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Autore: Harriet    07/02/2020    1 recensioni
Mirio e Tamaki sono sempre stati insieme e contano di proseguire su questa strada anche nel futuro. La semplice realizzazione di questa cosa provoca reazioni diverse e inaspettate in varie persone...
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Mirio Togata, Tamaki Amajiki
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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- Scritta per il mitico COW-T di Landedifandom. Missione 1 “Prepararsi al viaggio”. Prompt: “Sometimes good things fall apart so better things can fall together. Every story has an end, but in life every end is just a new beginning.” (Anonimo)
 
- Tutto parte da un’interpretazione di Lillabulleryu sul padre di Mirio come un pelino iperprotettivo. Non era un’interpretazione seria, ma io l’ho presa sul serio. Ci ho provato. Spero che abbia un qualche senso, ecco. Buona lettura! (Spoiler per i volumi 16-17 e per la prima parte della IV stagione.)
 
- Non so come funzioni il lavaggio dei costumi degli hero, ciò che viene detto in questa storia è frutto di elucubrazioni personali.
 
- Dedicata al mio amabile gruppetto di amici che apprezza questo fandom e si diletta in scambi artistici.
 
 
 
Pericoloso
 
           
            La storia di Mirio e Tamaki si svolgeva sempre dietro porte chiuse, negli angoli riparati, in posti sicuri e confortevoli lontani dalla vista degli altri. Non perché uno dei due se ne vergognasse o avesse necessità di tenerla segreta. Ma era sempre stato così. Mirio lo avrebbe sbandierato al mondo con la naturalezza con cui parlava di tutto il resto, ma la timidezza di Tamaki e il panico sempre in agguato avevano reso necessario proteggere quell’aspetto della loro vita. E Mirio si era adattato e aveva accettato le modalità silenziose preferite dall’altro.
            La loro amicizia di lunga data era evoluta durante il primo anno alla UA e il loro legame era andato rafforzandosi, diventando qualcosa che tutti e due percepivano come naturale, come inevitabile e imprescindibile. In ogni loro sogno, in ogni fantasia del loro futuro lavorativo, tutto partiva dal fatto di essere insieme. Avevano immaginato la loro vita da hero professionisti, basando ogni progetto sul fatto che sarebbero stati insieme.
            Poi la realtà aveva interrotto bruscamente la strada di Mirio. Ma non per questo avevano smesso di sognare. Magari adesso i sogni erano un po’ diversi, sì: se Tamaki dava per scontato che i poteri di Mirio sarebbero tornati, prima o poi, Mirio ci andava cauto, quando si trattava di fantasticare. Però non contraddiceva mai Tamaki. Gli sarebbe sembrato crudele, spezzare la speranza dell’altro.
            Per quanto riguardava la sua, di speranza, quella era un’altra cosa. Aveva promesso di sorridere sempre e di affrontare il futuro con entusiasmo e fiducia, e lo avrebbe fatto. E se c’era un retrogusto amaro, in quel sorriso, si sforzava di farlo sparire e di andare avanti.
            Di tutto ciò che era cambiato all’improvviso nella sua vita, perlomeno una cosa era rimasta costante. E forse, in fondo, Mirio ci si attaccava, a quella certezza, per poter tenere vivo il sorriso.
            Fu per quel motivo che si lasciò sfuggire una battuta che avrebbe scatenato un uragano.
 
