Anime & Manga > Alice Academy/Gakuen Alice
Ricorda la storia  |      
Autore: Freaky_Frix    09/02/2020    0 recensioni
Dopo una notte di baldoria, Serina si risveglia con molti interrogativi e nessuna risposta. Riuscirà a dissipare i dubbi?
Chi lo sa...
Buona lettura!
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altro personaggio, Narumi, Serina Yamada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
DON’T THREATEN ME WITH A GOOD TIME

Il cielo notturno, carico di stelle, l’aveva abbracciata e trascinata con sé, svelandole segreti che a nessun altro sarebbe stato concesso conoscere; e così, tra nebulose e stelle morenti, Serina fluttuava immersa in una profonda beatitudine. L’universo la permeava di calore, facendole dimenticare tutto il resto. Immersa in quel viaggio cosmico, Serina quasi non sentì il trillare insistente della sveglia. Di riflesso allungò una mano per spegnerla, facendola cadere a terra. Fu così che, catapultata fuori dal dolce tepore dell’universo, Serina aprì gli occhi, sporgendosi dal letto e spegnendo la sveglia.
“Maledetto affare”, pensò, scostando le coperte. Appena fu seduta sul bordo del letto, però, si rese conto che la stanza stava girando intorno a lei. E che si era coricata nuda.
“Ma che diavolo…?” Infreddolita, cercò a tentoni la camicia da notte e la infilò. Si diresse in cucina e mise su il bollitore per il tè. Fuori il cielo era coperto da uno spesso strato di nuvole grigie, che minacciavano di esplodere da un momento all’altro, come il mal di testa che aveva preso il sopravvento su di lei di prepotenza in quei pochi minuti trascorsi fuori dal letto.
Serina non sapeva cosa pensare. Più che altro, non ricordava molto della sera passata. Una festa, quello di sicuro. Narumi su di giri che ballava sul tavolo. Non poté fare a meno di ridere sotto i baffi al ricordo di quella scenetta orrenda. L’alcool fa fare strane cose alla gente… E ne fa dimenticare altre. E Serina era convinta di aver dimenticato qualcosa di molto importante. Mentre si dirigeva in bagno per prendere un’aspirina, si scervellava. Quando si trovò davanti al proprio riflesso nello specchio del bagno, le prese un colpo. Il trucco sugli occhi si era spalmato un po’ ovunque, le labbra erano arrossate… E c’era un succhiotto nell’incavo del collo.
Un succhiotto.
Serina impallidì, coprendosi la bocca con la mano.
“Ma come…? Ma chi…?”
Il panico l’aveva stretta all’improvviso da dietro. Non era da lei. Nulla di tutto quello che stava scoprendo quella mattina era da lei. Si impose di stare calma, di prendere un bel respiro e fare colazione. Ma mentre beveva il tè non poteva fare a meno di pensare alla sera precedente. E quello che ricordava sembrava un sogno molto offuscato.
Non era mai stata una gran bevitrice, ergo non reggeva l’alcool. Ma non pensava che avrebbe esagerato. Lei, dopotutto, non esagerava mai. Si era sicuramente divertita, però. L’ultimo ricordo lucido che aveva era di Misaki che tirava fuori un mazzo di carte francesi per insegnarle a giocare a poker.
Avrebbe voluto farsi un bagno caldo per svegliarsi del tutto, ma non aveva tempo. Doveva lavorare, così si diede una ripulita veloce e uscì, premurandosi di coprire il succhiotto.
Il mal di testa non era affatto passato, cosa che rese molto più complicata la spiegazione del past simple. Rivedeva sempre davanti agli occhi i pochi sprazzi che aveva dalla serata. Si sentiva al contempo a disagio ed euforica; la prendevano sempre tutti in giro, quando era una studentessa, perché non cedeva mai al divertimento. Mai, nemmeno una volta. Serina si era sempre sentita diversa da tutti gli altri, e non era per via del suo Alice. Riguardava il suo carattere. Si ripeteva che era per via del suo essere introversa che aveva scelto di tornare alla Accademia dopo l’università. Non aveva famiglia, né amici, ma si sentiva al sicuro in quel luogo stravagante. Eccolo, il perché.
