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Autore: Carme93    02/02/2020    4 recensioni
I nati del 1998 sono figli della guerra e della vittoria su Lord Voldemort.
La loro nascita ha simboleggiato nuova luce nel buio delle tenebre e gioia e speranza in un mondo in macerie da ricostruire. Un chiaroscuro insito nella vita di ognuno di loro.
La generazione figlia della guerra arriva a Hogwarts.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Minerva McGranitt, Neville Paciock, Nuovo personaggio, Teddy Lupin | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo undicesimo






 
 
 
I limiti di una sfida
 
 
 



I Grifondoro erano sicuramente i più chiassosi e non sembrava importarli nulla che fosse lunedì mattina, da questo punto di vista Zoey non poteva dar torto a Charlie se venerava quella Casa. I Corvonero erano più silenziosi e qualcuno stava persino ripetendo. Sul serio? Zoey scosse la testa: il loro cervello doveva avere una conformazione particolare se riuscivano a leggere mentre facevano colazione e, soprattutto, di lunedì mattina! Lasciò vagare lo sguardo fino al tavolo dei Serpeverde e notò subito che c’era qualcosa di strano: erano silenziosi – mai quanto i Corvonero e per fortuna nessuno di loro stava studiando –, ma bisbigliavano concitatamente tra loro, lanciando di tanto in tanto occhiate fugaci agli altri studenti e al tavolo dei professori.
«Che hanno i Serpeverde?» domandò ai compagni.
Teddy, intento a mangiare una brioche di zucca con la mano sinistra e a scrivere con la destra da quando si erano seduti in Sala Grande, – non stava studiando, ma scrivendo una lettera al suo padrino, Charlie se ne era accertata immediatamente – sollevò gli occhi e seguì il suo sguardo.
Charlie si cacciò in bocca una grossa cucchiaiata di porridge e fece altrettanto. Enan, Mark e Charis si voltarono di scatto.
«Così vi vedono» commentò Charlie alzando gli occhi al cielo.
Charis e Mark tornarono a voltarsi verso di loro imbarazzati, ma Enan non distolse lo sguardo: «Non vedo Thomas Mulciber».
«Hai una vera fissazione per quel ragazzo» sospirò Zoey non riuscendo a trattenersi.
«Vorrei vederti, se all’improvviso apparisse una ragazza identica a te» ribatté Enan, ripercorrendo con lo sguardo il tavolo dei Serpeverde.
«Non ci sono neanche Dolohov e Burke» intervenne Teddy.
«Dicono che i professori si sono arrabbiati moltissimo per lo scherzo di Halloween» sussurrò Mark a sorpresa.
«Dicono? Chi?» chiese Charlie sorpresa.
Effettivamente gli studenti avevano discusso per tutto il fine settimana dello scherzo, ma gli insegnanti – a parte la sfuriata della McGranitt nella Sala d’Ingresso, che a quanto si diceva era stata terrificante -, non si erano espressi. Naturalmente i Serpeverde dovevano essere a conoscenza della sorte dei loro compagni. «Sicuramente non l’avranno passata liscia» disse duramente Teddy.
«La loro clessidra era quasi priva di smeraldi» aggiunse Charlie con un sorriso sadico.
«E ce lo dici ora?» le chiese Teddy sorpreso.
«Avevo fame e sonno, non puoi pretendere che appena mi alzi di lunedì mattina io abbia le forze per esultare adeguatamente».
«Wow, il cibo è più importante della tua guerra con i Serpeverde! Che scoperta, sono sconvolto!» commentò Teddy suscitando le risatine dei compagni.
«Idiota» replicò Charlie lanciandogli un’occhiataccia.  «Tu che ne sai?» chiese di nuovo a Mark.
Zoey vide il ragazzino arrossire e si chiese se l’amica avrebbe dovuto metterlo sotto torchio per avere delle risposte di senso compiuto o avrebbe collaborato prima che suonasse la campanella di sua spontanea volontà.
«Elly ne parlava con Bobby e Lucas» spiegò Mark in un sussurro.
«Tu passi troppo tempo con la Caposcuola» dichiarò Zoey sinceramente preoccupata. Alla scuola babbana i bambini che si facevano amici delle autorità – di solito gli insegnanti – erano tutto tranne che affidabili.
«Concordo» disse subito Charlie.
«P-perché?» domandò balbettando Mark.
«Perché è una Caposcuola! Lavora per la Preside!» spiegò Charlie piegandosi in avanti.
Zoey li fissò seria: era proprio quella la sua preoccupazione!
«Ecco, non vedevo l’ora di sentire quale perla di saggezza avresti sparato stamattina» sbottò Teddy alzando gli occhi al cielo. «E poi sarei io l’idiota».
«Solo i lecchini fanno amicizia con i professori o con i galoppini dei professori» disse Zoey con convinzione accorrendo all’istante in aiuto dell’amica.
«Ecco, infatti. E la Montgomery è una galoppina della McGranitt» dichiarò solennemente Charlie.
Mark sembrava turbato da quelle parole.
«Che stupidaggini! Se Eleanor Montgomery è stata nominata Caposcuola, significa che è un’ottima studentessa sia per il profitto sia per la condotta».
Zoey rivolse un’occhiata disgustata a Teddy. «Sei serio?».
«Lascia perdere» le consiglio, però, Charlie. «Dobbiamo affrontare un problema più grande».
«Quale?» chiese perplessa Zoey.
«Come quale!? Dobbiamo escogitare una giusta vendetta per i Serpeverde» dichiarò Charlie.
«Hai ragione!» esclamò Zoey. Come aveva potuto non pensarci!
«Ma quale vendetta?» s’intromise Teddy.
«Sono già stati puniti» soggiunse Charis.
«Ma per favore, la punizione dei professori non è sufficiente» ribatté Charlie.
«Ma non sai nemmeno come sono stati puniti!» sbottò Teddy esasperato. «La loro clessidra è quasi vuota, l’hai detto tu stessa! È già un’ottima cosa».
«Subiranno la nostra vendetta» replicò imperterrita Charlie.
«Noi non ci nascondiamo dietro le gonne dei professori e i Serpeverde devono saperlo» dichiarò Zoey, battendo poi il cinque a Charlie.
«La vendetta è una pessima idea» tentò Charis.
«La vendetta è un’ottima idea» dissero in coro Charlie e Zoey.
«Charis ha ragione. La McGranitt non è un tipo da sfidare: la prossima clessidra a essere a zero sarà la nostra, se non vi date una calmata» sbottò Teddy.
«Ognuno fa quello che crede giusto» tagliò corto Charlie alzandosi.
Zoey scosse la testa in direzione di Teddy e Charis e seguì l’amica.



