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Autore: Storytime_Love    02/02/2020    3 recensioni
Varie storie, più o meno legate. Nella prima, Demoni a Natale, Magnus vorrebbe passare la più romantica delle feste con il suo Alexander ma l'arrivo di alcuni demoni rovina i piani. Il mio carceriere: Sempre in inverno i Malec rimangono bloccati in una baita rischiando la vita. Questo e altro porta il Clave a...
La frusta: Alec si trova in balia di un demone che cerca vendetta. Lord Bane: lo stregone di un universo parallelo ha sottomesso l'intera terra. Magnus vs Bane ne è il seguito. Team building: il calve organizza un weekend di gare. Liadara: Una strega sfrontata si trasferisce da Magnus. My boy: la più dolce, su un bambino molto speciale.
Tutte le storie sono stand alone anche se a volte vi sono dei rimandi.
In generale le scene più hard non sono mai troppo "esplicite"ma stuzzicano l'immaginazione. Buon divertimento!!
Genere: Fluff, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Bondage
Capitoli:
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My Boy

 

 

Una piccola storia dolce che può inserirsi in qualsiasi punto di calma prima del matrimonio. Spero vi piaccia.

 

La pila di testi antichi traballò pericolosamente mentre Eugenius Hex sfilava una grosso volume polveroso dal fondo.
“Attento, non siamo mica giocando a Jenga!” esclamò Magnus alzando i grimori grazie a un pizzico di magia.

L'altro stregone non gli diede retta e appoggiò il tomo accanto alle decine di altri sparpagliati sul pavimento. Lo sfogliò pensieroso poi batté il dito su una pagina: “Guarda qui! Forse se unissimo alla cenere di vampiro del fosfato di zinco...”
“... diventerebbe instabile! Le candele non sarebbero in grado di arginare il flusso temporale”.
L'uomo scartabellò in una pila di fogli sulla scrivania poi trionfante estrasse una pergamena coperta di geroglifici: “Gli egizi parlano di usare polvere di artigli di licantropo per aumentare la stabilità dei pentagrammi, vedi?”
Magnus allargò le mani in segno di resa: “Val la pena di tentare”.
Il pentacolo era complesso, ogni punta della stella centrale conteneva pentacoli minori tracciati con tre tipi di polveri diverse, un intrico di simboli arcani riempiva il pentagono centrale
“Siamo pronti!” esclamò Hex. “Fra poco potrò vedere il passato!”
Magnus guardò l'amico: “Ti rendi conto che stiamo cercando di squarciare il velo del tempo solo perché hai perso il cane?”
Eugenius lo squadrò con cipiglio feroce: “Ti ho già spiegato che non è tracciabile: ci ho provato ma ciotole e collare appartengono a me, mi sono auto-trovato una decina di volte! Dimmi che per il tuo stupido gatto non avresti fatto lo stesso!”
Magnus ebbe la decenza di arrossire: “Va bene, va bene, proviamo...”
Insieme intonarono l'incantesimo e avvicinarono le candele ai due simboli rossi. Il fuoco corse lungo le linee fino a raggiungere il centro, si alzò un muro di fiamme blu e nel centro apparvero scintille cremisi.
“Ci siamo, sta funzionando!”
L'aria si condensò in un vortice percorso da lampi rossi.
“O forse no...” Hex fece un passo indietro proprio mentre la tromba d'aria di piegava in cerca di un bersaglio. Il pentacolo parve esplodere e il turbine colpì Magnus che fu scaraventato a terra.
Eugenius si avvicinò guardingo: “Bane? Come va, sei vivo?”
Magnus si tirò su, spolverò gli abiti e si diede una rapida occhiata: “Stranamente direi di sì, neanche un graffio. Sono a posto anche i vestiti, nemmeno una bruciacchiata. Adesso mi credi se ti dico che senza ali di manticora non può funzionare?”
“Sì signor so-tutto-io, ti credo”.
“Ecco, allora, io vado al mio appuntamento e tu te ne vai in India, in fondo il cane è il tuo. Trova quella bestiaccia alata e ci rivediamo domani sera”.
“Sempre il solito! Va bene, a ognuno la sua caccia!”
Magnus rise e aprì un portale per casa sua, aveva bisogno di tempo per prepararsi prima dell'arrivo di Alexander.

