Capitolo 19
- The peace before the Storm -
Dopo qualche ora passata ad ascoltare musica,
tralasciando il piccolo
intervallo in cui Shu, incapace di resistere oltre, mi aveva morsa, era
ormai
mezzogiorno e decisi di andare a preparare dei biscotti.
Nella speranza di ristabilire l'equilibrio che avevamo raggiunto, prima
di essere "sequestrata" dai Mukami.
Il caso volle che Kanato si materializzasse all'improvviso alle mie
spalle, facendomi sussultare.
Quando mi ripresi dal quasi-infarto che mi aveva fatto venire, gli
domandai se volesse aiutarmi, tuttavia rifiutò con vigore.
Decisi che la strategia migliore, sarebbe stata ignorarlo.
Così mi dedicai all'impasto, osservata dallo sguardo vigile
del vampiro
e anche del suo orsacchiotto.
Una volta messi in forno i biscotti, aspettai che cuocessero e provai
un'altra tattica.
"Si, anche io penso che verranno molto buoni, Teddy."
esclamai, rivolgendomi al pupazzo.
Nessuno poteva rivolgersi al suo orsacchiotto.
Almeno non senza la sua approvazione.
Ma io non ci badai, in questo modo avrei costretto il vampiro a parlare
con me.
"Ne potrai assaggiare uno, se vorrai!"
Kanato assunse un'espressione stizzita.
"Teddy non parla con te."
"Eppure lo sta facendo, diglielo Teddy." continuai, sperando
fosse il metodo giusto.
Ma notai che bisbigliava qualcosa all'orecchio del peluche e forse la
mia tattica aveva funzionato.
"E dunque?"
"Ha detto che non vuole assaggiare i tuoi biscotti."
Kanato li osservava di sottecchi.
"Ma posso assaggiarli io per lui.", aggiunse, avvicinandosi
timidamente.
Ne prese uno e lo mangiò avidamente, non curandosi del fatto
che fossero
ancora bollenti: in fondo, non glieli preparavo da tempo.
Kanato si pulì le labbra con il dorso della mano e
bofonchiò qualcosa al
peluche, poi tornò a guardarmi.
"No."
Il mio tentativo di riappacificarmi era fallito.
Esasperata, sistemai i biscotti in una ciotola, chiunque ne avesse
avuto
voglia, avrebbe potuto assaggiarli.
Ne rubai uno e mi avviai fuori dalla cucina, ma, prima di uscire,
Kanato
parlò a bassa voce.
"Teddy, a me piacciono i biscotti di Ellen."
Scossi il capo e sorrisi, poi imboccai la scalinata d'ingresso.
Mi accomodai sullo sgabello ed iniziai a far scorrere le dita sui tasti.
Suonai una melodia semplice, non che ne conoscessi molte, e, senza
rendermene conto, tutte le preoccupazioni vennero assorbite dalla
musica.
Al suono della sua voce, produssi una nota stonata
e sollevai le
dita, colta di sorpresa.
"Conosco solo qualche melodia."
Si accomodò al mio fianco e mi fissò divertito.
Sapeva che effetto mi provocava la sua vicinanza.
Ero molto più rigida e le guance si tingevano di un lieve
rossore.
Per non parlare dei battiti cardiaci accelerati, che il suo udito supersviluppato
sicuramente percepiva.
Ricordai a me stessa che lui non aveva alcun interesse nei miei
confronti, nulla che andasse oltre l'attrazione fisica.
Probabilmente era annoiato e si stava offrendo per farmi da maestro,
pur
di passare il tempo.
Ad ogni modo accettai, ci tenevo a migliorare le mie
capacità musicali.
Possibile l'avesse imparata per me?
No, probabilmente la conosceva già.
Quella melodia mi aveva sempre trasmesso una certa tristezza, forse
perché mi ricordava la mia vecchia vita, la
normalità e mio padre.
Ed ero ben lieta di impararla: impiegai diversi minuti per ricordare le
note principali, il resto venne da sé.
"Impari in fretta, Bitch-chan."
Lo ringraziai timidamente, forse avrei dovuto approfondire gli studi,
ma
da bambina non capivo quanto fosse soddisfacente saper suonare il
pianoforte.
