Videogiochi > Kingdom Hearts
Segui la storia  |       
Autore: Xion92    06/02/2020    2 recensioni
Post-KH3. Kairi è disperata perché non c’è modo di riportare Sora indietro. Ma quando, poco dopo, Ansem il saggio le rivela la verità sul suo passato, per la ragazza si apre una nuova prospettiva di vita.
Cosa significa veramente essere il capo di un mondo e governarlo? Quanti modi ci sono per farlo, e qual è quello più efficace e accettabile al tempo stesso? Quali pericoli, minacce e congiure attendono un principe? Questa è la storia di tre generazioni di sovrani del Radiant Garden, in cui ognuno di loro, a modo proprio, cerca di portare il regno verso la prosperità. Una storia di governo e di politica, fortemente basata su “Il principe” di Machiavelli.
(Il rating è arancione solo per il capitolo 7, tutto il resto dovrebbe mantenersi sul giallo)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kairi, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ciao a tutti, belli e brutti! Non sono morta, eh. In effetti ho aggiornato con mooolto ritardo. Ma ora vi spiego com’è andata. Prima ero in sessione d’esame e ho pensato praticamente solo all’università. Poi, a due giorni dalla fine della sessione, mi si è rotta la scheda video del pc, che così ha concluso i suoi 8 anni di onorata carriera. Ho dovuto comprarne uno nuovo, e per salvare i miei dati il tecnico ci ha messo quasi due settimane. Quindi non ho più potuto aggiornare. Ma adesso ce l’ho fatta, ho il computer nuovo, la sessione è finita e posso riprendere normalmente.

E a proposito: è uscito il Re:mind proprio nei giorni in cui il mio pc era morto, pensate che gusto doversi guardare i filmati sul cellulare. Però vabbè. Voglio parlare un po’ di questo dlc, ma, per evitare spoiler, lo farò solo alla fine del capitolo. Buona lettura!

 

Capitolo 9 – La rottura


“E debbesi considerare come e’ non è cosa più difficile da trattare, né più dubbia a riuscire, né più pericolosa a maneggiare, che farsi capo di introdurre nuovi ordini. Perché lo introduttore ha per nimico tutti quegli che degli ordini vecchi fanno bene, e ha tiepidi defensori tutti quelli che delli ordini nuovi farebbero bene: la quale tepidezza nasce dalla incredulità degli uomini, e’ quali non credono in verità le cose nuove, se non ne veggono nata una ferma esperienza.” – Capitolo VI


Nel Radiant Garden, Even e Ienzo stavano riordinando il laboratorio alla conclusione della loro giornata. Lavoravano in silenzio, mentre ogni tanto un tuono più forte degli altri faceva rimbombare il soffitto.

“Quando pensi che tornerà?” chiese Ienzo al più vecchio, mentre si toglieva il camice.

Even alzò le spalle. “Chissà quanto ci vorrà per convincerla...” iniziò a ragionare.

Ma, come per contraddirlo, la porta del laboratorio si aprì, ed apparve Ansem, con la giacca e la barba bionda gocciolanti di pioggia.

“Maestà!”, esclamarono insieme i due apprendisti. “Siete già tornato? Com’è andata? Com’è stato rivederla dopo tutto questo tempo?”

Il vecchio principe, con lo sguardo abbastanza interdetto, scosse appena la testa e si toccò la tempia con un dito.

“Ha detto di no?” gemette Ienzo, in ansia.

“Al contrario”, rispose Ansem. “Ha accettato subito. Ed anzi, vi dirò di più. Sono stato io a doverle dire di aspettare una settimana sulle Isole del Destino, in modo che noi potessimo preparare tutto per il suo arrivo. Se fosse stato per lei, in questo momento sarebbe già qui con noi.”

I due apprendisti non ci volevano credere. “No, maestà, ci state prendendo in giro... com’è possibile? Non ha posto nessuna obiezione? Non ha sollevato nessun problema? Non era scioccata?”

“Niente di tutto questo”, scosse la testa Ansem. “Le sono stato vicino nemmeno due ore e già non la capisco... sicuramente ha dei problemi, perché una reazione come la sua non era umanamente possibile.”

“Come l’avete trovata, maestà?” chiese curioso Even.

“Male”, rispose affranto Ansem. “È molto magra, quei bei capelli rossi che ricordavo ora sono opachi, e guardando bene ho visto che ha un braccio pieno di segnetti... chissà cosa ha passato per essersi ridotta così. Ma visto che non vuole parlarne con nessuno, non possiamo saperlo.”

“Questo è rischioso”, temette Even, accarezzandosi il mento. “Se i sudditi dovessero vederla in quelle condizioni...”

“Non preoccuparti, ci ho pensato io”, lo interruppe Ansem. “Le ho ordinato di rimettere su un po’ di peso prima della prossima settimana. Vedrete che quando tornerò a prenderla, avrà già un aspetto migliore.”

“E a parte questo, che impressione vi ha fatto?”, chiese curioso Ienzo.

“Beh...” mormorò Ansem. “I problemi psicologici che ha devono essere pesanti per essersi ridotta in quello stato, ma quello che più conta è che possa diventare una brava principessa. E Kairi ha mostrato così tanta voglia di trasferirsi qui e ne sembrava così convinta che non posso che esserne soddisfatto. Quindi dobbiamo rallegrarci, miei cari apprendisti!”, aggiunse, con un tono così allegro e disteso come negli ultimi mesi non aveva mai avuto. “Presto ci sarà una nuova principessa con noi, e dobbiamo preparare bene tutto per il suo arrivo.”

“La nuova principessa? La nuova principessa?” chiese una vocetta petulante dietro il vecchio principe, e un musetto bianco e peloso si affacciò in alto, sotto lo stipite della porta d’entrata.

“Mog?” esclamò Ansem, girandosi di scatto. “Mi sei venuto dietro?”

“Sì, sì, kupò, ho sentito tutto!”, esclamò il moguri eccitato, sbattendo le alucce con forza e girando attorno ai tre uomini. “Siete stato davvero saggio a seguire il mio prezioso consiglio, kupò! Kairi presto sarà di nuovo fra noi, e ne sono molto felice! Tutto il popolo ne sarà felice! Vado ad avvertire tutti, anche se con questa brutta pioggia non ci sarà molta gente in giro, kupò!”

Ma, appena fece per mettere in atto quello che si era proposto, Ansem, dimostrando dei riflessi assai sviluppati per la sua età, stese il braccio svelto e lo acchiappò per un’ala.

“Non ti ho dato l’ordine, Mog”, lo rimproverò. “E la mia volontà è che tu mantenga l’assoluta segretezza, finché Kairi non sarà qui. Il popolo non deve saperlo in anticipo.”

“Scelta curiosa la vostra, maestà”, commentò Even, mostrando interesse nel tono. “Posso sapere come mai?”

