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Autore: Yuki Delleran    07/02/2020    2 recensioni
Keith è il principe di Marmora, ha perso la sua famiglia, la sua casa e la sua patria in un modo inaspettato, violento e tragico.
Lance è un cecchino della resistenza, non ha mai avuto davvero una patria e ha rinuciato alla sua famiglia per scelta obbligata.
La Resistenza è in lotta con l'Impero da secoli per liberare l'universo dal giogo dell'oppressione e la profezia che designa colei che metterà fine al dominio galra è l'unica luce a illuminare un cammino oscuro.
Ma non tutto ciò che è stato rivelato dalle stelle è eterno e immutabile. A volte può essere riscritto.
Genere: Drammatico, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Kogane Keith, McClain Lance
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 10

 

« Quindi, se ho capito bene, saresti il cugino perduto di Allura? »
Keith a malapena diede segno di aver sentito, impegnato com’era a sferrare un fendente micidiale che abbattè l’androide da combattimento con cui si stava allenando. Quando si schiantò a terra, il principe si piegò sulle ginocchia, respirando affannosamente.
« Non dovresti stancarti così tanto, siamo appena tornati da una missione pericolosa, faresti meglio a riposare. » disse ancora Lance, dall’angolo della sala dove era seduto.
« Non posso riposarmi, ora che le cose sono cambiate devo essere pronto a tutto. » ribatté Keith, testardo, avviando una nuova sequenza.
Fece di tutto per concentrarsi sul combattimento per escludere i pensieri. Doveva rafforzarsi per essere pronto, mostrarsi spaventato non era accettabile, c’era troppa gente che contava su di lui. Solo quando il droide lo disarmò con un colpo secco che lo fece barcollare, prese atto del fatto che le sue gambe non erano più abbastanza salde.
« Ok, ora basta. Termina sequenza! »
Lance era giunto alle sue spalle senza che nemmeno se ne accorgesse e ora lo sosteneva gentilmente.
« Keith, te lo chiedo per favore, puoi smetterla di tormentarti e darti una tregua? » lo pregò. « Non è punendoti per qualcosa di cui non eri nemmeno a conoscenza che ti sentirai meglio. »
« Hai ragione. » sospirò Keith in tono rassegnato. « Potrei sentirmi meglio solo andando da Allura a dirle che era tutto uno scherzo e che lei è ancora a capo di tutto questo. »
« Tecnicamente lo è ancora. »
« Sai cosa intendo. »
Lance annuì, sospirando a sua volta e conducendolo verso l’uscita della sala. Era l’unico che poteva farlo desistere da quell’allenamento e sembrava del tutto deciso a sfruttare quel privilegio.
Pochi minuti più tardi si trovavano nella stanza di Keith con due tazze di infuso in mano.
« Mi sono fatto dare da Hunk qualcosa che calmasse in nervi. Sembra che ne stia facendo largo uso anche Allura. » spiegò Lance, guardandosi attorno. « La tua stanza è così spoglia, è identica a quando te l’ho assegnata mesi fa. »
Keith si sedette sul materasso, sforzandosi di trovare interessante quella conversazione futile.
« Non ritenevo necessario abbellirla, pensavo che me ne sarei andato presto. »
L’aveva pensato all’inizio, dopo ogni allenamento, dopo la missione a Beta Traz, dopo ogni riunione. Nel frattempo i mesi erano passati ed era ancora lì, in una stanza troppo vuota, con pareti spoglie e asettiche, a considerarla una sistemazione provvisoria.
Chissà se lo sarebbe stata ancora per molto? Se i soldati della Ribellione avrebbero accettato il suo nuovo ruolo o lo avrebbero scacciato? O se il desiderio di sua madre di tornare presto su Marmora si sarebbe avverato? Se così fosse stato, avrebbe lasciato tutto e tutti, tornando alla propria vita regale e dimenticando quella stupida profezia? La sua coscienza glielo avrebbe permesso?
« … dov’è? »
« Cosa? »
« Ti sei perso di nuovo nei tuoi pensieri. Ti stavo chiedendo dov’è Shiro. » ripeté Lance.
