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Autore: _candyeater03    05/02/2020    1 recensioni
{Franziska von Karma}{Multichapter; In corso}
***
"Non posso cambiare ciò che sono. Non posso dimenticare tutto ciò che ho fatto finora."
"Invece puoi farlo."
Cosa ci vuole per rivoluzionare la propria prospettiva?
Quanto dolore bisogna sopportare per dimenticare le proprie ferite?
Per quanto tempo si deve avanzare costanti, nella cieca speranza, prima di scardinare le nevrosi di una vita?
Serve pazienza in questo cammino fatto di noia, di momenti qualsiasi. Perché è nell'attesa di un aereo che non arriva che spesso si riporta la mente al viaggio, se ne coglie l'essenza vera.
***
Dal testo:
Non sarebbe forse terrificante, catastrofico abbandonare la ricerca della perfezione? Cosa le resterebbe poi della sua identità, della sua persona, quali successi potrebbero soddisfarla?
È il suo fardello, la sua eredità. Un dogma scritto nei suoi geni e nella sua anima, plasmato dalle lodi dei suoi insegnanti, dalle carezze di suo padre, dalla sua carriera eccellente. Una razionale convinzione che coltiva in sé fin dal suo primo giorno di scuola, dal suo primo esame, dal suo primo processo. Non puoi sbagliare mai.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Franziska von Karma, Manfred von Karma, Miles Edgeworth, Nuovo Personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I

 Terminal

 


Signorina, si sente poco bene?”
 
Le labbra stanche di lei si contraggono per un riflesso automatico, tremano nel vano tentativo di mimare uno dei suoi tipici sorrisi orgogliosi. Il secco sguardo non riesce tuttavia a sollevarsi di conseguenza, rimane invece assente, imperturbato, sempre bloccato su un istante vuoto.
Nonostante il debole sforzo, il suo volto appare pregno di velenose emozioni. Le sue gote sono scarlatte, i suoi occhi gonfi e lucidi. Piccole lacrime brillano ancora impigliate tra le sue ciglia sottili, scivolano portandosi dietro un rivolo grigiastro di mascara. Qualche singhiozzo incontrollabile le agita talvolta il petto, alterando il ritmo lento e profondo del suo respiro.
Vedi di contenerti, ti stanno guardando tutti. Sei tu la stella, dopotutto.
Aspettano solo di vederti crollare.
 
Appena la donna seduta alla sua destra tenta di confortarla accarezzandole il braccio, il volto di questa scolorisce in un pallore mortificato. Non si aspettava che la ragazza si sarebbe ritratta dal contatto con una repulsione tanto irruenta.
“Oh mi scusi, non intendevo spaventarla.”
 
Franziska scuote il capo, inarcando le sopracciglia.
Vorrebbe poterle dire che no, non si è ritratta per lo spavento, ma perché da quella spalla le è stato appena estratto un proiettile, e a toccarla fa ancora male. Vorrebbe poterle spiegare in modo esauriente la serie di ridicole sconfitte che ha dovuto incontrare di recente nella sua vita privata e lavorativa. Vorrebbe poterle ordinare di non preoccuparsi, di lasciarla in pace, di guardare altrove, perché attirare attenzione in questo momento è l’ultimo suo desiderio.
Ma lei sa che la sua voce adesso è flebile, sa che cercare di parlare in una simile condizione la renderebbe solo più vulnerabile. Sa di non avere carisma o naturalezza nel mentire, sa che dire qualsiasi cosa in questo momento le costerebbe tutto ciò che le rimane della sua dignità. Sa che la sua coscienza è anestetizzata dal dramma di una realtà che non ha il coraggio di affrontare, e sa che tentare adesso di comprenderla la porterebbe solo ad una crisi ancora peggiore. Allora si limita ad esibire con calma un cenno di congedo, nella speranza di riuscire a dissipare l’indesiderata amichevolezza.
 
Maledetti gli americani e la loro inutile cortesia!
La donna la osserva ancora per qualche secondo, giungendo d’un tratto all’evidente conclusione di star solo peggiorando il suo umore. Prima di allontanarsi per lasciarle il debito spazio, le lancia un ultimo, dolcissimo sguardo di materna apprensione.
Ecco Franziska von Karma, il prodigio. Che attira pietà piangendo in un luogo pubblico.
 
