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Autore: K ANTHOS    06/02/2020    1 recensioni
Come poteva Sara essere a conoscenza addirittura di due omicidi?
Un fremito di terrore lo colse: ora sarebbe toccato a lui?
Rimase esangue al solo pensiero, era quasi in stato di choc, i suoni della campagna gli giungevano ora ovattati e lontani.
Perché non lo aveva ancora denunciato? Cosa la tratteneva?
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con
Capitoli:
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Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

 

Il sabato successivo Sara si presentò all’oratorio a mezza mattinata.

Aveva trovato l’impalcatura già pronta e si fece aiutare a smontare e tirare giù la vetrata da uno degli aiuti di don Alberto.

La appoggiarono delicatamente su una tavola sostenuta da due cavalletti e posizionarono un pannello di cartone a chiudere il vuoto lasciato dalla vetrata per non far entrare il freddo.

Sara prese l’attrezzatura necessaria dalla sua cassetta e cominciò a dissaldare i punti di stagno, quindi procedette con l’allontanamento dei pezzi danneggiati che sostituì senza grossi problemi.

La pulì accuratamente strofinandola con della segatura e decise di lasciarla ad asciugare lì fino al mattino successivo per assicurare la perfetta livellatura dei pezzi.

Fece un passo indietro e guardò la vetrata.

Le sfuggì un sorriso compiaciuto, aveva fatto effettivamente un buon lavoro, non si distinguevano i pezzi nuovi da quelli vecchi: a restauro terminato aveva infatti leggermente brunito i piombi in modo tale da accordare la loro opacità con quella dei pezzi ossidati originali.

-Sara… hai fatto un bellissimo lavoro, complimenti- don Alberto era ammirato.

-Grazie, come vede erano solo i piombi rovinati-

-In settimana ti darò il soggetto preciso del quadro per la prossima Pasqua, vorrei mi facessi dei bozzetti prima di cominciarlo-

-Certamente don Alberto-

-Grazie Sara, grazie di cuore per il tuo aiuto-

-Prego, l’ho fatto molto volentieri-

Mentre il sacerdote si allontanava, Sara lo seguì con lo sguardo: nel suo cuore si faceva sempre più strada l’idea che potesse mettersi seriamente nelle mani di quell’uomo e trovare con lui una soluzione.

 

Domenica mattina raggiunse l’oratorio intorno alle otto e si fece aiutare a ricollocare la vetrata al suo posto.

Riccardo accompagnò anche quella mattina il nipote ed ebbe modo di osservare per la prima volta Sara.

Guardò la vetrata ed il risultato di quel lavoro nell’insieme, poi il suo occhio scrupoloso e attento si posò sull’autrice del restauro, non era consueto infatti vedere su una impalcatura una giovane ragazza impegnata in un lavoro di montaggio.

Il ciuffo ribelle che spesso Sara costringeva con pazienza dietro l’orecchio richiamò prepotente la sua attenzione: era una bella ragazza ma dal suo atteggiamento sembrava non essersene mai accorta.

Considerò che doveva avere poco più di vent’anni, sulla sua figura longilinea e armonica le curve gli sembrarono distribuite nei punti giusti, le gambe erano però in parte coperte da una lunga felpa.

-Forse si copre perché ha i fianchi abbondanti…- si disse tra sé.

Gli diede l’impressione di essere una persona posata, controllata, parlava infatti al suo aiutante quasi sussurrando ed aveva un modo elegante e delicato di muoversi malgrado il lavoro richiedesse molta forza.

In fondo a quello sguardo pulito da brava ragazza Riccardo vide però balenare un disagio velato e intimo.

-Ma che difficoltà potrà mai avere una ragazza così?- si chiese.

Era nella sua natura trarre informazioni e deduzioni da ciò che osservava, era un allenamento che faceva in modo costante appena ne aveva la possibilità, oramai gli veniva naturale fare valutazioni su tutto e tutti.

Investigare era il suo forte, la curiosità il suo volano e possedeva anche intùito per gli stati d’animo altrui che lo aveva sempre aiutato negli interrogatori e con i rapporti interpersonali in genere.