            Lo disse senza pensarci troppo. Gli sembrò naturale come tutto il resto. Faceva sempre parte di quel loro dare per scontato il futuro. Non era niente di che.
            «Per fortuna che ci pensa la scuola, a far lavare i costumi, e poi ci penserà l’agenzia» commentò, mentre accompagnava Tamaki a recuperare il suo. «Ho sempre pensato che sarà proprio una cosa carina, però, fare la brava massaia e andare in lavanderia a prendere il tuo costume pulito, quando abiteremo insieme.»
            Gelo. Panico. Tamaki che lo guardava come se avesse visto il più terrificante dei villain. La valigetta con il costume che impattava contro il pavimento.
            «Tutto bene, Tamaki?»
            L’altro era andato in tilt, così Mirio dovette riavvolgere le proprie parole per capire cos’avesse detto di sbagliato.
            «Oh. Sì, lo so che non ne abbiamo mai parlato direttamente, ma pensavo che fosse logico, che vivremo insieme, una volta finita la scuola. Se anche tu sei d’accordo.»
            Dall’altra parte solo silenzio. Mirio si chinò a raccogliere la valigetta e gliela porse.
            «Perdonami. Forse non avrei dovuto dirlo. Non volevo essere frettoloso o…»
            «No, no, è che…» Tamaki si guardò attorno, probabilmente alla ricerca di un muro verso il quale girare la faccia, come spesso faceva, alla ricerca di conforto. Allora Mirio cercò di esserlo lui, quel conforto, e gli sorrise, rimanendo in silenzio, per lasciargli spazio. «Certo che anch’io sono d’accordo…» riuscì finalmente a borbottare l’altro, guardandosi la punta delle scarpe. «Non vorrei andare da nessun’altra parte.»
            «Bene! Allora ti prometto che sarò una bravissima massaia e andrò in lavanderia a prendere il tuo costume.»
            «Ma non dire sciocchezze!»
            C’era sempre timidezza, nella voce dell’altro, ma era più rilassato. Era quella goccia di sempiterno imbarazzo che conviveva con tutte le altre emozioni di Tamaki, e Mirio sapeva riconoscerlo. Così riprese a camminare e a dire sciocchezze, sicuro che l’altro fosse tranquillo.
            «Stai mettendo in dubbio il fatto che sarei un’ottima donna di casa?»
            «Non è quello! È che saremo tutti e due impegnati con la nostra carriera di hero, quindi faremo dei turni per pulire la casa e preparare la cena.»
            «Certo» lo rassicurò Mirio, ignorando la puntura del dubbio e imponendosi quel sorriso che aveva promesso a tutti. «Faremo dei turni. Ma io sarò comunque bravissimo a fare le pulizie.»
 
            E invece no. Quell’apertura al futuro, quell’aver detto chiaramente ciò che tutti e due sapevano ma non avevano mai espresso, ovvero il volersi l’uno nella vita dell’altro, probabilmente aveva smosso qualcosa in Tamaki. O almeno, quella era l’idea di Mirio, che non si spiegava altrimenti certi comportamenti dell’altro. Per esempio, un giorno, mentre erano completamente da soli in una stradina deserta, gli aveva preso la mano. Un miracolo. E un’altra volta gli si era seduto molto vicino sul treno. Mai successo prima. Quando poi gli aveva concesso un bacino su una guancia alla presenza di Nejire, ecco, lì Mirio si era quasi preoccupato.
            Era bello, scoprire quel piccolissimo guizzo di coraggio in Tamaki. Era anche divertente, e tenero e nuovo. In quel momento della sua vita, Mirio aveva bisogno di cose nuove che gli illuminassero un po’ il futuro, perché la sensazione che la sua vita passata fosse ormai finita e non ci fossero speranze di recuperarla non lo lasciava in pace. La storia dell’hero Lemillion era terminata quasi prima di essere cominciata. Io sono anche altro, non sono solo lui, si diceva, ma nessuno era mai riuscito ad accettare un cambiamento solo con le parole. Ci doveva essere un modo per ambientarsi nel suo nuovo futuro, senza vivere sospeso sull’illusione che i poteri di Eri un giorno lo avrebbero fatto tornare come un tempo.
            In mezzo a quella sensazione di fine, la prospettiva di un nuovo inizio con Tamaki era qualcosa di cui fare tesoro.
 
            Eppure la nuova baldanza di Tamaki avrebbe presto portato a qualcosa di inatteso.
 
