propose un galante ballo lei rifiutò.

“Oh, andiamo, lo vedo che ti stai annoiando a morte, non è questo lo spirito della festa! E poi sei così bella, è davvero un peccato mortale lasciarti qui a far compagnia ai soprammobili” disse educatamente l’originale.

“Tu non dovesti essere con Caroline a quest’ora? - disse lei con finta disapprovazione. A quelle parole Klaus arrossì impercettibilmente e allora la sua interlocutrice capì - Non dirmi che non le hai ancora rivolto la parola?”

“Si sta divertendo, le ho mandato l’invito e ora sta ballando con tutti, lei” appuntò nervosamente.

“Klaus, vai lì e balla con lei. Io me la caverò” lo incoraggiò lei.

“Lo farò, ma sappi che la situazione tra noi non cambierà”

“Questo non puoi saperlo” disse.

“Piuttosto, tu cosa aspetti a confessare tutto a quell’irruente vampiro, che ovviamente non merita una tale fortuna nella sua vita?”

“Quando tu ammetterai finalmente che ti sei trasferito di nuovo qui solo per Caroline” disse Danaë bevendo l’ultimo sorso rimasto nel calice e allontanandosi.

Andava piuttosto d’accordo con Klaus quando era in modalità tranquilla. Era un buon amico, e molto potente, cosa da non sottovalutare. Quando posò il calice vuoto sul tavolo del banchetto, avvertì un profumo familiare nell’aria. Nella sua visuale comparve per primo il tessuto blu scuro della giacca e poi l’anello con il lapislazzuli della famiglia Salvatore. La sua mente non fece in tempo a mettere insieme tutti questi indizi che come un fulmine a ciel sereno, si ritrovò addosso lo sguardo di Damon, solo a pochi centimetri da lei.

“Ciao” disse lui languidamente. Il vampiro l’aveva squadrata un paio di volte da capo a piedi e non la smetteva di guardarla intensamente con la chiara intenzione di metterla in imbarazzo.

Per una frazione di secondo Danaë ebbe la netta impressione che Damon ricordasse tutto, che la conoscesse. Poi riprese fiato.

“E tu chi sei?” finse il vampiro.

“Ehm, mi sono trasferita da poco. Qualche tempo fa avevo un’attività da queste parti. Mi chiamo Danaë”

“Piacere. Io sono Damon Salvatore. Vieni, ti presento mio fratello”

“Oh, va bene” disse la ragazza e con il cuore in gola lo seguì all’esterno sul terrazzo.

Lì fuori era molto più appartato e si poteva parlare tranquillamente. Danaë sarebbe voluta scappare a gambe levate lontano da lì, ma le sentiva pesanti come macigni e non riusciva ad essere padrona di sé stessa.

“Oh, che strano, un attimo fa era proprio qui. Era con la sua nuova fiamma, Michelle” disse malizioso.

“Oh.. Beh, allora tanto vale rientrare, fa freddo qui” mentì lei, che stava letteralmente per soffocare e aveva la pelle in fiamme. La ragazza fece per andarsene dandogli le spalle, ma poi lui la prese per un braccio.

“Di solito mento meglio di così, ma mi sembra di aver aspettato abbastanza - fece voltare Danaë e poi la guardò negli occhi, ormai in lacrime - Io mi ricordo tutto” le sussurrò semplicemente.

Damon non le diede il tempo di elaborare una strategia di fuga o di difesa che iniziò a baciarla con fame e disperazione. Lei rispose al bacio con il cuore il gola e le gambe tremanti. La foga del bacio e la danza affannosa delle loro bocche li costrinse in ginocchio. Si abbracciarono, respirando l’odore reciproco, vitale e come una boccata d’aria fresca. Il vampiro avrebbe potuto a baciarla per sempre, ma dopo qualche minuto la violenza di quel bacio fece mancare l’aria alla ragazza e i due si dovettero fermare.

Damon aveva gli occhi lucidi, sgranati e le labbra rosse, quasi color rubino.

“Dovrei odiarti, essere furioso e insensibile come mio solito e invece non riesco a non pensare di doverti baciare di nuovo” le sussurrò ancora.

Strofinò il naso su quello di lei, inalando il suo profumo e baciando ogni centimetro del suo viso accaldato.

“Ricordi quanto ti dissi che avrei voluto conoscerti nel 1864? Stasera è come se fosse un’altra vita, come se avessimo un passato diverso alle spalle. Prima, quando sei entrata nella sala, da sola, nel vestito che hai scelto per passare inosservata, è stato come vederti per la prima volta…”

“Non possiamo Damon” lo interruppe lei.

“E invece sì. Sto sprecando la mia vita e sono stanco di non viverla. Ti ho ritrovata, ora non ho più intenzione di lasciarti andare. E non dire che vuoi proteggermi.. Se anche dovessi morire domani, preferirei vivere la notte che mi resta con te, piuttosto che vivere al sicuro, ma ignaro per tutta la vita senza ti te”

Danaë tremava come una foglia, tutta la sua potenza era nulla in confronto alla tempesta che Damon generava dentro di lei. Provocava lo stesso effetto delle onde del mare contro gli scogli, uno scontro che si ripeteva all’infinito. Credeva ad ogni parola uscita dalla sua bocca. Aveva sognato talmente tante volte di rivedere Damon che ora non gli sembrava reale, ma invece lo era più che mai.

“Non puoi decidere per me, io non te lo permetto” concluse lui.

Danaë si asciugò le lacrime e dopo un pò si schiarì la voce.

“Come ha.. come ha fatto l’incantesimo a svanire?”

“Scorribande varie.. Il mio cervello non è più prestante come una volta, i tuoi incantesimi non funzionano al meglio su di me” si pavoneggiò.

“..Avrei fatto di tutto per te” disse lei guardandolo dritto negli occhi e accarezzandogli il viso. In quel momento Damon comprese tutta la sua sofferenza, tutta la forza di volontà che le era servita a fare il sacrificio che aveva fatto per stargli lontano.

“L’unica cosa che può salvarmi, non è la tua assenza, ma sei tu. La voce che mi guida attraverso le mie tenebre”.

 

FINE




Note:

Grazie a tutti coloro che hanno seguito, recensito ed aspettato pazientemente ogni capitolo della storia. 
  
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