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Autore: Kimberly Anne    04/08/2009    3 recensioni
Attualmente sospesa.
Una piccola stanza buia. Una bambina eccentrica, maniaca dei pawky. Decine di schermi su cui vedete scorrere le immagini di molti dei vostri manga e anime preferiti. E' qui che tutto ha inizio; è da qui che parte la nostra storia, un (demenziale) viaggio ai confini dell'Universo per riportare il corso degli eventi sulla retta via... Ma ce la faranno Amu, Ikuto e Tadase, trascinati in questa avventura loro malgrado, a non rimetterci la pelle, tra onigiri parlanti, biondine isteriche e disastrosi rapporti famigliari?
Genere: Comico, Demenziale, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Amu Hinamori, Ikuto Tsukiyomi, Nuovo personaggio, Tadase Hotori
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Parte prima: Uno sguardo indiscreto

 

Tutti voi conoscete la storia. Tutti voi conoscete Amu, Ikuto, Tadase e i Guardians, nonché le loro mirabolanti avventure.

Dimenticatele.

Perché quello che voglio farvi scoprire oggi è ciò che sta dietro le quinte di questa favolosa storia.

Lasciate dunque che vi accompagni dove tutto ebbe inizio ma mai avrà una fine: in una stanza buia, piuttosto stretta, illuminata solo dalla fioca luce di una decina di schermi addossati ad una delle pareti. Di fronte agli schermi v’è una poltrona, una grande poltrona, di quelle che solo i peggiori malvagi avrebbero il diritto di avere. Giriamo ora attorno a questa poltrona, svelandone l’occupante...

...

...

...eh?

Ehm... c’è nessuno? Abbiamo sbagliato orari? L’occupante della poltrona è andato al bagno?

«Ehi, sono qui!»

...hmm?

«Ho detto che sono qui! Abbassa quella telecamera, troglodita mongoflettico d’un cameraman!»

D’accordo, d’accordo, ma che modi...Ehm. Comunque sia.

Ed ecco che ci ritroviamo davanti a... ehm... aspettate... regia? Credo che ci sia qualcosa che non va. Questa è una bam-...

«Piantala di blaterare! Qui l’unica autorizzata a farlo sono io! E si può sapere chi ti ha dato l’autorizzazione di venire qui? Hai un permesso scritto? Ah, no? Allora smamma, e in fretta, anche!»

“...e  così venimmo sbattuti fuori.”

 

La piccoletta, alta sì e no un metro e una ciliegia, assomigliava pericolosamente ad un personaggio disegnato da POP[KA1] , non fosse stato per la strana aura che emanava, così simile a quella di un essere umano ed altrettanto pericolosa.

Teneva la testa leggermente inclinata verso sinistra, la guancia paffuta abbandonata sul palmo della mano, e sgranocchiava lentamente un pawky al cioccolato (sì, lo so, voi normalmente lo chiamereste “mikado”, ma non vi consiglio di farlo in sua presenza...), fissando gli schermi di fronte a lei.

In uno di questi, su cui il suo sguardo era focalizzato in quel momento, si potevano vedere tre ragazzi: gli eroi della storia di cui parlava prima il nostro sfortunato cameraman.

Attualmente stavano confabulando sul da farsi, dato che il cattivo di turno («Quel dannato direttore... mi chiedo, perché non sono ancora andata a farlo fuori? Perché? E’ lui la causa di tutti i mali!» urlò la bambina, alzandosi in piedi sulla poltrona e puntando il dito contro lo schermo – e per poco non soffocandosi con il pawky) era riuscito a rubare il tesoro di turno e portarselo nel suo malefico covo (di turno).

L’aitante ragazzo dai capelli neri tirò fuori dalla tasca qualcosa di simile ad una carta di credito, mostrandola ai compagni.

«Microfono sulla cinque» sussurrò la bambina, mentre le s’illuminavano gli occhi.

In quel momento, una voce rimbombò nella stanza: «Questa carta attiva l’ascensore che porta all’ufficio di Gozen. L’ho rubata qualche tempo fa. »

«Oh, Ikuto, sempre il migliore!» sorrise la bambina, tutta contenta. «Che cosa faremmo senza di te?»