« Con mia madre e Kolivan. Non hanno voluto che partecipassi alla riunione dopo quello successo ieri… Era ieri? »
Si sentiva spossato dagli allenamenti e dai troppi pensieri.
« Era ieri visto che adesso è notte fonda. Dovresti dormire un po’. » disse Lance, sedendoglisi accanto con la tazza fumante tra le mani.
L’aroma dell’infuso era incredibilmente rilassante.
« Nello spazio non esiste il ciclo giorno-notte. » ribatté Keith, testardo.
« Ma su Altea esiste quello del sonno-veglia, quindi faresti bene a darmi ascolto. »
Sapeva che Lance aveva ragione, ma non riusciva a convincersi ad andare a dormire, non con tutto quello che stava succedendo. Permettere a sé stesso di riposarsi sarebbe stato come ammettere che non riusciva a sostenere la situazione, che non era all’altezza, cosa che temeva già tutti quanti pensassero di lui.
Lance gli circondò la vita con un braccio, invitandolo ad appoggiarsi alla sua spalla.
« Sai che puoi parlarmi di tutto quello che ti angoscia, vero? Non mi sognerei mai di giudicarti, qualunque cosa decidessi di fare. »
« Lo so. » mormorò Keith, sorseggiando finalmente l’infuso e lasciando che il calore gli sciogliesse il nodo allo stomaco. « Però prima devo venire a capo da solo di certe questioni. Accettare che mia madre mi abbia tenuto nascosta una cosa così importante per tutti questi anni non è semplice. »
Lance annuì, sorridendo quando Keith posò la tazza vuota e si lasciò scivolare contro di lui in cerca di maggiore contatto. Non era da lui comportarsi in quel modo, ma in quel momento preferiva una vicinanza silenziosa piuttosto che una forzata spiegazione a parole di quello che sentiva.
« Prenditi il tempo che ti serve. » mormorò il giovane cecchino, tra i suoi capelli. « Sarebbe parecchio da digerire per chiunque. »
In qualche modo, Lance lo indusse a sdraiarsi sul letto, seguendolo e permettendogli di rimanere ancora appoggiato a lui. Non lo forzò a parlare e di questo Keith gliene fu grato.
Finì per addormentarsi quasi senza rendersene conto.

Vivere alla base divenne molto presto complicato e penoso per Keith.
Le riunioni strategiche continuavano e allo stesso modo le missioni minori, ma non gli era permesso prendervi parte. Kolivan aveva preso in mano la situazione, trasferendosi momentaneamente dalla base delle Lame per gestire quella di Altea, dal momento che Allura non sembrava nelle condizioni di farlo. La principessa non aveva presenziato a nessuno degli incontri organizzativi e Coran aveva riferito che, al momento, non se la sentiva di incontrare nessuno. Keith aveva provato ad andare a parlare, se non altro per spiegarle che non era sua intenzione toglierle nulla e che non era colpa sua se i suoi genitori si erano incontrati tanti anni prima, facendo di lui un suo parente. Aveva tentato di dirle che disprezzava la razza Galra quanto lei per via delle malefatte dell’Impero e aveva sempre sentito il peso di questo conflitto interiore, ma lei non lo aveva lasciato parlare. Gli aveva urlato di andarsene, che non voleva vedere la sua faccia e alla fine Coran lo aveva convinto a uscire.
Per quanto fosse stato mantenuto il segreto sulla sconfitta durante lo scontro con la flotta galra su Marmora, le voci che Allura non fosse la prescelta avevano cominciato a circolare dopo la prima riunione e ora Keith non poteva camminare in nessun corridoio senza venire additato tra mille sussurri e occhiate ostili. Era chiaro che i militanti non apprezzavano chi, dal loro punto di vista, stava tentando di spodestare il loro leader.
Questo era il motivo per cui Keith aveva preso a passare più tempo possibile in solitudine nel simulatore d’allenamento e, quello che non poteva trascorrere lì, nella sola compagnia di Lance, Shiro o sua madre.