Da una delle tasche del suo cappotto si leva a un tratto un breve squillo, la timida notifica di un messaggio sul cellulare. La sottile vibrazione la desta con veemenza dalla sua nube di pensieri vuoti, amplificata dal nervosismo della sorpresa. Chi la sta cercando, adesso?
Per un momento ella osserva sullo schermo tutte le conversazioni dell’ultimo periodo a cui non si è sentita di dare attenzione, conversazioni non visualizzate, ignorate, abbandonate senza risposta. Osserva nella vana attesa che il fastidio causato da un simile disordine inizi a dissolversi per abitudine, riuscendo tuttavia solo a gettarsi ancora in uno stato di spiacevole ansia confusa. Mentre naviga tra le rinnegate corrispondenze le sovviene ogni dovere non ancora adempiuto, ogni problema non ancora risolto, ogni compito infinitamente procrastinato; fallimenti vergognosi e mancati riscatti si susseguono in trista processione nella sua memoria. Il ritmo orrendo del suo battito cardiaco le palpita nelle orecchie, tiepide lacrime bagnano di nuovo le sue palpebre.
Un tempo eri così ordinata. Era una delle tue qualità migliori.
Cosa ti è successo?
 
Cosa ti è successo? Devo preoccuparmi?
 
È stata sua sorella a scrivere. Deve aver acceso il cellulare, finalmente.
Franziska ha tentato di chiamarla ore fa: ha chiamato due, tre, quattro, cinque volte, prima di avvertirla della partenza improvvisa con un messaggio in segreteria. Per quanto realistico potesse apparire il falso distacco nella sua voce, avrebbe dovuto immaginare di non riuscire a convincerla che andasse tutto bene.
Quando non è troppo presa da sé, Nina riesce sempre a vedere dietro la sua maschera.
 
Dammi qualche dettaglio almeno!
 
Franziska conosce il programma alla perfezione, potrebbe dare mille dettagli se solo lo volesse. Ma pensare adesso alle prossime ore le infonde una stanchezza opprimente. In un istante le si imprime nella mente la scoraggiante immagine della notte di sonno che sarà costretta a perdere, che la priva di ogni desiderio di ricordare orari, spiegare mezzi o commentare previsioni.
 
Ti prego, non farmi domande, oggi non sono in vena.
Dovrei essere a tiro per mezzanotte.
Dimmi se per te ci sono problemi.
 
Mentre rimira distratta la melanconica immagine di sé riflessa nello schermo nero del suo cellulare, la ragazza ripercorre con la mente ogni evento, ogni istante, ogni situazione che l’ha condotta a questo presente tanto estraneo. La sua memoria degli ultimi mesi non è che un flusso confuso, ha qualche difficoltà nel ricordare gli esatti momenti in cui le sono state strappate tutte le verità fondamentali, tutte le più profonde convinzioni, tutti i talenti di cui sempre ha avuto orgoglio.
Guarda, guarda, guarda il suo riflesso, ma non si riconosce.
 
Va bene Fran, stai tranquilla
 
Chiamami quando stai per arrivare così ti passo a prendere
 
Dobbiamo festeggiare il grande ritorno :)

 
Perché detesti i viaggi così tanto? Quando eri piccola ti piacevano.
Frammenti di innumerevoli ricordi iniziano a fluire rapidi e brillanti lungo la sua coscienza, quasi privi di contesto, generando un brivido leggiadro che le attraversa il corpo. Per qualche motivo che non riesce a comprendere, il profondo senso di familiarità che queste memorie le suscitano evoca solo una nostalgia antica, strana, senza speranza, che le stringe il cuore.
 
Quando era bambina, gli spostamenti non erano mai troppo eccitanti. Essendo spesso costretto a lavorare oltreoceano per brevi periodi, accadeva di frequente che suo padre portasse con sé anche la famiglia. Tuttavia, fatta eccezione per l’inusuale libertà di potersi svegliare a qualsiasi ora, queste giornate di vacanza si svolgevano in maniera del tutto grigia e ordinaria. Non vi era motivo per cui una ragazzina come lei avrebbe dovuto trovare divertenti delle circostanze simili. In effetti, non era questo il caso.
 
Quello che lei amava era la serie di inevitabili ricorrenze che finiva per accompagnare ogni viaggio. Non sono forse le tradizioni, le ripetizioni, i ricordi, a custodire la facoltà di creare momenti perfetti?
Per quanto lei possa a mente lucida vederli solo come una serie di sciocchi rituali, i suoi ricordi più cari ne sono intrisi, e così i suoi desideri, il suo cuore. Senza volerlo li tiene stretti stretti dentro di sé, li respira, li protegge, li vive. Sono tutto quello che le resta, tutto quello che per lei vuol dire casa.
Perché i suoi sciocchi rituali l’hanno sempre resa felice.
 
Era felice il giorno prima della partenza, quando andava a letto presto dopo aver trascorso il pomeriggio a preparare i bagagli. Era felice quando, durante il tragitto in macchina fino all’aeroporto, fingeva di dormire, il capo appoggiato al finestrino che vibrava appena della musica lieve della radio. Era felice quando poteva sentire l’aereo decollare, perdere ogni legame con la gravità, era felice quando, guardando fuori, si scopriva più in alto delle nuvole. Era felice quando lei, e Nina, e Miles, e papà si fermavano a pranzare al solito ristorante in fondo alla strada, senza nemmeno passare a posare le valigie. Ed era felice quando tornavano a casa nel cuore della notte, e si sedevano in cucina con la solita tazza di tè alla lavanda, discutendo tra i vaghi fumi del sonno di quello che gli era accaduto, delle persone in cui si erano imbattuti, dei film che avevano visto in aereo.
 
