Videogiochi > Sonic
Segui la storia  |       
Autore: Indaco_    06/02/2020    2 recensioni
Il cuore di Amy saltò un battito capendo bene che quel devastante e incredibile dettaglio non era affatto dovuto ad una semplice coincidenza.
I puri e grandi occhi del piccolo erano di un accecante verde magnetico.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Dance'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
< Ho deciso Blaze. E nulla mi farà indietreggiare. Lunedì gli dirò che è il padre del mio figlioletto. O meglio, il nostro figlioletto > spiegò decisa alla cugina viola. Sedute sul divanetto di casa sua, davanti ad un caffè, la riccia era impegnata a spiegare il suo piano ad una incredula gatta viola aggiornata agli ultimi eventi della giornata. Blaze, con la tazzina in mano e l’avambraccio appoggiato allo schienale del divano, guardava con occhio indagatore la rosa.
Abbassando leggermente il mento scrutava l’espressione semi- convinta dell’amica. Non era sicurissima che la riccia fosse così certa delle sue parole, un’ombra di dubbio le incupiva il volto facendola sembrare preoccupata o forse era paura?  Amy dal canto suo era sicura di farcela. Non aveva paura, bensì era terrorizzata dalle conseguenze che avrebbe provocato quella confessione. Sonic cosa avrebbe detto/fatto? Deglutì senza quasi rendersene conto in modo nervoso, tanto da far attivare la gatta acciambellata al suo fianco.
< Woow, finalmente ti sei decisa! Renderai Sonic il riccio più felice della terra > le mormorò sicurissima portando alle labbra la tazzina bianca. Dopo aver buttato giù un goccio del liquido marrone, appoggiò velocemente il contenitore al tavolo per riprendere il discorso.
< Ma toglimi una curiosità, perché proprio di lunedì? > indagò pensierosa tentando di svolgere il mistero.
La riccia sorrise in modo furbetto e si preparò a spiegare:
< l’udienza è mercoledì e lunedì il test sarà pronto. Lunedì sera, dopo averlo coccolato un po’, gli dirò che gli ho fatto fare un test perché si assomigliavano troppo e che il risultato è “sorprendentemente” positivo. Cercherò di sembrare turbata e insicura e taaa ta! Famiglia unita per mercoledì! Che ne pensi? > concluse la ragazza allargando le braccia euforica.
Gli occhi ambrati di Blaze la squadrarono dubbiosi, agitò la coda con un cenno nervoso.
< Sonic non è stupido > contestò la gatta incrociando le braccia perplessa, quel piano tanto scemo quanto infantile la deludeva. La riccia si alzò in piedi iniziando a camminare in tondo per la stanza,
< lo so Blaze, lo so. Ma non voglio rovinare tutto dicendogli la verità. Sono stanca di rimanere separata da lui > le rispose con voce sofferente avviandosi lentamente verso la finestra che dava sul giardino. Lanciando una lunga occhiata fuori da essa, si zittì e rimase a contemplare il giardino ricco di ogni sfumatura di verde. Cosa era meglio per Sonic e Justin?
Blaze si alzò e con passi leggeri come fiocchi di neve, senza nemmeno avvisarla, si affiancò a lei e le circondò le spalle con un braccio.
< Amy. Va tutto bene. Digli la sacrosanta verità: ammettilo che avevi paura, ammetti che avevi paura di perderlo. Sono queste le motivazioni che lo faranno restare al tuo fianco. Non aspettarti che sia tutto rose e fiori. Sai meglio di me che si incazzerà, giustamente. Ma poi la tempesta se ne andrà  e lo riavrai di sicuro. Sonic ama Jus, lo sai meglio di me. Sii sincera, ricomincia da capo, completatevi! > disse con il cuore in mano. Stringendola a sé in un abbraccio confortevole come una coperta, Blaze appoggiò la guancia sulla sua ringraziando nuovamente il destino per averla riportata da loro. Una lacrima scintillante rotolò lungo la pelle della riccia, la quale tratteneva a stento i singhiozzi. Quanto era stata stupida. Se avesse avuto il coraggio di dirglielo appena arrivata  non ci sarebbero state né udienze né qualsiasi altro problema.
Ma ormai era tardi, le rimaneva appena una manciata di giorni per organizzare la narrazione della verità e per formulare qualche scusa.