«Ma possiamo andarci solo in tre» continuò il ragazzo «Altrimenti rischieremmo di venire scoperti»

La bimba roteò gli occhi per l’ovvietà della scelta.

Ikuto, Amu e Tadase; il primo perché il suo arco ancora non era finito, la seconda perché era la protagonista e il terzo... perché era il fastidioso ed egocentrico completamento del triangolo e purtroppo non se ne poteva fare a meno.

«Quasi quasi cambio e ci mando Utau» borbottò la bambina, annoiata «Insomma, tanto per cambiare. Tadase non può essere sempre lì in mezzo a rompere le uova nel paniere, santa carota» e concluse l’affermazione dando un morso secco al suo pawky.

I ragazzi nello schermo si apprestarono ad entrare nell’ascensore per mezzo della carta, ma... la porta non si aprì. Tutti e tre rimasero scioccati; in particolare, Amu aveva assunto la sua tipica espressione da “...eh?”.

 

Il pawky cadde a terra con un sordo “tac”.

La bambina era scioccata più di tutti gli altri messi insieme.

Balbettò qualcosa d’insensato, gli occhi che scorrevano sullo schermo come alla ricerca di un cartello “Sorridi! Sei su Candid Camera!”.

«No... » disse, stringendo i pugni «No, no, no, no, no, NO!»

Iniziava a girarle la testa. Cosa stava succedendo? Le cose non dovevano andare così! Se i ragazzi non avessero scoperto chi era Gozen e tutto il resto, Ikuto non sarebbe mai stato veramente libero, e allora addio alla sua Amuto Ending! Non poteva succedere!

E mentre la bambina si disperava, mani tra i capelli (urlava qualcosa del tipo “ohnno, ohnno, ohnno, stupidastupidastupidaimpiccionarompiuovanelpanierechecosadevofarciconteseisemprelìprontaaincasinarmilavita[...]” - il resto lo lascio alla vostra fantasia, perché questa conosce parole più lunghe di quelle di Mary Poppins), la porta del suo piccolo studio si aprì, e i nostri tre eroi fecero il loro ingresso... dove non avrebbero mai dovuto.

«Seriamente, Ikuto, e io che credevo che fossi certo che dovessimo passare di là... » si stava lamentando Amu.

«Io ne ero certo...» borbottò lui in risposta.

«Avanti, Ikuto-niisan, a tutti può capitare di sbagliarsi... » lo rassicurò un bonario (ed alquanto irritante) Tadase, entrando per ultimo.

La bambina, ancora le mani tra i capelli come una perfetta idiota, si girò lentamente e li vide.

«AH!» esclamò, e i tre risposero con un “ah!” spaventato di rimando.

Poi silenzio.

Tadase guardò Amu.

Amu guardò Ikuto.

Ikuto guardò la bambina con un’espressione incredula che per nulla gli si addiceva.

«...io l’avevo detto che non era la porta giusta».

«Kyaaaaa!» un secondo urlo da parte della bambina lacerò i loro timpani facendoli sobbalzare; di contro, lei perse l’equilibrio e ci mancò poco che cadesse dalla poltrona, non fosse stato che riuscì ad aggrapparsi al bracciolo appena in tempo e rimase lì, coi piedi a penzoloni (già, era bassa fino a quel punto), indicandoli con l’indice dell’altra mano.

«C-c-che ci fate voi qui?!» esclamò, impanicata. Amu avrebbe potuto giurare di vedere la sua anima uscirle dalla bocca e il suo sguardo farsi vacuo per lo shock.

«Chi sei tu, piuttosto!» chiese Tadase, in un attimo di inaspettato coraggio.

Ma nessuno fece in tempo a ricevere una risposta, perché proprio in quel momento una parte perfettamente circolare di soffitto cadde davanti a loro.

Dal buco che si era creato, scese a quel punto un bambino biondo vestito stile “Mission Impossible”, calandosi con un rampino. Atterrò e sfoderò quello che doveva essere un sorriso affascinante, ma sul suo volto di bimbo sembrava più che altro la smorfia di chi si è trovato un panino ammuffito nello zaino.

«Hikaru!» esclamò la bambina, riprendendo improvvisamente coscienza di se stessa e spostando l’indice dai tre eroi al nuovo arrivato.