            «Potremmo andare da qualche parte, magari?»
            Era sempre Mirio, a proporre di fare qualcosa di carino insieme. Che la richiesta venisse da Tamaki era un altro dei miracoli di quegli ultimi tempi. Erano a casa per festeggiare con le proprie famiglie la fine dell’anno, ma ovviamente volevano passare insieme più tempo possibile. Così avevano scelto insieme il ristorante. Era vicino a casa di Mirio, quindi Tamaki passò a suonargli il campanello.
            «Dove andate, di bello?» chiese il padre di Mirio, intercettando il figlio sul punto di uscire.
            «Ceniamo fuori» rispose lui.
            «Bene. State molto attenti, mi raccomando. E non fate tardi.»
            «Tuo padre è sempre così premuroso» commentò Tamaki, quando furono per la strada.
            «Si preoccupa anche troppo. Per lui, il mondo è un posto terribilmente pericoloso. Per le persone cresciute con il nostro potere, in effetti è così, quindi lo capisco. Ora poi che mi è successo quel che mi è successo, le sue paure si sono moltiplicate.
            «Mi dispiace che non riesca a tranquillizzarsi, anche se credo sia normale. Quello che ti è successo è stato spaventoso anche per tutti noi.»
            «Sì, ma io sto bene. Prima o poi dovrà mettersi l’anima in pace.»
            Il ristorante li accolse, piccolo e luminoso. Mirio mise da parte le preoccupazioni riguardo il padre e si godette la cena. Non fecero tardi, anche se quando arrivarono alla porta della sua casa, Mirio avrebbe voluto prolungare la serata all’infinito.
            «Devo andare» ripeté per la sesta volta Tamaki. Questa volta però pareva davvero intenzionato a farlo. Gli posò le mani sul viso, si alzò in punta di piedi e lo baciò. Mirio lo strinse e rubò qualche secondo in più al bacio, poi, a malincuore, lo lasciò andare, rimanendo sulla soglia a guardarlo finché fu sparito alla sua vista.
            Rientrò in casa leggero e senza pensieri e si ritrovò davanti suo padre.
            «Tutto bene?»
            «Mirio, dobbiamo parlare.»
            «Certo. Che succede?»
            Suo padre prese a camminare rapidamente su e giù per la stanza.
            «Vi ho visti, dalla finestra.»
            «Oh. Mi dispiace non avertelo potuto dire io stesso. Comunque, ne avremmo parlato tra non molto alle nostre famiglie.»
            «Mirio, no.»
            «No… In che senso?»
            Suo padre scosse la testa. Non sembrava arrabbiato. Sembrava preoccupato come al solito. Anzi, no: molto più del solito. Ma cosa c’era, che non andava? Era una reazione assurda! Forse Mirio aveva capito male. Ma lo sguardo cupo di suo padre parlava più chiaro delle sue parole. E allora? Escludendo assolutamente che potesse avere qualcosa in contrario a quel tipo di relazioni, visto che erano decenni e decenni che ormai nessuno ci faceva più alcun caso, qual era il problema? Conosceva Tamaki da una vita e ci era affezionato. Ne parlava bene, lo stimava e sosteneva che sarebbe diventato un grande hero. Perché Tamaki era degno di ammirazione ma non andava bene come compagno per suo figlio?
            «Tamaki diventerà presto uno degli hero più importanti del Giappone.»
            «Beh, certo!»
            «Non puoi stare con una persona del genere.»
            «Cosa…»
            «Non puoi!»
            «Ma perché?» La voce gli uscì un po’ più energica di quel che avrebbe voluto.
            «Perché tu sei senza poteri e non potrai più perseguire i tuoi progetti, ma stando accanto a lui ti verrà voglia di aiutarlo. E finirai per fare qualche sciocchezza!»
            «Cosa? No, non è vero. Anche se i miei poteri fossero perduti per sempre, io starò accanto a Tamaki in maniera intelligente e non mi metterò nei guai come uno sciocco. So quali sono i miei limiti. E poi lui non mi permetterebbe mai di combinare sciocchezze!»
            «Io ti conosco, Mirio. Tu sei un eroe nell’animo. Sei la persona più eroica che abbia mai conosciuto. Io lo so, come sei fatto e di cosa sei capace. Tamaki è troppo pericoloso, per te!»
            Mirio non riusciva a credere a quello che sentiva e le parole gli turbinavano in testa così rapidamente da impedirgli di mettere insieme una risposta convincente.
            «Ma quando… Quando pensavi che fossimo solo amici fraterni, andava tutto bene. Pensi che sia così diverso, stare insieme?»
            «Ero molto in ansia anche prima: so quanto vi siete sempre voluti bene. Vi ho visti crescere insieme. Io e tua madre lo abbiamo sempre considerato un membro della famiglia. E quando le cose sono cambiate, per te, ho iniziato a pensare che la vostra amicizia potesse essere rischiosa. Ma addirittura questo! Immaginarvi che vivete insieme, che trascorrete tutto il vostro tempo insieme… Questa cosa non può finire bene!»
            «E che cosa pensi di fare?»
            «Non c’è niente che posso fare, se ormai avete deciso. Ma sappi che parlerò con Tamaki e lo inviterò a considerare quanto tutto questo sia pericoloso per te.»
            Mirio non rispose. In effetti quella era la strategia migliore. Tamaki sarebbe andato nel panico. Si sarebbe incolpato di non averci pensato prima. Avrebbe passato in rassegna ogni possibilità drammatica. C’erano ottime probabilità che suo padre riuscisse a convincerlo.
            «Ti prego, non lo fare.»
            Suo padre sospirò e scosse la testa. Sembrò voler dire qualcos’altro, ma poi ci rinunciò e lo lasciò da solo.
            Mirio si rifugiò in camera sua, cercando di affrontare la cosa come faceva sempre con tutto il resto: si disse che dormendoci su, il giorno dopo tutto gli sarebbe sembrato meno assurdo e irrisolvibile, e che con un po’ di calma sarebbe riuscito a trovare le parole magiche che avrebbero tranquillizzato suo padre. Ma il sonno non arrivava e la prospettiva della paura e del senso di colpa che contagiavano Tamaki si faceva sempre più reale.
 
