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Autore: _Cthylla_    06/02/2020    1 recensioni
A tre giorni dalla partenza in direzione Terra, Spectra Specter si trova a fare conoscenze inaspettate.
Dal testo:
"Di solito non era una buona idea trovarsi vicini a Stiria quando inveiva contro le proprie sorelle maggiori, come dimostravano le vetrate in pezzi più vicine a lei.
«Eribe potrebbe allargare l’interno del suo palazzo quanto le pare senza che l’esterno cambi, ok?! Quindi perché mollare a me il loro stupido cybergatto psicotico, grosso e che mi inquieta, invece di chiuderlo dentro? Mi dici che senso ha?! Perché oggi tutti mi mollano tutto?!»
«Vuoi che ti passi di nuovo l’accendino?»
«Sì!» esclamò Stiria, strappandoglielo quasi dalle mani e iniziando a giocare con la fiammella «Ecco, ora va meglio… ma che vogliono dalla mia vita, Spectra?! Cosa vuole la gente dalla mia viiiitaaaa?!»
«Io non credo di saper rispondere, però se mi dai cinque minuti magari ci posso pensare sopra…» "
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: DJD/Decepticon Justice Division, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Transformers: Prime
- Questa storia fa parte della serie 'The Specter Bros'- la serie'
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Contrariamente a quel che avevo previsto all’inizio, a livello cronologico questa fanfic si colloca tre giorni dopo “Chasing Rainbows (or maybe bears)”.
Non ho altro da aggiungere che non possiate vedere/scoprire da soli leggendo, quindi buona lettura :)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Scontri e incontri (mancati)
 
 
 
 
 


 
 
 
 
 
Tante cose era possibile dire sulla città- Stato da qualche tempo denominata “Pettinathia”.
 
A voler essere sintetici si sarebbe potuto parlare dell’atmosfera tossica che, in brevissimo tempo, faceva finire strafatti in un angolo gli incauti viaggiatori che circolavano senza appositi filtri per le vie del centro e le zone limitrofe; si sarebbe potuto parlare degli oggetti e delle sostanze lì prodotte, si sarebbe anche potuto parlare dei suoi sotterranei, estesi chissà quanto in profondità e intricati come una tana di termiti, entrambi discorsi che rischiavano di non vedere mai una fine.
Si sarebbe anche potuto parlare della varietà dei suoi abitanti, quanto mai grande, ma con un comune denominatore: disperazione e/o poca sanità mentale per decidere di vivere in quel posto, al centro o ai confini estremi che fosse.
 
Altrettante cose era possibile dire sulla sua padrona, conosciuta col nome “Stiria”.
 
Seeker alta, sottile e nervosa, giovanissima quanto colorata -la sua corazza mostrava un miscuglio di parti gialle, azzurre, viola e metallo rose gold- dallo sguardo azzurro e l’espressione perennemente seccata di chi si considerava circondata di imbecilli scassa genitali, Stiria era sia un pugno in un occhio a causa dei colori e del luccicante corno da unicorno installato sulla fronte,  sia un inferno per l’udito a causa della sua voce. Questa era bassa, molto “da adulta” in condizioni normali, ma poteva facilmente diventare uno strillo acutissimo di potenza tale da spaccare i muri in senso letterale. Governava Pettinathia con un miscuglio di apparente anarchia e pugno di ferro e, sebbene da quando l’aveva presa in gestione ci fosse più “ordine” in superficie, non era dato sapere molto di cosa succedeva ora nei sotterranei, e quel poco che si conosceva era tutt’altro che incoraggiante.
 
Sarebbero state tutte valide ragioni per evitare la sua compagnia, e quel giorno lo erano ancora di più…
 
«Fanculo, fanculo e fanculo! Vaffanculo, Eribe! Vaffanculo, Vliegen! PORCA SOLUS! Prendesse a entrambe un colpo che non l’ammazzi! PRIMUS TURBOFOX ARRUGGINITA!»
 
Perché di solito non era una buona idea trovarsi vicini a Stiria quando inveiva contro le proprie sorelle maggiori, come dimostravano le vetrate in pezzi più vicine a lei.
 
«Eribe potrebbe allargare l’interno del suo palazzo quanto le pare senza che l’esterno cambi, ok?! Quindi perché mollare a me il loro stupido cybergatto psicotico, grosso e che mi inquieta, invece di chiuderlo dentro? Mi dici che senso ha?! Perché oggi tutti mi mollano tutto?!»
 
«Vuoi che ti passi di nuovo l’accendino?»
 
«Sì!» esclamò Stiria, strappandoglielo quasi dalle mani e iniziando a giocare con la fiammella «Ecco, ora va meglio… ma che vogliono dalla mia vita, Spectra?! Cosa vuole la gente dalla mia viiiitaaaa?!»
 
