Storie originali > Generale
Ricorda la storia  |      
Autore: di_smarginature    02/02/2020    1 recensioni
"C’è bisogno del ricordo.
I vostri occhi adesso mi devono leggere, mi stanno leggendo; voi mi dovete guardare, guardate con il vostro cuore; le vostre menti sono adesso accese e brillano di tenerezza per la mia piccola amica, piangono per l’orrore del suo destino."
Genere: Generale, Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ho un vestito di stoffa scozzese bianca e rossa.

Pagine ed inchioastro.

La mano che mi scrive è esile, piccola ma forte.

Lei ha tredici anni. La mia unica amica.

Visetto impertinente e sguardo intelligente e sincero incorniciati da capelli neri come l’ebano, come la notte nel nascondiglio, come il cielo di Amsterdam.

Sorride spesso, sorride e diventa scherzosa, sorride e si infiamma, si trasforma, cambia i tratti, una piccola adulta in grado di capire le sfumature più contorte dell’animo umano, in grado di coglierne la poesia, trasformarla e darla a me in semplici, stordenti formule, frasi, lettere.

Vuole diventare una scrittrice ed io, Kitty, sua confidente, sono sicura che ne ha la stoffa, è caparbia e non si ferma, è pungente, analitica, sferzante, fa breccia con la frizzantina irriverenza della sua giovane età.

Così giovane, così diversa, così capace.

Passa attraverso la trama dolorosa e sbagliata della sua realtà con affilato ottimismo, un coltellino capace di segare, squarciare, dividere gli orrori che i suoi occhi vedono, che le sue orecchie sentono.

È scontenta e vorrebbe di più.

E anche io.

Vorremmo poter uscire da qui, da questa piccola casa stretta, buia, nascosta, fredda; vorremmo poter tornare a scuola, saltellare per strada.

Vorremmo poter essere nate non dal lato sbagliato, forse bionde, forse pure, con un dio diverso dal nostro, più misericordioso, che richieda meno sacrifici.

Un dio che adesso è gestito male.

Dal giorno del suo tredicesimo compleanno, parla e spiega, diventa energia in movimento, sfera di pura luce, che si stacca e passa oltre; e per me, è come avere un corpo solido, ancorato, una bocca che parla, orecchie che sentono, un cervello capace di ragionare, un cuore in grado di soffrire, patire, entusiasmarsi, di inasprirsi.

Sono una creatura, la sua creatura, emergo dalla carta, nasco, ricoperta di sangue e di umori.

Mi parla del papà, uomo dedito che ammira, uomo di cultura, di parole, di passioni; della madre, donna considerata da lei noiosa, conflittuale collegamento alla sua condizione di figlia sempre in torto, difficile, quasi scomoda; della sorella così distaccata, sempre la preferita.

Distrugge tutti, li scompone in pezzetti minuscoli, così come fa con gli avvenimenti, con le storie, con il suo passato.

Con il futuro.

Li smantella ad uno a uno, i personaggi che le ronzano attorno; li riduce a mera essenza scarnificata.

Grazie a lei, li sento vicini, familiari, li odio e li amo e li detesto.

Padre, madre, sorella.

Operai, infiltrati, spie, benefattori, amici.

Il retrocasa.

Non sono parole, non sono echi, sono vivi e pulsano tanto quanto lei, tanto quanto me.

Io, Kitty, parlo con loro, attraverso lei, siedo con loro, al loro tavolo, accanto a Peter, Hans, Gusti, Margot, Otto, Edith.

E lei, Anne.

Scrive su di me – io, Kitty, pergamena di questo olocausto – parole rimbombanti, rumorose, chiassose.

Di giorno, nel silenzio del retrocasa, nella soffitta, guardando il grande orologio scandire i minuti e le ore; di notte, nascosta nella camera che condivideva con Margo prima, e con il dottore adesso, mentre gli echi della radio arrivano ovattati e sinistri.

Il Male sta vincendo. Avanza.

Mi chiedo, presto, molto presto, ci sarà ancora un posto per me?

Riprovevoli discorsi si affacciano e si intervallano a muti, paurosi silenzi.

È Anne ad essere la luce, la fonte di speranza inesauribile, testardo appiglio agli auspici più lieti, a un desiderio di riscatto forte e che sembra quasi vero, imminente.

Scrive del suo amore, dolce germoglio delicato e fragile, nato dalla scorza dura e bitorzoluta che adesso avvolge il mondo.

Del suo amore acerbo, ancora sformato, di amore che deve sgravarsi, che esige aria per poter vivere.

Amore segreto.

Scrive anche adesso, che il nascondiglio è diventato più scuro, più muto.

Adesso che i giorni si accumulano a giorni, uguali, funesti, e lo spazio per l’amore, per la speranza, per la condivisione si riduce e si dimena, cerca luce, calore, cerca conforto.

Sta accadendo quello che tutti temono.

Quelli come lei – come noi – vengono deportati, non sono più soltanto voci, non sono chimere di un despota pazzo, capricci oscuri e truci di chi si eleva, di chi comanda.

Nato puro.

Relegati, confinati, umiliati, privati di umanità, di un’identità, incapaci di riconoscersi, tutti, uomini, donne, anziani, bambini.

Senza capelli, senza vita negli occhi; ossa esposte, cenere nel vento.

Sta succedendo anche qui, nel retrocasa, nel nascondiglio diventato casa, diventato rifugio e nido di speranzosa attesa.

I passi sulle scale, di scarponi pesanti, di odio che marcia e marcisce ogni cosa al suo passaggio, si avvicinano.

Entrano, distruggono, sconvolgono ogni cosa.

Sbranano, dilaniano, deturpano, imbrattano, insozzano oggetti e persone, fiati di morte, gridano ordini, emissari del Maligno.

Io, Kitty, vengo gettata via con noncuranza. Rimango riversa sul pavimento, sanguino e mi addoloro.

Non voglio ammuffire, imputridire senza rendere gloria alla mia unica amica, senza renderle giustizia, senza gridare per lei, con lei, che adesso è lontana, dolorosamente staccata da me.

Sta ancora scrivendo, io lo so.

Trova pezzettini di carta e scrive a me, così furtiva, sagace, testarda.

Ma non è più la stessa cosa.

È lontana, ha paura, è terrorizzata, vede le persone attorno a sé scomparire, allontanarsi per fare la doccia e non tornare più.

Quelli che rimangono, vengono uccisi dalla fatica, dal freddo, dalla fame. Schiacciati dall’odio, deformati dagli uomini in divisa, da un martirio che a me sembra inutile.

Non voglio essere dimenticata.

Non posso.

Non adesso.

C’è bisogno del ricordo.

I vostri occhi adesso mi devono leggere, mi stanno leggendo; voi mi dovete guardare, guardate con il vostro cuore; le vostre menti sono adesso accese e brillano di tenerezza per la mia piccola amica, piangono per l’orrore del suo destino.

Ho un vestito di stoffa scozzese bianca e rossa.

Pagine ed inchiostro.

E porterò il fantasma della mia Anne con me, per sempre.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: di_smarginature