Il pomeriggio passò velocemente, le due ragazze dopo aver portato i loro saluti a Ginevra, che iniziava a gonfiarsi giorno dopo giorno, e aver passato del tempo con l’ormai annoiatissima riccia, si separarono anch’esse dirigendosi ognuna verso la propria dimora.
Amy si sentiva spossata dal caldo e dai lunghi e articolati discorsi riguardanti la paternità del blu. Una volta a casa, infatti, si lanciò sotto la fresca ombra del melograno che aveva davanti casa beandosi della brezza leggera. Sedendosi stancamente su una sedia di ferro nero, accavallò le gambe con un gesto pigro, come se quello sforzo le fosse costato ore di lavoro. Forse doveva iniziare a preparare il riccio per  la notiziona colossale? Magari iniziare a lanciargli qualche buona frecciata o dirgli che provava dei dubbi a causa della loro perfetta somiglianza. Insomma qualsiasi cosa che riaprisse il discorso pian piano. Doveva decidere e velocemente anche! Cosa era meglio fare? L’indecisione non fece che portargli una leggera emicrania ed il pensiero assillante non le dava pace nemmeno una trentina di secondi. Respirando profondamente per cercare di scacciare almeno i sensi di colpa, si massaggiò mollemente le tempie sperando di risolvere il problema.
Da lontano, una risata acuta e il parlottare continuo di qualcuno fecero lentamente tornare vigile la ragazza, la quale aveva appena formulato l’ipotesi di dormire un po’. Rendendosi conto che quelli che si stavano avvicinando altri non erano che i copioni blu, si rizzò a sedere ben dritta per dimostrare che tutto andava alla meraviglia. Si schiaffeggiò le guancie con leggerezza per scacciare quella trappola mortale, quell’abisso che aveva iniziato ad allargarsi sempre più sotto ai suoi piedi inghiottendola in un mare di buio. Il cancello in ferro si schiuse con un allegro clocchio, scivolando sulle giunture con leggerezza.
Amy vide entrare due teste blu, dotate di graziose orecchie a triangolo. Justin, tenendosi stretto alla mano del ragazzo, stava raccontando qualcosa e l’adulto ascoltava come rapito i lunghi, articolati e poco chiari discorsi del figlioletto, cercando di capire cosa stesse cercando di comunicargli. Quando il bambino iniziava a raccontare episodi di vita quotidiana, iniziava a saltellare da un discorso ad un altro portando un gran caos all’interno della narrazione. E mentre la madre riusciva a cogliere al volo quello che articolava, le persone esterne, come Sonic o Blaze, dovevano prestare la massima attenzione per comprendere il succo del discorso. Ed in quel momento, Sonic aveva le sopracciglia aggrottate, immerso nei dettagli che il piccolo elencava.
< Hey! Ben arrivati! > esclamò la ragazza con tono troppo allegro per risultare credibile. Persino Justin se ne accorse e la guardò per un attimo stranito prima di correre tra le sue braccia.
< Mamma! Non hai idea di quanto possa correre velocemente Sonic! > esclamò con occhi scintillanti guardando l’adulto come se fosse stato fatto d’oro. Il riccio in questione stava squadrando la riccia, quel saluto così strano l’aveva colpito a fondo. Troppo acuto per poter essere realistico, forse stava male nuovamente e tentava di nasconderlo?  < Oh sì tesoro, lo so molto bene. Come state? Siete stanchi? Avete sete? > chiese di rimando la ragazza lanciando occhiate preoccupate ad entrambi i ricci. Justin non perse tempo a rispondere,
< sì! Possiamo usare un po’ di sciroppo alla menta? > domandò il bambino per entrambi. La ragazza annuì e lo pose a terra lasciandolo libero di dissetarsi come meglio voleva, ne avrebbe approfittato per starsene col blu qualche minuto.
Sceso a terra il piccino lanciò un’occhiata furbetta al blu, tentando di fare un’indifferente occhiolino. Purtroppo per lui, il goffissimo e ammiccante gesto fu ben visibile ad entrambi i genitori, ma solo il ragazzo capì a cos’era realmente riferito.