«Io non credo di saper rispondere, però se mi dai cinque minuti magari ci posso pensare sopra…»
 
Quella in cui si era trovata Spectra Specter era la camera da letto di Stiria, ed era comodamente seduta su una morbida celeste, circondata da cuscini rosa pastello e un quantitativo indefinito di peluches di animali che Stiria aveva chiamato “unicorni”. Questi di certo non contribuivano a diminuire il caos cosmico di accessori buttati qui e là per la stanza, pezzi di armatura e fili di lucine di vari colori che cadevano fuori dall’armadio aperto. Sulle pareti candide campeggiavano fiere parecchie decorazioni a forma di cyberfarfalle nere, mentre soffici strati di tende lilla e rosa coprivano parzialmente le vetrate rotte che davano sul cortile interno e si stavano già riparando grazie all’impianto per il bagno d’energia.
 
Spectra le guardava con un certo interesse -un tipo d’impianto così non l’aveva mai visto- mentre accarezzava il grosso cybergatto nero che si era messo a dormire sulle sue gambe.
 
«Era una domanda retorica, tu non puoi sapere cosa vuole la gente dalla mia vita se non lo so nemmeno io!» si lagnò Stiria, crollando sulla cuccetta e appoggiando il mento sulla testolina bianca e rotonda di Spectra.
 
«Quindi non devo pensarci sopra?»
 
«No, non devi, anche perché hai la testa vuota e quindi sarebbe inutile» fu la “delicatissima” replica della seeker.
 
«In verità dentro le nostre teste ci sono il modulo cerebrale, che si chiama anche “processore”, e il fluido craniale. Senza di essi non sarei nemmeno in grado di parlare con te» le fece notare Spectra.
 
«Spiegami di nuovo perché Hallow ha avuto la brillante idea di lasciarti qui da me e io ho avuto l’altrettanto brillante idea di non mandarti fuori a girare per le vie del centro così che i trafficanti di organi avessero merce nuova».
 
Spectra, senza essere infastidita dalle parole poco gentili di qualcuno con un carattere che aveva ben presto concluso fosse “complicato”, sollevò lo sguardo. «Era una domanda retorica anche questa?»
 
«Ti sembrava una domanda retorica?»
 
«Questa che hai fatto ora lo è?»
 
Stiria sbuffò. «Fai una cosa bella e ammazzati. Scherzo» sospirò «La prima non era una domanda retorica. Non aveva nemmeno la forma di una domanda».
 
«Allora: qualche ora fa Hallow mi ha lasciata qui da te perché io volevo stare in compagnia ma lei voleva uscire per fatti suoi, quindi mi ha portata da una femme “su per giù della tua età, leanabh, così potete giocare”».
 
«E vaffanculo anche a lei» disse Stiria, accendendo una sigaretta di energon «Hai mai provato a fumare? Vuoi fare un tiro?»
 
«Non ho mai provato ma non so-»
 
Stiria le infilò la sigaretta tra le labbra. «Inspira… ho detto “inspira”, non “affogati”!» esclamò, alzando gli occhi al cielo nel sentire l’altra tossire dopo averle obbedito «Lasciamo perdere va’».
 
«S-sì… forse è meglio» concordò Spectra, restituendole la sigaretta «Quanto al motivo per cui tu mi hai tenuta qui» Spectra indicò il cybergatto «Mi sta dormendo addosso, immagino?»
 
«Se ti sei resa conto almeno di questo non sei del tutto senza speranza, magari  la testa è solo “poco meno che vuota”, invece di “vuota” e basta… contrariamente a quella della gente che devo incontrare oggi, per esempio».
 
«Come mai dici così?»
 
Per l’ennesima volta nel corso di quella conversazione, la giovane seeker sbuffò e cambiò per cinque volte di fila la sua posizione sulla cuccetta, finendo con le gambe all’aria. Spectra non poteva fare a meno di chiedersi il motivo dietro a quell’irrequietezza continua, che era quanto di più lontano possibile dal proprio modo di essere.
 
“Lei un po’stravagante lo è” pensò.
 
Spectra aveva passato buona parte della propria vita chiusa in casa senza mai uscirne, ma da che il fratello aveva iniziato a mandarla “in missione” per raccogliere informazioni era venuta inevitabilmente a contatto con tanti soggetti che altri avrebbero detto spaziavano tra pazzi completi, stupidi, a persone di una certa cultura -difficilmente “Towards Peace” mancava in una base o astronave Decepticon e ormai, da avida lettrice e ricettrice, lei ne conosceva buona parte quasi a memoria-: tipi peculiari insomma, tanto che lei arrivata a quel punto difficilmente faceva caso a stranezze varie. In quel caso però le bizzarrie erano parecchie, già solo per il fatto che Stiria, unica padrona di quella città-Stato, fosse più giovane di lei. In anni umani sarebbero state rispettivamente una quasi diciannovenne e una più che diciassettenne.
 