"Hai delle dita agili - mormorò Raito, portandole vicino le
labbra
- e anche così esili."
Quando il vampiro mi leccò un dito, strabuzzai gli occhi.
"Raito."
Doveva essere un rimprovero, ma uscì come un sospiro.
Il rosso ridacchiò malizioso e leccò di nuovo
indice e medio, più
lentamente stavolta.
Mi sentii avvampare.
"Che stai facendo?" squittii, decisamente imbarazzata.
"Ti assaggio... sei così deliziosa."
E così il vampiro strattonò a sé la
mia mano, mordendomi il polso.
"Così dolce..." sussurrò, mentre il mio sangue
gli macchiava
le labbra.
Lo leccò via.
Sarebbe stato un gesto seducente, se non si fosse trattato del mio
sangue.
Mi afferrò il collo, senza alcun preavviso, e sussultai: che
intenzioni
aveva?
"Bevo il tuo sangue più e più volte, ma non
è mai
abbastanza.", dichiarò, stringendo le dita intorno alla gola.
Constatai che era già la seconda volta, nello stesso giorno,
che mi
ritrovavo in quella situazione.
Possibile che tutti mi volessero strangolare?
Ed io avevo anche scelto di ritornare in quella casa...
"Mi... soffochi." mormorai.
Dimezzò la poca distanza che ci divideva, sempre tenendo la
mano intorno
al mio collo, e i suoi occhi verdi brillarono.
"Mi farai impazzire."
Raito scansò la mano, permettendomi di respirare, e mi
fissò confuso.
"Cosa vorresti sentirti dire, Bitch-chan?"
Abbassai lo sguardo: non poteva dirmi ciò che avrei voluto
sentire.
Non era nella sua natura.
"Se non vuoi parlare - esclamò all'improvviso - allora
sentirò la
tua voce soave in altro modo."
Mi morse sul collo con foga, strappandomi un
mugolio di dolore.
Bevve avidamente il mio sangue e io mi sentii svenire.
"Mi... mi fai male..."
Notai le sue guance tingersi di un lieve rossore, ben evidente sulla
carnagione chiara.
Ritrasse i canini e leccò le labbra.
"La verità è che ti piace sentire le mie zanne dentro
di
te."
Anche io arrossii ed ignorai il doppio senso.
Ma Raito sorrise languido.
"In fondo ho ragione."
"Lo sai che non è questo!"
Per tutta risposta, il vampiro si abbassò per mordermi
nuovamente, ma
presi il suo volto tra le mani e gli stampai un bacio sulla bocca.
Di certo non si aspettava un gesto simile da parte mia.
Desideravo farlo da tempo, ma avevo sempre il timore che lui avrebbe
frainteso.
In quell'istante, però, avevo agito di impulso e non me ne
pentii.
Io cacciai un urletto e mi ritrovai seduta sul pianoforte.
Poi si avventò sulle mie labbra, come se ne avesse un
disperato bisogno.
Ed io ricambiai.
L'unica cosa che riuscivo a percepire erano le labbra impetuose del
vampiro... La sua lingua famelica.
Tecnicamente, non era il mio primo bacio.
Oltre a quel bacio a stampo, che Raito mi aveva rubato settimane prima,
a quindici anni, durante una serata estiva tra amici, mi ero scambiata
un
piccolo bacio con il ragazzo per cui avevo una cotta.
Tuttavia era stato un bacio breve e poco piacevole.
Forse lui aveva ricevuto baci migliori e, sicuramente, non gli
attribuiva tanta importanza quanto invece ne davo io.
Ma la passione con cui cercava le mie labbra, la smania con cui mi
stringeva a sé per i fianchi, mi scombussolavano lo stomaco,
mi percuotevano
l'anima.
E Raito ne approfittò per scendere a baciarmi il collo.
Credevo mi avrebbe morsa, invece si limitò a leccare la mia
pelle.
Tornò a guardarmi con i suoi incantevoli occhi smeraldo,
attualmente
ricolmi di lussuria.
"Se l'ho fatto è perché io ti...- inspirai a
fondo - io ti
a..."
Sembrava che avesse percepito qualcosa.
Poi parlò.
"Tuo padre è qui."