Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: Ghost Writer TNCS    08/02/2020    1 recensioni
Niflheim è sempre stato famoso per essere un pianeta tetro e ostile, ma questo non aveva fermato i coloni. Il loro spirito intraprendente e gli interessi economici di una grande multinazionale sembravano sufficienti per far fronte a qualsiasi avversità, ma si sbagliavano.
Il sogno si è infranto contro misteriose interferenze, e alla frustrazione ha fatto seguito la criminalità. Se per un amante degli esplosivi la situazione è particolarmente allettante, lo stesso non si può dire per le forze di polizia che cercano di ristabilire l’ordine, costrette a combattere un’organizzazione malavitosa più influente delle autorità ufficiali.
La sfida per la frontiera è iniziata e il più forte imporrà la sua giustizia.
Genere: Avventura, Azione, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

1. Niflheim

Data:  3631,3 d.s.[2]
Luogo: pianeta Niflheim, sistema Hrím

Fin dall’antichità, Niflheim era noto per essere un pianeta poco accogliente. Il gelo e la nebbia perenne lo rendevano un luogo spettrale, dove si annidavano animali feroci e spiriti erranti. Non era un caso se molti lo scambiavano per il regno infernale della dea Hel.

I primi colonizzatori del pianeta erano stati i giganti di ghiaccio, discendenti dei titani, un popolo perfettamente adattato a vivere nei luoghi più freddi dell’universo, eppure nemmeno loro erano mai riusciti a prendere pieno possesso di quelle terre misteriose.

Per millenni nessuno aveva provato a espandere la frontiera – i rischi erano troppo alti se confrontati con i potenziali vantaggi – ma adesso le cose erano cambiate: una grande multinazionale, la Orborum Domini, aveva deciso di incaricarsi della terraformazione dell’intero pianeta, garantendo terre fertili e clima gradevole a chiunque fosse stato in grado di pagare.

La prima colonia, ora capitale del pianeta, si era rivelata un successo, ma lo stesso non si poteva dire delle successive. La città più occidentale, con il suo elevato tasso di criminalità e i continui cambi di governatore, era diventata l’emblema delle fallimentari scelte della Orborum Domini. Quella che un tempo era l’ultima frontiera dell’espansione della civiltà, adesso era conosciuta semplicemente come la Topaia.

Era notte fonda nella Topaia e per le strade illuminate da freddi lampioni non si vedeva anima viva. Approfittando della situazione, un manipolo di persone si avvicinò alle alte inferiate di un cortile. Uno di loro aprì le braccia e tutti e sei si sollevarono in aria, riuscendo così a intrufolarsi all’interno.

I sei aggirarono i due veicoli parcheggiati e raggiunsero il pesante portone blindato del deposito.

«Nanerottolo, vediamo se sei bravo quanto dici» sussurrò uno dei presenti, forse il capo della banda.

Il diretto interessato, poco entusiasta dell’appellativo, si fece avanti per controllare gli spessi muri dell’edificio. In effetti era piuttosto basso e le sue proporzioni suggerivano fosse un goblin: una specie agile ma non particolarmente robusta. Come gli altri, indossava un casco per celare la sua identità, il suo però era diverso: la parte frontale era costituita da uno schermo curvo su cui poteva mostrare scritte ed emoji, una funzionalità sicuramente estetica più che pratica.

In pochi secondi completò le sue valutazioni e spruzzò una specie di gel sulla parete.

«Fossi in voi farei un passo indietro» suggerì ai colleghi. «Questo farà scattare l’allarme» proseguì, «dovrete essere veloci.»

«Sappiamo fare il nostro lavoro» ribatté il capo della banda, seccato.

Il nanerottolo attivò il detonatore. «Ma non mi dire!»

L’esplosione perfettamente controllata coprì il suo commento sarcastico senza però svegliare l’intero quartiere, consentendo alla banda di entrare indisturbata nel deposito.

Il capo si concesse giusto un momento per ammirare i macchinari da costruzione custoditi all’interno. «Veloci, prendete tutto quello che potete» ordinò ai suoi subordinati.