«Premessa: stiamo parlando di una squadretta di persone abbastanza conosciute» disse Stiria «Non avendo ancora parlato con loro, ed essendosi rifiutati di dare dettagli precisi ai miei sottoposti via telecomunicazioni, so solo che sarebbero interessati a comprare da me della merce complicata da trovare senza sforzo e in buono stato. Le informazioni che mi sono procurata su di loro mi spingono a pensare che cerchino una fornitura di un certo tipo di organo. Siccome io ho sempre ragione sarà così…»
 
«Ma quindi perché hanno la testa v-»
 
«Non interrompermi! Se inizio a raccontare una cosa prendendola alla larga, vuol dire che va presa alla larga! Tanto non è che tu abbia molto da fare a parte stare lì con quella bestia malefica o sbaglio?! Ecco. Stavo dicendo, credo che cerchino una fornitura di merce di quel tipo, quindi la domanda è: essendo la loro un gruppetto abbastanza conosciuto, dunque degno dell’attenzione dei miei sottoposti, perché non hanno contattato subito la sede centrale invece di perdere tempo a cercare quel che volevano in periferia e nei bassifondi? Se l’avessero fatto avrebbero potuto togliersi di torno prima! Ma che mongocretinoflettici!»
 
«Cosa sono dei mongocretinoflettici?»
 
«La gente che si comporta come questi qui di cui ti ho parlato, oltre alle mie sorelle, è tutta mongocretinoflettica» rispose la seeker.
 
«A proposito delle tue sorelle, ho una domanda… tu hai detto che una delle due può allargare il suo palazzo dentro senza che si allarghi fuori, giusto? Ma come fa?» domandò Spectra «Sembra una magia tipo quella di alcune fiabe che ho letto».
 
«Lo è. Può fare quello e altro, di solito tutte cose inutili dal momento che di rado mi accontenta se le chiedo qualcosa. L’ultima volta che lei e Vliegen sono venute a trovarmi, gli abitanti e i veicoli di un intero settore sono stati trasformati in cybergatti, i quali poi si sono fusi in un cybergatto fatto di cybergatti, il tutto mentre i palazzi ondeggiavano, miagolavano e si facevano spuntare le orecchie» raccontò Stiria, con espressione seccatissima «Non chiedermi altro».
 
«Adesso il settore è tornato normale? I palazzi che miagolano ci sono ancora?»
 
«Ti avevo detto di non chiedermi altro, e soprattutto togliti quell’espressione idiota dalla faccia, perché contrariamente a quello che pensi non era né bello né interessante! È stato uno smaronamento infinito» dichiarò Stiria, rischiando senza volerlo di infilzare Spectra col suo corno da unicorno nel cambiare posizione per l’ennesima volta «E anche quando hanno risolto non hanno tolto tutto, c’è ancora un palazzo orecchiuto che ondeggia, miagola e a volte mangia la gente. Nonostante questo ho potuto farne un’attrazione turistica ma è la sola cosa buona».
 
«Magari se gli facessi dare del cibo regolarmente non si metterebbe a mangiare la gente perché è affamato…»
 
Stiria sgranò gli occhi e portò una mano davanti alla bocca. «Ma certo! Come ho fatto a non pensarci subito? Adesso prendiamo l’astronave, andiamo subito al Tyger che hanno aperto da poco e chiediamo se hanno dei croccantini di rame per i palazzi che miagolano, magari specifici per l’età e la stazza. Ma porca Solus, stai scherzando o i tuoi genitori ti hanno fatta cadere per sbaglio più volte quando eri piccola?!»
 
«Forse a farmi cadere è stato mio fratello, i miei genitori no, loro sono morti».
 
«Ah sì? Pure i miei. A posto così» replicò Stiria, senza fare una piega «Non provare a dire che ti dispiace, non conoscevi loro e conosci me solo da oggi. Forse ci stai immaginando mentre ci abbracciamo solidalmente pensando ai rispettivi parenti nell’Afterspark, ma sappi che non accadrà».
 
Spectra continuò ad accarezzare il cybergatto, ora sveglio e intento a stiracchiarsi. «A dirti la verità non l’avevo immaginato affatto».
 
Stiria sollevò un sottilissimo sopracciglio metallico, poi annuì. «Perfetto. Sai una cosa? Adesso che ci penso vorrei fare un salto al Tyger» decisione dietro cui probabilmente c’era il fatto che l’animale si fosse svegliato «Manca ancora un po’prima dell’incontro con il gruppo di mongocretinoflettici, quindi prendiamo una delle astronavi più piccole e andiamo».
 
«Ma il cybergatto? Lo portiamo con noi?»
 
