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Autore: Kim WinterNight    09/02/2020    6 recensioni
[Sequel di "And the pieces of my puzzle keep crumblin' away"]
Roddy aveva voluto credere a Ethan, aveva voluto dargli un'altra opportunità.
Aveva scelto di riprovarci e di credere nel suo cambiamento.
Non sapeva a cosa sarebbe andato incontro, o forse semplicemente non voleva accettare la realtà.
- Partecipa alla "Ten Songs Challenge".
Genere: Angst, Drammatico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Roddy Bottum
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'In Pieces'
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Prima di leggere, delle piccole note:

Dopo essermi immersa nella lettura della storia
Continuerò a scegliere te. di Harriet Strimell e aver scoperto che l’ha scritta seguendo le regole della Ten Songs Challenge, mi sono detta che avevo bisogno di provarci.
Quando ciò è successo, avevo una sorta di blocco e questo esperimento mi è servito a sbloccarmi tantissimo, per questo ringrazio Harriet per questo input “involontario” XD
Ecco a voi le regole della challenge, prese direttamente dalla storia di Harriet, nel caso vi piaccia l’idea e vogliate provarci anche voi:
 
#01. Scegli un personaggio, una coppia o un fandom.
#02. Apri la tua cartella di musica, seleziona la modalità di riproduzione casuale e fai partire.
#03. Scrivi una Drabble/Flashfic che sia collegata alla canzone che sta andando. Hai tempo fino al termine della canzone per terminare lo scritto: parti con l’inizio della canzone e finisci quando termina, niente esitazioni! Non importa quanto scombussolato o “strano” sia il risultato finale.
#04. Scrivine 10, poi pubblicale.

 
A me è venuta subito in mente questa coppia nata quasi per caso, ovvero tra Roddy Bottum e un mio carissimo OC, Ethan Murphy.
I due appaiono insieme in And the pieces of my puzzle keep crumblin’ away, in una scena racchiusa in un flashback, mentre per saperne di più su Ethan potete buttarvi su Waiting Awake, che narra molti aspetti dela sua infanzia. Su di lui scriverò ancora, ma troverete tutte le storie su di lui e sulle volte che il suo cammino si incrocerà con quello di Roddy nella serie In Pieces.
Il titolo della storia è un verso del ritornello di Falling To Pieces, brano dei Faith No More tratto dal loro primo album The Real Thing del 1989.
Dal momento che vi ho disturbato fin troppo qua, vi ringrazio se deciderete di leggere e lasciare un commento a questo strambo esperimento, augurandomi che ascoltiate i brani che vi lascerò all’inizio di ogni drabble!
Se qualcuno ha già letto le altre storie e trova qualche incongruenza con il passato di Ethan, beh… diciamo pure che il contest in cui si trovano i due in questa storie di momenti è particolare e non consente al mio povero OC di essere del tutto sincero XD
Grazie ancora a tutti e buona lettura ♥
 
 
 
 
 
 
 
 
My love and my agony
 
 
 
 
 
 
 
 
Il ragazzo sollevò l’oggetto, puntandolo in faccia al tipo che si trovava di fronte a lui.
«Che cazzo fai con quell’accendino?»
«Allontanati, stronzo! Qui non ci fai niente!»
«Fai il gangster, eh? Spostati e lasciami passare, chiaro?»
«Ethan, vieni via di lì!» gridò qualcuno.
Il ragazzo con l’accendino in mano lo ignorò e continuò a fissare l’intruso. «Questo è il nostro territorio» ringhiò.
Il tipo ben piazzato e completamente tatuato lo sovrastava di diversi centimetri, ma Ethan non aveva paura.
La vita di strada non lo spaventava, era abituato a fronteggiare di tutto.
E aveva bisogno di una dose, perciò doveva sbarazzarsi il prima possibile di quell’intruso.
Era di un’altra gang.
 
 
 
 
 
 
Roddy lo fissava stranito, sperando che scherzasse. Quando Ethan aveva fermato quel tipo tatuato e gli aveva impedito di avanzare per lo stretto vicolo, il ragazzo biondo si era spaventato a morte.
Da quando aveva ricominciato a vedere Ethan, le cose non erano andate bene come aveva sperato.
«Ethan, per favore! Lascialo stare e andiamocene!» tentò ancora di richiamarlo, sentendo i corti capelli biondi appiccicarsi alla nuca.
Non voleva che Ethan continuasse a farsi, gli aveva assicurato che aveva smesso.
Invece era ancora preda dell’eroina e lui non sapeva più come aiutarlo.
Ormai il suo compagno attaccava briga con chiunque.
«Figlio di puttana!» lo sentì gridare.
 