«Taiyaki Kid!» strillò invece Amu, esterrefatta, indicandolo a sua volta.

Il bimbo, con un ghigno di sufficienza, fece “no” con il dito, per poi batterlo un paio di volte sulla spilla argentea che portava sul petto.

«Ero stufo di farmi chiamare così da tutte le fangirls inglesi che girano per il web. Ora sono uno Spy Kid!» dichiarò, accompagnando l’ultima frase con una posa che più che altro si addiceva ad una Superchicca.

...silenzio, rumore di cicale provenienti da chissà dove.

Ora le anime che cercavano la strada verso l’aldilà erano quattro.

«Okay, okay, ragazzi, è ora che ci pensi io a sistemare le cose»
Queste parole vennero pronunciate da una voce sconosciuta che sembrava provenire da sotto terra (e, dico, chi mai poteva avere la malsana idea di nascondersi là sotto? Il Bau-bau? Il mostro di Loch Ness? Heidi?). Quando un dolce aroma di tè pervase l’aria, comunque, tutti capirono chi stava arrivando.

Con il suo solito sorriso e l’immancabile tazza di tè in mano, Tsukasa-san, il primo King’s Chair, emerse dal pavimento dopo aver scardinato una lastra di quest’ultimo.

La bambina ebbe nuovamente qualcuno contro cui puntare il dito, e questa volta era furente.

«Ma insomma, vi siete messi in combutta per distruggermi la tappezzeria o cosa?!» strillò, esasperata «Non ce l’avete un contegno? Una morale?»

«Scusate il disagio, sono venuto a prendere questo bel bambino e riportarlo a casa» rispose Tsukasa, rivolgendo ad Hikaru un sorriso ancor più dolce del suo tè e ignorando la povera bambina.

Il piccoletto, al contrario delle aspettative, parve terrorizzato dalla proposta del custode del Planetario. «NO!» urlò, improvvisamente a un passo dalle lacrime. Si voltò verso Amu, unico viso a lui noto, lo sguardo supplicante «Non credete a quello che dice! In realtà non è una brava persona! Lui... lui mi ha... mi ha...»

«Ti ha...?!» esclamarono i ragazzi, sconvolti al solo pensiero di cosa un uomo adulto come Tsukasa potesse aver fatto a quel povero e tenero bambino.

«...mi ha costretto a bere tè con lui tutto il giorno, e parlava di strane uova che non vengono fuori dalle galline, e poi ogni tanto mi diceva che avevo perso il mio uovo o che strappare le pagine ai libri dovrebbe essere un crimine, e io avevo tanta paura perché sono sicuro di non saper fare le uova, ma lui...».

“Spatatunf!” fu più o meno il suono dei corpi dei ragazzi che caddero a terra.

«Avanti, Hikaru-chan, fa’ il bravo e vieni con me, o a casa si preoccuperanno...» disse gentilmente Tsukasa, uscendo dal buco nel pavimento («E’ irreparabile, irreparabile... la giornata di oggi mi costerà una fortuna, porca carota!» fu il borbottio sommesso della bambina).

«Non voglio!» piagnucolò Hikaru, e grossi lacrimoni gli scorrevano lungo il viso «Io... io voglio fare lo Spy Kid! Lo voglio davvero!»

«Abbi pazienza, piccolo, non si può diventare spie così, da un giorno all’altro... »

«Già, ha ragione Tsukasa-san, ci sono cose che non si possono fare così in fretta» confermò Amu, intromettendosi nella discussione.

«Esatto. Come conquistare il mondo, ad esempio» le diede man forte Tadase.

«O ritrovare la libertà perduta» aggiunse Ikuto, che si era sentito in dovere di dire qualcosa anche lui.

«Oppure... imparare a cucinare»

«Oh, fare gli onigiri, ad esempio... ci ho messo secoli ad imparare per bene» annuì ancora Tadase, seriamente. //“onigiri are serious business” u_u//

«Davvero?» chiese Amu, interessata «A me ha insegnato mia mamma... lei è un genio, in queste cose, pensa che il suo tempura fatto in casa...»

«ORA BASTAAAAAAAA!»