«Lo lasciamo a qualcuno dei miei sottoposti, per gioia loro».
 
«Ne saranno felici davvero?» domandò Spectra.
 
«No».
 
Stiria, seguita dalla bestia, trascinò Spectra fuori dalla propria stanza, sputando fuori una sfilza di ordini precisi di varia natura via comm-link ai propri sottoposti. Spectra si chiese sia come fosse possibile che i passi di quella seekerina facessero più rumore e fossero più pesanti di quelli di un ursanokor, sia come facessero i suoi sottoposti a capire cosa stesse dicendo, perché lei faticava a distinguere le parole una dall’altra; poi però concluse che c’entrasse l’abitudine e nulla di più.
L’ultima parte, in ogni caso, fu chiara anche per lei.
 
«…l’astronave, quella piccola, la voglio in cortile appena esco, sì, quella lilla con le lucine azzurre e vedete di farmela trovare già accesa, , ovvio che guido io! Come se non lo sapessero benissimo» sbottò la seeker, dopo aver chiuso la comunicazione.
 
«Quindi tu hai l’abilitazione per guidare le navi? Io ancora no» disse Spectra, cercando di starle dietro nonostante la gamba malandata.
 
«Io nemmeno» replicò l’altra.
 
«Ma allora come puoi guidare se non ce l’hai?»
 
«Non mi serve: tutte le strade qui sono mie!» affermò Stiria «E i cieli. Se anche capitasse un tamponamento a catena con annessa esplosione di nave altrui come l’ultima volta avrei ragione lo stesso!»
 
«Tamponamento a caten
 
«L’astronave è pronta alla partenza, Miss Stiria» si intromise uno dei sottoposti -i cui tratti facciali erano coperti da una lucida maschera nera metallica- della seeker, arrivati in gruppo «Noi siamo pronti a prenderci carico del felino. Auguriamo a lei e la sua ospite di trascorrere delle ore piacevoli».
 
«Nessuna ora può essere piacevole, oggi! Nessuna!» ribatté Stiria, trascinando Spectra fin dentro alla nave e chiudendo il portello «Quando dicono così ho l’impressione che mi prendano per i fondelli, mamma mia che urto».
 
Si sedettero sui sedili di pilota e copilota poi, per almeno dieci secondi, entrambe restarono immobili.
 
«Hai cambiato idea riguardo il fatto di andare al Tyger?» domandò Spectra.
 
«No, è solo che non mi ricordo…» Stiria aggrottò le sopracciglia «Cos’era che si doveva fare una volta accesa la nave e chiuso il portello?»
 
Spectra poté solo fare spallucce. «Allacciare le cinture?» ipotizzò, e così fece «La sicurezza è importante».
 
«GIUSTO! Bisogna premere l’acceleratore!»
 
«Io non c-»
 
Spectra avrebbe voluto dire “Io non credo che si debba iniziare così” ma non fece in tempo: senza nemmeno avviare una vera procedura di decollo e facendo dunque fluttuare l’astronave a circa quattro metri da terra, Stiria tirò una leva e premette l’acceleratore, finendo per sfondare una vetrata a causa di un’imprevista partenza in retromarcia fatta a tutta velocità.
 
«Siamo uscite!» annunciò, senza staccare il piede dall’acceleratore.
 
Strilli, rumori di urti e di fughe varie seguirono quelle parole dette in modo ingiustamente trionfante.
 
«Stiria, Stiria, io credo che dovresti togliere la retromarcia, altrimenti-»
 
Un urto di potenza bestiale causato dall’aver colpito una grossa colonna rotonda in titanio pluri rinforzato fece sì che l’astronave iniziasse a ruotare su se stessa come una trottola travolgendo al suo passaggio attrezzature, pali, cartelli, edifici, passanti e tossici svenuti per strada.
 
Le due giovani femmes, una delle quali aveva iniziato a imprecare come una pazza, cercarono di riprendere il controllo del mezzo muovendo il timone, ma tutto quel che ottennero fu solo trovarselo rotto tra le mani.
 
«Solus sfiocinata nel canale di espulsione dal cavo putrefatto di Primus!» urlò Stiria, lanciando il timone fuori dal finestrino.
 
Non trovò ostacoli, perché i vetri che non si erano rotti per i vari colpi erano stati polverizzati dai suoi strilli, così come per colpa dell’effetto “trottola” finirono polverizzati prima la vetrata di un grande ristorante che dava su un largo canale di scolo artificiale, poi tutta la sala.
Tavoli e persone volarono fuori finendo nel canale di scolo -più tossico di un reattore nucleare appena esploso- e l’astronave fuori dal ristorante.
 
«Freno a mano! Dov’è qui il freno a mano?!» si disperò Spectra.
 
«Cos’è il freno a mano?!»
 