Mentre gli altri si affrettavano ad ammassare più roba possibile nelle tasche dimensionali dei loro bracciali, l’artificiere venne raggiunto da una piccola fata alta una spanna. Aveva la pelle azzurro violaceo e due grandi occhi lilla. Indossava un vestito scuro e aveva dei ciuffi color petrolio che spuntavano dal berretto.

«Vedi se riesci a trovare quello che ci serve» le disse D’Jagger. «Abbiamo poco tempo.»

Lei annuì e volò via, attenta a non farsi notare dagli altri fuorilegge.

«Ho informato il commissario del tuo arrivo» proseguì l’ologramma del gigante di ghiaccio. «Domani ti farò avere i dettagli della missione.»

«Ricevuto» annuì l’orchessa. Aveva la carnagione verde chiaro su cui risaltavano le lentiggini e gli intensi occhi rossi. Il suo fisico era atletico ma comunque femminile – ben lontano da quello possente degli orchi maschi –, in particolare il seno abbondante. Dai lati del labbro inferiore spuntavano le caratteristiche zanne verso l’alto, anch’esse molto meno pronunciate rispetto a quelle dei maschi della sua specie. I suoi riccioli blu erano raccolti in una pratica crocchia e indossava la divisa d’ordinanza della polizia.

Una notifica apparve sulla plancia della sua navetta.

«Un momento.»

Aprì il messaggio e una voce artificiale la informò della richiesta di soccorso immediato di un paio di colleghi.

«Capisco quello che stai pensando, ma non farlo» la ammonì l’ologramma. «La tua missione è troppo importante.»

«Sono proprio qui sotto, non posso andarmene!» ribatté la poliziotta. «Non me ne starò con le mani in mano quando ci sono delle vite in pericolo!»

«Freyja, non farlo!» la ammonì l’uomo. «È un ordine!»

«Mi spiace, signore: lo sto già facendo.» L’orchessa interruppe la chiamata e aprì la schermata delle informazioni.

«I malviventi dispongono di mitra e fucili d’assalto» la informò l’intelligenza artificiale. «Questo veicolo non è attrezzato per il combattimento.»

«Basta che mi fai arrivare sopra di loro.»

La navetta eseguì l’ordine e in pochi secondi era già a destinazione, una decina di metri sopra il deposito preso di mira dai fuorilegge.

La poliziotta aprì la portiera e guardò di sotto. Individuò i colleghi: si erano posizionati ai lati del cancello del cortile per ripararsi dal fuoco nemico, ma era chiaro che non avevano alcuna speranza di farcela. Con ogni probabilità i fuorilegge ne stavano approfittando per rubare più macchinari possibile prima di dileguarsi.

Freyja impugnò la pistola stordente d’ordinanza, disattivò la sicura e la impostò al massimo.

Era pronta a fare il suo dovere.

D’Jagger sapeva che stavano forzando troppo la corda: era solo questione di tempo prima che arrivassero i rinforzi della polizia, tuttavia nemmeno lui poteva andarsene a mani vuote.

Interruppe un momento la sua ricerca per guardare verso il cancello. I due all’entrata stavano tenendo a bada i poliziotti, ma proprio in quel momento alzarono lo sguardo. Qualcosa impattò con violenza davanti al deposito: era una persona. L’agente sparò due impulsi ionizzati e i fuorilegge caddero a terra storditi.

«Quella sì che è un’entrata in scena!» riconobbe il goblin, ma non aveva tempo per distrarsi: aprì la mano destra e sul suo palmo apparve una granata. Lanciò il piccolo ordigno artigianale e questo esplose a contatto con il terreno, scatenando una violenta onda d’urto dal diametro di circa tre metri e mezzo. La poliziotta venne scaraventata indietro, ma lui era sicuro che non sarebbe stata a terra per molto.

Corse ad avvisare gli altri fuorilegge: «I due all’entrata sono andati! È ora di filarcela!»

«Merda!» imprecò il capo della banda. «Recuperateli e leviamo le tende!»

Avevano appena raggiunto l’uscita quando una raffica di proiettili d’energia li investì: erano i poliziotti al cancello, che grazie all’improvviso aiuto avevano ripreso un po’ di coraggio.