Krolia era spesso impegnata a esaminare rapporti in arrivo da Marmora o da spie infiltrate su altri pianeti occupati, nella speranza di capire quale fosse la strategia di Lotor e poter organizzare il prima possibile un rientro a casa, ma non mancava mai di aggiornarlo su ogni più piccola novità. Shiro era diventato una sorta di braccio destro di Kolivan, quindi lo teneva informato sul fronte delle missioni minori a cui, tra l’altro, spesso Lance prendeva parte come comandante sul campo.
Tutti erano impegnati in qualcosa ma non volevano o non avevano bisogno del suo aiuto, cosa che faceva sentire Keith sempre più frustrato e inutile. Non aveva scelto lui di nascere mezzo alteano, fino a due giorni prima neanche lo sapeva, quindi era assurdo che tutti quanti ora lo trattassero come una bomba a orologeria.
Fu in una di quelle giornate confuse e piene di sentimenti contrastanti, che s’imbatté per caso in Coran, in una delle sale comuni.
Il primo istinto di Keith fu quello di voltargli le spalle e allontanarsi velocemente, per evitare che gli venissero rivolti di nuovo sguardi o parole ostili, ma il baffuto consigliere lo stupì richiamandolo con voce gentile.
« Altezza, non andatevene. »
Keith si soffermò sulla porta, scrutandolo con diffidenza. L’ultima volta che gli aveva rivolto la parola era stato per spingerlo ad andarsene dalle stanze di Allura e non era certo di essere disposto a sentirsi di nuovo allontanato.
« Ho tentato di parlarvi in questi giorni, ma non lasciavate avvicinare nessuno. Volevo assicurarmi che steste bene, anche in qualità di medico della base. » continuò Coran.
« Non sono io a non lasciare avvicinare nessuno, sono gli altri a tenermi alla larga e a trattarmi come se fossi materiale pericoloso. » mormorò Keith tra sé, riesumando il tono scontroso che gli era stato abituale al suo arrivo. « Comunque sto bene, non hai bisogno di preoccuparti. Ci pensa già Lance ha farmi da seconda madre e infermiera. »
Coran represse a stento una risatina, prima di tornare serio.
« Ci tenevo anche a porgervi le mie scuse per conto della principessa. È stata ingiusta e molto dura nei vostri confronti, non meritavate un tale trattamento dopo quello che avete rischiato nelle missioni. »
Keith spalancò gli occhi e lo fissò, incredulo.
« È la principessa che ti ha chiesto di riferirmelo? »
« No e per questo vi domando ancora scusa. È tuttora molto scossa e confusa, posso solo immaginare cosa significhi per lei scoprire che tutto ciò che ha fatto finora, che il suo stesso scopo nella vita era privo di significato. Tuttavia questo non giustifica i suoi gratuiti attacchi nei vostri confronti. »
Keith sospirò. Lui forse poteva vagamente capire quello che Allura stava provando, sapeva cosa significasse trovarsi da un momento all’altro senza più nulla e solamente con il bruciante desiderio di riconquistare ciò che si è perduto. E poteva anche capire come una persona abituata a comandare non potesse accettare di venire consolata con banali parole di spiegazione come quelle che lui le aveva offerto. Forse aveva davvero solo bisogno di tempo.
 « Non nutro rancore nei suoi confronti, non temere. » rispose, quindi. « Mi auguro solo che possa sentirsi presto meglio e capire che non voglio in nessun modo sottrarle un ruolo che sarà sempre suo. Il leader della Resistenza di Altea può essere solo lei, nessuno vorrebbe un mezzo galra, prescelto o meno che sia. »
Quelle parole portarono un velo di tristezza sul volto di Coran, inducendolo a riprendere posto sulla sedia dalla quale si era appena alzato. Keith si sedette di fronte a lui.
« E dire che fino alla scorsa generazione i Galra erano considerati una razza come le altre e non la piaga che opprime l’universo. Erano addirittura alleati e buoni amici di Altea. Al giorno d’oggi, invece, un pianeta come Marmora, sui cui convivono in pace razze diverse, è una perla rara… »
« Com’era l’universo ai tempi di re Alfor? » si ritrovò a chiedere Keith. « Lance mi ha raccontato a grandi linee la leggenda dietro la profezia ma vorrei conoscere meglio la realtà dei fatti. Tu eri là, vero? E conoscevi tutti. »
L’espressione di Coran s’incupì mentre annuiva.