“Se sopravvivessi a questa cosa e Spectrus venisse a sapere che sono salita nell’astronave con qualcuno che non sa neppure cosa sia un freno a mano mi rimprovererebbe dandomi dalla stupida, e avrebbe anche ragione” pensò Spectra, per poi concludere che in ogni caso le sue possibilità di sopravvivenza diminuivano a ogni secondo.
 
Le parve di sentire Stiria decidersi a chiedere aiuto, poi un impatto più terribile di quelli che c’erano stati fino a quel momento interruppe il girare vorticoso dell’astronave, scagliandola contro una parete di titanio abbastanza spessa da resistere all’urto.
 
Spectra vide il metallo dell’astronave accartocciarsi prima di sentire qualcosa di caldo colare sui suoi sensori ottici e, infine, svenire.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
«Mi era sembrato che l’atmosfera fosse troppo tranquilla per gli standard di assurdità per i quali questa città- Stato è rinomata… e infatti».
 
Mentre Tarn era tornato a sedersi sulla panchina con un cubo di energon in mano, Tesarus si guardò ancora le nocche della mano destra, reduci dal pugno che dieci minuti prima lui, Helex e Tarn stesso avevano scagliato contro l’astronave impazzita che li aveva quasi investiti.
Con quel colpo avevano fatto danni, non sapevano come stesse il conducente dell’astronave e non erano neppure interessati a saperlo, ma erano tutti e tre concordi nel ritenere che le loro azioni avessero fatto più bene che male data la portata del disastro che l’astronave avrebbe continuato a fare senza il loro intervento.
 
«Però sono stati tempestivi» osservò Helex, riferendosi al fatto di aver visto i soccorsi giungere sul posto neppure un minuto dopo lo schianto «In altri casi non ho visto altrettanta premura».
 
«Chi se ne importa» disse Tesarus «Tarn, quanto manca all’appuntamento? Ma soprattutto, perché rispettiamo l’orario?»
 
«Lo facciamo perché siamo un gruppo di seri professionisti, Tesarus» fu la risposta di Tarn «La Decepticon Justice Division non è gruppo di barbari, di tossici inselvatichiti o di pazzi furiosi» affermazione riguardo la quale molti avrebbero avuto di che obiettare «Siamo l’espressione più pura dell’essere Decepticon, rappresentiamo il movimento in ogni azione che compiamo. Avendo deciso di essere civili e non ostili, direi che arrivare in perfetto orario sia il minimo. Tra mezz’ora esatta saremo alle porte della sede centrale per incontrare Stiria e dirle cosa vogliamo».
 
E noi siamo nella Peaceful Tiranny a coprirvi le spalle. La prossima volta però voglio scendere anche io, ci si diverte un sacco laggiù…
 
Parla per te, Kaon, io non ci tengo affatto e Vos nemmeno! Sentiamo e vediamo tutto, è come se fossimo lì ed è già troppo per i miei gusti. Speriamo che l’incontro sia veloce e la consegna dei T-Cog ancora di più.
 
«Lo sarà, Nickel» la rassicurò Tarn «Le immagini che abbiamo trovato indicano che, sebbene sia adulta a livello biologico, è molto giovane» “Il che è la sola cosa che possa giustificare quei colori assurdi e quel ridicolo corno sulla fronte” aggiunse mentalmente «Non dico di prenderla sottogamba dal momento che riesce a tenere insieme un posto come Pettinathia, però non vedo ragione di essere ostili. Immagino sia già terrorizzata all’idea di incontrarci di persona. Lo sarebbero, o lo sono stati in passato, transformers molto più grandi e più forti di lei».
 
Helex annuì. «Hai ragione».
 
Attesero venticinque minuti, poi si incamminarono verso la sede centrale. Il complesso dove viveva Stiria era l’unico edificio in tutta la città-Stato che avrebbero davvero potuto definire “abbastanza alto”, oltre che esteso in larghezza, con una torre centrale ricca di parti vetrose che quel giorno svettava su un cumulo di nuvole decisamente basse: nulla di stupefacente o intimidatorio.
Non ebbero problemi a entrare e, a dirla tutta, se non avessero avuto la sensazione pungolante di essere tenuti sott’occhio in modo costante da un sistema di sorveglianza a circuito chiuso, avrebbero potuto pensare che nessuna delle persone che passavano loro accanto si fosse accorta della loro presenza.
 
“Questo di solito non succede” pensò Tarn, non del tutto sicuro di gradire la situazione “In ogni caso è sempre meglio rispetto a quando veniamo attaccati pur non avendo brutte intenzioni”.
 
Le uniche persone a dare mostra di averli notati furono due mech dall’alt mode indefinita, entrambi con una maschera nera liscia a coprire il volto, che fecero loro cenno di avvicinarsi. Si trovavano all’imboccatura di un corridoio, uno per parte, e come tutti gli altri sembravano perfettamente calmi.
 