 
 
*
 
 



«Fifona, fermati!». L’urlo di guerra di Charlie risuonò nel corridoio deserto.
Samantha Field, chiamata da tutti i Tassorosso Sam, si voltò perplessa. Almeno finché non la riconobbe. «Senti, ragazzina, io non sono una fifona!».
«Allora accetta la mia sfida» replicò Charlie con fermezza.
«Forse devi schiaffeggiarla con un guanto».
Charlie, così come Sam, si voltò basita verso Zoey.
«Perché mai dovrebbe schiaffeggiarmi con un guanto?» sbottò Sam.
«Voi maghi non lo usate per sfidare i vostri nemici? Tempo fa hanno fatto una puntata fantastica dei Simpson dove…».
«Chi sono i Simpson?» la interruppe Charlie sempre più stranita.
«Sei una Nata Babbana?» comprese Sam.
«Sì, problemi?».
«Merlino benedetto, quanto siete suscettibili» sbuffò Sam. «No, nessun problema, ma non ho idea di che cosa tu stia parlando».
«L’idea del guanto, però, mi piace» commentò Charlie. «Se ti schiaffeggio, accetti la mia sfida?».
Sam imprecò. «Sei fissata! Hai sentito Peter? Non vuole!».
«E chissenefrega?» replicò Charlie.
«È il Capitano!».
«Ooooh» ironizzò Charlie. «E che ti fa, se ti scopre? Sempre se ti scopre! Voglio una sfida tra noi due, mica bisogna dirglielo».
«Rischio il posto in squadra».
«Non ci credo» la zittì Charlie. «Andrews sarebbe uno scemo. Sei brava tutto sommato. Poi rimarrebbe solo con Caroline Sylvester e lei è proprio scema».
«Tu non conosci Peter» replicò Sam. «È molto severo».
«Se fosse un bravo Capitano penserebbe prima al bene della squadra, poi a simili sciocchezze. Accetti o no la sfida?».
«E va bene» sospirò Sam. «Ma come facciamo a non farci beccare da Peter? L’accesso al campo da Quidditch è vietato se non durante gli allenamenti, le partite e le lezioni di Volo. Madama Bumb non ci darà mai il permesso!».
«Non potete sfidarvi durante l’allenamento di un’altra squadra?» chiese Zoey.
«A parte il fatto che non ci vorrebbero» ribatté Sam. «E poi Peter lo verrebbe a sapere».
«Ok, allora dovremmo sfidarci di notte» disse Charlie come se fosse la cosa più normale del mondo.
«Sei pazza? Se ci beccano, finiremo in guai assurdi! Non possiamo mica uscire di notte! E poi non ci sarebbe sufficiente luce» replicò Sam.
«Allora di mattina, durante le lezioni. O hai anche paura di giocarti le lezioni?».
«Potreste prendere una di quelle merendine marinare di cui parlano tutti e fare finta di stare male» propose Zoey.
Sam esitò.
«Hai paura?» la provocò Charlie.
«No» sbottò Sam veementemente. «Vada per le merendine marinare».
«Perfetto! Allora domani mattina alle nove e mezza?» la incalzò ancora Charlie.
«Va bene» sospirò Sam. «Ma chi farà da portiere? Non possiamo certo chiedere a Corbin».
Charlie sbuffò: il loro portiere, Corbin Savage, era anche uno dei Prefetti del quinto anno e sarebbe stata una pazzia coinvolgerlo o anche solo metterlo al corrente della loro sfida. «Ne dobbiamo trovare un altro, ma bravo o la sfida non varrebbe!».
Sam strinse le braccia al petto e sospirò: «L’unico a cui potremmo chiedere è Fabian Brown».
«Chi è?» chiese Zoey.
«Il portiere di Grifondoro!» strillò Charlie con gli occhi luccicanti. «Come ho fatto a non pensarci?».
«Il fatto che tu conosca tutti i nomi dei membri della squadra di Grifondoro, dopo nemmeno un mese di Scuola, è preoccupante» commentò Sam.
«Dai, chiediamoglielo subito» trillò Charlie tutta contenta. «Lo troviamo in Sala Grande?» la prese per mano e fece per trascinarla via.
Sam sbuffò e la seguì, un po’ camminando un po’ facendosi trascinare: probabilmente stava iniziando a pensare che fosse una pessima idea assecondare una ragazzina del primo anno che vantava di aver spinto una compagna nel Lago Nero proprio la prima sera a Hogwarts.
«Dovresti avvicinarti tu» le consigliò Sam. «Tutti sanno della tua passione per i Grifondoro, se lo facessi io sarebbe molto strano… però, Charlie, ascolta, Brown non è esattamente un tipo affidabile. Se solo non avessi irritato tanto Peter durante l’allenamento, adesso potrei chiedergli di farci fare questa sfida durante il prossimo allenamento».
«Non voglio la grazia di Andrews e poi tutti i Grifondoro sono affidabili» replicò Charlie.
«Non è vero, è solo un pregiudizio» sospirò Sam.
«Lascia stare» sbuffò Charlie. «Ci vediamo domani mattina alle nove e mezza al campo di Quidditch, se non ti presenterai saprò che sei una codarda».
«È tu sei terribilmente testarda» sbottò Sam irritata, prima di raggiungere il loro tavolo e sedersi in modo da dar loro le spalle.
Charlie la ignorò e si mosse a passo sicuro verso Christian Anders e Artek Macfusty che aveva conosciuto in treno.