“È semplice”, rispose Ansem, lasciando andare l’ala del moguri, che andò a posarsi sopra un armadio. “È vero che i sudditi non mi sopportano più e desiderano molto il ritorno di Kairi, tuttavia bisogna pensare che questo porterà a un cambiamento degli ordinamenti. E questo è un passaggio delicato che va gestito bene. Nonostante in teoria i sudditi sarebbero felicissimi della prospettiva del ritorno di mia figlia, dal momento che sapessero che sarà una cosa che succederà davvero le loro reazioni sarebbero diverse. Anzi, abituati come sono al mio governo, potrebbero prendere la notizia in modo tiepido e basta. Gli uomini hanno poca fiducia nelle proposte nuove, finché non gli è possibile toccare con mano le conseguenze. Ecco perché non voglio annunciare l’arrivo di Kairi prima che lei sia effettivamente qui. Voglio che i sudditi tocchino subito con mano cosa voglia dire averla tra di noi. Capite?”

“Maestà, voi conoscete davvero la mente e il cuore degli uomini”, commentò Ienzo, impressionato. “Ma non state un po’ esagerando?”

“No, caro Ienzo”, scosse la testa Ansem. “Tu pensi di sapere cosa il popolo desidera, ma adesso ti dico cosa direbbero se Mog si mettesse a volare in giro ad annunciare che Kairi fra una settimana tornerà. Direbbero: ma ormai ci eravamo stabilizzati con questo governo. Direbbero: ma non stavamo poi così male. Direbbero: ripeterà gli stessi errori di suo padre. Direbbero: sarà anche peggio di lui. Questo direbbero e questo penserebbero, se gli dessimo questa settimana di tempo per rifletterci. Ma se presenteremo loro Kairi direttamente, senza che i loro cuori siano intiepiditi dalle riflessioni sbagliate che potrebbero fare prima, vedrete che accoglienza calorosa le daranno! Soprattutto se lei si metterà subito al lavoro dimostrando loro che sarà una principessa molto migliore di me.”

“È questo il motivo per cui non avete voluto annunciare al popolo che avevate adottato Kain allo scopo di farne il vostro erede?” chiese Ienzo. “Loro ancora pensano che l’avete fatto per farne un apprendista come noi.”

“Esatto”, annuì Ansem.

“Straordinario!”, cinguettò Mog dall’alto del suo armadio. “Ma quanto è grande, saggio e magnifico il nostro principe, kupò?”

Ansem lo ignorò. “E a proposito di Kain... non posso applicare a lui lo stesso ragionamento. È giusto che, almeno in parte, sappia.” Si voltò verso il moguri. “Vai a chiamare Dilan, e digli di portarmi il bambino”, gli ordinò. “Lo aspetterò nel mio studio personale.”

Mog si mise sull’attenti poggiandosi una zampa sulla fronte. “Signorsì, signore!”, e sfrecciò via.

Ansem allora uscì dal laboratorio, percorse un tratto di corridoio sotterraneo e, quando arrivò a un bivio, cambiò direzione, arrivando alla porta che dava nel suo studio, una stanza circolare di dimensioni modeste con una scrivania e le pareti coperte di scaffalature di libri. Si sedette con un sospiro ed aspettò. Pochi minuti dopo sentì bussare ed entrò Dilan, che teneva il piccolo Kain per mano. Quel tardo pomeriggio gli aveva fatto indossare una felpa pesante e i pantaloni lunghi, perché l’umidità nell’aria era molta. Così combinato, il bimbo sembrava già più grande di quello che era. L’imponente uomo spinse leggermente avanti con una mano il bambino, poi uscì dalla stanza facendo un inchino, chiudendo la porta.

Kain guardò emozionato il vecchio principe, aspettando. Si capiva che l’emozione di essere davanti ad Ansem stava avendo la meglio su di lui, ma, per essere un bambino di quattro anni e mezzo, riuscì a mantenersi fermo e controllato.

Ansem si mise a ridere a vederlo così impaziente. “Vieni, vieni avanti, Kain”, lo chiamò con un cenno.

Subito il piccolo obbedì, cercando di arrivare col naso al bordo della scrivania, e si soffiò un ciuffo di capelli biondi che gli era caduto sugli occhi curiosi ed ambiziosi.

“Adesso ti dico una cosa”, iniziò Ansem dando un tono di mistero alla sua voce. “Anzi, un segreto, Kain. Un segreto di Stato. Da qui a una settimana, dovrai tenere la bocca chiusa. Mi prometti che non ne farai parola con nessuno?”

Kain tirò un gran respiro e si tappò la bocca con entrambe le mani, spalancando gli occhioni azzurri, fremendo di eccitazione, ed annuì.

Ansem si alzò dalla scrivania, lo raggiunse e si abbassò, portando la testa all’altezza della sua. “Il segreto è questo”, disse in tono confidenziale, mettendogli una mano sulla spalla. “Fra una settimana verrà una persona a stare da noi. Una persona molto, molto importante.”

Kain si tolse le mani dalla bocca e lasciò andare un’esclamazione di sorpresa. “Un ospite importante. E chi è, maestà? Il vostro amico, Re Topolino, che viene a farci visita?”

“No”, rise Ansem. “Ancora più importante.”

“Chi può esserci di più importante di Re Topolino?” si mise allora a riflettere Kain, incrociando le braccia e abbassando la testa.

“Non puoi indovinarlo, Kain, perché non la conosci e non ne sapevi niente”, gli disse Ansem, intenerito.

Kain alzò la testa e batté le mani. “È una donna, allora!”

“Esatto”, annuì Ansem. “Una ragazza di diciassette anni molto importante. Si chiama Kairi.”

“Beh”, commentò Kain, fiero. “Darò a questa Kairi l’accoglienza che ci si aspetta da un futuro principe. Con tutti gli onori! Così...” e si inchinò con reverenza. “Così si fa con gli ospiti importanti. E poi le prenderò la mano e gliela bacerò. Perché con le ospiti importanti donne bisogna fare anche questo”, disse ripetendo tutto quello che gli era stato insegnato. Ansem rimase impressionato a constatare con quanta abilità e in quanto poco tempo aveva impiegato ad imparare l’etichetta.

“Ma Kain, non hai capito bene. Kairi non è un’ospite. Rimarrà a vivere per sempre con noi nel castello.”

Kain mostrò stupore a quella precisazione, e aspettò in silenzio che il vecchio principe gli desse spiegazioni.

“Devi sapere, Kain, che Kairi è mia figlia”, disse Ansem seriamente.

Kain spalancò la bocca. “Voi avete una figlia?” chiese incredulo.

“Esatto” annuì Ansem. “Per tanti anni è stata lontana dal nostro regno, ma adesso potrà tornare da noi, e... e fra poco sarà la principessa del Radiant Garden.”

Kain abbassò la testa, ragionando su quanto Ansem aveva appena detto. “Ma... e io?”, chiese con la voce contrariata.

“Ebbene... adesso ancora sei piccolo, e non potresti certo essere un principe”, rispose Ansem, accomodante.

“Sì, ma quando sarò grande?”, insisté Kain, agitandosi.

“Tempo al tempo, Kain. Stai correndo troppo. Non pensarci per ora, e goditi la tua infanzia. Se ne riparlerà quando sarà il momento”, gli disse Ansem con tono paterno, accarezzandogli la testa.