Uno dei due mech tese un braccio verso l’imboccatura in questione. «Miss Stiria vi aspetta. Sempre dritto fino in fondo al corridoio».
 
«Mi aspettavo che la vostra padrona ricevesse me e i miei uomini di persona» disse Tarn.
 
Dai due mech mascherati non giunse risposta e, non avendo tempo da perdere, i membri della DJD decisero di andare avanti lungo il corridoio.
 
Questo non mi sembra un buon inizio – disse Nickel via comm-link.
 
«La maggioranza della gioventù odierna non conosce le buone maniere. Imparerà» replicò Tarn.
 
Ai lati di quel corridoio ne diramavano innumerevoli altri, alcuni molto brevi, che sbucavano su altri corridoi costruiti paralleli a quello che stavano percorrendo.
 
«Mi chiedo come facciano a non perdersi qui dentro» commentò Helex.
 
«Suvvia, Helex, dubito che questo sia il posto più “intricato” in cui tu abbia messo piede. Per il momento non mi sembra peggio della prigione di Grindcore. Immagino non ti sia nuovo il fatto che io ne sia stato al comando per qualche tempo, dando il mio contributo alla produzione di materia prima per la costruzione di nuovi soldati. Il metallo fuso di coloro che finivano in quelle celle era molto più utile di quanto fossero loro stessi. Erano sempre felici di entrare nella camera di teletrasporto, come la chiamavamo, prima di comprendere quale sarebbe stata la loro destinazione».
 
«Teletrasporto?» ripeté Tesarus.
 
«Forse il termine “fonderia” sarebbe stato più appropriato» disse Tarn, superando l’ennesima apertura «Ma, tecnicamente, una volta morti fusi si sono trovati tutti quanti altrove: Afterspark o Inferno che sia, questo non… non posso saperlo…»
 
Si bloccò e, dopo qualche secondo di esitazione, tornò velocemente indietro fino all’apertura da poco oltrepassata.
 
«Err… Tarn?» lo richiamò Helex «Qualcosa non va?»
 
Dopo pochi istanti di silenzio, Tarn raggiunse nuovamente i propri uomini. «Tutto a posto, mi era solo sembrato di aver intravisto qualcuno di conosciuto. Ovviamente sbagliavo, in fin dei conti la persona in questione non avrebbe alcun motivo ragionevole di trovarsi qui, men che mai in questo palazzo, anzi, diciamo pure che Pettinathia nella sua interezza sarebbe il posto dal quale dovrebbe stare più lontana in assoluto ma non è importante» concluse «Ho solo preso un abbaglio. Procediamo».
 
Quella fu l’unica interruzione nel loro percorso, che dopo breve tempo li portò in fondo al corridoio.
 
Seduta a gambe incrociate sopra la grossa scrivania bianca aerodinamica posta al centro della stanza, Stiria teneva in mano un lungo fiammifero acceso che produceva una luce verdastra dovuta a chissà quali polveri. Lo osservava trasognata, al punto di non accorgersi neppure dell’arrivo di tre grossi e perplessi Decepticon che erano fermi sulla soglia da qualche secondo.
 
«Voi giovani d’oggi, salvo rare eccezioni, avete più di una lacuna in fatto di buone maniere ed è risaputo» esordì Tarn «Però io trovo che ci sia una sottile linea rossa che separa ciò che è tollerabile da ciò che invece non lo è. Tu cosa ne pensi?»
 
«Penso che questa sia una giornata di energon esausto» replicò Stiria, senza distogliere lo sguardo dal fuoco «Penso che io avevo capito questo appena mi sono svegliata stamattina e penso che l’unica cosa buona della giornata sia il fatto di aver potuto mollare il cybergatto a qualcun altro. Aggiungo che non c’era bisogno di portarti appresso quei due» indicò Helex e Tesarus con un breve cenno della mano libera «Sei un futuro cliente, sei abbastanza conosciuto perché io abbia accettato di incontrarti di persona e l’epoca in cui entrando qui ti saresti trovato narcotizzato, cambiato di sesso e con qualche organo interno in meno è finita da quando la ex padrona di questo posto è crepata com’era prevedibile che fosse. Con questo direi che possiamo finirla coi convenevoli e iniziare a parlare di cose serie».
 
Schiaffò in mano a Tarn un datapad color arcobaleno senza dargli neanche tempo di rispondere, per poi accendere una sigaretta di energon con quel poco di fiammifero che era rimasto.
 