«Oh, piccola Tassorosso, cosa ti porta al nostro tavolo?» l’accolse Artek con un ghigno divertito.
«Non mi chiamare ancora piccola Tassorosso o prendo a calci i tuoi gioielli di famiglia».
I ragazzi sghignazzarono, perfino il più serioso Christian, qualche ragazza la guardò male.
«Chiedo, venia» replicò Artek alzando le mani in alto in segno di resa. «Cosa possiamo fare per te?».
«Voglio conoscere il vostro portiere, Fabian Brown, per favore».
«E perché mai?» le chiese sorpreso Christian.
«Questioni personali».
«Se fossi un po’ più grande direi…» iniziò Artek, ma fu interrotto da una gomitata di Christian.
«È piccola, non essere stupido».
«Allora, chi è?» insisté Charlie guardando tutti i ragazzi intenti a cenare.
«Ha cenato presto oggi» rispose Christian. «È in punizione con Gazza».
«Dove?».
«Credo debba lucidare i trofei della Sala Trofei… Aspetta, ma non puoi andare!».
Charlie, naturalmente, lo ignorò e corse fuori dalla Sala Grande con Zoey alle calcagna.
«Ma tu sai dove stiamo andando?» le gridò dietro l’amica.
Charlie fu costretta a fermarsi. «No».
Vagarono per un po’, finché per fortuna non incontrarono Nick-Quasi-Senza-Testa che fu contento di guidarle fino alla Sala Trofei.
«Te lo dico io, che i Grifondoro sono i migliori! Ci scommetto che il Frate Grasso ci avrebbe fatto mille domande!» commentò Charlie prima di aprire la porta.
Non erano mai state lì, ma la Sala naturalmente era piena di Trofei e riconoscimenti che rilucevano leggermente alla luce fioca di alcune lampade.
«Accidenti, e voi chi siete?» sbottò un ragazzo alto.
Charlie sgranò gli occhi: era veramente carino! Scosse la testa e si costrinse a ignorare i suoi capelli castani adorabilmente arruffati. Oh, Merlino come aveva potuto pensare una cosa del genere?
«Mi chiamo Charlie, piacere. E lei è la mia amica Zoey».
«Piacere» strillò Zoey.
Il ragazzo le squadrò accigliato. «Che cavolo ci fate qui? Mi avete fatto prendere un colpo! Stavo fumando in pace e ho sentito aprire la porta! Pensavo fosse Gazza e ho buttato una sigaretta mezza fumata! Ora come mi ripagate?».
«Ehm, mi dispiace?» Charlie non sapeva che altro dire: il suo discorso l’aveva presa in contropiede, ma lei non era un tipo che si arrendeva facilmente. «Veramente vorremmo chiederti un favore».
«Un favore? A me? Che cosa mai potrei fare per due Tassorosso del primo anno?».
«No, no. Il favore è per me e Sam Field e lei sta al quarto anno». Perché quel ragazzo la metteva tanto a disagio?
«Field? La cacciatrice?».
«Sì, lei» confermò subito Charlie.
«Questa poi! E che favore dovrei farvi?» chiese con un tono che Charlie non capiva se fosse ironico o serio.
«Io e Sam ci dobbiamo sfidare per vedere chi è la cacciatrice più brava, tu dovresti fare da portiere e, naturalmente, da arbitro. Domani mattina al campo da Quidditch alle nove e mezza. Ci stai? O è un problema per te giocarti le lezioni?».
Fabian Brown rise. «Non avevo mai sentito una storia più assurda! Tu sei quella che ha buttato una compagna nel Lago Nero?».
«Sì, sono io» replicò Charlie, sperando di colpirlo. «E Zoey mi ha coperto».
«Non è un problema per me saltare le lezioni».
«Fantastico, grazie!» disse contenta Charlie. «Ah, naturalmente, nessuno deve sapere nulla. Soprattutto Peter Andrews».
«Voi volete sfidarmi in orario di lezioni, senza il permesso di usare il campo e senza che il vostro Capitano lo sappia?».
«Esattamente, ero certa che avresti capito» sorrise Charlie. «Ci vediamo domani allora, perché se Gazza ci becca qui…».
«Non così in fretta. Non ho ancora detto di sì».
L’entusiasmo di Charlie si sgonfiò leggermente. «Ma hai detto che non è un problema per te saltare le lezioni».
«No, infatti, ma voglio qualcosa in cambio».
«Che cosa?».
«Intanto la tua bacchetta, grazie».
Charlie, preoccupata, gliela consegnò.
«Magnifico» esultò il ragazzo e pronunciando un incantesimo non verbale nel giro di cinque minuti aveva lucidato tutti i trofei, che ora luccicavano. «Molte e grazie. Il vostro arrivo è stato provvidenziale, se fosse stato per la McGranitt sarei dovuto rimanere qui tutta la notte a lucidare un trofeo alla volta. Una vera seccatura!».
«Che cosa hai fatto?» gli chiese Zoey.
«Oh, niente di che, ho spaccato il naso a un Serpeverde».
«Ma è fantastico! Complimenti!» replicò Charlie.
Il ragazzo sorrise. «Ci vediamo domani mattina, nel frattempo penserò a che cosa voglio in cambio da te e dalla Field».
«Perfetto» accettò Charlie. «A domani!».
A quel punto si diressero il più velocemente possibile in Sala Grande per cenare. Charlie sapeva che Sam non sarebbe stata per nulla felice di quell’accordo.
 