« All’epoca ero solo un ragazzo, poco più giovane di Alfor, ed ero stato assegnato al suo seguito come scudiero. Altea si reggeva già a stento su una politica fragile, troppo dipendente dall’alleanza con Daibazaal e i Galra per potersi ancora definire autonoma. L’Impero, invece, aveva già messo le sue radici in profondità, tanto che il giovane imperatore Zarkon si poteva dire sovrano di fatto, se non di nome, della maggior parte dei pianeti alleati, Altea compreso. Tuttavia Zarkon non era un tiranno, aveva ereditato il trono dal padre e sembrava intenzionato a mantenere buoni rapporti con le sue colonie.
All’epoca vigeva una regola per cui il primogenito delle più importanti casate reali veniva inviato su Daibazaal allo scopo di rafforzare l'alleanza. In realtà si trattava banalmente di un ostaggio politico, che garantiva la sudditanza del pianeta di provenienza, e così è stato anche per Alfor. Viene chiamato re, in quanto ultimo erede della sua stirpe, ma non portò mai davvero la corona e non regnò su Altea in modo ufficiale. Quando partì, io lo seguii in quanto scudiero e suo amico, insieme a un seguito di persone fidate di cui si era circondato. Tra loro c’erano Honerva, una promettente studiosa della quintessenza, e Melenor, una nobile e raffinata musicista che col tempo sarebbe diventata la sua fidanzata. »
A Keith non sfuggì il guizzo nell’espressione di Coran mentre pronunciava quelle parole.
« Non approvavi la loro unione? » tentò di interloquire, ma vide l’altro mettersi immediatamente sulla difensiva.
« Melenor era una ragazza deliziosa, di nobile famiglia, molto gentile e piena di talento. » precisò.
« Non lo metto in dubbio e ti chiedo scusa se mi sto sbagliando, ma da come ne parli ho avuto l’impressione che tenessi a re Alfor molto più di uno scudiero o un semplice amico. »
Era un paragone azzardato, ma aveva risentito nel tono di voce di Coran quello che lui era solito usare quando parlava di Shiro. L’ammirazione, l’affetto e l’attaccamento che nulla hanno a che fare con il rango o la posizione sociale.
Coran tentennò solo un istante, prima di capitolare, consapevole di non poterlo ingannare su una cosa del genere.
« È così. Alfor era… la persona più cara per me, e anche se lui non provava lo stesso, non aveva importanza. Avevo giurato di sostenerlo sempre e così ho fatto, anche in terra straniera, sia quando la corte galra si è dimostrata accogliente e l’imperatore Zarkon un amico, sia quando la situazione è degenerata nel peggiore dei modi. »
« Ti prego, parlamene. Ho bisogno di capire. Che ne era di mio padre a quel tempo? Viveva alla corte di Altea? » incalzò Keith. « Se l’imperatore Zarkon era un amico, perchè ha scatenato una guerra che ha soggiogato l’universo? »
C’erano così tante domande, così tanti punti poco chiari che nessuno si era mai preso la briga di spiegargli o che non erano nemmeno noti a tutte le persone coinvolte. Era impossibile anche solo pensare di poter prendere delle decisioni restando all’oscuro di tutto.
Fortunatamente Coran sembrava propenso a parlarne, quasi sollevato di poter deviare l’attenzione da sè stesso e dai suoi sentimenti.