Era quasi una settimana che non riuscivano a passare una serata insieme, troppo lavoro, troppi demoni, troppo tutto, ma finalmente stasera era tutta per loro! Alec prese dal cassetto una maglietta nuova, comprata per l'occasione, e si passò la mano fra i capelli. Dieci minuti dopo era davanti a casa di Magnus. Suonò al campanello e attese. Nessuna risposta. Provò altre due volte, forse Magnus era ancora nella doccia. Per fortuna aveva le chiavi. C'era un rumore strano, sembrava quasi un miagolio. Chairman Meow gli si strusciò contro in segno di benvenuto: non era lui. Alec segì il rumore fino alla camera da letto. Il suono, che ora sembrava stranamente simile al singhiozzare di un bambino, veniva dallo spazio fra il muro e la cassettiera.
In effetti era proprio un bimbo di tre o quattro anni. Aveva un caschetto di capelli neri, abiti enormi - ma quella non era la giacca di paillettes nere di Magnus? - e sedeva rattrappito nell'angolo come un animaletto in trappola. Alec si accucciò per essere alla sua altezza.
“Ehi, piccolo... cosa c'è che non va?” Oh mamma, perché non c'era Clary con lui? O Isabelle. Chiunque. Lui era una frana con i bambini.
Il bimbo smise di piangere e alzò gli occhi. Occhi da gatto. Ma gli stregoni potevano avere figli?!
“Ciao! Mi sai dire il tuo nome?”
Il piccolo tirò su col naso, si passò un pugnetto lurido sulla guancia per asciugare le lacrime e lo fissò con gli occhi sgranati. Alec provò a fargli un sorriso incoraggiante e vide il bambino illuminarsi e venirgli incontro. Dove diamine era finito lo stregone?
In preda al panico Alec provò a chiamarlo: “Magnus!? Ci sei?”
Il bambino, che intanto stava cercando di arrampicarglisi in braccio scoppiò a ridere: “Sono qui!!”
Sbilanciato dal bambino e dalla risposta Alec cadde al indietro con il piccolo, che ora rideva ancora più forte, sopra di lui. La giacca era scivolata dalle spalle ossute, i pantaloni enormi erano rimasti nell'angolo e il bambino - Magnus? - indossava solo una maglietta oversize.
“Sei... sei davvero Magnus? Magnus Bane?”
“Maggus Bane! E tu come ti chiami?”
“Alexander... Alec”.
Mentre si rialzava il bambino gli tirò la maglietta: “Aleccande, dov'è la mia mamma?”
La mamma? Qui serviva aiuto, e in fretta. “Sì, aspetta un attimo, adesso devo fare una telefonata, poi la cerchiamo va bene?”
Il bambino annuì con aria grave.
Mentre chiamava Jace e gli altri Alec rifletteva in fretta. Ammettendo che bambino fosse davvero Magnus, cosa gli era successo? Chi lo aveva ridotto così?
“Hai finito? Io ho fame!”
Alec guardò giù e vide che il bimbo lo aveva seguito in salotto. Stava per rispondergli quando Magnus notò il gatto e con un'altra risatina corse a prenderlo. Chairman Meow amava le coccole e le comodità e quel piccolo uragano decisamente non lo convinceva: rapido come un filmine si nascose sotto il divano. Sdraiato sulla pancia il bambino allungava il braccio per cercare di raggiungerlo ma Chairman era rintanato troppo in fondo. Nuove lacrime cominciarono a formarsi in quegli occhi lucenti, poi l'espressione divenne più risoluta, scintille blu circondarono il divano e lo sollevarono da terra, abbastanza perché Magnus potesse passarci sotto, prendere al gatto e passargli la mano sul pelo. “Aleccande! E' mobbido!”

Alec si trovò a sorridere, almeno finché, distratto dal gatto, Magnus non lasciò cadere il divano. Per fortuna si era spostato da sotto ma lo spavento gli fece mollare il micio e correre a nascondersi dietro le gambe dell'unico adulto.
“Dai, vediamo cosa c'è da mangiare”.