A pranzo si recò nell’aula insegnanti per mangiare un panino; trovò Jinnoh seduto sulla poltrona alle spalle della finestra, che la salutò con il suo solito cipiglio severo. Serina sorrise e si sedette sul divano al lato della porta. Mentre mangiucchiava, evitando lo sguardo di Jinnoh, le venne in mente che forse avrebbe potuto dedurre l’esito della serata visualizzando Narumi e Misaki.
Quella sera, dopo un bagno decente, tirò fuori la sua sfera di cristallo e la poggiò sul tavolo. Aveva acceso delle candele e le aveva poste ai lati della sfera, non perché fossero effettivamente utili, ma per il semplice fatto che la divertiva immedesimarsi nei panni di una zingara. Concentrandosi, visualizzò prima Narumi: il biondo stava davanti allo specchio in accappatoio, mentre si pettinava i capelli con le mani. Serina scosse la testa: la vanità era sempre stata un suo grande difetto. Visualizzò poi Misaki, che stava facendo le valigie.
“Ah, già… Ha avuto un permesso dai Presidi” ricordò Serina. La sera prima ne avevano parlato mentre giocavano a poker. Non ne ricordava il motivo, però.
“Chissà quanti soldi avrò perso ieri sera” pensò poi, sospirando. Mise via la sfera, quando un lampo le attraversò la mente. Non erano solo in due, a giocare. Narumi era già svenuto sul divano, questo lo ricordava. Quindi chi c’era con loro?
“Oh, andiamo! Ricorda, ti prego” si disse, chiudendo gli occhi e riavvolgendo il nastro per cogliere anche solo un dettaglio che potesse svelare l’identità del terzo giocatore.
Aveva fatto pena, a poker. Aveva perso tutte le puntate, ma l’ebbrezza gliel’aveva fatto accettare a suon di risate. Se l’erano contesa quindi Misaki e l’altro.
“L’altro… L’altro…”
Un bracciale d’oro.
Una doccia fredda.
“Oh, no… No…”
Noda.
Noda. Il professor Noda.
Non poteva crederci. O forse sì? Non si era mai sbilanciata con gli uomini. Voleva solo vivere una vita tranquilla, lontano dallo scherno delle persone. A Noda, invece, sembrava non importasse. Saltellava in giro per il tempo, spuntando come un fungo un po’ ovunque, nei momenti più disparati. Il suo Alice era molto instabile, e lui sembrava incapace di controllarlo a dovere, ma aveva sempre un sorriso stampato in faccia, come se lo facesse intenzionalmente.
Strano.
Lui era strano, gli sprazzi di memoria che aveva erano strani. Le implicazioni di quello che era successo erano strane.
Non sapeva cosa fare: dormire? Fare finta di niente? Perché lui non era tornato?
La donna affondò il viso tra le mani; trovò le guance in fiamme. Non aveva mai pensato a Noda in quel modo ma, inaspettatamente, non le dispiaceva affatto.  Una cosa era certa: non poteva vivere in quello stato di sospensione. Così si vestì in fretta e furia e uscì, diretta verso la casa di Noda. Tutti gli insegnanti sapevano dove alloggiavano gli altri, quindi non le fu affatto difficile trovarla. Le luci erano spente, ma doveva comunque provare, quindi bussò alla porta. Bussò molte volte, senza risposta.
“Chissà in che epoca storica si trova, adesso…”
Insoddisfatta, tornò a casa sua. E mentre si infilava a letto sentì un tonfo. Allarmata, andò in cucina... Per trovare una figura a carponi sul pavimento, che si massaggiava la testa.
“Noda? Sei tu?” tentò Serina.
“Ah… Sì…” rispose l’uomo, accennando una risata. La donna aspettò in silenzio che il collega si rialzasse, dopodiché accese la luce.
“Tu te lo ricordi cosa è successo l’altra sera?”
Noda abbassò lo sguardo.
“Sì, certo. E ti giuro che non è come pensi.”
“Io non so cosa pensare. Non mi ricordo nulla, Noda.”
“Oh.”
L’uomo si decise a guardarla: le sue guance erano l’esatto riflesso delle sue.
“Io… Ho bevuto troppo. E anche tu. E poi, beh… Ci siamo lasciati andare, credo. Cioè, Narumi era praticamente svenuto, e Misaki era andato via… Io ti ho riaccompagnata a casa, e tu mi hai invitato ad entrare… E poi mi sono addormentato e… Mi sono risvegliato nel deserto. È stato orribile.”
Serina ascoltò tutto in silenzio, annuendo di tanto in tanto.