Chi aveva urlato era la bambina, che finalmente aveva abbandonato la posizione a penzoloni dalla poltrona (seppur con un po’ di fatica) e adesso era di fronte a loro, i pugni stretti sui fianchi con fare autoritario.

«Non. Ne. Posso. Più. Porca. Carota.» disse, accompagnando ogni parola con un colpo sulla testa di uno dei malcapitati.

«Tu!» ordinò, indicando Hikaru «Smetti di piagnucolare e torna a casa immediatamente. Che poi a tuo nonno vengono i complessi e pensa cose complicate come catturare l’Embrione, cercare distruggere quei poveri scemi dei Guardians per poi fallire miseramente e cose del genere. E tu!» passò ora ad indicare Tsukasa «Accompagnalo. Non dirgli cose strane che potrebbero spaventarlo, fila dritto a casa sua E BASTA. Ah, e mi aspetto un risarcimento per la tappezzeria. E per quanto riguarda voi tre...» lanciò ora un’occhiataccia ai protagonisti «Visto che ormai vi siete introdotti qui e non c’è modo di rispedirvi nella vostra storia senza aver prima risistemato le cose, vedrò di trovare qualcosa in cui possiate rendervi utili. Quindi, seduti!».

Il trio deglutì all’unisono e obbedì. Perfino Ikuto era stranamente spaventato dal quella stramba bimbetta.

Mentre Tsukasa ed Hikaru sparivano nel buco del pavimento («E ricordate, ragazzi: io sapevo tutto» sorrise l'uomo con fare misterioso), la padrona di casa tirò fuori da chissà dove un altro pawky e se lo mise in bocca come farebbe un ispettore di polizia con il suo sigaro.

«Allora, Trio Medusa, la situazione è questa» spiegò, autoritaria, senza nemmeno lasciare che si fossero ripresi dal trambusto di poco prima «Normalmente, io controllo le storie in modo che tutto vada per il meglio. Sono una specie di “Destino vivente”, comando i vostri mondi come mi pare e piace. In particolare, in questo momento stavo cercando di fare in modo che tu» indicò Amu «capissi bene che cosa provi per lui» e spostò l’indice su un perplesso Ikuto.

I due si scambiarono una fugace occhiata; Amu arrossì e rischiò di mettersi a fumare come una pentola a pressione, mentre Ikuto semplicemente distolse lo sguardo, perso per un attimo nei suoi pensieri.

Tadase, col cervello bacato che si ritrovava, non capì esattamente cosa intendesse la bambina. Alzò la mano come uno studente che chiede la parola alla maestra.

«Scusa... ma il lavoro di cui parli... insomma... solitamente non è ciò che fanno gli dei?» chiese, indicando poi verso l’alto. (La cosa incredibile era che avesse creduto ad ogni singola parola, cosa che in condizioni normali non dovrebbe accadere).

«Tsk» sospirò la bambina «Parlo spesso con gli dei, che credi»

«Quindi... il Destino è una parte scissa dagli dei, ma tuttavia crede in loro... » ragionò lo shota biondo tra sé.

«Certo che no» rise lei «Ma ti pare? Li conosco troppo bene. Sarebbe come credere nel postino» ridacchiò un attimo, poi tornò seria e autoritaria come poco prima «Dunque, io stavo facendo benissimo il mio lavoro, quando c’è stato... come lo chiamereste, voi? Un bug di sistema.»

«Il Destino può subire un bug? Come un computer?» chiese una perplessa Amu appena ritornata di un normale colore rosa, più dissimile dai suoi capelli di quanto non fosse poco prima.

«Non proprio» spiegò la bambina, scuotendo la testa «Normalmente non dovrebbe accadere. Assolutamente. Voglio dire, che succederebbe se ogni due per tre il sistema si bloccasse e l’equilibrio dei mondi si alterasse? Sarebbe un disastro!» si morse la punta del pollice, nervosa e irritata al contempo «Il problema è derivato da un agente esterno. Come un virus, che si è infiltrato e ha creato il bug»

I tre inclinarono la testa di lato. Tutto quel paragonare il sistema del Destino ad un computer era piuttosto ridicolo.

«Ma... chi si metterebbe mai a creare un virus per alterare il Destino?» chiese dunque Ikuto, dopo un’attenta riflessione (di circa un paio di secondi, perché dopotutto lui era Ikuto).