In verità il tè alla lavanda non le piaceva per niente. Probabilmente non piaceva proprio a nessuno. Quanti dei suoi rituali avvenivano solo per capriccio, per accontentarla? Quante volte, per quanti anni hanno bevuto tutti insieme quel tè, soltanto perché a lei stava a cuore?
Franziska detesta ammettere l’evidenza, eppure adesso riconosce che tutti i suoi ricordi, tutte le sue piccole ripetizioni che sembravano così speciali, in verità lo erano solo per lei.
 
Smettila con questi pensieri inutili. Fattene una ragione.
 
Senza volerlo ha iniziato a giocare con l’oggetto che per caso teneva in mano, piegandone gli angolini avanti e indietro. Che sia per la noia, per la rabbia, per la tensione?
Si tratta del biglietto da visita di Shelly de Killer; il volto di Phoenix Wright vi è rappresentato in un grossolano schizzo a penna. La sola vista della sua caricatura le ricorda tutta la frustrazione, tutto il disgusto, tutta la fatica delle ultime settimane. Non riesce a guardare quel biglietto senza che un principio di disagio irrefrenabile monti dentro di lei, portandole ulteriori lacrime agli occhi.
 
Strappalo! Strappalo! Buttalo via!
 
No.
 
No, infatti, no. Ti sta bene. Devi ricordare la tua sconfitta!
Sei una fallita! Fallita! Sei inutile! Non riesci nemmeno a fare ciò che è necessario!
 
Necessario. Vincere è necessario.
Da quando è stato così? Per quanto si sforzi, Franziska non riesce a ricordare alcun momento della propria vita in cui questo suo perfezionismo universale, questo suo morbo intrinseco non l’abbia avvolta, condizionata, stretta a sé. Vincere è necessario. Non puoi sbagliare mai.
 
Subito le tornano alla mente tutti i pomeriggi passati a preparare i suoi casi perfetti, a memorizzare orazioni, a considerare ogni alternativa, ogni possibilità, fino a non lasciar più margine d’errore. Ricorda le notti insonni, i singhiozzi, le lacrime insensate che bucavano i fogli dei suoi appunti, perché lei voleva dormire, ma aveva bisogno di studiare, di prepararsi, di vincere. Ricorda la pena, la rabbia, gli attacchi d’ansia soffocati nel silenzio freddo della sua stanza, per non svegliare nessuno. Ricorda i tubetti di pallido correttore, i sorrisi altezzosi, le arringhe crudeli, ricorda tutti i disperati tentativi di celare la sé che aveva vergogna di essere.
 
Non puoi sbagliare mai. Per quanto desideri confutare, rigettare questa tesi, nel profondo sente che non sarà mai in grado di farlo. Lei ci crede, ci crede con tutto il suo cuore.
Non sarebbe forse terrificante, catastrofico abbandonare la ricerca della perfezione? Cosa le resterebbe poi della sua identità, della sua persona, quali successi potrebbero soddisfarla?
È il suo fardello, la sua eredità. Un dogma scritto nei suoi geni e nella sua anima, plasmato dalle lodi dei suoi insegnanti, dalle carezze di suo padre, dalla sua carriera eccellente. Una razionale convinzione che coltiva in sé fin dal suo primo giorno di scuola, dal suo primo esame, dal suo primo processo. Non puoi sbagliare mai.
 
Franziska ripone il biglietto da visita, rivolgendo uno sguardo annacquato alla consueta frenesia dell’aeroporto. Non può che chiedersi cosa dovrebbe fare ora.
 
Cosa succede adesso?
Cosa bisogna fare?
 
Devi tornare come prima.
Deve tornare tutto come prima.






NdA:
Ciao a tutti! Sono di nuovo io!
Vado un po' di fretta quindi sarò breve. Ho iniziato questa ff diversi mesi fa, ma mi sono decisa a continuarla e pubblicarla solo ora. Nella mia mente era nata come one-shot, ma ora come ora credo che sarà almeno di cinque capitoli. 
Il personaggio di Franziska mi è sempre piaciuto molto, perché in un certo senso mi ricorda me stessa anche se io cerco di non andare in giro a frustare le persone lol. Ci sto mettendo tutto il mio cuore e, tanto per restare in tema, anche tutto il mio disagiato perfezionismo. Dai, speriamo che esca bene :)
Eh niente. Probabilmente il secondo capitolo uscirà tra un bel po'. Ma non so nemmeno se qualcuno leggerà questa roba, quindi il problema potrebbe anche non porsi xD
Nel frattempo statemi bene amici.
Ci vediamo!

Candy<4
   
 
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