“Quindi… Il tuo Alice ti ha teletrasportato da qualche parte nel tempo.”
Noda annuì.
“Ok, bene… Mi dispiace di averti messo in imbarazzo, Noda, davvero.”
“Oh,” rispose lui di getto, “non sono affatto imbarazzato. Insomma, lo volevamo entrambi, e io… Beh, tu sei molto c-carina, Serina, e… Mi sarebbe sempre piaciuto conoscerti meglio, ma, ecco… Non trovavo mai il momento giusto e…”
“Ho capito.”
Noda la guardò negli occhi e vi trovò dentro una turbolenza emotiva molto violenta repressa dietro un’espressione impassibile.
“Senti, mi dispiace se non era quello che volevi” azzardò l’uomo, “e non si ripeterà di nuovo, ok?”
Cercò di lanciarle uno sguardo rassicurante, per dimostrarle che non era risentito, che non voleva in alcun modo imporsi nella sua vita.
Serina sostenne il suo sguardo.
“Io non lo so cosa voglio, ok?” voleva urlargli, ma non ne aveva la forza. In ventiquattr’ore le sue certezze erano state rovesciate, e anche se il suo lato razionale continuava a parlarle in sottofondo, rassicurandola e dicendole che no, un uomo a caso non poteva essere in grado di scombussolarla in quel modo, d’altra parte un’altra vocina le chiedeva come sarebbe potuto essere. Cosa sarebbe potuto essere.
“Io… Credo di dover andare, adesso” disse Noda, interrompendo il flusso dei suoi pensieri.
“…Ok.”
“Allora… Ci vediamo in giro, ok?”
“Certo.”
****
 
Da sola, di nuovo. E per la prima volta da molto tempo, si sentiva a disagio con la sua solitudine. La compagnia degli altri crea dipendenza, ne era sempre stata convinta. Eppure, non le dispiaceva quella breve intimità che si era formata tra lei e Noda. E la irritava profondamente il fatto che lei non potesse ricordare ciò che invece lui avrebbe serbato per sempre. Non era giusto. Assolutamente no. Aveva voglia di saperne di più. Senza rendersene conto, era fuori, all’aria aperta, che camminava frettolosamente verso la casa di Noda. Doveva avere delle risposte. Voleva avere delle risposte. Ma, quando si trovò di fronte alla porta, si bloccò.
“Ma cosa sto facendo?” si chiese. Che diritto aveva, lei, di pretendere qualcosa da quello che era, a tutti gli effetti, un perfetto sconosciuto? Ma il suo corpo agì da solo, e in un istante il suo dito si ritrovò sul pulsante del campanello. Tutt’intorno, l’Accademia dormiva. E quel suono sembrava amplificato con un megafono. Le risuonava nelle ossa, ribadendo che stava sbagliando. Che non aveva alcun diritto di fare una cosa del genere. Di intromettersi. Serina doveva stare al proprio posto, e non fare rumore. Doveva limitarsi ad osservare, dall’oblò curvato che portava sempre in borsa, la vita degli altri. Ma poteva questo riempire la sua, di vita?
Non si accorse nemmeno che il suono era durato un secondo. Continuava a tenere il dito premuto sul pulsante, lo sguardo perso in un punto lontano, chiedendosi perché avrebbe dovuto chiudersi a chiave nella sua compostezza mentre intorno a lei, ogni giorno, decine di bambini schiamazzavano felici.
Ritornò alla realtà. Le finestre erano buie, e nessuno era venuto ad aprirle la porta. Era questo, il responso della vita: verdetto spietato, la solitudine. Serina si sentì profondamente stupida, imbambolata lì davanti in camicia da notte. L’unica cosa che poteva fare era tornare a casa, e dimenticare. Le cose non sarebbero mai cambiate, e lei non ne aveva la forza, era chiaro.
****
 
Era passata una settimana da quella notte. Noda era scomparso nel nulla, sicuramente perso, ancora una volta, nelle pieghe della Storia. Serina aveva tentato di visualizzarlo, ma non riusciva a trovarlo. Era come guardare una televisione che non riceveva bene il segnale. Non sapeva perché lo facesse. Lo aveva spinto fuori dalla sua confort zone, e ora lo rivoleva indietro? Assolutamente no. Le giornate erano tornate ad essere tutte uguali, e la vergogna stava pian piano scomparendo, infilandosi nello spazio tra lo stomaco e i polmoni. La quotidianità era una bella cosa, Serina lo aveva sempre pensato. Ma, ovviamente, da otto giorni non ci credeva più. E quindi cercava di autoconvincersi. Non funzionava.