Notò inspiegabilmente che osservarla gli provocava una sensazione insolita di nervosismo e di disagio, non comprendeva perché i suoi occhi si soffermassero su di lei tanto a lungo nonostante la sua volontà di non volerla fissare.

Un sorriso improvviso illuminò il volto di Sara conferendole un calore ed una dolcezza tali che Riccardo ne rimase folgorato.

-Dannazione…  che bella…-

Deglutì quasi a fatica e non poté fare a meno di valutare, piuttosto seccato, che era completamente fuori dal suo target.

Frequentava abitualmente solo donne in carriera, autonome, non sposate e che vedeva occasionalmente.

Rifuggiva da inutili coinvolgimenti sentimentali, non voleva storie serie ed impegnative, la sua mente era tutta orientata sul lavoro e la carriera in polizia.

Aveva già vissuto storie importanti ma erano inesorabilmente naufragate, lo avevano tutte lasciato perché stanche di essere al secondo posto nella sua vita.

Suo malgrado, infatti, la razionalità ed il pragmatismo che lo rendevano un eccezionale commissario la facevano da padrone anche negli affari di cuore: nel relazionarsi con l’altro sesso risultava sempre poco coinvolto e a fatica si lasciava andare completamente.

E del resto di donne che la pensavano come lui ce n’erano molte, tra il tribunale e gli ambienti investigativi non gli mancavano di certo le occasioni per passare una notte in compagnia. Sara non rientrava minimamente in una tale catalogazione, Riccardo ne era consapevole, aveva l’aspetto della brava ragazza di famiglia, una di quelle ragazze che ha un padre che l’attende a casa in orario e a cui deve rendere conto degli spostamenti, soprattutto notturni.

Fece tutte queste valutazioni in attesa dell’arrivo della catechista di Giorgio e quando finalmente arrivò salutò il nipote ed uscì.

 

L’indomani mattina Riccardo si recò a Roma per lavoro.

-Pronto Nadia…-

-Ciao Riccardo… come stai?-

-Bene… e tu?-

-Molto bene, sono a Roma oggi…-

-Sono anch’io a Roma… vogliamo pranzare insieme?-

-Sì, certo. Verso l’una dovrei aver finito… piuttosto perché non mi raggiungi alla sede centrale… sto facendo un book fotografico ad una modella, raggiungimi e quando ho finito andiamo insieme al ristorante… che ne pensi?-

-Sì, si può fare, sarò lì appena ho fatto, ciao…-

-Ciao mon amour, a dopo…- lo salutò lei con voce appassionata.

Si erano conosciuti ad una cena di un comune amico avvocato e si erano subito piaciuti.

Nadia era una donna molto determinata e volitiva, coetanea di Riccardo ed anche lei totalmente assorbita dalla sua carriera.

Era stata per anni modella ed ora lavorava per una agenzia di alta moda: bella e affascinante, come Riccardo rifuggiva da relazioni stabili.

Arrivò alla sede della agenzia che era quasi l’una e la raggiunse in un ampio salone vetrato all’ultimo piano dell’edificio.

Un fotografo stava realizzando gli ultimi scatti ad una ragazza afroamericana bellissima con vaporosi capelli crespi: indossava un bikini leopardato praticamente inesistente e mimava le movenze di un felino.

Riccardo la osservò per qualche istante: era particolarmente portata per quel lavoro, riusciva a venire incontro a tutte le richieste di cambio di posa e di espressione che le suggeriva il fotografo.

Nadia si girò ed appena lo vide un ampio sorriso illuminò il suo viso da modella.

-Riccardo… quanto mi sei mancato…- lo avvinghiò con le braccia attorno al collo e lo baciò appassionatamente.

-Ciao piccola… a che punto sei?- fece lui.

-Ho quasi finito… solo un attimo…- e raggiunse il fotografo che li stava osservando.

-Who is that? That amazing man?- fece il fotografo.

-He is my italian lover, he is a police commissioner…-

-He is a handsome guy… his eyes… brig him there…I want to take a photo of him-  aveva guardato Riccardo, lo aveva colpito il suo sguardo e lo aveva reputato molto fotogenico.

Fece cenno alla modella di scendere dal set e di andare a ritoccare il trucco.