 
Il martedì mattina alla prima ora i Tassorosso del primo anno avevano Pozioni e non fu per nulla difficile per Charlie ingoiare di nascosto una merendina marinara e farsi spedire in infermeria da un Lumacorno tutt’altro che desideroso di vederla dare di stomaco nella sua aula.
Charlie e Zoey non avevano raccontato nulla a Charis e ai ragazzi, consapevoli che non avrebbero mai approvato, specialmente quel secchione di Teddy; ma, allo stesso, per non attirare troppo l’attenzione avevano concordato che Charlie sarebbe andata da sola. Zoey, naturalmente, ne era dispiaciuta – un’avventura nel mondo magico sarebbe stata il massimo – ma era conscia del fatto che dovessero rischiare il meno possibile.
Charlie giunse al campo di Quidditch in perfetto orario e scorse subito Fabian Brown letteralmente sdraiato sull’erba, ma di Sam nessuna traccia.
«Alla buon’ora, mi stavo per addormentare» l’accolse il ragazzo, mettendosi seduto a gambe incrociate.
«Beh, se mi fossi sentita male subito non sarebbe stato credibile» borbottò Charlie.
Fabian si strinse nelle spalle. «Chi hai adesso?».
«Lumacorno».
Il Grifondoro sbuffò. «Non ci vuole niente a fregare il vecchio babbeo! Poi tuo padre non è il giudice Krueger? Ci manca solo che Lumacorno si prostri ai tuoi piedi».
La ragazzina non replicò, anche se avrebbe voluto: era vero, Lumacorno e McBridge avevano una certa predilezione per lei. Vero anche che Lumacorno cominciava a finire le giustificazioni al suo comportamento durante le lezioni.
«La tua amica verrà?» chiese Fabian accendendosi una sigaretta.
«Verrà» rispose Charlie, sebbene non ne fosse per nulla sicura e probabilmente Fabian se ne accorse perché gli rivolse un sorrisetto derisorio. «Sai che quella roba fa male?» gli chiese pur di contrariarlo.
Fabian si strinse nelle spalle. Quel gesto cominciava a dare sui nervi a Charlie.
«Buongiorno a tutti».
Sam era giunta alle loro spalle e li fissava a braccia conserte.
«Ci hai messo una vita! Ci voleva così tanto a far finta di star male?» l’accolse Charlie imbronciata.
«Dovevo recuperare la scopa in Dormitorio».
La scopa! Ecco, lei e Zoey avevano pensato a tutto tranne alla scopa!
«Ne ho portate due» sbuffò Sam. «Non ci avevi pensato, vero?». Charlie la osservò sorpresa. «È una delle ultime Nimbus, così non potrai lamentarti che ho una scopa migliore di te e ho vinto per questo. Andiamo a cambiarci».
Charlie la seguì verso gli spogliatoi. «Chi te l’ha data?».
Sam arrossì. «L’ho presa di nascosto a Caroline Sylvester… Stai avendo davvero una brutta influenza su di me».
«Cavoli, complimenti» esclamò Charlie ammirata.
Sam scosse la testa e entrò negli spogliatoi. «Ecco, questa è una vecchia casacca, non c’è nessuna scritta o segni di appartenenza a una Casa. Così saremo meno riconoscibili a distanza».
«Fabian Brown indossa la divisa di Grifondoro».
«A lui piace essere riconosciuto» borbottò Sam. «Dai, sbrigati».
Circa dieci minuti dopo Charlie si levò in volo e respirò la fresca aria di novembre a pieni polmoni. Adorava volare.
«Quali sono le regole?» chiese Fabian Brown posizionandosi vicino agli anelli. «Fissate un punteggio o volete andare a oltranza?».
«Prima dell’intervallo dobbiamo smettere o ci beccheranno» rispose Sam. «E poi ho Trasfigurazione prima di pranzo e non voglio saltarla».
«Quindi?» insisté Fabian Brown.
«Quindi giochiamo fino a dieci minuti prima dell’intervallo» decise Charlie. «Chi segna più goals, vince».
«Almeno un quarto d’ora prima dell’intervallo» intervenne Sam. «O non avremo il tempo di cambiarci».
«Come vuoi» concesse Charlie minimamente preoccupata dalle conseguenze: l’adrenalina stava salendo.
«Per me va bene. Sarà divertente» ghignò Fabian, lanciando la pluffa in aria.
E così la sfida iniziò.
Charlie si gettò in avanti, sicura che avrebbe preso la pluffa per prima, ma sorprendentemente Sam la batté sul tempo, allora strinse i denti e si appiattì sulla scopa per tallonarla e rubarle la palla. Riuscì a costringerla a dirigersi dalla parte opposta rispetto agli anelli protetti da Fabian pur di svicolarsi da lei. Charlie non sfiorò nemmeno la pluffa.
Sam si fiondò verso terra, ma quando Charlie fece per seguirla, sterzò di scatto e si diresse verso Fabian.
Charlie, presa completamente alla sprovvista, ebbe un attimo di tentennamento prima di correrle dietro; ma nel frattempo Sam era già di fronte agli anelli.
Il suo tiro fu decisamente forte e diretto all’anello di sinistra, probabilmente volendo approfittare del fatto che il Grifondoro svolazzasse a destra. Fabian, però, reagì rapidamente e allontanò la pluffa con una manata.
Il primo tiro era andato male, ma Charlie era decisamente ammirata: Sam era più brava di quanto le fosse sembrato durante l’allenamento.
«Abbiamo appena iniziato» sospirò la ragazza frustrata lanciando un’occhiataccia a Fabian.
Il Grifondoro per tutta risposta rise. «Non mi hai mai segnato l’anno scorso».
«Sono migliorata» sbottò infastidita Sam, spostandosi alla ricerca della pluffa.
Charlie, rimasta incantata, si scosse e si guardò intorno: la palla era caduta sugli spalti. Si fiondò a riprenderla e questa volta riuscì a conquistarla. Sam le fu subito addosso. Per un attimo Charlie entrò nel panico perché non riuscì a superarla né a destra né a sinistra e si sentì bloccata.
Non era come giocare nel giardino di casa con Willy. Sam era stata ammessa nella squadra di Quidditch dei Tassorosso. Sam non era Willy. Giocare a Quidditch era ben altra cosa.