Il vecchio principe non osò essere più preciso. Era vero che, in linea del tutto teorica, Kain una volta adulto sarebbe potuto essere un principe insieme a Kairi, ma era anche vero che Kairi, giovane e bella com’era, probabilmente avrebbe attirato l’attenzione di qualche bel ragazzo del regno. Si sarebbe sposata ed avrebbe messo al mondo un figlio suo che avrebbe continuato la linea di sangue, escludendo Kain da ogni possibilità di successione. E questo sarebbe potuto succedere ben prima che Kain raggiungesse l’età giusta per governare. Non era detto che avvenisse, ma non poteva nemmeno escluderlo. Quindi non poteva sbilanciarsi con lui, né da una parte né dall’altra.

Kain non rispose a quella vaga esortazione del vecchio principe, ed abbassò la testa, con lo sguardo indurito e rabbuiato. Il suo corpo si era fatto rigido e le mani, allungate lungo i fianchi, si erano strette a pugno.

“Su, adesso vai di sopra, da bravo”, lo esortò conciliante Ansem. “Ricordati che ho grande aspettative su di te, mi aspetto che accoglierai bene Kairi come si conviene ad uno del tuo rango.”

Kain alzò gli occhi, annuì appena, e fece un inchino rispettoso prima di allontanarsi da lui.

Ansem tirò un gran sospiro quando fu rimasto solo. “È solo un bambino”, si rassicurò. “Tempo due giorni, e si sarà già scordato tutto. Ma adesso è tempo di preparare tutto per l’arrivo di mia figlia, a cominciare dalla sua stanza, e dovrò prendere appuntamento col sarto migliore della città per prenderle le misure per la sua futura divisa, appena sarà arrivata.”

 

Era una serata tersa, calda e ventilata sulle Isole del Destino. Kairi, dopo essersi spogliata ed aver tirato un gran respiro, salì sopra la bilancia del bagno. La sua tensione si distese quando vide che il suo peso si era alzato a quarantasei chili.

‘Mancano ancora tre giorni prima che Ansem ritorni...’ pensò. ‘Devo prendere almeno un altro chilo, altrimenti non mi porterà con sé.’

Da quando era rientrata a casa, quel pomeriggio in cui si era incontrata con suo padre biologico per la prima volta, Kairi, facendo uno sforzo tremendo, aveva colto ogni occasione buona per buttare qualcosa nello stomaco. Poteva essere qualunque cosa: frutta tropicale, gelati, piatti di riso, di funghi e di pesce preparati in tutti i modi... il suo stomaco pian piano si stava riaprendo e le stava tornando l’appetito, anche se il peso che le schiacciava il cuore la tirava in basso. La depressione che sentiva purtroppo non si poteva curare col cibo: solo andare via da quelle isole e cominciare un altro tipo di vita avrebbe potuto aiutarla, e la ragazza sperava che andarsene al Radiant Garden potesse essere un primo passo.

Ma non poteva, di punto in bianco, ripartire da capo cercando di scacciare Sora a tutti i costi dalla sua mente. Lui sarebbe stato sempre nel suo cuore e nei suoi pensieri, anche se forse col tempo il dolore della sua perdita si sarebbe affievolito, e Kairi non aveva nessuna intenzione di scacciarlo come se non fosse mai esistito. Aveva il diritto di sapere, più di ogni altra persona, quello che le stava succedendo. Perciò, quando fu il momento di andare a dormire, prima di infilarsi sotto le coperte si sedette alla sua scrivania con carta e penna. Non avrebbe mai letto quello che gli avrebbe scritto, ma per lei non aveva importanza. Le piaceva illudersi nella mente che, in qualche modo, quello che stava per mettere su carta, tramite chissà che potere paranormale, potesse arrivargli nel limbo in cui ora si trovava. Succhiò l’estremità della penna per un paio di minuti ed iniziò a scrivere.

Mio adorato,

non è passato molto tempo da quando ci siamo separati. All’inizio è stato molto difficile, come già sai, ma forse ora ho una possibilità di ricominciare. Te l’ho già scritto, che Ansem il Saggio mi ha rivelato di essere mio padre, e che è giusto che io prenda il mio posto originario come principessa del Radiant Garden. Ci pensi? Ricomincerò tutto daccapo in un altro mondo, e prenderò un’altra strada rispetto a quello che avevamo immaginato insieme. Sei offeso per questo? Ti dispiace che possa partire di nuovo da zero in un mondo che non è casa nostra? So che non lo sei, perché tu per primo hai cercato di convincermi di agire così, prima di dividerci. Ma un po’ vorrei che lo fossi. Sì, un po’ mi sento in colpa. Lo sai che la mia vita era con te, e che era una vita insieme fianco a fianco, che desideravamo fin da quando eravamo bambini. Che diritto ho di rifarmi una vita da sola, cercando di tenerti ai margini? Sento che il mio periodo di lutto per la nostra separazione è durato troppo poco. Dovrei mantenermi nel dolore ancora di più, pensando sempre a te. So che dovrebbe essere così. E tuttavia, non posso. Non rispetterei quello che tu volevi da me, e se continuassi a soffrire per te, so che morirei. Non era questo che volevi, e se ripartirò da capo al Radiant Garden, lo farò nel tuo nome.

L’altro giorno ho parlato con mio babbo. No, non con Ansem. Parlo di mio padre adottivo, che mi ha cresciuto. Gli ho spiegato quello che il vecchio principe mi ha rivelato, e gli ho detto che avrei voluto seguirlo, per prendere il mio posto sul trono di quel regno. Il babbo era scioccato, ma anche addolorato per le mie parole. Forse ha pensato che con lui non mi trovassi più bene. Allora l’ho abbracciato e gli ho detto che, per me, solo lui sarebbe sempre stato il mio adorato babbo. Ad Ansem non credo che riuscirò mai ad arrivare a dare del tu, né a chiamarlo in modo diverso da padre, forse. E gli ho detto che non avevo niente contro di lui e che non avrei potuto avere un genitore migliore, ma era arrivato il momento per me di tornare alle mie origini. Il babbo è stato comprensivo. Mi ha dato la sua benedizione, mi ha detto che per lui io sono sempre stata una principessa, e mi ha pregato di non dimenticarmi di lui. Certo che non lo dimenticherò. Sarà sempre e solo lui la persona che sentirò come padre. Mi ha commosso come, dopo la tristezza iniziale, si sia dato da fare per aiutarmi a scegliere le cose da portarmi dietro. Ma non abbiamo dovuto lavorare molto. Solo qualche cambio di vestiti, ed anzi, ho dovuto farmene fare alcuni pesanti apposta, perché al Radiant Garden il clima è più freddo di qui. Non mi porterò nulla dietro. Lascerò tutti i miei ricordi qui. Tutte le cose che ho mi ricordano te, ed è giusto che rimangano nella mia cameretta originaria, come in un tempio, senza che nessuno le tocchi. Non mi porterò niente di te dietro. Solo il tuo ricordo. Domani parlerò con Riku. Lui ancora non sa niente, non ho voluto dirgli subito tutto. Ma dovrò affrontarlo, prima di trasferirmi. Domani sera ti farò sapere cosa ci siamo detti.

Ti penso sempre, e sei sempre il mio ultimo pensiero prima di addormentarmi.