-Riccardo… vorresti fare contento Brian e sederti su quello sgabello?-

-A fare cosa?-

-Vuole semplicemente fotografarti!-

-Non credo sia una buona idea, ho fame e vorrei andare a mangiare qualcosa…- rispose spazientito.

-Ci vorranno al massimo cinque minuti… fallo per me mon amour- le si era avvinghiata al braccio e dolcemente lo costringeva a raggiungere lo sgabello.

-Sono un commissario, non mi metto a fare pose inopportune…- fece Riccardo un po’ stizzito.

-Nessuna posa strana, Brian è un maestro nel fotografare il tuo lato nascosto ed intimo…-

-Non ho lati nascosti io… non c’è niente da cavare fuori, io sono fatto così, come mi vedi…- fece lapidario e serio.

-Ed è proprio quello che adoro di te…- gli disse baciandolo teneramente sulle labbra, poi si allontanò di qualche metro.

-Wonderful… relax and look at me… ok… ok… now look at Nadia… do you like Nadia?-

A quella domanda lo sguardo di Riccardo cambiò: la osservò e la sua espressione glaciale acquisì una sfumatura di profondo desiderio.   

Nadia ricambiò il suo sguardo eloquente ed il fotografo ottenne la foto che desiderava fermare nel suo obiettivo.

Riccardo si alzò, la raggiunse e la baciò con trasporto fregandosene delle proteste di Brian.

-Forse è meglio lasciar stare il ristorante… ordiniamo qualcosa in albergo…- propose lei.

-Molto meglio…-

 

-Devo rientrare in commissariato prima di sera…- le disse Riccardo facendo scorrere i messaggi sul cellulare.

-E io che speravo di averti tutto per me anche questa notte… domani mattina torno a Londra e non so quando ci rivedremo…- si lamentava Nadia.

-Quando ritorni a Roma mi fai uno squillo e corro da te, ok? Te lo prometto- la baciò sul collo prima di alzarsi per rivestirsi.

-Sto molto bene con te Riccardo… se vivessi a Roma forse ci frequenteremmo con più assiduità…-

-Nadia… siamo due persone che mettono il lavoro al primo posto… non ci illudiamo forzando le cose, ci conosciamo oramai abbastanza bene-

Riccardo non era stato infastidito dalla sua proposta ma gli sembrò di rammentarle una cosa ovvia e per la quale era inutile entrare in argomento.

-Sì… oltretutto forse l’anno prossimo mi trasferisco a New York…- ammise lei.

-E’ questo che intendevo… Che tipo di rapporto metteremmo in piedi in questo modo?-

Riccardo era sincero, realista. Questi erano per lui solo incontri occasionali, non vedeva minimamente la possibilità di andare oltre al semplice piacere fugace.

Ma era proprio quello che lui inconsciamente desiderava: niente coinvolgimenti sentimentali voleva dire niente problemi.

Mentre rientrava a Viterbo passò davanti ad una chiesa decorata da un ampio rosone vetrato e gli ritornò in mente la ragazza dell’oratorio.

Ne rimase piacevolmente sorpreso: il sorriso radioso ed il ciuffo ribelle di Sara lo accompagnarono per buona parte del viaggio.

 

Una fredda e soleggiata domenica mattina Riccardo si ritrovò ad insistere con la sorella Lisa per poter accompagnare Giorgio in oratorio.

-Questa mi è nuova… e perché lo vuoi portare tu?- chiese lei al telefono.

-Non ho impegni e volevo rendermi utile… ma se non vuoi…-

-Certo che va bene, figurati Giorgio quanto sarà felice se lo accompagni tu! Ok allora…  ti aspettiamo, a dopo-

Da quando gli era capitato di osservare Sara era maturata in lui la speranza di poterla incontrare ancora, era curioso di sapere se rivederla avrebbe sortito in lui lo stesso effetto.

Il suo desiderio venne pienamente esaudito proprio quella mattina. Un capannello di curiosi la circondava mentre era intenta negli ultimi ritocchi al suo disegno a carboncino: piccole lumeggiature di biacca facevano risaltare le parti più esposte alla fonte di luce ed i contrasti monocromi di chiaroscuro rendevano l’immagine particolarmente drammatica e coinvolgente.