«Cazzo! Dobbiamo andarcene da qui!» ordinò il leader dopo essersi messo al riparo.

«Capitan Ovvio ha detto una cosa sensata» commentò tra sé D’Jagger. Aprì di nuovo la mano e dal suo bracciale si attivò un’altra tasca dimensionale. Lanciò la granata a onda d’urto, questa volta un po’ più grande delle precedenti, e con un colpo solo mandò al tappeto entrambi gli agenti.

«Via libera, andiamo!» ordinò il capobanda dopo essersi messo in spalla uno dei compagni svenuti.

Il goblin si accodò agli altri: i due poliziotti erano ancora a terra, potevano lasciare il deposito. Ma dov’era la terza agente?

Uno dopo l’altro gli altri fuorilegge caddero sotto i colpi della pistola stordente. Anche D’Jagger venne colpito, ma la sua armatura energetica riuscì a proteggerlo. Con la barriera ormai sovraccarica, fece comparire un’altra granata e si rialzò. Tempo di voltarsi, la poliziotta era già di fronte a lui. Con la sinistra gli bloccò il braccio e con la destra gli rifilò un poderoso diretto. Una ragnatela di crepe si aprì sul casco del goblin, che cadde rovinosamente a terra.

Sistemato l’ultimo fuorilegge, la poliziotta si guardò intorno per assicurarsi che non ci fossero altre minacce in agguato. Dopo aver ammanettato i criminali, si sincerò delle condizioni dei colleghi. Uno era ferito a una gamba ed entrambi erano ancora storditi per l’onda d’urto, ma se la sarebbero cavata.

«Grazie, ci hai salvato la vita» affermò uno degli agenti.

L’orchessa tornò a bordo della sua navetta e riaprì il canale di comunicazione con il gigante di ghiaccio. «Qui Valkyregard, la situazione è sotto controllo. Mi dirigo al punto di incontro.»

«Riconosco che hai fatto un buon lavoro, ma sei stata avventata» affermò l’ologramma. «Ricorda: non sei venuta fin qui per prendere qualche pesce piccolo, il tuo unico obiettivo deve essere il Sindaco.»

«Emh, sono sicuro che possiamo trovare un accordo» affermò D’Jagger, la testa ancora schiacciata sul tavolo. La sua pelle verde scuro metteva in risalto gli occhi dorati, vivaci e insolenti. I capelli rossi, rasati ai lati, erano un po’ disordinati e probabilmente avevano bisogno di una spuntatina. «A proposito, mi piace il nuovo look.»

Freyja lo lasciò andare e incrociò le braccia. Si era tagliata i capelli e aveva cambiato vestiti, ma non era stato difficile riconoscerla. «Dammi un buon motivo per non farti tacere una volta per tutte.»

«Ehi, calma, non c’è bisogno di essere così aggressivi. Facciamo così: tu mi fai riavere il mio casco e il mio bracciale, e io starò al tuo gioco. Ah, vorrei anche un’uscita gratis di prigione: sai, nel caso si verificasse un altro “malinteso”…»

«Perché dovrei fidarmi?»

«Mowatalji non è stupido: se mi succedesse qualcosa capirebbe che sei coinvolta e comincerebbe a fare domande. Non sarebbe un bell’inizio per te, no?»

Lei lo trafisse con gli occhi. «Siamo d’accordo allora.»

«Parola di scout!»

I due si strinsero la mano e D’Jagger dovette stringere i denti per mantenere un’espressione neutra e fiduciosa: era pronto a giurare che l’orchessa gli aveva appena rotto tutte le ossa.

«Non mi hai detto come ti chiami» le fece notare, sforzandosi di ignorare il dolore.

«Infatti» confermò Freyja mentre si alzava. Indossò la sua giacchetta di pelle e si diresse a grandi falcate verso l’uscita.

Una volta fuori dal locale imboccò una stradina laterale e finalmente poté sfogare tutte le sue emozioni: portò le mani al capo e le scosse con forza, facendo ondeggiare le treccine in una reazione un po’ infantile.

«Aaah! Stupida! Stupida! Stupida!»