            Si era addormentato quasi all’alba, quindi non sentì la sveglia e dormì fino a mattinata inoltrata. Si alzò di scatto sul letto, intravedendo un pallido sole che si faceva strada oltre la finestra chiusa. Era l’ultimo giorno dell’anno. E forse l’ultimo giorno di qualcos’altro, se non si sbrigava a parlare con Tamaki prima che lo facesse suo padre. Balzò giù dal letto così rapidamente da inciampare nelle lenzuola aggrovigliate e ritrovarsi a terra sul tappeto. Ecco, era in momenti come quello che sentiva la mancanza della praticità del suo potere. Cercò il telefono e vide che c’erano dei messaggi di Tamaki, risalenti a tre ore prima.
 
            Tuo padre mi ha chiesto di vederlo. Hai idea del perché?
 
            Ehi, tutto bene?
 
            Non farmi preoccupare.
 
            Ma che succede?
 
            Mi chiami appena puoi, per favore?
 
            Chiamò immediatamente, ma il cellulare di Tamaki squillava a vuoto. Dopo la settima chiamata inutile, lanciò il telefono sul letto e si preparò in fretta, cacciandosi addosso quel che trovava, e poi saettò fuori dalla sua camera. Se suo padre era già uscito di casa…
            Poi sentì le voci provenienti dal salotto. Padre, madre e… Tamaki. Ebbe l’impulso di correre e affrontare la situazione direttamente, ma all’ultimo secondo si fermò, appostandosi dietro la porta, e si mise ad ascoltare che razza di conversazione stesse avendo luogo lì dentro.
            «… e voi dovete capire che le cose ora sono profondamente diverse.» Quella era la voce di suoi padre, sempre quieta, mai arrabbiata o scortese, eppure così densa di angoscia ingiustificata da diventare inflessibile e a tratti gelida. «Mirio ha vissuto un’esperienza traumatica e ora sta rivalutando tutta la sua vita.»
            «Lo so» rispose Tamaki. «Ero lì anch’io. Credetemi, non sottovaluto certo quello che gli è successo.»            Mirio ebbe un attimo di smarrimento, subito seguito da un piacevole brivido di interesse: cos’era successo a Tamaki? Aveva una voce insolitamente forte e coraggiosa, e parlava spedito e sicuro. «La sicurezza e la felicità di Mirio saranno sempre le mie priorità. So benissimo che deve riprendersi da tutto quello che è accaduto, e che il futuro potrebbe essere diverso da come ce lo eravamo immaginato, ma qualunque cosa succeda, io farò del mio meglio per tenerlo al sicuro.»
            Silenzio. Quel discorso era riuscito a togliere le parole persino a suo padre. Mirio si mosse e inavvertitamente urtò una sedia alla sua destra. Due secondi dopo si trovò davanti la faccia di suo padre che spuntava dal muro.
            «Stavi ascoltando, Mirio?»
            «Wah! Mi hai fatto paura!»
            «Credo che tu debba entrare.»
            Mirio fece il suo ingresso nella stanza: c’era sua madre con un’aria abbastanza tranquilla, Tamaki rosso fino all’impossibile con una tazza di tè in mano e suo padre sicuramente più tranquillo rispetto alla sera precedente.
            «Mi devo scusare per il nostro scontro di ieri sera» gli disse suo padre. «Penso di essere stato frettoloso. Ma ho parlato in quel modo solo per il desiderio di proteggerti. Ho voluto vedere immediatamente Tamaki, pensando che lo avrei persuaso, ma è lui che ha fatto cambiare idea a me.»