La sua distrazione le costò cara e Sam le rubò la pluffa, fiondandosi nuovamente verso gli anelli. Ancora una volta Fabian parò.
Charlie decise che non si sarebbe arresa: non avrebbe mai vinto quella sfida, perché ancora non era abbastanza allenata quanto la compagna, ma avrebbe combattuto fino alla fine.
Il resto del tempo fu una gran faticaccia: Sam non le permise quasi mai di prendere la pluffa e quelle poche volte in cui ebbe la possibilità di lanciare, Fabian parò sempre.
A Sam non andò meglio e il ghigno del Grifondoro si accentuò sempre più.
«Non sapete fare di meglio, Tassorosso?» le provocò a un certo punto.
Charlie era tutta sudata e si spostò i capelli dalla fronte. Fabian Brown l’aveva incantata la sera prima, ma era veramente insopportabile. Quanto avrebbe voluto togliergli quel sorrisetto ironico dalla faccia.
Miracolosamente si appropriò della pluffa al rinvio di Fabian, ma questa volta se la sarebbe giocata bene. Sam la tallonava. E questo era un bene. Charlie puntò dritta all’anello all’estrema sinistra e allungò la mano all’indietro preparandosi al tiro; naturalmente Fabian si spostò immediatamente pronto a intercettarlo. La ragazzina, però, lanciò di lato. Sam presa di sorpresa recuperò la pluffa per un pelo e, comprendendo le intenzioni della compagna, la spedì nell’anello di destra.
Questa volta Fabian Brown era stato spiazzato.
Charlie sospirò per la fatica, ma sorrise: il Quidditch era un gioco di squadra dopotutto.
Nessuno ebbe il tempo di dire o fare alcunché perché un fischio fin troppo familiare squarciò l’aria.
Rimasero immobili, quasi sperando di esserselo immaginato.
«Scendete, immediatamente voi tre!».
Charlie azzardò un’occhiata sotto di sé e vide Madama Bumb sbracciarsi nella loro direzione.
«Beccati» mormorò Fabian Brown, non perdendo la sua aria divertita.
Charlie sbuffò e decise di obbedire, seguendo i più grandi. Sam era pallidissima. Un cuor di leone non c’è che dire!
«Che cosa vi è saltato in mente?» urlò Madama Bumb appena furono di fronte a lei.
Charlie si chiese che cosa avesse da urlare: erano a pochi passi da lei, in più non avevano fatto male a nessuno!
«Dal signor Brown e dalla signorina Krueger mi aspettavo questo e altro, ma lei, signorina Field, mi ha veramente delusa!» continuò a strillare l’insegnante.
Charlie le rivolse una smorfia tra l’infastidito e l’annoiato. Sam non replicò e tenne gli occhi fissi a terra. «È stata una mia idea» disse allora la più piccola. «Volevo mettere alla prova la mia bravura, ma Peter Andrews non me l’ha permesso durante l’allenamento e allora ho sfidato Sam di nascosto».
«E, naturalmente, lei ha accettato, signorina Field».
«Mi dispiace, professoressa» mormorò Sam.
«Stavamo solo giocando» borbottò Fabian Brown.
«Per usare il campo di Quidditch ci vuole un permesso, a maggior ragione durante l’orario scolastico, signor Brown. Voi ce l’avete?».
«No, signora» rispose Sam per tutti.
«Come immaginavo. Venite, vedremo che cosa ne pensano i vostri Direttori. Che ne dice, signor Brown, il professor Paciock la prossima volta vorrà giocare con lei anziché fare lezione?».
Fabian Brown alzò gli occhi al cielo.
«E sia più educato» lo rimproverò allora Madama Bumb.
«Il professor Paciock probabilmente non vorrà giocare a Quidditch con noi, ma sicuramente a McBridge non fare né caldo né freddo» sbottò Charlie incapace di tacere.
Madama Bumb si fermò e si voltò a guardarla con i suoi occhi da falco. «Non ho capito».
«Invece sì» replicò Charlie fregandosene di essere irrispettosa. «McBridge è un’ameba, non un direttore. Se la prende con i figli o i parenti dei Mangiamorte per ogni fesseria o anche senza motivo, ma gli altri possono anche ballare il tip tap sulla scrivania della Preside e a lui non frega niente».
Fabian scoppiò a ridere di cuore, mentre Sam la fissò come se fosse impazzita.
«Trenta punti in meno per Tassorosso. La tua maleducazione è inaudita! Come osi parlare così di un professore, per giunta del tuo Direttore!» si arrabbiò Madama Bumb. Charlie non replicò e riprese a seguirla insieme agli altri. «Molto bene, allora vi porterò dal professor Vitiuos».
Charlie si morse la lingua: la pensava come lei, era ovvio, ma non l’avrebbe mai ammesso. Gli adulti erano così ipocriti!
Erano ormai all’interno del castello, quando suonò la campanella dell’intervallo e la professoressa li condusse – stando ben attenta che non battessero in ritirata, mescolandosi agli altri studenti. Chissà perché sembrava convinta che Charlie e Fabian l’avrebbero fatto e non si preoccupò minimamente di Sam – fino all’aula di Incantesimi. «Non vi muovete da qui» ordinò prima di entrare in classe per parlare con il collega.
«Tu sei pazza!» sbottò Sam, ma la sua voce era piagnucolosa, quindi non ebbe l’effetto voluto.
Charlie si accigliò. «Ho detto solo la verità».
«Sei stata grande» approvò Fabian.
«Ok, va bene, è vero che McBridge si comporta male» le concesse Sam. «Ma, Merlino benedetto, che ci salvi lui, come ti è saltato in mente di dirlo a Madama Bumb?».
«Si chiama giustizia» intervenne Fabian sempre divertito. «Paciock mi avrebbe punito, mentre Charlie avrebbe confuso così tanto McBridge che ve la sareste cavata senza neanche una sgridata».
Sam lanciò un’occhiataccia a entrambi e si appoggiò al muro.
«Comunque» sussurrò Fabian quando Madama Bumb li chiamò, «ricordatevi che mi dovete un favore. Mi farò sentire quanto prima».
«Cosa?» sbuffò Sam.
«Ne parliamo dopo» replicò Charlie, in quel momento dovevano affrontare Vitiuos.
 