Gli occhi della bimba s’illuminarono. Finalmente una domanda sensata. «So perfettamente chi è. In effetti, è proprio...».

Ci fu un silenzio carico di aspettativa.

Passò un secondo. Ne passarono due. Rapidamente i secondi erano diventati dieci.

La bambina stava stringendo i pugni fino a far sbiancare le nocche; lo sguardo, che pareva improvvisamente assatanato, era puntato verso il basso, e le labbra erano curvate in un sorriso malefico. Emanava un’aura peggiore di quella di Utau Hoshina alla scoperta dei veri sentimenti di Ikuto.

I ragazzi rabbrividirono.

«Fate...» disse la bambina con tono lugubre. «Quella dannata, dannatissima Fate!» urlò poi, puntando il dito verso un punto indefinito di fronte a lei senza apparente motivo (a quella piccoletta doveva proprio piacere indicare le cose, nonostante sia un gesto altamente maleducato e disprezzato da molte società).

«Perciò» dichiarò, lo sguardo non meno assatanato di prima «Dobbiamo andare a prenderla. Quella codarda si nasconde in un altro mondo sperando che io non riesca a trovarla. Ma!» fece una pausa e tirò fuori dal nulla l’ennesimo pawky compiendo un ampio arco con il braccio con fare teatrale «Io so perfettamente come fare».

Amu e Tadase, terrorizzati, si erano entrambi istintivamente aggrappati a un braccio di Ikuto.

La bambina chiuse gli occhi e agitò il pawky nell’aria, e attorno a lei apparve un cerchio magico che pareva appena uscito da un certo maho-shoujo delle CLAMP. Dalla punta cioccolatosa del pawky si sprigionò dunque una luce accecante, mentre la piccola mormorava delle parole inudibili.

Quando la luce si spense, sembrava che non fosse cambiato nulla. Ma, sbattendo le palpebre e guardando più attentamente, si poté notare che davanti alla bambina era comparso qualcosa.

Un onigiri... un onigiri dotato di occhi e bocca, che ora sonnecchiava con una grossa bolla che si gonfiava e ritirava al ritmo del suo russare.

«Ci si rivede, eh, Konami[KA2] ?» disse soddisfatta la bambina, con un ghigno che ancora pareva malefico.

Prese dunque in mano l’onigiri vivente (al tocco della sua mano, la bolla scoppiò e quello si svegliò di soprassalto) e tornò ad avvicinarsi ai ragazzi.

«Quest’affare ci porterà nel mondo in cui si trova quella stupida codarda traditrice del suo sangue» disse, lasciandolo cadere di malagrazia in mezzo a loro. «Pronti? Tre, due, uno...»

I ragazzi, volenti o nolenti, furono avvolti da una luce giallastra e degli strani simboli iniziarono a girare loro intorno (simboli che, a quanto pare, erano stranamente simili a ciliegie, mele, mirtilli e frutta in generale... non esattamente gli ideogrammi sconosciuti e misteriosi che si vedevano nei manga, ma bisogna dire che facevano comunque la loro bella figura), mentre l’onigiri chiamato Konami sorrideva allegramente.

Solo allora ad Amu venne in mente una cosa.

«Non ci hai ancora detto il tuo nome!» esclamò, curiosa.

La bambina sorrise, enigmatica. «Ma certo» disse, rimettendosi il pawky in bocca e scostandosi i capelli dal viso con l’altra mano «Il mio nome è Kim[KA3] . Destino del mondo al vostro servizio»

E avrebbe aggiunto un breve inchino, se solo non fossero scomparsi tutti un attimo dopo.

 


 [KA1]Autrice del Manga "Moetan".

 [KA2]Questo nome è un (pessimo) gioco di parole tra un anagramma del nome “Mokona” e la vera e propria “Konami”, casa giapponese di videogames, tra qui quelli di Shugo Chara. Giuro che non so come abbia fatto a venirmi in mente una cosa del genere xD

 [KA3]Lo so, la cosa suona piuttosto egocentrica. E lo è. Il fatto è che sognavo da secoli di scrivere una FF in cui fossi la protagonista onnipotente, perciò eccola qui xD

   
 
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