< Io vi lascio soli! > sottolineò con un sorriso correndo in cucina come un pazzo. Sonic si irrigidì per un secondo, ma con un sorriso bonario si pulì dei sospetti aspettando pazientemente di non vederlo proprio più. Amy incrociò le braccia e, intuendo che qualcosa bolliva nella pentola, domandò spiegazioni al ragazzo con un’occhiata calcolata. < Chili dog. Semplici chili dog per cena > si affrettò a spiegare cercando di sembrare serio ma non troppo. La rosa gli credette e scosse la testa, possibile che non desiderasse del buon cibo sano come lattuga o carote?
Sonic dedicò tutta l’attenzione possibile alla nuova compagna, se  tale poteva definirla, scostandole i lunghi aculei dalle spalle con dolcezza
< stai bene? > borbottò avvicinandosi di qualche passo. Amy sorrise, era bastato quel gesto a spazzare i suoi incubi e a far emergere il sole che c’era in lei.
< Sì, tutto bene. Sono felice che siate tornati, iniziavate a mancarmi  > mormorò lieve avvicinandosi a sua volta al blu, desiderava così tanto strappargli un altro bacio.
Il blu sorrise stringendola a se come un pupazzo
< mi fa piacere sentirtelo dire, anche se a dir la verità un’altra corsetta non me l’avrebbe tolta assolutamente nessun.. > la frase scherzosa che stava per concludere venne mozzata di colpo dalla suoneria del telefono. Sorpreso dall’orario, il riccio sbuffò annoiato e rispose con leggera stizza all’inaspettata chiamata, allontanandosi a passi lenti dalla ragazza.
< Pronto? > esclamò iniziando una camminata che serviva solamente a tenergli occupati i piedi
< buongiorno Sonic, la disturbo? Sono l’avvocato Stanghelf, l’ho chiamata per delle comunicazioni della massima importanza > iniziò con tono di voce formale e professionale. Solo per il fatto che fosse proprio lui a chiamare, per Sonic fu un colpo  al cuore. Si ritrovò di fronte ad una pianta di rose, con il cuore a mille e la gola improvvisamente secca come cenere.
< Buongiorno a lei! Che comunicazioni? > sillabò cercando di mantenere la rigidità mentale per affrontare quello che gli stava per venir comunicato. Le mani prive di controllo si posarono su un ramo appuntito dell’alberello di fronte a sé iniziando a staccare con cura maniacale ogni spina che trovava lungo quel percorso a punteruolo.
< Bhe, di sicuro Amy gli avrà riferito … qualcosa no? > borbottò con tono vago e scrupolosamente indifferente l’interlocutore al di là della linea. Il blu annuì tra sé e sé
< oh sì, Amy mi ha avvisato di tutto … sono molto felice di ciò e la ringrazio di cuore. Era il mio più grande desiderio > si lasciò scappare mantenendo il sorriso.
Justin era salvo, quell’avvocato era un’autentica bomba ad orologeria, non sapeva come, ma Amy gli aveva assicurato che il piccino sarebbe rimasto tra le sue mani.
E questo l’aveva rilassato fino ad un certo punto.
< Sono molto felice di questo. Allora non si preoccuperà troppo se l’avverto che l’udienza è stata anticipata a lunedì no? >, Sonic si perse in un rapido calcolo mentale: tra due giorni. Tra due giorni era lunedì, e lunedì c’era anche il concorso di ballo. Due giorni. Solo due miseri, cortissimi, impotenti giorni a quel dannatissimo incontro. Respirò a fondo pungendosi con i rami appuntiti della pianta dinanzi a sé
< no, anzi, prima concludiamo meglio è. Siamo tutti molto stanchi > balbettò con un lieve batticuore. La goccia di sangue scuro che gli uscì dal polpastrello colò fino al palmo della mano, disegnando una scia viola sulla pelle blu.
< Capisco, deve essere una situazione molto stressante. Vi anticipo che alle otto precise dovrete essere in tribunale, ovviamente senza il piccolo. Altri dettagli vi saranno comunicati a breve tramite la mia segretaria. Tenetevi pronti. Buonagiornata > concluse sbrigativo con tono piuttosto soddisfatto. Sonic chiuse la chiamata e alzò la testa al cielo, contemplando gli sfilacci di nuvole che veleggiavano nel cielo azzurro. Non vedeva l’ora che tutti questi problemi finissero come erano iniziati. Gli dispiaceva che quella data coincidesse con il concorso di ballo, questo significava che Blaze e Silver non ci sarebbero stati a quell’udienza. Di certo non poteva biasimarli, quel concorso era molto vantaggioso per il conto bancario dei ballerini, in palio c’era una bella sommetta.