Era un quadro piuttosto grande realizzato su un unico foglio di cartone brunito: il soggetto affidatole da don Alberto fu una particolare iconografia della Resurrezione, le aveva infatti minuziosamente descritto come lo voleva e quali astanti avrebbero dovuto essere raffigurati presso l’immagine centrale del Cristo risorto.

Sara decise da parte sua di utilizzare pochi colori e ne venne fuori una rappresentazione di grande pathos.

Ci aveva lavorato a lungo, prima sui bozzetti e poi per la realizzazione, utilizzando tutto il suo tempo libero e stando particolarmente attenta a non eseguirlo con il suo stile facilmente riconoscibile.

Chi lo guardava era attratto dalla composizione vorticosa e complessa dell’immagine ma allo stesso tempo rimaneva empaticamente catturato dal realismo della scena, perso nell’osservazione di tanti particolari ed incuriosito da come quella ragazza fosse riuscita a dare volume a tutto l’insieme con un semplice contrasto monocromo.

-Sara è veramente bello… brava…- le fece una catechista.

-Grazie…-

-Ci insegni come si fa?- fecero alcuni bambini.

-Certo, quando volete…-

-Sara…- Riccardo memorizzò il nome della padrona di quella ciocca ribelle.

-Tu la conosci Giorgio?- chiese al nipote.

-Sì, la vedo spesso qui in oratorio la domenica…-

Riccardo venne nuovamente sopraffatto da una insolita sensazione di disagio, sembrava che di fronte a lei, ed in modo del tutto inspiegabile, l’irrazionalità prendesse il sopravvento sul suo pragmatismo, e si sentì disorientato.

-Zio hai visto quanto è brava?- il nipote lo ridestò dai suoi pensieri e lo costrinse a spostare la sua attenzione sul suo lavoro.

-Certo… è molto brava-  

-Ciao zio, ci vediamo dopo…- Giorgio raggiunse la catechista.

-Sì, ti vengo a prendere io, ci vediamo sul sagrato…-

Sara finì i suoi ritocchi e sparì in una delle sale dell’oratorio.

Riccardo ne approfittò per scattare una foto al disegno con il cellulare.

                        

La domenica successiva a quella di Pasqua, e dopo un lungo periodo di riflessione, Sara si era infine decisa a parlare e chiedere consiglio a don Alberto, ma non lo disse a Filippo, non voleva rivederlo disperato ed abbattuto come la prima volta che gli aveva reso nota questa sua idea.

Aveva atteso la fine della messa ed era rimasta pazientemente ad aspettare fuori la sagrestia, quella mattina c’erano infatti diverse persone che avevano necessità di parlare con il parroco.

Durante quella breve attesa aveva dovuto combattere strenuamente con se stessa, con l’impulso di prendere e scappare, di lasciar perdere tutto, ma alla fine era riuscita a trovare la forza per rimanere sulla sua decisione.

Quando tutti si furono allontanati e la chiesa era pressoché deserta si fece coraggio e lo avvicinò.

-Buongiorno don Alberto… avrebbe qualche minuto da dedicarmi?-

-Certo Sara, solo un attimo che metto via questi libri e sono da te…-

Sara si torturava le mani, era tesa come una corda di violino, non aveva mai parlato delle sue visioni con persone diverse dai suoi familiari, era una cosa del tutto nuova e sconvolgente per lei, ma si fece forza.

-Eccomi, dimmi pure Sara…-

-Don Alberto, vorrei confessarmi…-

Il parroco la guardò sorpreso.

-Non potevi farlo con don Guido nel confessionale prima dell’eucarestia?-

-Ho necessità di parlare con lei… dovrei chiederle un consiglio… è una cosa delicata- aggiunse.

-Prendo la stola e ti raggiungo nella panca laggiù allora- si affrettò a dirle.

-In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti, amen… ti ascolto Sara…- Don Alberto si era seduto accanto a lei e si era posizionato in ascolto abbassando la testa e porgendole l’orecchio.

-Don Alberto… non è facile da spiegare…- Sara sembrava non riuscire a trovare le parole adatte per cominciare.

