La
Città dell’Immaginazione si affaccia su una
piccola baia: una
spiaggia di sabbia finissima accarezzata dal vento che profuma di
libertà e felicità. Si può scorgere
fin dalla via principale della
città come una chiarore lontano all’orizzonte. Non
molti ci vanno,
è un luogo di poesia e riflessione, di bellezza e
solitudine. Eppure
è il luogo più spettacolare del paese.
Le onde del mare
sussurrano brividi e desideri, mentre i rossi raggi del sole quando
sorge o tramonta scaldano il cuore di passione, in un connubio di
serenità e stupore. Nonostante ciò non
è molto conosciuta nemmeno
tra gli stessi cittadini; in pochi si arrischiano ad ascoltare le
emozioni che ogni giorno si addensano lì da tutti i vicoli e
abitazioni, impetuose e numerose come i granelli caldi e dorati
baciati dalla sensualità delle onde.
Io ci arrivai per caso
una mattina d’estate: esiliato da tanto tempo, non ci ero
nemmeno
mai stato. Nuotavo libero nel mare quando superata una barriera di
scogli non trovai la solita spiaggia come mi aspettavo, ma le acque
calme della baia.
Stupefatto e stanco giunsi fino a riva e lì
mi sedetti, attendendo di essere asciugato dal sole brillante e alto
nel cielo. Riconobbi subito la città alle mie spalle e fui
felice di
esserci tornato in qualche modo. Ancora una volta ero a casa. Mi
sentivo onorato e in qualche modo ben accetto: questa volta non ero
lì di nascosto, o almeno così speravo. Ma non
provai ad entrare e
rimasi lì, contemplando il panorama che avevo di fronte: il
cielo
terso e azzurro solcato da un bianco gabbiano, le alte scogliere
rocciose che proteggevano quella mezzaluna paradisiaca. Tutto sapeva
di tranquillità, il tempo fermo, scandito dalle onde,
incantato
anch’esso. Camminai lungo la riva osservando
l’acqua turchese e,
più vedevo e scoprivo, più il paesaggio sembrava
arricchirsi e
farsi ampio, come ad assecondare un’inespressa sete di
meraviglia.
Il rumore della risacca mi cullava mentre il sole compiva il
suo corso quando all’improvviso voltandomi vidi una vecchina
seduta
sulla sabbia che scrutava fissa davanti a sé, i lunghi
capelli
argentei mossi dal vento. Aveva il sapore di un dejà-vu, ma
non
avrei potuto dirlo con certezza. Mi avvicinai e mi misi accanto a
lei. Era come se fosse lì di proposito ad aspettarmi,
concentrando
su di sé il significato di quella mia visita.
Si voltò verso
di me e mi guardò, ed io la fissai, improvvisamente curioso
di
sapere quello che aveva da dirmi. Lentamente cominciò a
sussurrare
una storia, oltre a noi due condivisa solo dal vento e dal mare, un
racconto che ascoltai attentamente ma con rispetto, cosciente che era
un tesoro che mi sarei portato dentro, un altro pezzo di quella terra
che avevo avuto l’onore di conoscere, nonostante tutto.
Con
le parole scorrevano i flutti e il tempo, inarrestabile come sabbia
che scivola tra le dita, finché il racconto
cominciò a volgere al
termine.
Il cielo ora era tinto di porpora, oro e sangue, il
sole ormai prossimo a morire, irresistibilmente attratto dalla
sinuosità e dalla freschezza misteriosa del mare: si
ripeteva così
ogni giorno, quest’immagine di amore e morte che feriva
violentemente il cuore, facendone sgorgare pace mista
inspiegabilmente ad una dolorosa nostalgia. La vecchia finì
e volse
nuovamente lo sguardo avanti, parte di quel mondo.
Seppi che
era tardi, non sarei potuto restare oltre, non ne avevo il diritto;
senza dire una parola mi alzai e misi in acqua un piede dopo
l’altro,
fino ad immergermi del tutto e nuotare verso dov’ero venuto,
senza
voltarmi indietro, fino a diventare un punto distante, fino ad
oltrepassare la scogliera e sparire, ristabilendo
l’equilibrio
rotto dalla mia intrusione.
Non vidi il calare della notte su
quella splendida spiaggia, dove la luna con la sua luce candida
addormenta le calde passioni sulla sabbia d’argento, dove gli
abissi del mare si risvegliano raccogliendo pazientemente i sogni
più
oscuri dei cittadini, che scorrono e si agitano profondi nelle
correnti. Dove, dinanzi alla solennità dei flutti,
verità ed
intimità, protette tra le braccia della scogliera, si
mescolano nel
forte profumo dell’aria in modo violento e cristallino, in
una
visione folle che sopravvivrà fino all’alba.
Visione che
allora, col primo raggio del nuovo giorno, si tingerà di
saggezza.