“Pancake!!” urlò il bambino correndo in cucina.
Almeno quelli li sapeva preparare... circa. Magnus, appollaiato su uno sgabello troppo alto, parve gradire.
Mentre mangiava suonarono alla porta: erano arrivati i rinforzi.
“Allora, qual'è l'emergenza?” chiese Jace.
Alec fece un cenno verso il bancone dove il bambino, completamente imbrattato di sciroppo d'acero, stava divorando il quarto pancake.
“Ma che carino!” esclamò Clary. “Chi è?”
“Magnus” disse Alec in tono piatto.
Tre paia di occhi si girarono su di lui per poi passare al bambino.
“Mag... sei sicuro?”
Mentre Alec raccontava come l'aveva trovato, il bambino aveva finto di mangiare ed era saltato giù dallo sgabello (finendo lungo disteso per terra) e si era unito a loro. Il discorso era noioso e Magnus aveva deciso di esplorare un po'.
“Dov'è andato?” chiese Clary allarmata.
Appena lo chiamarono il bambino riapparve: aveva trovato la scatola dei gioielli e adesso aveva una ventina di collane attorno al collo, bracciali a entrambe le braccia e intorno alle caviglie e un'espressione soddisfatta. Si rivolse al Alec: “Guadda che bello!”
“Sì, sei bellissimo. Ma adesso dimmi, ti ricordi cosa stavi facendo prima che arrivassi io?”
“Ero solo e mi sono spaventato...”
“Io chiamo Catarina” decise Clary prendendo il cellulare e spostandosi in un'altra stanza.
Intanto Iabelle tornò a rivolgersi al bimbo: “Ancora prima, prima di rimanere da solo, cosa facevi?”
Il bimbo fece spallucce.
“Dai prova a pensarci!” disse Jace un po' scocciato.
Magnus si aggrappò forte ai pantaloni di Alec, alzò il mento, fissò Jace con le pupille strette e disse: “Brutto!”
Isabelle si mise in mezzo fra i due: “Sì è proprio brutto. Tu invece sei bravissimo. Adesso dicci, prima c'era qualcuno?”
Il bimbo chiuse gli occhi poi esclamò: “Ex. Giocavo con Ex!”
“Cos'è un ex?” chiese Jace, guadagnandosi un'altra occhiataccia.
“Ex è un signoe. Grande. Con la coda”.
“Uno stregone” disse Izzy tirando fuori il tablet per fare una rapida ricerca. “Ecco qui: Eugenius Hex, uno stregone di Dublino. C'è anche una foto, coda e tutto”. Mostrò lo schermo al bambino: “E' lui?”
“Ha fatto il fuoco!”
Finita la telefonata Clary era tornata: “Catarina non ha mai sentito nulla di simile, bisogna scoprire come è stato fatto l'incantesimo, insomma, serve questo Hex. Si è offerta di venire a tenere Magnus ma era molto presa in ospedale, c'è stato un incidente ferroviario e avevano decine di feriti. Lo ho detto che c'era bisogno...”
“Hai fatto bene. Allora, io, Alec e Isabelle andiamo a Dublino. Clary, tu hai fatto la babysitter vero? Quindi del piccolo è meglio se ti occupi tu. Conviene portarlo subito all'istituto,” decise Jace.
Clary sorrise e tese una mano al bambino: “Vieni, io e te andiamo a fare un giretto”.
Magnus le diede la mano, almeno finché non vide che Alec non li stava seguendo. Poi puntò i piedi e cercò di liberarsi dalla presa. “Voio lui!” gridò puntando il ditino verso Alec.
“Beh, almeno siamo sicuri che è proprio Magnus,” rise Isabelle.
“Dai piccolo, dobbiamo andare” cercò di convincerlo Clary mentre si avvicinava per prenderlo in braccio.
Magnus si divincolò urlando come se lo stessero uccidendo: “Aleccandeeeee!”
Clary lanciò un grido, lasciò il bambino e si strinse la mano con l'altra: “Mi ha bruciato!”
Sentendosi libero Magnus si fiondò verso il suo beniamino che d'istinto lo tirò su. Jace fece un passo avanti:. “Non è così che si fa! Smettila subito e chiedi scusa, se no...”
A questo punto fu Alec a girarsi per mettere la spalla opposta fra Jace e Magnus: “Se no cosa? E' un bambino, ed è spaventato. Cosa ti aspetti che faccia?”
Ormai al sicuro, Magnus disse la sua: “Io voio tae con Aleccande”.
I quattro adulti si guardarono sconfitti.
“Va bene, allora io, Jace e Clary andiamo a Dublino a cercare questo Hex...” disse Izzy.
“E io?” chiese Alec anche se conosceva già la risposta.
“Tu stai qui col tuo ragazzo...”
Vedendo il panico negli occhi del suo parabatai Jace aggiunse: “Una serata soli soletti, cosa vuoi di più?”
Prima di uscire Isabelle guardò il fratello: “Divertitevi! E mi raccomando, fagli fare un bel bagno”.
Ma perché esistono le sorelle? Alec guardò Magnus che saltava sul divano. Fra le lacrime, lo sciroppo d'acero e i peli di gatto era veramente sporco. Con un sospiro andò in bagno e si guardò intorno. Questo Magnus era troppo piccolo per fare la doccia da solo e insieme... decisamente no. Per fortuna c'era anche una bella vasca. Una volta piena chiamò il bambino e gli tolse la maglietta. Era magrissimo. Mentre lo guardava giocare nella vasca si trovò a pensare che il piccolo Magnus era tutto una contraddizione: cercava la mamma e aveva il fisico di chi è abituato a mangiare poco, come doveva essere stato il suo Magnus a quell'età, però gli risultava che lo stregone fosse entrato in possesso dei suoi poteri, occhi da gatto compresi, da più grandicello, verso i cinque o sei anni, forse anche di più. Quando erano insieme era pieno di vita e sicuro di sé, come qualcuno che sa di essere amato, e subito dopo appariva il bimbo spaventato, abituato ad essere rifiutato da tutti.
Uno schizzo d'acqua e una risata lo riscossero dai suoi pensieri. Nella vasca navi pirata dorate si inseguivano intorno al bambino, le cannonate mandavano spruzzi ovunque. In qualche modo Alec riuscì a lavare il piccolo corsaro e ad avvolgerlo in un morbido asciugamano azzurro. Dopo avergli raccomandato di non muoversi Alec andò a guardare nella cassettiera in cerca di qualcosa da mettergli. Tornò con una delle magliette più semplici e aderenti di Magnus ma il bambino non era d'accordo.
“No! E' brutta Aleccande! Non mi piace” disse scappando via.
Magnus rideva del nuovo gioco, girava intorno al divano, passava sotto il tavolo e dietro alle sedie. Dopo una decina di minuti buoni Alec cominciò a pensare che inseguire un moccioso nudo mentre cerchi di infilargli una maglietta sarebbe un ottimo allenamento per qualsiasi Shadowhunter. Alla fine decise che non ne valeva la pena, tornò in camera e tirò fuori una canottiera di lurex nero con la scritta Sexy in paillettes d'oro: Magnus la indossò senza fare storie.
Ormai era tardi e il piccolo, dopo una giornata piena di emozioni, era stravolto. Cominciò a piagnucolare e a chiedere con insistenza della mamma. Alec lo mise a letto e, dopo avergli augurato la buonanotte e dato un bacio sulla fronte, spense la luce. Si buttò sul divano: era stanchissimo anche lui e voleva solo dormire un po'... Un suono leggero e ritmico lo costrinse ad alzarsi. Dalla stanza buia veniva un pianto soffocato intriso di tristezza. Il bambino era rannicchiato in posizione fetale e cercava di nascondere i singhiozzi. Quando vide la sagoma di Alec nel buio si spostò verso l'angolo del letto, la paura riflessa negli occhi d'oro. Alzò un braccio come a proteggersi la testa: “Papà... no... ti prego”.
Bastardo! Cosa gli aveva fatto quel mostro? Si fermò per non spaventarlo ancora di più: “Ehi tesoro, sono io, Alexander”.
Il bambino abbassò appena il braccio per sbirciare da sopra: “Aleccande?”
Alec sorrise e si sedette sul letto: “Proprio io. Dai, vieni qui”.
Magnus gli gattonò incontro e nascose la testolina nell'incavo della sua spalla. Mentre gli carezzava i capelli morbidi e puliti Alec si trovò a desiderare che il patrigno di Magnus fosse ancora vivo: quanto avrebbe voluto mettergli le mani addosso.
Quando il bambino si fu addormentato lo rimise giù delicatamente ma il piccolo aprì un occhio e mormorò qualcosa. Alec si sdraiò accanto a lui: “Dormi bene amore mio, sono qui accanto a te”.
Era un bambino adorabile ma Alexander era preoccupato e gli mancava il suo Magnus. Cosa stavano facendo Jace, Izzy e Clary?