La tua Kairi

La ragazza appoggiò la penna, passandosi la mano sulla fronte e sentendosi la mente svuotata. Scrivere quelle lettere le faceva bene, le permetteva di togliersi un gran peso dalla testa e dal cuore quando le sembrava di essere stata troppo tempo senza parlare a Sora. Lenire la sofferenza per la sua mancanza poteva andare bene, ma Kairi non sarebbe mai stata in grado, né era sua intenzione, proseguire la sua vita come se lui non fosse mai esistito. Questo lo potevano fare gli altri, ma non lei. Se il suo destino non era stare con lui, ma essere la principessa di un mondo, bene, avrebbe governato quel regno nel suo nome. E avrebbe governato il Radiant Garden con giustizia, correttezza e bontà, e sapeva che Sora sarebbe stato fiero di lei, se lo avesse fatto. Adesso però veniva il difficile: Riku. Era complicato descrivere il comportamento di Riku di tutti quei mesi. Il ragazzo era sempre stato il migliore amico di Sora, ed aveva avuto con lui un legame speciale fin da quando erano piccoli, già da prima che i due maschi incontrassero Kairi per la prima volta. Ma, ora che la memoria di Riku non conservava traccia dell’esistenza di Sora, sembrava che Kairi avesse preso il suo posto nella sua mente. Kairi sapeva che, a parte Sora, sarebbe stato difficile trovare qualcuno che la amasse come la amava Riku. Era un ragazzo un po’ chiuso che non esternava i propri sentimenti, ma Kairi sapeva che, per lei, sarebbe anche stato capace di buttarsi nel fuoco. E lei verso di lui sentiva un tremendo senso di colpa: in quei mesi, in un modo o nell’altro, non aveva fatto altro che trattarlo male. Non l’aveva fatto apposta, ma lo aveva respinto, gli aveva fatto capire che la sua compagnia non le era gradita, voleva allontanarlo, non condivideva con lui i suoi segreti e i suoi malesseri. Riku infatti, per quanto le volesse bene, sembrava essere arrivato al limite della sopportazione. Però era stato zitto e non le aveva espresso la propria frustrazione, anzi, in quei mesi, sentendo la forte debolezza della ragazza, sembrava quasi essersi immolato per lei, standole vicino in tutti i modi possibili nonostante lei lo respingesse, e cercando di esserle da supporto per quanto poteva. Kairi non sapeva come mettere le cose con lui. Fra pochi giorni se ne sarebbe andata per sempre dalle Isole del Destino, e, per poter ripartire da capo in modo pulito, aveva bisogno anche di allontanarsi da lui. Non per sempre, ovviamente. Solo per un po’. Fintanto che la fase più acuta di dolore per la perdita di Sora non fosse passata. Poi era certa che, quando il male dentro di lei si fosse affievolito, non le avrebbe più dato tanto dolore il vederlo e il constatare come Sora, per lui, avesse cessato di esistere. Pregando il suo compagno di darle la forza per affrontare il loro amico, Kairi spense la luce ed andò a dormire.

La ragazza si agitò nell’incertezza per tutta la notte, e per buona parte del giorno dopo. Non sapeva come porre la questione al suo amico: Kairi sentiva che l’aria, fra loro due, si era fatta col passare delle settimane sempre più tesa, e che la corda che lei, per tutto quel tempo, aveva involontariamente tirato, era sul punto di spezzarsi. Ora veniva la parte più difficile di tutte. Come poteva far capire a Riku quello che voleva fare e come si sentiva, raccontandogli una storia a metà? Kairi era sicura che, se fosse rimasto un ricordo di Sora nella mente dell’amico, il più grande sarebbe stato il primo a venirle incontro e a capire la sua sofferenza. Ma, senza il pensiero del suo innamorato a giustificarla, come poteva Riku accettare una decisione del genere? Kairi passò tutta la giornata a cercare di prepararsi un discorso, ma si rese conto che non ci riusciva. Forse ce l’avrebbe fatta se l’interlocutore non fosse stato proprio lui, se fosse stato una generica persona. Allora sì, sarebbe stato piuttosto facile per lei. Ma non con Riku. Con lui doveva essere spontanea e basta, sperando con tutto il cuore che il ragazzo avrebbe cercato di capirla, per l’ennesima volta, senza infuriarsi. La giovane donna passò tutto il giorno facendo avanti e indietro per casa, in preda al nervosismo, e fermandosi ogni tanto per prendere qualcosa dalla dispensa e buttarla nello stomaco, come suo padre le aveva ordinato. Si consolava parzialmente pensando che ogni boccone che ingurgitava era una speranza in più che Ansem la portasse con sé. Infine, fissò un orario. Alle sei del pomeriggio sarebbe andata a chiamare Riku e gli avrebbe parlato. Quando però arrivò l’ora stabilita, Kairi, sudando freddo, posticipò di un quarto d’ora, e poi di un altro e di un altro ancora. Andando avanti così, tentennando, arrivarono le nove di sera.

“Basta, lo devo fare!” esclamò infine Kairi, alzandosi dalla sedia da dove fino a quel momento aveva fissato le lancette dell’orologio, e salutando velocemente il babbo si infilò i sandali e prese la porta con decisione.

Fuori faceva caldo, anche se meno rispetto a quando c’era luce. Spirava una brezza leggera che rinfrescava appena l’aria e smuoveva i capelli rossi della ragazza, e le isole erano immerse nel buio. Nel paese, solo le luci dei lampioni e quelle che filtravano dalle tende delle case rischiaravano la strada. Kairi, che si era avvolta in una felpa leggera per proteggersi dalla frescura del vento, si avviò cercando di mantenere la mente pulita. La casa di Riku purtroppo stava dall’altra parte del paese, così la ragazza fece in tempo a rimuginare sulla sua situazione dall’inizio alla fine prima di arrivare alla porta dell’amico. Nemmeno le interrogazioni a scuola con i professori più indisponenti le avevano mai messo così tanta ansia. Tanto che, quando dovette suonare il campanello, dovette sforzarsi di tenere ferma la mano che tremava appena per centrare il pulsante. La finestra al primo piano si aprì e la testa di Riku, con i capelli grigi mossi dal vento, si affacciò e guardò giù.

“Kairi!”, esclamò sorpreso, spalancando gli occhi. “Cosa fai qua a quest’ora?”

“Ciao, Riku”, iniziò lei. Non le sembrava un buon punto di partenza dirgli che gli doveva parlare. “Avevo voglia di fare una passeggiata, vuoi accompagnarmi?”

Lui la guardò stranito per un momento, ma poi annuì. “Aspettami, arrivo subito”, e la sua testa sparì.

Kairi in quel momento si sentì una miserabile. Riku era tranquillo a casa sua, a farsi i fatti suoi, magari si stava rilassando, arrivava lei senza preavviso per chiamarlo, lui invece di dirle che non aveva voglia di uscire diceva che sarebbe sceso subito, e lei stava per dirgli, riducendo il discorso all’osso, che per un po’ non lo avrebbe voluto vedere. Ma ormai era troppo tardi per tornare indietro. Così, quando se lo vide comparire di fronte ben vestito e sistemato per il dopo cena, decise che l’unica soluzione, a quel punto, era arrivare fino in fondo.