Mettendo il telefono nella tasca dei jeans, si voltò ed osservò con un sorriso la ragazza e il figlioletto, al sicuro tra le braccia della madre. Bene, non “restava” che avvisare lei.
< Chi era? > domandò con tranquillità la ragazza attentissima. Il ragazzo, lusingato da quella sa curiosità, mentì con disinvoltura chiudendo un occhio con simpatia,
< nessuno in particolare > chiuse così il discorso, non aggiungendo neppure una virgola riguardo alla telefonata. Il contenuto della chiamata lo riversò a fatica solamente quella sera, dopo che Justin fu messo a letto per la seconda volta. Avevano notato entrambi che, nonostante loro non ne parlassero in sua presenza, Justin percepiva che qualcosa stava accadendo. Risultava così ancor più ingestibile e agitato, si addormentava con fatica e sembrava in costante allerta, anzi, sembrava che li stesse quasi spiando. Perciò, dopo avergli somministrato una camomilla ed aver rimboccato nuovamente le coperte al piccino, Sonic, appollaiato sul divano di casa, avvisò la madre dell’anticipazione dell’udienza.
Erano entrambi accoccolati vicini, intenti ad osservare un pallosissimo programma di cucina. Nessuno dei due lo stava seguendo in realtà, erano entrambi persi più o meno negli stessi pensieri, la voce della conduttrice non arrivava nemmeno alle loro orecchie; sembrava più un fastidioso ronzio necessario solamente ad occupare il silenzio che altrimenti avrebbe regnato sovrano. 
< L’udienza è stata spostata a lunedì >esclamò il ragazzo d’un tratto, stando ben attento a non alzare la voce. In cuor suo quella notizia era un soffio di vento fresco in un braciere  di problemi. Era una splendida notizia, a breve sarebbero stati nuovamente liberi di costruire qualcosa assieme, finalmente avrebbero potuto dedicarsi al loro riallacciamento e al loro piccolo blu. Aspettandosi  la stessa gioia dalla ragazza, sorrise spontaneamente sperando, e credendo, di ricevere almeno un sorriso dalla riccia, la quale si incupiva di giorno in giorno all’avvicinarsi della tragedia.
Ma non fu così. Il braccio allacciato al suo si irrigidì come un ramo secco e la rosa diventò il ritratto della più tetra disperazione. Gli occhi verdi sembravano quasi spaccarsi come fondi di bottiglia, si alzò in piedi in preda al terrore.
< COSA? No! No! Non è possibile! > esclamò portando le mani sulle tempie ed indietreggiando dal divano da cui si era appena alzata. Il destino doveva odiarla appieno, come poteva essere altrimenti? I suoi piani erano andati in fumo e il tempo stringeva sempre più prendendola per il collo e stringendola al limite. Doveva rielaborare, doveva anticipare, doveva dirglielo! Sonic balzò giù e gli si avvicinò preoccupato temendo una crisi isterica o qualcosa del genere.
< Amy! Stai calma! Andrà tutto benissimo! Due giorni non sono niente, soprattutto ora che l’avvocato ha la soluzione ai nostri problemi! Cosa ti preoccupa? > esclamò raccogliendo le mani tra le sue e stringendole con delicatezza. Amy abbassò lo sguardo e chiuse gli occhi, mentre la sua testa esplodeva come una lampadina bollente immersa nell’acqua ghiacciata.