 



 
*
 
 



«Ehi, frignone, vieni qui».
Mark deglutì, ma continuò a camminare spalleggiato da Teddy ed Enan.
«Vedi, che parlo con te» sbottò Dolohov.
Mark si sentì tirare per il colletto e il fiato gli si mozzò. Le grida indignate di Teddy ed Enan risuonarono nel corridoio, mentre Mulciber lo sbatteva contro il muro.
Un paio di ragazzi di Serpeverde più grandi tennero a distanza i suoi amici e Mark si ritrovò faccia a faccia con Dolohov.
Mulciber gli strappò lo zaino dalle spalle e lo lanciò a Burke che lo svuotò sul pavimento.
«Siete dei fifoni» urlò Enan! «Cinque contro tre è scorretto!». Enan diede un morso al ragazzo che lo bloccava e iniziarono ad azzuffarsi.
Dolohov ignorò i suoi complici e si dedicò a Mark, che tremava terrorizzato.
«Ecco, questo è il riassunto di Difesa contro le Arti Oscure» disse Burke, porgendo la pergamena al suo capo.
«No, dai… l-lo devo consegnare tra poco…» biascicò Mark.
«Lo so bene, ma tanto lo sappiamo entrambi che fa schifo, no? Sarà solo un’altra insufficienza. Dico bene?».
«S-sì» balbettò Mark, sperando che lo lasciasse in pace.
«Quindi fai un favore a McBridge e a te stesso, mangiatelo». Dolohov accartocciò la pergamena e gliela ficcò in bocca. Mark tossì ed ebbe un conato di vomito. «Mastica!» ordinò Dolohov, mentre Burke e Mulciber sghignazzavano in sottofondo, come un pubblico ben addestrato.
Mark era impietrito e riusciva a malapena a respirare, così scoppiò in lacrime. In quel momento Enan atterrò il suo avversario e puntò sull’altro, che, per difendersi, fu costretto a mollare Teddy.
Dolohov comprese che l’aria era cambiata e si sbrigò ad allontanarsi con i suoi compagni.
«Vigliacchi!» gli urlò dietro Enan, ma non pensò nemmeno per un attimo di seguirli e raggiunse Mark insieme a Teddy.
Mark si tirò fuori la pergamena dalla bocca, sentendosi schifoso, perciò non alzò minimamente lo sguardo.
La campanella suonò, facendoli sobbalzare tutti e tre.
«Accidenti!» sbottò Enan. «Avanti, McBridge s’infurierà».
Tutti e tre sapevano che l’insegnante se la sarebbe presa soltanto con Mark, ma nessuno lo disse ad alta voce.
«Becker, sei in ritardo, dieci punti in meno a Tassorosso».
Buongiorno, pensò Teddy, sedendosi accanto a Charis e chiedendosi che cosa sarebbe successo se lui ed Enan avessero attirato l’attenzione del professore: della serie “Ci siamo anche noi!”. Ma McBridge, naturalmente, aveva visto solo Mark. Il che potrebbe essere considerato un bene, visto che così avevano perso soltanto dieci e non trenta punti; ma alla lunga non avrebbe certo aiutato l’autostima già inesistente di Mark, che, rassegnato e spaventato, sedette, sul bordo della sedia, accanto a Dolohov. Probabilmente quella era la tortura peggiore che il professore potesse riservargli.
«Che è successo?» gli sussurrò Charis.
«Dolohov» rispose soltanto Teddy imbronciato. Si erano separati alla fine della lezione precedente, perché la MacKlin l’aveva trattenuto ed Enan e Mark l’avevano aspettato fuori dall’aula. Quel comportamento di McBridge, però, lo portava a pensare che in fondo Charlie e Zoey non avessero torto a volersi vendicare dei Serpeverde: Dolohov e i suoi amici non sembravano essere rimasti particolarmente colpiti dalla strigliata ricevuta per lo scherzo di Halloween, né loro né gli altri Serpeverde che li spalleggiavano.
Teddy finse di seguire la lezione per il resto dell’ora, ormai stava prendendo quell’abitudine ma non se ne vergognava: il libro avrebbe potuto leggerselo da solo comodamente sdraiato su uno dei divani della Sala Comune. Difesa contro le Arti Oscure avrebbe dovuto essere ben altro e Harry, in una delle ultime lettere, gli aveva assicurato di aver ragione ma di aver pazienza con McBridge. Non sapeva quanto ancora sarebbe durata questa pazienza, tanto che vedendo Charlie tirare delle palline di carta sui capelli del professore, sorrise con una punta di cattiveria.
«Oggi, Dolohov, sembra più cattivo del solito» mormorò Charis, riscuotendolo dai suoi pensieri. 
Teddy seguì il suo sguardo e vide il Serpeverde intento a fare i chiodi a Mark. Strinse i denti, cercando di mantenere la calma. Non c’era da chiedersi quanto avrebbe retto Mark: il ragazzino sembrava incapace di reagire in alcun modo.