-Non so se lei crederà a quello che sto per dirle ma… io ho un dono… da quando ero piccola assisto tramite delle visioni a degli omicidi…- le parole le uscirono dalla bocca in un sussurro.

-Cosa vuoi dire Sara?- il sacerdote era sgomento, la guardò negli occhi, pensava di aver capito male le sue parole.

-Non so come sia possibile ma percepisco l’adrenalina di chi sta per morire e vedo attraverso gli occhi delle vittime poco prima che muoiano di morte violenta…- Sara glielo disse tutto d’un fiato, la bocca le tremava un poco.

-Non so come tutto questo sia possibile… non so cosa dirti Sara-

-Lo so, lo vedo dai suoi occhi che sta valutando se sia pazza o meno… spero che avendomi conosciuta meglio nelle ultime settimane comprenda che sono una ragazza perfettamente normale dopotutto…- Sara valutò in quel momento di aver fatto forse una pazzia.

Era pur sempre un uomo di chiesa, sicuramente aperto al soprannaturale, i miracoli del resto sono qualcosa che esula il mondo reale, ma forse la questione dell’omicidio poteva essere un limite invalicabile anche per un sacerdote moderno e aperto di vedute come lui.

-Quindi non sei qui per confessare i tuoi peccati Sara… sei qui per rendermi nota questa tua… capacità allora-

-Non solo… sono in difficoltà, non so come devo comportarmi. Ho assistito in una visione alla morte di Carola Rocci, saprei riconoscere il suo assassino se solo lo incontrassi… ho fatto il suo ritratto… ma ho molta paura…-

-Cosa vuoi dire? Sai che quella donna è morta?- fece lui sconcertato.

-Sì… so che non tornerà mai più dai suoi figli, la stanno cercando inutilmente…-

-Sai anche dove sarebbe ora il suo corpo?- le chiese sgomento.

-No, so solo che è morta e… vedere i suoi figli mi provoca un senso di colpa che non riesco più a sostenere… è un problema di coscienza, il saperlo mi mette nella condizione di dover fare qualcosa, mi sento profondamente responsabile di quello che sta succedendo perché non sto facendo nulla per far scoprire una verità che io sola conosco bene. Mi sento una vigliacca, una meschina… e io non sono così, sono stanca don Alberto, stanca di sentire una colpa che non è mia… Ho sempre nascosto questa… capacità, come l’ha chiamata lei, e parlarne apertamente mi potrebbe mettere in pericolo… non so se può capirmi…- Sara si tormentava le mani, aveva gli occhi lucidi e si sentiva in difficoltà. Valutò che forse aveva sbagliato ad andare da lui ma ormai era troppo tardi.

Il sacerdote era rimasto ammutolito, aveva lo sguardo perso nel vuoto, nella sua mente stava cercando di dare un senso a quello che aveva appena ascoltato.

-Ti sei voluta confessare affinché non ne parlassi con nessuno?-

-Sì… ma anche perché ho bisogno del suo aiuto… lei… lei mi potrebbe aiutare a far avere il ritratto alla polizia? Credo che più passi il tempo e più sarà difficile ritrovare il suo corpo…-

-Non lo hai mai fatto prima?- chiese lui.

-No, è la prima volta… non mi fido di nessuno, ma di lei sì…- ammise guardandolo negli occhi.

-Sono come stordito, spero comprenderai il mio sgomento… il suo ritratto lo hai qui con te?-

-Sì… eccolo…- Sara aprì il foglio piegato in quattro che teneva nella tasca del cappotto.

La visione di quell’uomo arrabbiato mise agitazione in corpo anche a don Alberto, il disegno era inquietante.

-Questo è l’assassino secondo te?-

-Sì, ne sono sicura…- fece lei seria.

-Dobbiamo pensare cosa fare… se vuoi che ti aiuti dobbiamo capire come farlo avere alla polizia sviando da te qualsiasi sospetto, è questo quello che mi chiedi di fare, vero?-

-Sì don Alberto, voglio aiutare a trovarlo ma non voglio far sapere chi sono…-

-Penserò a qualcosa… domani, appena puoi, ritorna…-

-Lei mi crede? Non pensa che io sia pazza?- gli chiese Sara meravigliata.