Alla fine della giornata, si incamminò verso casa, come sempre; mise su il bollitore, come sempre; e andò a riempire la vasca da bagno, come sempre. Mentre aspettava guardava fuori, seguendo il ritmo delle foglie degli alberi che dondolavano pigramente. Chiuse gli occhi: le pulsavano. Prese un bel respiro e cercò di rilassarsi; il bagno era quasi pronto.
L’acqua stava gorgogliando placidamente nel bollitore, quindi si alzò e spense il gas. Qualcuno bussò alla porta. E il cuore corse a nascondersi dietro le sue spalle. E le gambe affondarono nel pavimento.
“Ehi, Serina!”
Ah, era solo Narumi.
Andò alla porta, combattuta tra il sollievo e la delusione.
“Ehi, Narumi. Come mai qui?”
“Beh, stamattina presto Noda è comparso nella mia camera da letto.”
Serina si sentì sprofondare. Chissà cosa era andato a dirgli!
“Ah…” fu tutto quello che riuscì a dire.
“Sì, sai, abbiamo cominciato a parlare del più e del meno, era da molto che non ci vedevamo” continuò il biondo. “Pare che sia un periodo in cui il suo Alice è molto instabile, e si sposta molto più velocemente del solito, quindi la conversazione non è durata molto… Ma” si interruppe, tastandosi le tasche dei jeans, “prima di sparire mi ha lasciato una cosa per te.” Infilò la mano in tasca e ne estrasse un sacchettino nero. “Non ho la più pallida idea di cosa sia, ma ha detto che ci teneva tanto a consegnartelo di persona. Purtroppo, però, non ha idea di quanto durerà questo periodo di instabilità, quindi…” L’uomo fece spallucce, porgendole il sacchettino. Serina lo prese, quasi esitante, e accennò un sorriso.
“Grazie, Narumi. Sei stato molto gentile.”
“Ma figurati! Per gli amici questo ed altro, no?”
Serina annuì, piacevolmente sorpresa. Narumi era suo amico, quindi.
“Ora vado, sono stanco morto! Ci vediamo domani alla riunione del consiglio docenti!”
“Sì, a domani.”
Una volta rimasta sola, Serina guardò il sacchettino, incuriosita. Si trattenne dall’aprirlo subito, e lo poggiò sul tavolo della cucina. Dopo il bagno si mise a letto, stringendo il sacchettino. Lo soppesò, lo annusò addirittura. Poi, non riuscendo più a trattenersi, lo aprì. Ne scivolarono fuori un paio di orecchini a goccia, impreziositi da delle piccole ametiste.
“Sono bellissimi” pensò, percorrendo con il dito il metallo.
“Come te, Serina.”
La donna sobbalzò. Noda era di fronte a lei.
“S-sei… Tornato…”
“Non per molto, mi dispiace” iniziò l’uomo. “Non ho molto tempo, e sicuramente non mi aspettavo di spuntare qui, ma ti prego, ascoltami. Io non ti conosco, hai ragione a pensarlo, ma mi piacerebbe molto farlo, Serina. E so che al momento non posso, perché il mio Alice non vuole starmi a sentire, ma… Vorrei una possibilità con te. Vorrei poterti conoscere meglio. Non ti chiedo di aspettarmi, ma…”
In un battito di ciglia, Noda era scomparso di nuovo. Serina aveva il cuore in gola, e si soprese a stringere gli orecchini al petto.
“Ti aspetterò, anche se non me l’hai chiesto” mormorò.
Voglio conoscerti anch’io.
Voglio conoscerti anch’io.

Note~
È la mia prima apparizione in questo bellissimo fandom, nonostante sia stata una fervente fan per molti anni. Ho deciso di palesarmi qui con questa one-shot con due personaggi che, a parer mio, sarebbero stati benissimo assieme. E quindi eccoli qui. Mi sono presa un po' di libertà con il loro carattere, dal momento che non sono personaggi principali e quindi non ne ho colto l'interezza.
Spero che vi piaccia questo mio piccolo contributo!
Frix

  
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Alice Academy/Gakuen Alice / Vai alla pagina dell'autore: Freaky_Frix