            Mirio guardò Tamaki con ammirazione e lui cercò le mani per nasconderci la faccia, ma aveva la tazza di tè fumante e non aveva scampo.
            «Io…» iniziò, titubante. «Non volevo essere… Insomma, spero di non essere stato scortese, ma quello che avevo da dire era molto importante.»
            «Non sei stato scortese» rispose suo padre. «Ti sei dimostrato molto maturo. Mi hai fatto ricordare la fiducia che dovrei avere in mio figlio e nelle sue scelte.»
            «Sulle mie scelta di vita puoi avere dei dubbi, e io ascolterò sempre i tuoi consigli» disse Mirio. «Sulla scelta del mio compagno di vita, ti prego di credermi: non avrei potuto fare meglio di così.»
            «Siete sempre stati così carini» commentò sua madre, con un sospiro. «Quando tuo padre mi ha svegliata, ieri notte, cadendo dalle nuvole riguardo a voi due, mi sono messa a ridere. Io ho cercato di dirgli di non esagerare, ma lui ha voluto vedere Tamaki a tutti i costi.»
            Suo padre gli si avvicinò e gli posò le mani sulle spalle.
            «Avrete sicuramente un bellissimo futuro, qualunque esso sia.» Si fermò e Mirio realizzò che era emozionato. Non trovò molto da dirgli. Si sentiva in preda a un nodo di sentimenti: nel giro di mezza giornata era piombato nel caos, poi era stato travolto dallo stupore e ora veniva raggiunto da una felicità così acuta da sovrastare, almeno per un attimo, tutte le sofferenze degli ultimi mesi.
            «Perché non rimani a pranzo, Tamaki?» chiese sua madre.
            «Io… Sarebbe… Cioè…»
            «Va bene, è deciso. Fuori di casa, Mirio: io farò un pranzo indimenticabile e tuo padre mi aiuterà. Tornate tra un paio d’ore.»
            «Potremmo fare un salto dal professor Aizawa per vedere come sta Eri» propose Tamaki.
            «Sì, mi sembra un’ottima idea!»
            «Vedi: sono già bravi anche come genitori» disse sua madre. «Vi aspetto più tardi. Mirio, tu però vai cambiarti: ti spunta il pigiama da sotto quel maglione e hai due scarpe diverse.»
            Poco dopo uscirono, e Tamaki gli diede la mano anche se la strada era ampia e c’era un po’ di gente in giro.
            «Sei stato incredibile, con i miei!»
            «È solo merito tuo. Da quando mi hai parlato seriamente dell’idea di vivere insieme, so che voglio impegnarmi anche per questo. Non voglio nessun futuro, se non ci sei tu.»
            «Magari tutto quello che mi è successo porterà qualcosa di buono. Chi lo sa. Di sicuro avrò imparato qualcosa.»
            «Non sarà per sempre» gli rispose Tamaki, con la sua solita sicurezza.
            «In ogni caso, credo che l’anno nuovo porterà cose buone.»
            «Ci impegneremo per farle succedere.»
            Come sempre, era Tamaki quello con più determinazione. Mirio pensò che avrebbe anche potuto sfogarsi con lui e finalmente smettere di nascondere tutti i pensieri più tetri.
            Più avanti, però. Ora voleva solo consumare fino in fondo quell’ondata di felicità che lo aveva riempito.
   
 
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