“Ti trovo meglio, Kairi”, si complimentò lui. “Hai rimesso su peso, vero?”

“Sì, un po’”, annuì lei. “Ci vieni a fare un giro con me?”

“Certamente”, rispose subito il ragazzo. Poi incrociò le braccia e sollevò il mento. “Ma ad una condizione”, disse con tono altezzoso e appena scostante.

“Cosa?” chiese Kairi, temendo in parte che Riku già ce l’avesse con lei, anche se ancora non gli aveva detto niente.

“Devi dirmi cosa ti ha detto Ansem l’altro giorno.”

Kairi non voleva aprire subito quel discorso. “Altrimenti?”, chiese tentennante.

Riku, prima che lei potesse rendersene conto, la acchiappò. “Altrimenti ti succede questo”, le disse con tono giocoso, mettendosi a farle il solletico nei punti che sapeva dove lei soffriva di più.

Subito tutto il cattivo umore che aveva pervaso la mente della ragazza fino a un attimo prima sparì, e Kairi iniziò a ridere come una matta e a cercare inutilmente di dibattersi, ma con Riku non c’era verso: ormai si era fatto uomo, era più alto di lei di almeno una testa, ed era talmente grosso e muscoloso che avrebbe potuto far svenire senza fatica un avversario anche solo stringendolo tra le braccia.

“No, dai, Riku, basta!”, protestò Kairi tra le risate e le lacrime.

“Ti arrendi allora?” chiese Riku senza smettere di toccarla.

“Sì, sì, mi arrendo!”

“Me lo dici quello che ti ha detto Ansem?” insisté lui senza mollarla.

“Te lo dico, te lo dico”, rispose ansimando Kairi, e solo a quel punto il suo amico la lasciò andare.

Kairi rimase alcuni istanti a tirare dei gran respiri per riprendersi. Non avrebbe mai augurato a nessuno di ritrovarsi bloccato da Riku mentre gli faceva il solletico. Per fortuna che erano stati solo in due, negli anni, a dover subire quella tortura.

“Riku, sei qualcosa…” gemette tra gli ansimi. “Almeno con Sora mi era più facile liberarmi, quando mi faceva il solletico lui…”

Si rese immediatamente conto che non avrebbe mai dovuto dire una cosa simile.

“Eh? Come dici?” chiese Riku ridendo, evidentemente convinto che Kairi avesse appena fatto una battuta che lui non aveva capito.

Ecco fatto. Le era bastato rievocare un bel ricordo di Sora che Riku le aveva fatto venire in mente, seguito dalla constatazione che il suo innamorato nella mente dell’amico non esisteva più, per finire di nuovo nello sconforto. No, non era possibile andare avanti così. Se prima aveva avuto qualche dubbio sulla decisione di prendere le distanze da Riku, ora non ne aveva più.

“Facciamo che ti dico dopo quello che ci siamo detti io ed Ansem”, disse però, riprendendo il suo contegno. Prima aveva bisogno di calmarsi del tutto.

“D’accordo. Dai, ti porto in giro”, propose Riku. “Andiamo sull’isola piccola.”

Kairi venne presa da un brivido e si sentì bagnare la schiena di sudore freddo. “…Perché proprio lì?”

“È da tanto che non andiamo più”, rispose lui, come se fosse la cosa più naturale del mondo. “Anzi, non è vero. Sei tu che non ci sei più andata. Io ogni tanto ancora ci vado. Dai, andiamoci insieme. Come quando eravamo piccoli. Prendiamo la barca, che ci vuole?”

Kairi non seppe cosa rispondere. Già, in fondo che ci voleva? All’atto pratico, niente. Solo che il suo cuore sarebbe sprofondato se lo avesse fatto. Quell’isoletta che più di ogni altra cosa conservava i ricordi del suo compagno, i ricordi di loro due insieme, ed i ricordi di loro tre insieme, ma di cui ora Riku non ricordava più nulla. No, non voleva andare su quell’isola. Ma non se la sentì, in quel momento, di inventarsi una scusa.

“Va bene, andiamo”, annuì, cercando di suonare tranquilla.

Riku, in modo molto cavalleresco, si offrì di caricarla sulla sua barchetta. “State tranquilla, signorina, che il ruolo di mozzo non vi si addice”, la prese scherzosamente in giro, invitandola a prendere posto sull’imbarcazione.

A Kairi, nonostante tutto, si scaldò il cuore nel vedere con quanto calore Riku cercasse di mantenere forte il legame che c’era fra loro due e quanto fosse gentile e affabile con lei. D’accordo, lei avrebbe fatto quello che doveva fare, ma per certi versi non le faceva affatto piacere doversi separare da lui per un certo periodo. Soltanto quando furono arrivati a destinazione e furono scesi dalla barchetta, i pensieri su Riku lasciarono la sua testa per tornare prepotentemente a Sora. Si guardò in giro, riconobbe le capanne di legno dentro cui avevano dormito col sacco a pelo, i fuochi che facevano sulla spiaggia, il punto in cui lei si metteva sempre per fare da arbitro per le corse dei suoi due amici, la cascatella di acqua dolce dove si buttavano per bere e rinfrescarsi quando ne avevano abbastanza dell’acqua salata, l’imbocco della grotta dove c’erano i loro disegni e quello di loro due che si scambiavano i frutti di paopu e che ora era sparito, e poco più in là, illuminata dalle stelle, l’isoletta ancora più piccola, con la palma per traverso, dove lei e Sora si erano uniti nel loro simbolico matrimonio e dove lui aveva passato gli ultimi istanti nel mondo reale. Kairi sentì gli occhi riempirsi di lacrime, ma si consolò pensando che, visto che non c’erano lampioni su quell’isola, Riku non poteva accorgersene.

“Kairi, che ne dici se andiamo a sederci sulla palma? Come facevamo sempre.”

Eccolo lì. Kairi non poté fare a meno di chiedersi se, in qualche modo inconscio, Riku lo facesse apposta. Ma no, non poteva essere. Anzi, tutto quello che stava facendo aveva solo lo scopo di farla stare meglio e passare dei bei momenti con lei. Come poteva fargliene una colpa, se non si ricordava di Sora?

“Va bene, andiamo”, annuì docilmente, sforzandosi di mantenere ferma e tranquilla la voce.

Ma quando, dopo pochi minuti, si ritrovò seduta sul tronco d’albero, con Riku poco sotto, in piedi, appoggiato con la schiena al legno, e lei constatò ancora una volta come al proprio fianco non ci fosse nessuno, il suo cuore rischiò seriamente di cedere. Era lì, a fissare il mare notturno, e lui non c’era. Non ci sarebbe stato più per lei, lei non ce la faceva più a stare lì, e si rese conto che tirare questa faccenda ulteriormente per le lunghe l’avrebbe solo fatta soffrire di più.

“Riku… volevi sapere cosa mi aveva detto Ansem il saggio, vero?” sentì che diceva la propria voce, senza che il suo cervello le avesse ordinato di parlare.

Nella poca luce delle stelle, vide Riku volgere la testa verso di lei e fissarla attento.