Arrivati a Dublino i ragazzi si erano resi conto che non avevano considerato il fuso orario: erano le quattro di mattina. Aspettarono l'alba per passare all'istituto di Dublino: era prassi parlare con gli Shadowhunters locali prima di procedere a interrogare qualcuno sul loro territorio. Dopo una rapida spiegazione il capo dell'istituto chiamò due giovani perché li assistessero. Roisin e Connor erano gemelli, entrambi rossi di capelli e pieni di lentiggini sembravano la caricatura dell'irlandese tipo. Fratello e sorella erano allegri e felici di aiutare: Eugenius Hex non era uno stregone molto rinomato e dovettero cercare il suo indirizzo nel database.
Raggiunsero casa sua, a Dundrum, in poco più di mezz'ora e suonarono alla porta. Lo stregone doveva essere un tipo molto amichevole o molto imprudente, perché non aveva eretto sigilli intorno alla sua abitazione e bastò una runa di apertura per entrare. La scena che li accolse era di caos totale, pile di libri, pergamene, boccette e ciotole e occupavano ogni superficie disponibile. Un ampio spazio in centro al salotto era l'unico libero da scartoffie ma mostrava tracce di un pentagcolo ormai inservibile. Jace aveva compiuto una rapida perlustrazione dell'appartamento: “Qui non c'è, se n'è andato, e il letto non è stato usato”.