« Vostro padre, il principe Ryolan, all’epoca era già in viaggio. Non ha mai soggiornato a corte e non è mai stato riconosciuto come appartenente alla famiglia reale, quindi non aveva nessun obbligo nei confronti della successione. Non escludo che fosse già su Marmora o che vi sarebbe arrivato a breve, questo solo vostra madre potrà confermarvelo. Quanto all’imperatore… Lo Zarkon che abbiamo conosciuto su Daibazaal era completamente diverso, una brava persona, amante della cultura e ottimo diplomatico. Alfor passava molto tempo in sua compagnia, favoleggiando di un Impero che unisse tutto l’universo sotto la bandiera della pace. Zarkon era anche molto interessato alla scienza e all’alchimia alteana, per questo aveva messo i propri laboratori a disposizione degli studiosi che facevano parte del seguito, tra cui Honerva. Era affascinato da lei, l’ammirava e per lei era lo stesso. Erano attratti allo stesso modo l’uno dall’altra e dalla quintessenza, ed è stato proprio questo interesse sempre più ossessivo a decretare la fine di tutto. »
Coran sospirò di nuovo, profondamente, e si appoggiò allo schienale della sedia con espressione affranta. Dovevano essere ricordi dolorosi: assistere in prima persona a ciò che aveva dato il via a quella che era diventata l’oppressione dell’intero universo era qualcosa che Keith non poteva nemmeno immaginare.
« Scoprirono una sorgente di quintessenza nel sottosuolo del palazzo, da cui sgorgava l’energia stessa del pianeta. Honerva sembrava impazzita, la considerava la più grande scoperta scientifica dell’ultimo millennio e un’occasione irripetibile per studiare da vicino un potere di enorme portata. Alfor tentò di avvertirla della sua possibile pericolosità, di quanto l’affinità che gli alteani avevano con esso fosse imprevedibile, ma Zarkon gli impedì di fermarla e seguì lui stesso Honerva fin dentro la spaccatura da cui fuoriusciva la quintessenza pura. Nessuno sa cosa sia successo laggiù, ma quando tornarono erano cambiati. Honerva sembrava aver perso la ragione, delirava e fu in quel momento, in presenza mia e di Alfor, che pronunciò le parole della profezia. Sarebbe stato qualcuno con il sangue della casata di Alfor a distruggere l’Impero. Il tempo ha distorto le parole, ma Honerva non ha mai effettivamente detto che sarebbe stato un discendente, solo qualcuno della sua casata. All’epoca, però, non aveva importanza. Zarkon uscì di senno, accusò Alfor di tradimento verso la corona e ci condannò tutti. Fummo costretti a fuggire dal palazzo, braccati dalle guardie. Melenor aveva dato alla luce da poco Allura, la nascita non era ancora stata annunciata e questa fu l’unica cosa che tenne la piccola al sicuro. Alfor sapeva che erano spacciati, non avevano modo di fuggire nè i mezzi per lasciare il pianeta. Inoltre Melenor non era in condizioni di muoversi e lui non l’avrebbe lasciata. Mi pregò di proteggere Allura, di portarla via in una piccola capsula anonima che l’avrebbe salvata dalla furia omicida di un imperatore impazzito. Non seppi dirgli di no e, con la morte nel cuore, gli dissi addio sapendo che non l’avrei più rivisto. Amo Allura come una figlia, è tutto ciò che mi rimane di lui. È forte, è una leader per tutti coloro che la seguono, una luce nel buio di questi tempi e una speranza per chi l’ha persa. Ma è anche una ragazza che ha perso la sua famiglia in nome della causa ancora prima di sapere cosa significasse averne una. È nata per questo, non potrebbe essere altrimenti, senza questo scopo la sua esistenza non avrebbe senso. Altezza, lei ha bisogno della Resitenza più di quanto la Resistenza abbia bisogno di lei. Spero che possiate comprenderlo. »
Keith lo capiva fin troppo bene e, come ormai aveva ripetuto fino alla nausea senza che nessuno gli avesse davvero dato ascolto, non aveva nessuna intenzione di togliere ad Allura il suo ruolo. Anzi, se avesse potuto, le avrebbe restituito anche quello stupido titolo di prescelta che, a conti fatti, non significava nulla.
« Coran, ti prego, riferisci alla principessa che sono al suo servizio e vorrei discutere con lei le prossime strategie, quando si sentirà pronta. Finché resterò nella Resistenza, lei sarà il mio comandante, questo non cambierà. »
Coran annuì, visibilmente commosso, e s’inchinò prima di lasciare la stanza.
Purtroppo, l’incontro che Keith si augurava non sarebbe mai avvenuto.

 


Yuki - Fairy Circles

   
 
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