“Ebbene… Ansem mi ha rivelato di essere mio padre. Sì, insomma… che quindi io avrei il diritto di essere la principessa del Radiant Garden. Mi ha chiesto di tornare a vivere con lui… nel mondo da cui provengo.”

Cercò di decifrare l’espressione di Riku. Aveva gli occhi sbarrati e pieni di stupore. “Kairi, quindi tu… Ansem è tuo padre…? Sei sua figlia…?”

Lei annuì. “Esatto. Era venuto apposta per dirmi questo.”

“Non lo avrei mai pensato… non me lo ha mai detto…” mormorò il ragazzo. “E come mai, tutto d’un tratto?”

“Pare che nel Radiant Garden ci siano un po’ di problemi. Si aspetta che io lo aiuti a risolverli”, cercò di spiegarsi lei brevemente.

“E cosa gli hai risposto?”, chiese Riku con tono serio.

“Beh…” mormorò Kairi. “Gli ho detto che vado… con lui.”

Ora si aspettava che Riku si innervosisse. Che le chiedesse perché non volesse più stare lì nel mondo in cui era cresciuta, come mai avesse accettato subito senza pensarci, se avesse intenzione di abbandonare anche lui, e perché non gliene avesse parlato prima.

“Non c’è nessun problema”, rispose invece Riku dopo un po’, con tono rassicurante, al che Kairi si meravigliò.

“Come?”, chiese, visto che non era certa di aver capito bene.

“E’ comprensibile che tu voglia tornare nel mondo dove sei nata. E’ vero che sei cresciuta qui, ma le tue radici sono nel Radiant Garden. D’altra parte lo sapevamo da tempo. Sai una cosa? Iniziavo proprio ad annoiarmi in questo piccolo mondo. Le nostre avventure sono finite, ma qui è rimasto tutto uguale. Sarò davvero felice di accompagnarti e vedere come te la caverai al governo”, disse con tono genuino. “Beh, quando costruivamo la zattera, tu facevi l’inventario ed io raccoglievo le provviste e l’attrezzatura, quindi se non altro ti sai organizzare”, concluse in una risata.

Kairi si sentì andare nel panico. Riku stava fraintendendo tutto. “No, non hai capito”, rispose con voce più decisa. Si lasciò scivolare giù dal tronco e gli si mise di fronte. “Riku, io… vado da sola. Forse non mi ero spiegata bene…”

Riku alzò un sopracciglio con aria perplessa e combattuta, ma rispose, cercando di tenere il tono fermo: “certo, capisco che tu voglia affrontare questo distacco da sola. Allora verrò a trovarti appena ti sarai sistemata, va bene?”

Kairi allora abbassò lo sguardo e scosse lievemente la testa. “No, Riku… non voglio che… che tu venga a trovarmi…” mormorò.

“Eh?” chiese allora Riku, e stavolta il suo tono non era tranquillo.

Kairi dovette leccarsi le labbra prima di proseguire, perché le erano diventate secche. “Sì, vado da sola, e voglio stare da sola anche là…” Alzò lo sguardo e vide che gli occhi di Riku si erano rabbuiati. “Ma… ma non per sempre”, si affrettò ad aggiungere. “Solo per qualche mese…”

“Ah sì, eh?” chiese Riku, con la voce indurita e completamente diversa dal tono usato prima. “Te ne vai al Radiant Garden da sola, senza più volermi vedere, e poi forse, magari chissà, fra qualche mese, vorrai rivedermi, è così, eh? Dimmi un po’, Kairi, mi hai mai visto la scritta welcome stampata sulla schiena?” aggiunse con sarcasmo.

“No, Riku, no, ti prego…” cercò di recuperare Kairi, sentendo che la situazione le stava sfuggendo.

“Sai una cosa, Kairi? Sono settimane, anzi mesi, che ti comporti in questo modo incomprensibile. Più io cerco di mantenere il rapporto con te, più sembra che tu provi gusto a provocarmi. Allora dimmi le cose come stanno una buona volta, ce l’hai con me? Ti ho fatto qualcosa di male?”

“No, non mi hai fatto niente”, rispose riluttante Kairi.

“E allora perché ti comporti in questo modo… così odioso?” sbottò Riku a quel punto.

Kairi deglutì. Non sapeva cosa rispondergli. Non riuscì ad inventarsi nessuna spiegazione che potesse essere per lui plausibile.

Riku scosse la testa. “Kairi, sei sempre stata una mia cara amica, ma questo non ti autorizza a trattarmi in questo modo, come se fossi qualcosa che si prende, si mette da parte e poi si riprende quando ti gira. Io ho sopportato, per te ho fatto di tutto, ma questo è troppo.” Kairi sentì molto chiaramente la rabbia nel suo tono, ma nonostante questo il ragazzo non sfogava la propria rabbia, parlava a bassa voce. Questo la faceva sentire ancora più a disagio di quanto avrebbe dovuto essere se avesse urlato. “Sai che ti dico, allora? Fa’ come ti pare. Vai pure al Radiant Garden, stai con tuo padre, diventa la principessa e governalo nel modo che ti sembrerà più giusto. Ma se vuoi tanto stare da sola, allora rimanici. Tu vai per la tua strada e io per la mia, e non contare più su di me. Anch’io ho la mia dignità, e non lascerò che tu me la calpesti in questo modo, mi spiego?”

Kairi non seppe nemmeno lei come riuscì a trattenersi dallo scoppiare a piangere. Indagò gli occhi di Riku per cercarvi uno spiraglio di comprensione, ma il suo sguardo si era serrato e non vi trovò nemmeno un po’ di calore. Senza aggiungere altro, Riku si voltò e iniziò a percorrere il ponte di legno.

“Su, datti una mossa”, la esortò. “Se non ti muovi, ti lascio qui. E non sto scherzando.”

Kairi, che stava iniziando ad essere presa dai tremori, seguì Riku a testa bassa e, per tutto il viaggio di rientro all’isola principale, seduti nella barchetta, i due ragazzi tennero lo sguardo separato, entrambi fissandosi i piedi, lui remando e lei tenendosi le mani strette in grembo, con una tensione fra loro due che si tagliava col coltello. Appena arrivati, Riku legò l’ormeggio della propria barchetta e si avviò verso casa senza nemmeno salutare Kairi, e la ragazza, rimasta sola, scese dall’imbarcazione e vi si appoggiò, stravolta.