 
 
 
 
 
Ethan scattò in avanti e colpì il tipo con un pugno, per poi sfregare la pietrina dell’accendino e accostarlo alla maglia dell’altro, tentando di bruciarlo.
A quel punto Roddy fu su di lui e lo trasse a sé, allontanandolo.
Piangeva come un bambino e non sapeva come gestire il suo compagno.
Forse avrebbe dovuto andarsene, tornare dalla sua band e pensare ancora al suo amore infranto per Mike.
Ma restava lì, a badare a Ethan come fosse suo figlio, non il suo fidanzato.
Il tastierista cominciò a correre e svoltò l’angolo, ritrovandosi di fronte all’asilo più povero che avesse mai visto.
Notò i bambini che uscivano di lì con i loro genitori e desiderò di tornare piccolo, quando i problemi non esistevano e lui non aveva ancora conosciuto dolore, amore, sofferenza e degrado.
Quando ancora la droga e le perdite dei suoi cari non lo avevano ferito fino a distruggerlo.
«Basta così per oggi» sussurrò all’orecchio del compagno.
Ethan sospirò. «Andiamo da Chad, voglio la mia dose, cazzo.»
«Dovresti piantarla con quella merda…»
 
 
 
 
 
 
Il padre di Roddy aveva fatto la guerra e gli aveva raccontato che tutto era stato difficile e doloroso.
Il piccolo bambino biondo non ci aveva creduto finché non era cresciuto e aveva cominciato a conoscere il mondo reale.
 
 
 
 
 
 
Correvano per i vicoli sporchi e desolati, i passi pesanti del loro inseguitore a rimbombare attraverso le pareti delle case diroccate.
«Non avresti dovuto sfidarlo!» sputò Roddy, sentendo i polmoni bruciare per lo sforzo.
«Non me ne frega un cazzo!»
«Se ci prende, ci ammazza!»
Ethan scoppiò a ridere, ma non si fermò.
Quando svoltarono in una strada più larga, furono sferzati da una folata di vento gelido che li fece sentire liberi e pieni di vita.
L’adrenalina scorreva al posto del sangue e la loro mente era sgombra da qualsiasi pensiero che non fosse quello di non farsi prendere dal tipo tatuato.
Ethan afferrò Roddy per un polso e lo trascinò bruscamente verso destra, infilandosi in un vicolo incredibilmente stretto, per poi condurlo attraverso un’apertura nascosta da fitta edera rampicante.
«Ero solo un bambino quando ho cominciato a bucarmi» mormorò Ethan.
Roddy si sentì morire dentro.
 
 
 
 
 
 
«Venite fuori, stronzi! So che siete qui attorno, vi ammazzo!»
La voce dell’inseguitore tatuato rimbombò tra gli stretti vicoli sudici, mentre Roddy e Ethan si tenevano stretti l’uno all’altro, nascosti in un anfratto e protetti dall’edera.
«Pezzi di merda, dove cazzo siete? Siete soltanto due frocetti bianchi, vi faccio vedere io cosa significa prenderlo in culo come si deve!»
Udirono d’improvviso un gran fracasso, poi degli spari.
Si strinsero più forte l’uno all’altro e ascoltarono ancora.
A pochi metri da loro, qualcuno stava combattendo una lotta all’ultimo sangue con il tipo tatuato.
Sono arrivati i rinforzi, pensò Ethan, sperando di poter finalmente andare da Chad a prenderli l’ero.
Poi voleva andare a casa di Roddy, farsi in santa pace e poi scopare con lui. Ne aveva una voglia matta.
Lo amava anche se l’aveva messo nei casini.
Se solo gli avesse lasciato pestare e bruciare quel fottuto pezzo di merda…
Il rumoreggiare cessò di botto e nell’aria si sentì l’odore acre della morte, quell’odore con cui Ethan era cresciuto e che non avrebbe mai dimenticato, neanche se avesse smesso di fare quella vita ingrata.
Roddy ricominciò a piangere e lo strinse più forte.
 