-Vedo nei tuoi occhi sincerità Sara e spero in fondo al mio cuore che tu possa, in un modo o nell’altro, portare conforto a quella famiglia rosa dal dubbio di che fine abbia fatto la madre… la giustizia chiama prepotente… Ego te absolvo, in nomine…-

Sara uscì dalla chiesa frastornata da sentimenti indecifrabili.

Le sembrava quasi di aver sognato il dialogo che aveva appena scambiato con don Alberto.

Aveva fatto bene a coinvolgere un sacerdote?

Presto lo avrebbe saputo.

 

Rientrò a casa e raggiunse il fratello nella sua camera.

-Filippo… ho parlato adesso con don Alberto…- doveva dirlo a qualcuno o sarebbe esplosa.

-Cosa vuol dire “parlato”?- la guardò con occhi sorpresi.

-Vuol dire che ho fatto quello che il mio cuore  e la mia coscienza mi hanno suggerito di fare… di dirglielo per avere un consiglio da lui…- ammise trepidante ma sicura di sé guardandolo dritto negli occhi.

Il fratello ammutolì.

-Non sopporto più questa situazione di stasi, di impotenza e di senso di colpa per qualcosa di cui non sono responsabile… spero che tu lo capisca Fili… ho bisogno del tuo sostegno, anche se non sei d’accordo con me…- Sara stava cedendo allo sconforto.

Filippo le si avvicinò e la strinse forte a sé.

-Non ti preoccupare Sara… forse hai fatto veramente la cosa giusta. Mi sento spaventato ma… sento che potrebbe essere un modo per dare un senso a tutto quello che patisci con le tue visioni…-

-Non sei arrabbiato con me allora?- gli chiese preoccupata.

-Non potrei mai esserlo… ti voglio troppo bene… Ti ho vista molto taciturna e pensosa ultimamente… un po’ avevo mangiato la foglia… mi aspettavo qualche tua importante decisione, ma di qui a farlo…- ammise lui.

-Non sai quanto ne sia felice… domani rivedrò don Alberto,  vuole tempo per pensare a come mantenere il mio anonimato… non mi sarei mai aspettata che mi credesse…-

-Ti avrà conosciuta meglio in queste ultime settimane… avrà capito che non sei una persona disturbata, che soffre di chissà quali patologie… avrà capito che sei un angelo caduto in terra e che stai cercando di aiutare come puoi quella famiglia nella ricerca della verità…-  mentre parlava Filippo le sistemò affettuosamente la ciocca ribelle dietro l’orecchio.

Sara lo guardò commossa, le sue parole l’avevano rincuorata.

-Ragazzi… è pronto in tavola… smettetela di parlottare e venite a mangiare… la lasagna al pesto si fredda!- disse dalla cucina il padre indaffarato.

 

Il giorno seguente nel tardo pomeriggio Sara raggiunse la sagrestia e vi trovò Don Alberto che parlava con un diacono.

-Buonasera…- disse timorosa.

Cercò dall’espressione del sacerdote di capire quali suggestioni si agitassero nel suo cuore, invece, con sua grande sorpresa, non gli parve per nulla alterato, era del tutto disinvolto quando la rivide.

-Ciao Sara, tra poco sono da te… aspettami qui fuori per favore- fece lui.

Dopo qualche minuto il diacono uscì e don Alberto la raggiunse.

-Eccomi…- si sedette accanto a lei.

-Come ti senti oggi?-

-Frastornata e con il cuore agitato…-

-E perché? Stai facendo la cosa giusta, il tuo senso di colpa era la spinta per farti fare quello che è corretto fare… e io ti aiuterò-

-Grazie… non può immaginare quanto ne sia felice…- Sara si sentì un po’ sollevata.

-Ho valutato come fare… nel modo più semplice che ci sia… Prepara una busta con una fotocopia, ma dovrai scriverci sopra ovviamente di chi è il ritratto, il riferimento all’assassinio insomma, poi fammela trovare dentro il libro dei canti domenica prossima su questa panca dove siamo seduti ora. La troverò, la aprirò e chiamerò la polizia: il resto verrà da sé. Sei d’accordo Sara? Può andare bene così per te?-

-Penso di sì… troverà la busta qui domenica prossima… grazie don Alberto…- fece lei soddisfatta.