«Che facciamo?» chiese Charis visibilmente preoccupata.
Teddy tornò a fissare il manuale e rifletté, alla fine le rispose: «Alla fine dell’ora andrò a parlargli».
Charis sgranò gli occhi. «Parlargli?».
«Sì, come le persone normali. Niente scherzi e niente violenza. Ha undici anni, non cinque. Dovrà pur capire».
«Sì, ma…». Charis era scettica. «Tu pensi che se… se gli diciamo… cosa?».
«Che si sta comportando male e che Mark ci sta male» rispose Teddy.
«Ok, se noi gli diciamo questo, lui capirà?».
«Beh, magari non gliel’hanno mai insegnato… Insomma, io e te non lo faremmo mai perché ci hanno detto che è sbagliato…».
Charis lo ascoltò attentamente, poi annuì. «Credo tu abbia ragione».
Tacquero per il resto dell’ora: McBridge non li avrebbe mai rimproverati e non avrebbe tolto punti a Tassorosso, ma era meglio non rischiare.
Al suono della campanella, i Serpeverde si fiondarono immediatamente fuori dall’aula, ma Teddy se l’aspettava e li corse dietro.
«Dolohov, aspetta! Devo parlarti!».
Il Serpeverde si fermò in mezzo agli studenti che affollavano il corridoio. «Lupin, che vuoi?».
Enan e Charis lo raggiunsero pochi secondi dopo.
«Volevo parlarti di quello che è successo prima della lezione di Difesa contro le Arti Oscure» disse Teddy serio.
Dolohov ridacchiò. «Vuoi parlarne? O vuoi una replica?».
«Voglio discuterne con te e i tuoi amici» ripeté Teddy, mantenendosi calmo.
«Va bene, ti ascolto» rispose Dolohov sempre con un tono divertito.
«Il tuo atteggiamento nei confronti di Mark è gravissimo. Si chiama bullismo, lo sai?».
Dolohov e Mulciber scoppiarono a ridere. «E quindi?» chiese il primo.
«Teddy» mormorò Enan, ma il Metamorphomagus lo ignorò.
«Non c’è nulla da ridere. Non puoi umiliare un’altra persona a tuo piacimento, solo perché è più debole e non reagisce. Anzi dovresti provare ad aiutarla e…».
«Smettila di farneticare, Lupin» lo interruppe Dolohov. «Chi te l’ha insegnata questa bella lezioncina? Io non ragiono così: la vita è una lotta per la sopravvivenza e sopravvive solo chi è più forte».
«Non è vero, non funziona così» s’innervosì Teddy.
«Sì, invece. È Sempre così! Perché non chiedi al tuo amichetto, che cos’ha fatto suo padre durante la guerra? Eh, non lo sapete, vero?».
Teddy deglutì. «Non ha importanza, lui non è responsabile…».
«Stronzate» sbottò Dolohov. «Se è necessario, ognuno pensa a sé stesso e si salva la pelle».
«No, c’è chi si è sacrificato per salvare gli altri» alzò la voce Teddy.
«Ah, giusto, i tuoi genitori» sbuffò Dolohov con derisione.
«Non nominare i miei genitori» ribatté Teddy rabbiosamente.
«Harry Potter e tua nonna ti hanno insegnato tante belle cose, vedo… ma te l’hanno detto chi li ha uccisi?».
«Di che parli?» borbottò Teddy preso in contropiede.
«Sai, chi ha ucciso i tuoi genitori?» gli domandò Dolohov ora serio in volto.
«No, Harry e la nonna dicono che non è importante perché…».
«Non è importante? Ne sei sicuro?» lo redarguì Dolohov.
«Ora, basta» intervenne Enan. «Smettetela tutti e due. Dai, Teddy, andiamo».
«È stato mio nonno a uccidere tuo padre e io sono fiero di essere suo nipote».
Teddy ebbe un tuffo al cuore a quelle parole, ma, dopo averle registrate e comprese pienamente, si gettò sull’altro, o almeno lo avrebbe fatto se Enan non lo avesse trattenuto.
«Mollami!» urlò. «Mollami!».
«No, c’è Mrs. Purr, andiamocene» sbottò Enan saldando la presa.
«Mollami!» gridò di nuovo Teddy cercando di liberarsi, ma l’amico era molto più forte.
«Siete dei fifoni» esclamò Dolohov sorridente, contento dell’effetto ottenuto con le sue parole.
«Io non ho paura» strillò Teddy. «Ti sfido a duello Antonin Dolohov. Un vero duello tra maghi! Vendicherò mio padre!».
«Ma che dici?» chiese Charis sconvolta.
«Accetto. Il mio secondo sarà Burke. Il tuo?».
Teddy smise di scalciare ed Enan lo liberò. «Va bene» disse quest’ultimo alla richiesta silenziosa dell’amico, ma era visibilmente sconsolato.
«Il mio sarà Enan».
«Perfetto. Sabato a mezzanotte nel parco» aggiunse Dolohov allungando la mano. «Parola di mago».
«Parola di mago» rispose Teddy, stringendogli la mano.
 
