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Autore: _aivy_demi_    02/02/2020    44 recensioni
Gli individui sudcoreani di sesso maschile sono tenuti a prestare un totale di due anni di servizio militare, che può essere effettuato tra i 18 e i 28 anni di età.
Jin, 2020, anni 28.
_
Sarà doloroso separarsi dalla sua seconda famiglia, tanto quanto decidere se aprire o meno il proprio cuore al collega più giovane, prima di partire.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Seokjin/ Jin, Kim Taehyung/ V, Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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When the time will come
Prologue





Gli individui sudcoreani di sesso
maschile sono tenuti a prestare
un totale di due anni di servizio
militare, che può essere effettuato
tra i 18 e i 28 anni di età.

Jin, 2020, anni 28.








Lo sguardo di intesa tra Jimin e Taehyung lasciava poco spazio all’immaginazione ormai: Jin aveva appena rivelato loro la data in cui sarebbe dovuto partire, il momento in cui avrebbe dovuto abbandonare i Bangtan, i propri progetti, la propria carriera.
Una fase che ognuno di loro avrebbe dovuto affrontare prima o poi, rimandata attendendo l’ultimo anno disponibile, così come la legge prevedeva: dovere e servizio per la patria. Ed i ventotto anni di Jin ormai erano arrivati. L’espressione apprensiva di Jimin tradiva una certa tensione, tale da rendere difficile affrontare apertamente un argomento simile; avrebbe voluto dire qualcosa di confortante ma sentiva tremare le labbra all’idea di dover dare voce a ciò che stava pensando davvero.
Come avrebbe reagito Jungkook alla notizia?
Tae strinse forte le dita del ragazzo intrecciandole alle sue in una morsa; inspirò profondamente dal naso decidendo di affrontare finalmente la questione con uno dei diretti interessati.
«Quando pensi di dirglielo?»
Jin sospirò massaggiandosi le palpebre con i polpastrelli nel vano tentativo di smaltire il malessere che stava salendo dalle viscere alla testa. «Non ora.»
Jimin aggrottò le sopracciglia contrariato, non riteneva corretta la decisione presa e non mancò di esternare la propria perplessità a riguardo. Perché tardare l’inevitabile, se prima o poi avrebbe dovuto comunque affrontare la cosa?
«Al momento siete gli unici a saperlo, vi chiedo solo di non parlarne con nessuno.»
«Ma Jin…»
Taehyung guardò l’altro scuotendo la testa. Dovevano lasciar stare, non era la loro vita, non avrebbero dovuto immischiarsi in certe faccende.
«Lasciami parlare.» Il ragazzo prese posizione alzandosi e fronteggiando in punta di piedi il collega, tentando vanamente di mantenere un contatto pari occhi negli occhi nonostante la differenza di altezza. «Te lo dico, secondo me non è la scelta giusta. Cosa ti costa dirgli la verità? Cosa?»
Jin si morse il labbro inferiore scostando lo sguardo. Effettivamente sarebbe stata la mossa più ovvia, allora perché il solo pensiero di dover rivelare a Jungkook la data della partenza gli dava un senso di nausea misto a spaesamento? Avrebbe atteso, mancava ancora un po’ di tempo in fondo.
«Jimin, lascialo.» La mano di Tae strinse la spalla spostando il compagno che s’era aggrappato alla maglia dell’altro, strattonandola con forza.
«Non lo accetto, non è giusto… e se J-»
«Basta!» La voce malferma del maggiore si levò sulle altre, il rifiuto categorico di continuare la conversazione era palese. Non avrebbe parlato, e cominciava a dubitare di aver fatto la cosa giusta rivelando ai due la notizia; «lasciatemi in pace.» Si diresse verso la porta della sala comune, sbattendola incurante del tonfo sordo prodotto dalla propria ira. Possibile non riuscire a trovare un solo attimo di quiete tra quelle mura soffocanti? Erano da poco tornati dal tour, carichi di mesi e mesi di lavoro incessante, prove, esibizioni, rifacimenti, rielaborazioni.
E non ne poteva più.
Voleva trovare calma, una calma ricercata da parecchio, una calma necessaria dopo la conclusione di uno dei più impegnativi momenti della sua vita. Tutto inutile. Tornare a casa di fatto lo stava portando a dover affrontare ciò che che ormai non poteva più essere rimandato. Non che dispiacesse servire con orgoglio, donando il proprio cuore e le proprie mani allo Stato di appartenenza, semplicemente avrebbe dovuto farsi forza e separarsi da loro: una famiglia acquisita che lo aveva portato ad affrontare non poche difficoltà, molti sorrisi, gioie e malessere.
Pur sempre la sua famiglia.
Amici, compagni, colleghi. Testardi, impiccioni, alle volte immaturi, ma pur sempre loro, pur sempre le persone più importanti.
E poi lui, Jungkook: avrebbe aperto il proprio cuore andando da lui, avrebbe detto ciò che pensava da parecchio tempo e poi se ne sarebbe andato con il petto vuoto da ogni pressione. Certo, fosse stato tanto facile ci sarebbe già riuscito. Di tempo ne aveva ancora a sufficienza, ma sarebbe realmente bastato?

   
 
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