-Le vie del Signore sono infinite Sara, Egli manifesta la Sua volontà in modi diversi. Spero veramente di cuore che tu sia in grado di far ritrovare quella donna- le disse il sacerdote.

-Lo spero anch’io… tanto-

 

Rientrando a casa per cenare Riccardo ritrovò Nadia sul pianerottolo che teneva a fatica una sua gigantografia con tanto di fiocco.

-A cosa devo questa splendida sorpresa?- chiese lui divertito aiutandola.

-Ciao mon amour, ero a Roma e ho fatto un salto per portanti questa… con tanti saluti di Brian…- sorrise lei.

-Grazie… ma sembrerò un megalomane con questa mia immagine appesa in casa…- rise lui aprendo il portone.

Entrarono, Nadia adocchiò subito il mobile su cui sistemarla e l’appoggiò con cura.

-Qui starà benissimo…- la guardò compiaciuta ed emise un profondo sospiro quando si girò per guardare Riccardo.

Lo osservò accuratamente facendo scorrere lo sguardo su di lui come se volesse memorizzarlo.

-Non sono qui solo per questa foto ma anche per dirti che mi sposo… -

-Ti sposi?- fece lui sorpreso.

-Sì… questa estate… sei dispiaciuto?- sondò lei.

-Beh… che dire… dispiaciuto no ma sorpreso sì… non mi avevi mai detto che stavi vivendo una storia così seria… l’ultima volta che siamo stati insieme mi hai addirittura parlato di un tuo possibile trasferimento a Roma per starmi più vicino! Spero comprenderai il mio disappunto...-

-Mi dispiace non avertene parlato prima, ma anche tu frequenti altre persone…-

-Sì, questo è vero... va tutto bene Nadia, anzi ti faccio i mie migliori auguri. E’ una brava persona?-

-Sì, è di New York, lavora nel mio stesso ambiente e ci frequentiamo da circa tre mesi…-

-Mi sembra un po’ poco per un progetto di vita insieme…- le disse dubbioso appoggiandosi allo schienale del divano.

-Forse, o forse no…-

-Ne sei sicura?-

-Mi riempie di attenzioni, mi dà sicurezza… ma non mi accende di passione come te…- si avvicinò a lui e si sistemò tra le sue gambe, poi prese il suo viso tra le mani e lo guardò con occhi colmi di desiderio.

-Mi faresti un ultimo regalo di addio mon amour?- lo baciò insinuandogli la lingua in bocca.

-Tutto quello che vuoi piccola…- le rispose facendo scivolare le mani dalle cosce verso i glutei.

 

Fu la settimana più trepidante di tutta la sua esistenza.

Spedire la busta per posta sarebbe stato pericoloso, una zona pubblica poteva essere sottoposta al controllo di telecamere e avrebbe comunque permesso di individuare un’area di spedizione, quindi l’idea di lasciarla in un luogo privo di controlli e affollato come la messa domenicale le sembrò la soluzione più sicura.

Organizzò tutto nei minimi dettagli utilizzando guanti in lattice per non lasciare impronte.

Nell’edicola di Piazza Crispi aveva comprato un quotidiano da cui prese ed incollò le lettere per comporre poche ma essenziali parole: ASSASSINO DI CAROLA ROCCI.

Insieme, scritta e ritratto di quell’uomo, le sembrarono una delle cose più inquietanti che avesse mai visto in vita sua.

Dopo un profondo respiro ripiegò il foglio in quattro, estrasse una busta da una confezione sigillata e vi infilò il disegno sforzandosi di fare tutto con calma affinché l’agitazione non prendesse il sopravvento e le facesse compiere qualche errore.

Quando la busta fu pronta ripiegò la linguetta internamente senza incollarla e la posò sulla scrivania.

Rimase a fissarla come si farebbe con una mina inesplosa: ne era impaurita, spaventata, ma oramai tutto era predisposto e non rimaneva che attendere la domenica successiva.

   
 
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