Non aveva nessunissima idea, il risultato del test era essenziale per discutere con lui di quell’incresciosa “dimenticanza”, ma non poteva nemmeno far sì che si presentasse a quell’udienza senza conoscere la verità! Doveva prendere coraggio e dirglielo punto e stop, con o senza carte, tanto quel risultato non avrebbe represso le emozioni. Afflitta e ancor più disperata trattenne le lacrime a stento
< h-ho paura Sonic! Se l’avvocato non dovesse farcela il mio piccolo sarà obbligato a … a… > balbettò nervosa stringendo le mani del ragazzo in cerca di un conforto che non poteva dargli. Sonic le accarezzava il dorso della mani con il pollice, silenzioso ed immerso di dubbi. Provava una sorta di strano distacco dalla ragazza, una specie di muro alto ed intaccabile  e più di tutto il resto aveva paura di quello. Non che non provasse agitazione per quel fatidico lunedì, ma era più che sicuro che se la sarebbero cavati più che egregiamente. Il sig. Stanghelf  l’aveva salvato tante di quelle volte in questioni anche più gravi da non fargli temere quel dannato giorno. Ma quel muro invisibile che non riusciva nemmeno a sbeccare lo mandava fuori di testa. Perché non gli diceva quello che realmente provava? Perché non gli diceva la cosa che la faceva penare sempre più?
Vedeva chiaramente il tormento nei suoi gesti, eseguiti in automatico appena per rassicurarlo. Prese la parola solamente quando lei si trovò in difficoltà ad esprimersi, accarezzandole la guancia in modo affettuoso.
< non succederà Amy, lo sai. E’ preparato e sa quello che fa. C’è … altro? > azzardò con tono più discreto possibile costringendola a guardarlo dritto in faccia. Gli occhi verdissimi si rispecchiarono per un solo attimo nelle sue pupille e Sonic vide chiaramente riflesso quel “altro”. Gli occhi lucidissimi minacciavano di buttare fuori Niagara, Nilo e Oceano Pacifico tutto d’un fiato. Avvicinandosi ancor di più, preoccupato per quello che teneva dentro, gli raccolse il viso tra le mani sperando che a breve avesse parlato.
< Amy! Dimmelo! Cosa c’è che ti blocca? Cosa ti sta divorando? Non facciamo gli stessi errori dell’altra volta per favore, voglio aiutarti! Avanti! > la spronò stringendola a se con il cuore che strabordava dal petto. Lei chiuse gli occhi facendo colare una lacrima dalle ciglia nerissime. Dirglielo sarebbe stata la cosa più facile e giusta da fare, metterlo a corrente della situazione le avrebbe tolto un enorme peso.
Quel pensiero fisso che la faceva affondare nella paura e nella disperazione giorno dopo giorno. Con le punte delle dita si asciugò la goccia d’acqua sulla guancia, spostandosi quel tanto che bastava per non dover fissare il blu nel volto.
< N-non c’è nient’altro che mi preoccupa. Solo questo. > mentì fredda trovando la forza di staccare le mani che adorava da sé. Sonic si ritrasse con dispiacere e malumore evidente, non capendo perché non confessasse quel tormento che la consumava come una candela. Sospirò pesantemente, facendo fuoriuscire irritazione e una delusione crescente. Mentire non le veniva bene e le bugie venivano a galla come bolle d’aria. Non riuscire a togliere il cosiddetto ragno dal buco, in quel caso l’enorme segreto che Amy taceva, per Sonic equivaleva tagliare qualsiasi filo di fiducia che avevano tessuto assieme.  
Alzandosi in piedi la squadrò freddo, con una smorfia dolorosa segnata sulle labbra.
< Non riesco a capire. Non riesco proprio a capire perché ti comporti così. Pensi che per me sia facile? Pensi che non abbia paura? Il tuo silenzio ci sta dividendo un’altra volta e non voglio che accada questo! Voglio una maledetta seconda possibilità! Anzi, pensavo che la volessimo entrambi, ma probabilmente non è così > il silenzio cadde pesante come una cappa irrigidendo la ragazza sul divano, la quale, distrutta dai sensi di colpa e dall’incapacità di buttare fuori quel tassello fondamentale, se ne stava raggomitolata sui cuscini del divano. Il blu gli volse le spalle e salì le scale con passo pesante e col il cuore sbriciolato.

Spazio autrice: Quando questa storia finirà ne sarò molto felice. Comincia ad essere più lunga di quel che avevo progettato! Spero vi sia piaciuto nonostante la monotonia del capitolo in sè. A breve ci sarà qualche risvolto. Come sempre, problemi di qualsiasi tipo elencateli pure o comunque fateli presenti. Grazie e baci.
Indaco
 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Sonic / Vai alla pagina dell'autore: Indaco_