La sua operazione era appena cominciata e già aveva combinato un casino! Non si pentiva di essere intervenuta in soccorso dei colleghi, tuttavia l’idea di dover riferire quanto accaduto la copriva di imbarazzo. Avrebbe fatto la figura della pivella alle prime armi!

Rassegnata all’idea di venire derisa dai suoi nuovi colleghi, infilò le mani in tasca e si avviò verso il suo misero monolocale, mogia mogia.

Era arrivata fin lì per sgominare la più pericolosa organizzazione criminale del pianeta e il suo primo ostacolo qual era? Un idiota qualsiasi che nemmeno c’entrava con la sua operazione!

L’orchessa se n’era ormai andata quando la piccola fata che era con D’Jagger si decise a uscire. Era visibilmente arrabbiata e non mancò di esprimere tutto il suo disappunto nella lingua dei segni.

«Ehi, così almeno potrò riavere il casco e il bracciale! Tanto nessuno sa che so chi è.»

La sua amica non mancò di ribattere.

«E questo che c’entra? Non è colpa mia se ho gli occhi a quell’altezza!» Le rivolse un sorrisetto saccente. «Non sarai mica gelosa?»

La fatina arrossì e si voltò dall’altra parte, le braccia incrociate sul petto minuto.

«Dai, non fare così, stavo scherzando! Piuttosto, non ho ancora visto se ne è valsa la pena di farsi arrestare.»

Lei sollevò ancora di più il nasino e lo ignorò.

«Lunaria, per favore, mi fai vedere cos’hai trovato?»

Questa volta la piccola fata gli lanciò uno sguardo di sufficienza e, dopo un attimo di attesa, aprì una tasca dimensionale dalla sua cintura. Dal nulla apparve un piccolo congegno dalla forma vagamente cilindrica da cui uscivano vari cavi: era sicuramente un componente, ma a una prima occhiata era difficile stabilire quale fosse la sua funzione.

D’Jagger lo prese in mano e lo studiò con occhio attento e soddisfatto. «Ottimo, sembra in buone condizioni.» Lo ripose in una delle molte tasche del suo bracciale. «Quando arriviamo a casa farò un’analisi più approfondita, in ogni caso direi che ci siamo: ora ne manca solo uno.»


Note dell’autore

Ciao a tutti!

Finalmente è giunto il momento di iniziare una nuova saga! Questo racconto è il secondo della nuova cronologia e segue AoE - 1 - Eresia, tuttavia le due storie fanno parte di saghe diverse, quindi potete iniziare da questa senza particolari problemi.

Questa volta ho voluto partire subito con due protagonisti: D’Jagger e Freyja. L’orchessa ha ben chiaro in mente il suo obiettivo, ma anche il goblin sta preparando qualcosa. Vedremo se la tensione tra di loro si evolverà in vera ostilità o se invece decideranno di unire le forze.

La storia è ambientata su Niflheim, uno dei nove mondi della mitologia norrena, che come avrete intuito fa parte di un universo sci-fi pieno di tecnologie futuristiche e raffinate magie. Ovviamente l’universo è lo stesso di Eresia, quindi non mancheranno i riferimenti tra le due saghe ;D

Come per Eresia, pubblicherò due capitoli al mese, quindi il prossimo arriverà tra due settimane (il Prologo è un extra).

Prima di salutarvi, ringrazio la mia beta Hesper che mi sta dando una mano a raffinare anche questo racconto.

Grazie per essere passati e a presto! ^.^

PS: i “tradizionali” disegni in stile chibi arriveranno più avanti XD


Segui Project Crossover: facebook, twitter, feed RSS e newsletter!



[2] La sigla d.s. indica la datazione standard. L’anno standard ha una durata di circa 1,12 anni terrestri. Le cifre decimali indicano il periodo dell’anno, quindi inserire una sola cifra decimale è come indicare un mese senza specificare il giorno.
Le età vengono comunque indicate secondo la durata dell’anno terrestre.
Per maggiori informazioni: tncs.altervista.org/terminologia/#Datazione standard (d.s.)

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: Ghost Writer TNCS