A quel punto i tremori e i brividi che le agitavano il corpo aumentarono, il sudore freddo le bagnò ancora di più la fronte e la schiena, ed una morsa tremenda le afferrò le viscere. La giovane donna si piegò in due per il dolore, sentendosi tornare su quello che aveva mangiato prima, e dovette afferrarsi al bordo della barca per evitare di crollare a terra. Lentamente si lasciò scivolare seduta sulla sabbia, e scoppiò infine a piangere, lasciando andare tutte le emozioni e la disperazione che sentiva. Non ce l’aveva fatta. Aveva provato a porre la questione a Riku cercando, ancora una volta, di far sì che la corda non si rompesse, ma era stato troppo. Per lui, che era sempre stato molto orgoglioso, era stato un affronto troppo grande, e non era riuscito a sopportare oltre. Kairi si rese conto, ora, che per la prima volta era davvero rimasta sola. Nella sua vita, aveva sempre fatto parte di un trio di amici. Aveva prima perso il primo di loro, proprio nel momento in cui aveva trovato la felicità con lui, ed ora aveva perso anche il secondo. Forse sì, forse in futuro sarebbe riuscita ad andare avanti senza Sora, ma ad un prezzo molto salato. Lo scoppio di pianto in breve tempo si esaurì, e continuò a far scendere le lacrime in silenzio, rimanendo seduta sulla sabbia. Sì, era da sola, d’ora in poi lo sarebbe sempre stata, e il suo più caro amico d’infanzia, che tanto aveva fatto per lei, le aveva infine voltato le spalle. Ma si sentiva in parte consolata. Sapeva che ora c’era qualcosa di diverso, qualcosa di più alto che doveva raggiungere: il benessere di un intero mondo, di un regno e della sua popolazione, presto avrebbe gravato sulle sue spalle. Aveva sperato che, passati quei primi mesi più duri, Riku avrebbe acconsentito a starle vicino, ma così non era stato, e sentiva di non poterlo neppure biasimare: la colpa in fondo era stata sua, e del modo in cui lo aveva trattato per tutto quel tempo, anche se non l’aveva fatto apposta. Alla fine, raccogliendo i pezzi della propria dignità, si rimise in piedi, e cercando di mantenersi il più stabile possibile, si incamminò verso casa, dove, una volta giunta, crollò sul suo letto senza nemmeno cambiarsi e mettersi il pigiama, e senza avere la forza di scrivere un’altra lettera a Sora per raccontargli l’esito della sua discussione. Stranamente però, questa notte, al contrario di quelle precedenti, la passò senza sogni e senza incubi. Ora che l’esito con Riku c’era stato – anche se nel modo peggiore che avrebbe potuto immaginare – dopo il suo pianto liberatorio la tensione le era scivolata via di dosso, e si sentiva troppo stanca e spossata perché ci fosse spazio, nella sua mente, per un sogno, bello o brutto che fosse. Quindi si addormentò subito, senza più tormenti, e dormì come non le succedeva più da settimane.

Arrivò infine la mattina tanto attesa. Appena scesa dal letto, Kairi corse in bagno per pesarsi. Tirò un gran sospiro di sollievo. Quarantasette chili. Era fatta. Aveva raggiunto il peso minimo che suo padre le aveva richiesto. Questo significava solo una cosa: che da quel giorno, non avrebbe più visto il tramonto delle Isole del Destino, quel tramonto che era così bello e romantico e da cui, da qualche settimana, sfuggiva di continuo tappandosi in casa finché non era terminato. Si vestì con i suoi soliti abiti leggeri, perché si sarebbe cambiata mettendosi vestiti più pesanti sulla gummiship, durante il viaggio. Fece un’abbondante colazione giusto per essere sicura, poi si vestì, afferrò la valigia, in realtà abbastanza leggera, e si precipitò sulla spiaggia ad aspettare. Non dovette attendere molto. Dopo nemmeno un’ora, scorse un luccichìo nel cielo, e dopo pochi attimi, la navicella di Ansem atterrò sulla sabbia. Le persone uscirono velocemente dalle loro case, piene di curiosità, anche se non più spaventate come l’ultima volta, perché avevano capito che quello straniero non aveva atteggiamenti ostili. Presto attorno alla gummiship si raggruppò tutto il paese, perché la popolazione era consapevole del motivo della seconda visita di quell’imponente uomo: il sindaco, che era stato il primo a sapere da Kairi, aveva mantenuto la riservatezza, rivelando poi ai suoi cittadini che sua figlia se ne sarebbe andata solo dopo che lei aveva avuto il suo confronto con Riku. Le persone avevano appreso con dolore quella notizia: Kairi, anche se non era nativa di quei luoghi, era sempre stata una bambina prima ed una ragazza poi, gentile, amabile e disponibile verso tutti. Il pensiero di perdere una persona del genere aveva gettato la popolazione delle isole nella tristezza. Tuttavia, le persone capivano che arriva sempre il momento in cui un individuo deve tornare alle proprie origini, e se Kairi voleva tornare nel luogo a cui apparteneva, era giusto che seguisse questa sua volontà.

Ansem, con la sua divisa regale color panna, i pantaloni scuri e il mantello rosso avvolto sulle spalle, scese sulla passerella ritto e dignitoso, poggiando infine i piedi sulla sabbia fine. Kairi, con la valigia stretta in mano, si staccò allora dalla folla e venne avanti, a testa alta.

“Kairi”, la salutò Ansem con un sorriso compiaciuto. “Fatti vedere… ti trovo molto meglio dell’ultima volta che ti ho vista. Hai recuperato un po’ di peso?”

“Sì”, annuì lei. “Peso più di quarantasette chili adesso.”

Il vecchio principe annuì. “Si vede. Molto bene. Allora sei pronta a partire?”

“Sì. Sono pronta quando volete”, affermò Kairi, decisa.

“Allora possiamo andare. Hai salutato tutti?”

Kairi si girò e guardò in viso, una per una, le persone che si erano fermate a guardarla. Riconobbe il suo babbo, le sue amiche d’infanzia, i vicini di casa, i commessi dei negozi, i professori di scuola… sì, i giorni prima aveva salutato tutti e non ne mancava neppure uno. Si staccò un momento dal vecchio principe per riavvicinarsi a quello che, ai suoi occhi, era il suo vero babbo, per riabbracciarlo un’ultima volta.

“Figliola cara…” mormorò il sindaco, toccato, stringendola forte. “Mi raccomando, segui sempre i tuoi sogni e il tuo cuore… sii felice, nella tua nuova casa… e ogni tanto pensa al tuo babbo.”

Kairi annuì in silenzio, trattenendo il pianto, e si allontanò in modo definitivo da lui, riavvicinandosi ad Ansem. Gettò uno sguardo all’intorno, concentrandosi sul paesaggio. Non avrebbe mai più rivisto quelle isole, quella era l’ultima occasione in cui poteva osservare quella spiaggia fine, quel mare così blu, quelle palme piene di frutti succosi, e quel cielo così azzurro e terso. Ma, da parte sua, non vedeva l’ora di lasciarsi tutto questo alle spalle. Quindi si girò, senza più voltarsi, e iniziò a seguire il vecchio principe sulla passerella, tenendo stretta la valigia. Ma, arrivata a metà rampa, una strana sensazione la colse. Ora che si trovava più in alto, si fermò e si girò di nuovo, guardandosi in giro con apprensione. Ed infine, lo vide. Scorse Riku che si manteneva distante dalla folla, seminascosto dall’angolo di una casa, e che osservava la sua amica d’infanzia che se ne andava. Dal luogo in cui era cresciuta e da lui. Kairi, in un ultimo tentativo di riconciliazione, cercò una connessione col suo sguardo, ma, appena il giovane uomo si rese conto che Kairi stava cercando di fissarlo negli occhi, volse la testa, senza più permetterle ulteriori tentativi di recupero. Kairi allora abbassò il capo, affranta per qualche secondo. Non c’era più niente da fare. L’aveva perso. Anche se non riusciva a spiegarsi perché fosse venuto a vederla partire, se veramente non gli importava più niente di lei.