I ragazzi si divisero per cercare qualche indizio di cosa fosse successo.
“Guardate questi appunti,” disse Isabelle mostrando un foglio completamente ricoperto di annotazioni e linee.
“Cosa dicono?” chiese Clary.
“Non è tanto quello che dicono, ma vedi, sono due calligrafie diverse. E questa mi è familiare”.
Jace si sporse per dare un'occhiata: “Hai ragione, sembra quella di Magnus”.
“Conviene mandare una foto a New York per chiedere un confronto calligrafico” consigliò Connor.
“Se Magnus ha collaborato a questo... macello con Hex potrebbe non trattarsi un attacco o una vendetta, magari è stato solo un incidente,” ipotizzò Roisin.
“In effetti,” intervenne Clary, “Magnus diceva di aver giocato con Hex, non sembrava spaventato...”
“Quindi non è detto che lo stregone sia scappato. Aspettiamo il risultato del confronto poi chiediamo in giro”.
“Io resto qui, in caso torni,” decise Isabelle, “intanto vedo se trovo qualcos'altro di utile”.
Quando arrivò la conferma che il fogli era stato effettivamente scritto da Magnus, Clary e Jace girarono per il quartiere facendo domande a baristi e negozianti. Connor e Roisin allargarono il perimetro di ricerca al resto di Dublino.
Dalla descizione di mondani e nascosti Eugenius Hex sembrava essere un uomo molto tranquillo, non frequentava locali e andava ovunque con il suo bastardino grigio di nome Soot. Negli ultimi giorni tutti i vicini lo avevano incontrato più volte girare per la zona in cerca del cane scomparso. Clary staccò uno dei volantini che lo stregone aveva appeso a tutti i lampioni offrendo una lauta ricompensa per qualsiasi notizia su Soot.

Una sferzata di magia lo colpì alla spalla mandandolo a sbattere contro il muro due metri più in là. Attraverso gli occhi annebbiati Alec vide il bambino davanti a sé con le braccia ancora protese in avanti.
Era cominciato tutto in maniera molto semplice: dopo colazione Alec aveva ricevuto un messaggio: data l'assenza di Jace e Isabelle serviva la sua presenza in istituto. Il ragazzo aveva chiesto a Magnus di preparasi ma il bambino si era intestardito: l'istituto era il posto brutto dove lo voleva portare la ragazza dai capelli rossi e lui non ci sarebbe andato. No, no e poi no. Alec aveva cercato di spiegargli che doveva andare per forza, era il suo lavoro, ma a tre anni i ragionamenti non sempre funzionano. Il capriccio di Magnus era normale, comprensibile ma la magia rendeva tutto più complicato. La rabbia del bambino si era trasformata in sfere di energia che aveva lanciato prima contro i mobili e infine contro Alec stesso.