 
 



 
*
 
 



 
«Sei contenta, adesso?».
Era venerdì sera e i Tassorosso si stavano rilassando in Sala Comune prima di andare a dormire: Mark leggeva un romanzo trovato in biblioteca; Teddy e Charis giocavano con gli Scacchi dei Maghi; Enan, Charlie e Zoey sfogliavano insieme una rivista di Quidditch.
La voce irata e più alta del normale di Sam Field li fece sobbalzare. Charis sollevò la testa verso di lei e si rese conto che aveva occhi solo per Charlie. Chissà perché la cosa non la sorprendesse.
«Che vuoi da me?» domandò Charlie.
«Non giocherò domani pomeriggio! Ma chi mi ha mandato a darti ascolto!». Sam aveva le lacrime agli occhi ed era furiosa.
«Come l’ha saputo Andrews?».
Sam fissò Charlie come se fosse stupida. «Gliel’ha detto Madama Bumb, tu che dici?».
«Ma quella non si fa mai gli affari suoi?».
Sam ignorò la considerazione e le disse: «Domani contro Corvonero giocherà Diana Sylvester e, ti dico solo, che gioca peggio di sua sorella».
«Peter è davvero un pessimo Capitano» commentò Charlie.
«No, non è Peter il problema. Sei tu che non hai alcun rispetto per la tua Casa. Il Cappello Parlante non ti ha smistato a Grifondoro, fattene una ragione o, quanto meno, non danneggiare i Tassorosso».
Charlie sembrava aver appena ricevuto uno schiaffo in pieno volto.
Charis sospirò e disse a Teddy: «Devo parlarti, andiamo in camera tua, prima che Charlie scoppi?».
Teddy annuì all’istante, per nulla desideroso di assistere alla reazione della compagna.
«Che c’è?» domandò Teddy, appena furono nella camera dei ragazzi e dopo aver invitato l’amica a sedersi sul suo letto.
Charis lo ringraziò con un lieve sorriso e sospirò: quello che voleva dirgli non era per nulla semplice e non sapeva come avrebbe reagito. Solitamente era assennato e ragionevole, ma quella storia del duello stava diventando un’ossessione. «Senti… ehm… posso dirti il mio parere sulla discussione con Dolohov e sul duello?».
Teddy s’irrigidì, ma annuì. «Certo, ti ascolto. Anche se Enan mi ha già detto che con i bulli non servono a molto quel tipo di ‘chiacchierate’, mi sono reso solo ridicolo».
«Non è di questo che ti voglio parlare… e, comunque, non credo che tu abbia sbagliato totalmente con il tuo discorso… Io… Io credo che tu stia sbagliando a impuntarti sulla storia del duello». Buttò fuori l’ultima frase tutta d’un fiato.
«Sbagliando? Riguardo a cosa? Dolohov si comporta male e poi è mio diritto vendicarmi».
«Il punto è questo: sei sicuro che la vendetta sia la scelta migliore?».
«Sì» tagliò corto Teddy, distogliendo gli occhi da lei.
«Scusa, ma io non credo che tua nonna e il tuo padrino sarebbero d’accordo».
Teddy s’imbronciò. «Non importa. È mio diritto. Dolohov deve pagare. Hai sentito: lui ne va fiero. Gli farò passare la voglia di ridere».
«Teddy, io non…».
«Charis, fidati, è la cosa giusta. Ora, scusa, devo tornare da Enan: dobbiamo consultare ancora un paio di libri presi in prestito in biblioteca».
Charis sospirò e lo seguì: quella storia avrebbe portato solo guai, ne era sicura.
 
*
 
 
Enan sospirò mentre si dirigeva da solo verso gli spalti: si era separato dagli altri per augurare buona fortuna ai cugini che quella mattina avrebbero affrontato Serpeverde nella partita inaugurale del Torneo di Quidditch. Era certamente emozionato visto che era la sua prima partita a Hogwarts, ma il pensiero del duello imminente lo turbava e non poco. Charis, prima di colazione, l’aveva torturato tentando di convincerlo a far ragionare Teddy. Aveva ragione: il duello era una pessima idea per un’infinità di motivi. Il problema è che non potevano tirarsi indietro: Teddy aveva dato la sua parola di mago. Aveva provato a spiegarlo a Charis, ma l’amica si era arrabbiata affermando che era un’idiozia.
Raggiunse i compagni e sedette accanto a loro, tentando di farsi coinvolgere dall’entusiasmo di Zoey e di Charlie, sebbene quest’ultima fosse sottotono: decisamente Samantha Field aveva toccato un tasto delicato. Addirittura Charlie, la sera prima, non aveva replicato e se n’era andata a letto molto prima del solito.
Teddy sembrava il più sicuro di tutti e sedeva dritto, esibendo con orgoglio la sua sciarpa di Tassorosso.
Enan sospirò e decise di rilassarsi: avrebbero affrontato insieme qualunque cosa sarebbe accaduta, era inutile preoccuparsene in anticipo.
   
 
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