«Il prezzo unitario dei T-Cog non è trattabile, al massimo posso venirti un po’incontro sulle spese di confezionamento nel caso la quantità acquistata sia pari o superiore a quella del preventivo che stai leggendo. Ogni T-Cog del lotto è isolato termicamente in modo da mantenere la temperatura naturale che aveva quando è stato prelevato e da facilitare il trapianto» disse Stiria, a macchinetta «E tutti, prima della rigenerazione, sono stati prelevati da transformers precedentemente sottoposti a esami medici che hanno confermato la salute dell’organo in questione. Il numero approssimativo di trasformazioni sostenibile da ogni T-Cog è scritto nella descrizione dell’articolo, se sai leggere l’hai già visto».
 
“Non mi piace” pensò Tarn “Non mi piace affatto”.
 
Una fornitura di T-Cog era quel che lui era andato a cercare e il prezzo in shanix, seppur leggermente alto, era del tutto giustificabile nel caso in cui la qualità fosse stata quella promessa.
Quel che non gradiva era il fatto di essere stato anticipato, il fatto che Stiria sapesse benissimo cos’avrebbe chiesto, la prevedibilità che lui aveva dimostrato. Mandare all’aria l’affare per quel motivo però sarebbe stato immaturo e poco professionale da parte sua, entrambe cose che lui non era più da un pezzo -se mai lo era stato, s’intendeva; infine, lo lasciava perplesso anche il fatto di non averla trovata spaventata come aveva immaginato.
 
«Sarebbe bello se le tue maniere fossero notevoli quanto la tua efficienza» fu tutto quel che disse il Decepticon restituendo a Stiria il pad «Il lato positivo è che hai ancora tempo per imparare… e con un po’di attenzione a modi e toni, oltre a una garanzia di sicurezza per me e la mia squadra, continuerai ad averne quanto desideri».
 
Stiria sollevò un sopracciglio guardando dritto nei sensori ottici quel mech pericoloso, armato fino ai denti e molto più grosso di lei. «Se no?»
 
Tarn fece spallucce ma anche così la risposta risultò piuttosto chiara.

Non che Stiria avesse avuto reale bisogno di sentirla, ovviamente.
Lui sembrava aver accettato le condizioni del preventivo, e lei intendeva accettare le sue: pur possedendo un esercito sapeva che difficilmente i soldati avrebbero potuto fare qualcosa contro la DJD, ed era già tanto che avesse modo di accontentarli con facilità, perché in caso contrario immaginava che la situazione sarebbe stata difficile.
C’era il sistema di difesa estremo ma proprio perché “estremo” preferiva evitare di utilizzarlo se non in caso di estrema necessità e, pur avendo cercato di chiedere un aiuto magico a Eribe per cose molto meno serie, come per esempio imparare a guidare, le sarebbe seccato il giusto andare a elemosinare una mano per faccende strettamente legate al governo e alla difesa della sua città-Stato.
 
“Tanto prima o poi gliela faccio scontare, a questi qua” concluse la giovane seeker, cui la velatissima minaccia non era piaciuta “Dovessero passare anni o poco più di  un mese e mezzo”.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
“Eppure avrei giurato… quelle voci che ho sentito prima mi erano sembrate familiari”.
 
Fisicamente sana -gamba a parte- grazie al bagno di energia e chissà quali altre tecnologie di Pettinathia, ma ancora vagamente confusa per colpa delle sostanze che le avevano iniettato dopo l’incidente, Spectra vagava sperduta per i corridoi affiancata dal cybergatto delle sorelle di Stiria.
Le stesse sostanze che la intontivano erano anche causa di una temporanea fotofobia, per colpa della quale i suoi sensori ottici non riuscivano a vedere granché bene. Si poteva quasi dire che si stesse facendo guidare da Lord Blotch, tale era il nome dell’animale, tenendo poggiata una mano sul suo dorso, e quelle erano le ragioni per cui non aveva riconosciuto i membri della DJD quando si erano quasi incontrati nei corridoi paralleli.
 
“Dove sarà Stiria?” si chiese.
 
Era uscita dall’infermeria per cercare proprio lei, fino a quel momento senza successo. A detta dei medici con cui aveva parlato al suo risveglio, la giovane seeker se l’era cavata solo con qualche graffio, senza neanche svenire, contrariamente a lei. Le avevano detto anche che Lord Blotch era stato ai piedi della cuccetta per tutto il tempo, poco per fortuna, in cui era stata incosciente dopo le riparazioni.
 
“Credo che ci sia un guasto, l’intensità delle luci sta calando” notò Spectra, con un certo sollievo per le sue ottiche.
 
«Tu non mi sembri uno dei soliti poveracci mascherati che sono alle dipendenze di Stiria. Non dirmi che ti ha lasciato Lord Blotch tutto il tempo?...»
 