Adesso, con la spalla sanguinante e un braccio inservibile, il ragazzo guardava il bambino sgranare gli occhi, finalmente consapevole di cosa aveva combinato. Lo vide abbassare le braccia che quasi gli caddero ai fianchi e scoppiare in un pianto disperato e pieno di dolore, molto diverso dai singhiozzi tristi delle altre volte. Senza riflettere Alec usò la velocità degli Shadowhunter e in un momento gli fu accanto, il braccio buono che lo stringeva a se: “Amore, tesoro, calma, non è successo niente, va tutto bene”.
Preso di sorpresa dalla vicinanza e dall'abbraccio il bambino smise improvvisamente di piangere, lo sguardo si spostava da Alec alla porta e indietro: “Aleccande va via?”
Alec deglutì, l'insicurezza di Magnus la conosceva bene: “No piccolo, ascoltami. Te l'ho già detto tanto tempo fa ma tu non puoi ricordarti: io non vado da nessuna parte, sarò sempre accanto a te. Qualsiasi cosa tu faccia”:
Il bimbo tirò su col naso e alzò piano una mano, sfiorando la spalla insanguinata di Alec con un ditino.
“Sì, beh, adesso mettiamo a posto tutto. Ma tu mi devi aiutare. Alzò la maglietta sul fianco esponendo la iratze: “Vedi questo disegno qui? Adesso lo facciamo brillare ma tu devi tenere la maglietta così, sei capace?”
Alec prese lo stilo con il braccio buono e lo passò sulla runa: bruciava da morire ma si sforzò di sorridere.
“Perfetto, adesso cosa ne dici se facciamo un patto? Prima andiamo a fare shopping...” Non poteva certo portarlo in giro in cannotiera da uomo e nient'altro. “... poi andiamo all'istituto e dopo, se fai molto il bravo, ti porto...” Cosa piaceva a Magnus che fosse adatto anche a un bambino? “alla fattoria degli animali”.
“Che cos'è?” chiese il bambino sospettoso.
“Ci sono conigli, galline, oche, puoi accarezzare le caprette e magari fare un giro su un pony”.
Il bambino ci pensò su e assentì. “Adesso choppin!”
Alec rise, “Va bene, ma prima andiamo a lavarci i denti”.
In bagno Alec prese lo spazzolino di Magnus e mise un po' di dentifricio. “Digrigna i denti che laviamo quelli davanti”.
Il bimbo ubbidì ma appena sentì il sapore di menta sputò tutto nel lavandino. “Non mi piace! Bleah!”
“Sono d'accordo ma adesso apri grande”.
Magnus chiuse la bocca e mosse la testa da destra a sinistra cercando di evitare quel terribile supplizio.
Ormai Alec aveva finito la pazienza. “Magnus Bane! Adesso basta capricci, per oggi ne hai fatti abbastanza! Apri la bocca, subito”.
Quell'uomo era strano, diverso da tutti. Non era scappato da lui, non lo chiamava mostro o Ab-omino e adesso, anche dopo che gli aveva fatto male, non aveva paura di lui. Magnus aprì la bocca: Aaaaah”.
“Bravo bambino,” disse Alec strofinandogli i denti di dietro. “Adesso possiamo andare”.
Fortunatamente c'era un grande negozio di abbigliamento infantile nello stesso isolato. La commessa che li accolse guardò il bambino semi svestito con curiosità.
“Abbiamo avuto un piccolo incidente al parco, ci serve... tutto”.
La donna sorrise a quel giovane papà così carino e tirò fuori un completo con pantaloncini blu e maglietta a righe.
“Aleccande, è brutto!”
Con un gesto di scuse Alec spiegò: “A Magnus piacciono i colori vivaci...”
“Beh, per maschietti usano tanto il blu e grigio ma vediamo un po' cosa trovo”. Tornò poco dopo con un paio di bermuda arancioni che incontrarono il gusto di Magnus. “C'è anche la maglietta abbinata,” disse mostrando una maglietta blu scuro con il numero tre arancione sulla schiena.
Lo sguardo del bambino non necessitava commenti.
“Non si preoccupi, diamo un'occhiata e vediamo se troviamo qualcosa che gli piace” disse Alec. Magnus vagò fra gli espositori con aria sempre più sconsolata, verso la fine del reparto si mise a correre: “Quella! Voio quella!”
Era entrato nella zona bambina e aveva preso una maglietta bianca con un grosso cuore di paillettes, di quelle che se le muovi cambiano colore. Continuava a far scorrere la manina: rosso, arcobaleno, rosso, arcobaleno. “Aleccander ti preeego!”
“Certo campione, è perfetta” disse cercando la taglia giusta e infilandogliela.
Alla cassa la commessa li guardò perplessa: “Non so se sua moglie sarà contenta...”
“Non si preoccupi, sono certo che il mio compagno la adorerà,”(in fondo l'aveva scelta lui) rispose Alec facendo arrossire d'imbarazzo la ragazza.

Dopo aver pagato si issò il bambino in spalla e, salutata la signorina gentile, si avviarono all'Istituto.
Quando entrarono nella sala schermi tutti gli si fecero intorno per vedere il bimbo sulle spalle di Alec: “Ehi, chi è questo giovanotto?”
“Jace, Clary e Isabelle sono in missione speciale, lui è un testimone chiave. Me ne occupo finché non risolvono il caso”.
Alcune ragazze si offrirono di badare al bambino ma Alec rifiutò e, dopo essersi fatto fare un breve resoconto del problema, andò in ufficio e chiuse la porta. Mentre lo Shadowhunter confrontava carte e rapporti Magnus giocava tranquillo sul tappeto con alcuni vecchi soldatini di Max: l'istituto non era così male se poteva stare vicino ad Alec.
Pranzarono in sala mensa poi Alec si rivolse al bambino: “Non mi ricordo, adesso cosa dovevamo fare?”
“Fattoria!” urlò Magnus saltando su e giù.

Mentre guardava il bambino nutrire i conigli e grattare una capretta dietro le orecchie Alec, fuori dal recinto, gli scattava alcune foto. Quanto gli mancava il suo ragazzo, sarebbe stato bellissimo averlo accanto, potergli passare un braccio intorno alla vita e magari fotografare un bambino proprio come quello... il piccolo Magnus alzò lo sguardo, sorrise e lo salutò con la manina. In quel momento gli volò in mano un messaggio di fuoco. Alec superò la staccionata con un balzo e gli fu accanto: era un biglietto di Eugenius Hex: Ho trovato tutto. Ci vediamo stasera da me.