 
 
 
 
 
 
«Andiamo da Chad, su… smetti di piangere, ehi, Roddy.»
«Mi avevi promesso… mi avevi assicurato che avevi smesso con l’ero! E ora siamo nei casini, forse un uomo è morto…»
«Questo è il nostro territorio, non possono toccarci. Andiamo.»
Ethan lo afferrò con decisione per il polso, ma Roddy notò che stava cominciando a tremare.
Decise che non poteva sopportare una crisi d’astinenza, non ora, non aveva la forza per prendersi cura del suo compagno in quel momento.
Lui sapeva cosa significava.
Uscirono dal loro nascondiglio e camminarono a passo spedito, lasciandosi alle spalle il vicolo in cui probabilmente giaceva il tizio tatuato.
Non sapevano neanche se fosse vivo o morto.
Percorsero in silenzio altri vicoli, finché non si ritrovarono nella bottega di un erborista. Doveva essere quello il luogo in cui Chad faceva affari sottobanco.
«Finalmente sei arrivato, Ethan. Ti do il solito?»
«Sì, cazzo.»
 
 
 
 
Chiusi nell’appartamento di Roddy, i due se ne stavano abbracciati sul letto, dopo aver fatto l’amore.
Ethan aveva comprato la sua dose, poi aveva preteso di correre subito a casa del compagno per potersi fare, e infine si erano abbandonati a una passione improvvisa e travolgente.
«Mio nonno mi aveva raccontato della sua esperienza nei campi di concentramento e io, a soli undici anni, ero rimasto sconvolto. Così uscii di casa e cercai mio cugino Dave, sapevo che spacciava. Non ho mai avuto un’innocenza, Roddy.»
Il biondo rimase in silenzio e lo ascoltò.
«Gli rubai dell’eroina e la tirai su maldestramente. Quella fu la prima volta. Mi sentii subito meglio e smisi di pensare a mio nonno nei campi di concentramento.»
 
 
 
 
 
 
Roddy tentò di fermarlo, ma Ethan gridava, prendeva in mano ogni oggetto e lo lanciava per aria.
Stava male, si era svegliato in preda al panico e ora non faceva che gridare, piangere, bestemmiare e lanciare oggetti.
«Che cazzo mi ha venduto? Che cazzo mi sono fatto? Era coca del cazzo?»
«Calmati, Ethan, calmati… ti prego, ti prego!»
Ma Ethan non si calmava, non ne aveva intenzione. Vedeva tutto rosso, vedeva solo rabbia e voglia di uccidere Chad.
Forse avrebbe ucciso anche Roddy se avesse continuato a rompergli i coglioni.
Afferrò la cornice in cui il tastierista teneva la fotografia di suo padre, quella stessa cornice che Mike gli aveva regalato poco dopo il funerale.
La osservò senza vederla, gli occhi spiritati, iniettati di sangue, pieni di risentimento.
Roddy si premette le mani sul viso per non guardare.
«Quella no, ti prego… Ethan…» piagnucolò.
Ethan parve ascoltarlo per un istante, parve rinsavire.
Poi la lanciò contro la parete.
 
 
 
 
 
 
 
Camminava lentamente, facendo scivolare le lacrime sulle sue guance e la pioggia sui suoi capelli.
Aveva lasciato Ethan e se n’era andato, non ce l’aveva fatta a stare lì mentre lui distruggeva i ricordi di suo padre.
Raggiunse la sua meta, una meta che non aveva previsto.
Bussò alla porta e attese, tremante e terrorizzato.
Distrutto.
Fu così che Bill lo trovò quando aprì l’uscio di casa sua.
Roddy Bottum era un uomo distrutto.
Ancora.
Lo fece entrare senza fare domande, lo abbracciò stretto e lo condusse sul divano, facendolo sedere.
E lo lasciò parlare quando lui cominciò a riversare tutto il suo risentimento.
«Amavo guardare il cielo stellato sul tetto di casa mia, con lui. Amavo tenerlo tra le braccia, amavo credere che fosse cambiato. Ma ora mi sento perso e solo. Ethan si buca ancora, Billy. E ha rotto la cornice con la foto di papà. Quella che mi aveva regalato Mike…»
Bill lo strinse più forte e gli fece posare la testa sul suo petto. «Mi dispiace» mormorò.
  
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