Sentendo alle proprie spalle una voce femminile sconosciuta, vaghissimamente simile a quella di Stiria ma di poco più alta e decisamente più quieta, Spectra si voltò.
La femme che vide a malapena due passi da lei era più bassa di Stiria, decisamente più massiccia -quasi il doppio di lei- e, soprattutto, era completamente coperta da una tunica nera col cappuccio. Le parve di distinguere delle “trecce” di colore rosso spostate sul lato destro del viso ma per colpa della momentanea fotofobia non poteva esserne troppo sicura. Quello che invece vedeva molto bene era il colore delle ottiche di quella femme, un verde particolarmente brillante. Le parve di notare anche un’aura dello stesso colore danzare brevemente attorno alla tunica, prima di scomparire.
 
Spectra si massaggiò brevemente la fronte, pensando a un altro effetto dell’anestetico. «Io… in effetti, da quando Hallow mi ha portata qui e Lord Blotch mi si è strusciato contro le gambe, Stiria me lo ha lasciato. Poi siamo uscite, per fortuna non lo abbiamo portato dietro, c’è stato un incidente con l’astronave-»
 
«Tu intendi dire che quel genio assoluto di mia sorella ha causato l’incidente con l’astronave come suo solito. Non riuscirebbe a imparare a guidarne una nemmeno con la magia, infatti mi chiede da tempo di darle una mano con quella, ma se lo scorda proprio» disse la sconosciuta, alzando gli occhi al soffitto «Sono convinta che continuerebbe a guidare male anche se le dessi l’abilità del miglior pilota del cosmo, è una causa persa».
 
«Quindi tu sei una delle sorelle di Stiria?...»
 
«L’ho appena detto. Mi sembri un po’rintronata, immagino che siano i postumi dell’incidente. Non hai l’aria della fattona. Sei una fattona?»
 
Spectra scosse la testa. «Prima di venire a Pettinathia non sapevo nemmeno cosa fosse una “fattona”».
 
La sorella di Stiria rise. «A beh, qui l’hai imparato bene di sicuro! Comunque, a casa mia l’enerpizza dovrebbe essere quasi pronta, quindi mi riprendo il mio cybergatto».
 
«Non capisco perché Stiria ne abbia paura, è molto coccolone. È stato con me anche quando ero svenuta» disse Spectra.
 
«Si vede che gli piaci. Dato che ti sei occupata di lui al posto di mia sorella possiamo quasi dire che ti devo un favore» disse la femme, e Lord Blotch andò a strusciarsi sulla sua tunica «Ti consiglio di rimanere dove sei, percepisco la presenza di Hallow nel palazzo, dovrebbe arrivare da te a momenti. Salutala da parte mia e di Vliegen».
 
Detto ciò, lei e il cybergatto sparirono da sotto gli le ottiche di Spectra senza lasciare traccia.
 
La giovane batté le palpebre metalliche un paio di volte. Se non fosse stato per l’assenza del cybergatto e per il fatto che Stiria le avesse parlato della magia di una delle sue sorelle, avrebbe pensato a un qualche scherzo del suo processore dovuto alle sostanze che le avevano iniettato.
 
«Ehilà, leanabh! Ti ho portata qui a giocare ma mi hanno detto che tu e Stiria avete preso il navescontro un po’troppo sul serio».
 
Il sollievo di Spectra nel rivedere Hallow fu reale, e non si oppose quando lei la prese in braccio. «Non lo dire a Spectrus, per favore! Sono stata stupida ad andare nell’astronave con lei pur avendo capito che non sapeva guidare, tanto più visto che tra tre giorni dovrei partire, non lo farò mai più in tutta la vita, però adesso sto bene, non ho più danni perché mi hanno curata, da quando ho ripreso conoscenza sono solo un pochino confusa e mi danno noia le luci e-»
 
«Rilassati» la interruppe Hallow, incamminandosi verso l’uscita «Non credo che tuo fratello tornerà prima di domani mattina, qui e allora probabilmente sarai a posto. Torniamo a casa».
 
«Non dovremmo farlo sapere a Stiria?»
 
«Probabilmente è stata già informata, se non è ancora così lo sarà presto e, in ogni caso, dubito che le importi granché» disse Hallow, con molta onestà.
 
Spectra non poté far altro che concordare.
«Ah, mi stavo dimenticando! Ho incontrato una delle sorelle di Stiria. Mi è sparita da sotto le ottiche quindi penso sia... come l'aveva chiamata Stiria? Eribe?... ha detto che ti saluta».

«L'avrei ricambiata subito, se non avesse avuto tanta fretta di andarsene per l'enerpizza. Visto il giorno e vista l'ora, solo per quella può essere
» aggiunse Hallow a mo'di spiegazione.

«Sì, effettivamente l'ha nominata» confermò Spectra.

Fu così che anche in quell’occasione, proprio com’era accaduto la sera in cui l’ursanokor era volato fuori dalla finestra, venne evitato un incontro che forse avrebbe potuto risparmiare a certuni -anzi: certune- una quantità di traumi più o meno seria.
 
   
 
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