Alec chiamò subito gli altri che si stavano preparando per un viaggio in India: dopo aver trovato la parola manticora sottolineate tre volte avevano usato la pipa di Hex per attivare la runa tracciante e adesso stavano per partire. Soot li guardava dal basso in alto: ovunque fosse stato, aveva deciso che era ora di tornare a casa e aveva grattato alla porta finché Isabelle non gli aveva aperto. Jace era ancora al telefono quando il cane si alzò e cominciò ad abbaiare in direzione del tavolo: pochi istanti dopo apparve un portale e Eugenius Hex, inciampando in un vecchio tomo, fece il suo ingresso non proprio regale.
Casa sua era stata invasa da Shdowhunters! Allarmato tentò di fare una passo indietro ma si trovò bloccato dalla scrivania:

“Si calmi Signor Hex, per favore. Non vogliamo farle del male...”
Eugenius Hex intanto aveva visto il cane e si era scordato di tutto il resto. Troppo impegnato a fare le feste a Soot, li ascoltava con un orecchio solo: “Avete ritrovato il mio cane! Grazie, grazie davvero”.
“Non siamo qui nemmeno per il cane, ci serve il suo aiuto”.
“Serve a Magnus,” precisò Clary.
Finalmente l'uomo parve riscuotersi: “Magnus? Cos'è successo a Magnus?”
Jace fece un rapido riassunto della situazione e Clary gli mostrò una delle foto che Alec le aveva girato. Borbottando fra sé, Eugenius Hex cominciò a girare fra i vari libri e a cercare appunti e ingredienti: “L'instabilità del flusso... troppa polvere di artiglio, ne serviva meno... se ci aggiungi la scarica... aveva ragione...” I ragazzi lo lasciarono fare mentre con uno schiocco di dita puliva dai residui del vecchio pentacolo e si apprestava a tracciarne uno nuovo. Soot lo osservava con interesse, attento a non toccare le linee di polvere nera.
“Non è complicato, dovrebbe funzionare... sì, sì, senza dubbio. Adesso dobbiamo riportalo qui”.
Si voltò verso gli Shadowhunter “Dov'è adesso Magnus?”
“E' a casa sua. Con un nostro amico”.

Grazie a un secondo portale pochi minuti dopo il gruppo era a casa di Magnus. Alec e il bambino erano tornati dalla fattoria da quasi un'ora e adesso erano impegnati a disegnare capre e conigli sui blocchi dello stregone.
Appena entrarono dalla porta Eugenius Hex cercò con lo sguardo il suo amico. Il bimbo alzò lo sguardo, lanciò un'occhiata circospetta agli amici d Alec, poi notò l'altro stregone e sorrise: “Ciao Ex! Sono andato sul pony!”
“Magnus! Come ti sei ridotto?”
Intanto Jace e gli altri avevano notato lo stato della casa, i mobili distrutti, il muro mezzo bruciacchiato: “Cos'è successo qui? Vi hanno attaccati?”
Alec guardò il bambino che abbassò lo sguardo sul disegno: “Ho fatto i capricci...”
Dopo qualche spiegazione, Isabelle disse che Hex aveva preparato un pentacolo per far tornare Magnus alla normalità. Fu Clary a pensare ai vestiti: “Non può trasformarsi con quelli addosso, sarebbe peggio dell'incredibile Hulk”.
Nessuno colse il riferimento ma Alec annuì e andò a prendere qualcosa per Magnus. Pochi minuti dopo la comitiva, sempre più numerosa, era di nuovo nell'affollato salotto di Dublino.
Alec fece spogliare il bambino - non voleva rovinare la maglietta nuova, vero? - e gli diede un paio di boxer di Dolce e Gabbana di Magnus.
“Sono gandissimi!”
“Tienili su con la mano, bravo”.
Alec guardava il pentacolo con aria assorta: “Come sappiamo che funzionerà? Avete fatto qualche prova? E' davvero sicuro?”
“E' sicuro” affermò Hex.
“Allora prova col cane”.
Lo stergone scosse la testa: “Ho ali di manticora per una sola volta, e comunque è progettato per ripristinare il normale flusso temporale all'interno di un soggetto. Se non vi sono alterazioni non avrà nessun effetto”. Poi si rivolse al bambino: “Ok Magnus, adesso entra nel centro, attenzione a non calpestare le righe, poi do fuoco al tutto, potrebbe esserci un po' di vento ma è normale...” Alla parola fuoco il bambino si era attaccato ad Alec: “No, no, no!”
“Questa volta devi proprio ubbidire, due minuti e sarà tutto finito,” provò a convincerlo Isabelle.
Alec vide quegli occhi d'oro guardarlo con un misto di speranza e fiducia, la manina che cercava la sua e stringeva forte. Voleva bene a quel bambino ma amava l'uomo, doveva riaverlo indietro. Però...
“Hai detto che stavi con me...” mormorò Magnus.
Alec si abbassò e gli diede un buffetto sul naso: “Hai ragione, una promessa è una promessa”.
Mentre parlavano Isabelle guardò Jace: “Che fine ha fatto mio fratello, sai, quello terrorizzato perché lo lasciavamo con un bambino...”
“Dev'essere con il mio parabatai. Ti ricordi, quel ragazzo, che quando è arrivata Clary aveva la stessa empatia di un muro di mattoni?”
Ignorando del tutto la loro conversazione Alec entrò nel pentacolo con passo deciso e guidò il bambino accanto a sé: “Andiamo insieme”.
“Alec, cosa diamine fai!” esclamò Jace, “Esci subito”.
“Sì, signor Lightwood, è meglio che lei venga fuori, non è sicuro”.
Alec fulminò lo stregone con lo sguardo: “Lei mi ha garantito che non c'era alcun pericolo per nessuno, ha detto che a chi non avesse subito alterazioni temporali non sarebbe successo niente. Era una menzogna?”
“No, in teoria è così, però...”
“Non c'è un però. O è sicuro oppure non se ne fa niente. Non rischierò la vita di Magnus su un suo però”.
Eugenius Hex era sbalordito. Già era strano che degli Shadowhunter potessero interessarsi alle condizioni di un nascosto, ma che uno di loro mettesse a rischio la propria vita solo per tranquillizzare uno stregone era inconcepibile. Fece un cenno d'assenso e si avvicinò con la candela. Alec guardò il bambino spaventato: “Vieni più vicino e tienti forte a me”.
In quel momento le fiamme divamparono, scintille rosse partirono dai cinque angoli per confluire sul bambino. Alec sentì la mano di Magnus salire lungo il suo corpo, dal polpaccio, alla coscia, al fianco. Quando le fiamme si abbassarono i ragazzi videro Alec e Magnus allacciati in un bacio rovente.
“Direi che ci siamo riusciti,” disse Jace con un sorriso.
Tutti scoppiarono in un applauso, solo Eugenius Hex era pietrificato dallo stupore: Magnus non era uno che sbandierasse la sua vita privata e l'amico non aveva idea della sua storia con uno Shadowhunter.
Magnus sorrise agli amici mentre Clary gli porgeva la pila di vestiti: “Grazie, biscottino. Ora, per quanto io adori stare in un pentacolo mezzo nudo con Alexander, qualcuno mi sa dire cos'è successo?”
“Non ricordi niente?” chiese Hex.
“Ricordo che stavamo cercando il tuo cane, che peraltro vedo hai trovato, poi sono tornato a casa e ho fatto un sogno strano...” L'occhio gli cadde sulla magliettina col cuore buttata sulla sedia. “... Non era un sogno?”
Alec scosse la testa: “Eri un bambino adorabile, sai, sono stato in dubbio se tenerti così...”. Magnus rise e gli diede un altro bacio.