“Vieni via, Kairi?”, la voce del vecchio principe la riportò alla realtà.

Kairi, che già si sentiva gli occhi ricominciare a pizzicare, scosse allora la testa per mandare via ogni sentimento negativo che le stesse tornando. No, non doveva esserci posto ora, dentro di lei, per i brutti pensieri. Se doveva cominciare una nuova vita, doveva farlo partendo nel migliore dei modi. Quindi, guardando per l’ultima volta con affetto la folla radunata di sotto, finì di salire la rampa tenendo il mento alto e con passo dignitoso, come si conveniva ad una principessa, ed entrò nella gummiship. Abbandonò la valigia in un angolo e prese posto in un sedile allacciandosi le cinture, rimanendo in silenzio mentre suo padre azionava i comandi e la navicella partiva, allontanandosi per sempre dal mondo in cui la ragazza era cresciuta.

 

--

Allora, ragazzi, parliamo del dlc. No, non mi metterò a parlare dei contenuti, e del prezzo troppo alto, e di tutte quelle cose che sono venute giustamente fuori nelle recensioni. Parlerò solo di quelle parti che possono rapportarsi a questa storia. Intanto dico che questo dlc va ovviamente a cozzare con certe scelte che avevo preso sulla base di ipotesi, ma mesi fa non si poteva certo sapere cosa avesse in testa Nomura. Visto però che certe cose nuove sono impossibili da ignorare, i prossimi giorni andrò a modificare un po’ i capitoli scorsi, in modo da rendere la storia più in linea con quello che è il canon. In realtà, per quanto riguarda i capitoli futuri, non cambierà praticamente nulla, sono più quelli passati che hanno un collegamento con la storia del tre. Queste sono le cose che, rispetto al tre, rimarranno diverse e quindi comprese nel what if: Ansem è il padre di Kairi; Sora viene dimenticato da tutti tranne che da Kairi, quindi nessuno si preoccupa di cercarlo; Kairi ovviamente va al governo, non si fa addormentare per un anno, e col passare del tempo cresce, non rimane identica come nel dlc perché Nomura non c’ha voglia di fare i modelli nuovi.

Ecco qui le cose che mi hanno colpito del dlc e che quindi andranno ad influire sulla storia:

- Numero uno. Ragazzi, ma quanto è badass Kairi nel combattimento? Porca miseria! Ci credo che nel tre non le hanno fatto fare niente! Se prendeva in mano la situazione avrebbe sconfitto lei MX da sola! Ho adorato il suo forte spirito di iniziativa anche se un po’ insicura (“please work!” adorabile), quando para il colpo di Xion proteggendo Lea, e soprattutto riesce a mettere in difficoltà Xemnas! Quando invece sia Sora, che Xion che Roxas erano stati respinti come niente (quindi andrò a fare per questo delle leggere modifiche alla storia, dove finora avevo raffigurato Kairi come totalmente inesperta. Non è così, e la storia dovrà adeguarsi di conseguenza). Poi viene data anche una spiegazione sul perché Xemnas sia riuscito a catturarla: perché prima le aveva fatto quell’attacco che usa anche nel 2, in cui imprigionava Sora privandolo delle sue energie. Poi tutte le tecniche che usa nel combattimento, lancia il Keyblade e ci si teletrasporta vicino, usa la forza bruta invece della magia, e ragazzi, il suo attacco combinato con Sora, è assolutamente magnifico! Inoltre è basato sull’uccello Jian, della mitologia cinese con un’ala sola, che ha bisogno di appoggiarsi alla compagna per poter volare, e rappresenta moglie e marito (quindi, sommando il tutto, debbo pensare che loro due simbolicamente siano già sposati nel tre. Forse il paopu ha proprio il valore di un matrimonio). Grazie, Nomura!

- E a proposito: per quanto riguarda la Sokai, Nomura ci è andato giù pesante, ma di brutto! Ho adorato ogni singola scena di Sora e Kairi in questo dlc, tutte le volte che si toccano e si tengono per mano, il modo in cui si guardano di continuo (c’è un punto in cui Kairi guarda Sora in un modo che sembra stia per saltargli addosso xD), quell’abbraccione così intimo che si danno (con tanto di Sora che le accarezza la testa), Sora che ha questa bella evoluzione in cui, al contrario dell’1 in cui le diceva di stare da parte perché sarebbe stata un intralcio, ora si fida talmente di lei da volerla al suo fianco nella lotta, i primi appuntamenti che hanno alla fine, Sora che finalmente le fa vedere i vari mondi come voleva fare nell’1… e alla fine, tra l’altro, Sora dice qualcosa a Kairi prima di sparire. Posso immaginare cosa… quindi niente, ragazzi, posso dire che dal mio punto di vista sono completamente soddisfatta. Immagino che quando Nomura, anni fa, aveva detto che non sapeva scrivere cose romantiche stesse dicendo cazzate. Quindi ora Sora e Kairi stanno ufficialmente insieme senza più nessun dubbio (semmai il 3 ne avesse lasciati, il che dubito), probabilmente sono anche simbolicamente sposati, e non vedo l’ora di scoprire come Nomura svilupperà la loro relazione nei prossimi giochi. Tra l’altro ha già detto in un’intervista che un indizio per il prossimo gioco è nella schermata del dlc, e visto che lì ci sono solo Kairi e Sora, non penso ci siano molti dubbi. Ma con calma, però… che prima Kairi ha un principato da governare!

- Incredibile: gli altri personaggi positivi mostrano un po’ più di interesse per le sorti di Sora e Kairi. Questo me li ha fatti un po’ rivalutare e riappacificarmi con loro (non badate al brutto litigio con Riku del capitolo, che si rifarà grandemente in seguito. Tra l’altro vogliamo parlare del sorrisone che fa nel finale rifatto del dlc, quando vede Kairi e Sora insieme? Perché Riku li approva, da bravo migliore amico!), e soprattutto mi ha soddisfatto che Sora, nel canon, sembra sia rimasto davvero intrappolato nel Mondo Finale, a vedere il filmato segreto in cui vince contro Yozora, quindi è la stessa scelta che ho fatto io. Mi è piaciuto anche che i personaggi abbiano ipotizzato lo scordarsi di lui come una possibilità concreta che alla fine però non è avvenuta, quindi diciamo che un pochino mi ero avvicinata. Questo almeno mi fa sembrare le scelte che ho fatto per la storia un po’ meno assurde.

Concludo dicendo che, purtroppo o per fortuna, questo dlc mi ha fatto avere un ripensamento su una decisione sofferta che avevo preso all’inizio riguardo questa storia. Niente, dopo aver visto certe scene, non posso proprio rimanere su quello che avevo deciso riguardo un certo personaggio. Quindi, se alla fine di tutto gli eventi in questa ff andranno in modo un pochino diverso e senza dubbio più positivo, ringraziate il signor Nomura che ha calcato la mano. 

Ciao a tutti, spero di riuscire ad aggiornare presto!

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Kingdom Hearts / Vai alla pagina dell'autore: Xion92