I ricordi erano confusi e frammentati e a casa Magnus rimase di stucco davanti alle condizioni dell'appartamento, si rimboccò le maniche e mise tutto a posto. Anche con la magia ci volle un po', per tutto il tempo non disse una parola e evitò di guardare Alexander. Entrambi sapevano che stava ripensando al colpo con cui aveva ferito Alec - sarebbero bastati pochi centimetri per centrare il cuore - e al modo in cui anni prima aveva ammazzato il patrigno. Fu Alec ad avvicinarsi e a posargli una mano sulla spalla: “Te l'ho già detto allora: non è successo niente, davvero”.
Magnus si voltò furioso: “Niente! Ti ho quasi ucciso e non è successo niente?”

“Uno Shadowhunter dovrebbe riuscire a schivare l'attacco di uno stregone di tre anni”. Prese il cellulare e si sedette sul divano. “Vieni, guarda” disse mostrandogli le foto. “Vedi il sorriso? E qui sei sulle mie spalle, ho chiesto a una signora di farci una foto. Fidati, è stata una giornata bellissima, se non fossi stato così preoccupato per te rientrerebbe fra le migliori. Serve sempre un po' di impegno, anche con i bambini. Ma ne vale la pena”.
Magnus fissava le immagini, non si ricordava di aver mai sorriso in quel modo da piccolo, di essere stato così spensierato. E Alec con un bambino sulle spalle era così sexy...
“Credo di non aver mai capito appieno cosa hai passato, ma vedere quel bambino, vedere te, così... Avrei voluto poter prendere l'uomo che ti ha fatto sentire in quel modo e...”
“Alexander, grazie”.
Lo sguardo fra i due era pieno d'amore, poi in un attimo divenne più profondo e intenso. Con un unico rapido movimento Magnus gli salì a cavalcioni sulle gambe, muovendosi per sfregarsi contro di lui. Gli passò una mano dietro la testa e gli morse piano il labbro inferiore, l'altra mano, dietro la schiena, spinse su la maglietta.
“Magnus, ti amo” gemette Alec.
“Oh cucciolo, ti amo anch'io. Non sai quanto”, gli mormorò contro le labbra.

Qualche ora dopo, sdraiati uno accanto all'altro, le mani intrecciate, i due uomini si godevano il lusso di stare vicini.
Sulla sedia, piegati ordinatamente sopra le cose di Alec, c'erano un paio di pantaloncini arancioni e una maglietta con un cuore di paillettes.

 

   
 
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