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Autore: ___Page    10/02/2020    2 recensioni
*Per il compleanno di Zomi*
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"«Non mi merito nemmeno un piccolo sconto sul debito? In fondo mi sono beccato un fulmine per te!» alzò la voce vibrante di divertimento Zoro, per farsi sentire.
«È tutta colpa tua e del tuo pessimo tempismo!»"
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"Se anche si fosse rivalsa su di lui il giorno dopo, quando si fosse accorta del male ai piedi e dei lividi, usandola in qualche modo come scusa per aumentargli il debito, non gliene sarebbe importato."
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"Chissà, forse un giorno, quando e se fossero stati abbastanza sulla stessa lunghezza d’onda, lo avrebbe scoperto."
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nami, Roronoa Zoro | Coppie: Nami/Zoro
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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FUORI SINCRONO



 
Buon compleanno, amica mia


I compleanni della ciurma non erano giorni così diversi dagli altri, sulla Sunny. Era impossibile trovarsi abbastanza vicini alla terraferma in coincidenza con i compleanni di tutti e così, per non discriminare nessuno, i Mugiwara avevano deciso di non farsi regali tra loro. D’altra parte dei doni fatti a mano erano pensabili solo per soggetti come Usopp, Franky e Nami, dotati di buona manualità, e Robin, ovviamente, che probabilmente era in grado di fare qualsiasi cosa. Regalare invece qualcosa di proprio in segno di affetto avrebbe messo in difficoltà alcuni membri della ciurma, Zoro e Rufy in primis, che non avevano alcun interesse nei beni materiali e più che i propri vestiti non possedevano.
Ergo, i compleanni sulla Sunny erano diventati una molto apprezzata, soprattutto dal Capitano, occasione per fare festa tutti insieme e per il festeggiato di vedersi servire una cena composta dalle proprie portate preferite finché gli ingredienti in dispensa lo consentivano.
E, come tutte le feste e tutte le cene sulla Sunny, erano caotici da morire.
Persino in uno spazio aperto come il ponte, dove stavano celebrando il compleanno di Brook approfittando del clima tiepido emanato dalle isole estive che li circondavano, il rumore era assordante.
Tra il festeggiato che stava strimpellando una versione ubriaca del Liquore di Binks, Rufy e Chopper che giocavano a lanciarsi palline di carta e a rincorrersi e Franky che scandiva il balletto suo e di Usopp con dei ritmici “Suuuuper”, se qualcuno dei restanti quattro membri avesse voluto intrattenere una conversazione con un compagno o anche solo commentare la scena, sarebbe stato costretto a urlare direttamente nell’orecchio dell’altro.
Certo, tutto quel caos per Zoro era, in quel momento, oro che colava. La situazione perfetta per portare a termine la sua perfetta strategia, con un solo e ben preciso obbiettivo.
Vendicarsi del cuocastro.
Ora, Zoro non era un tipo infantile. Certo, poteva obbligare Rufy a inghiottire il prodotto della sua stessa cavità nasale per il semplice fatto che il Capitano avesse appena tentato di rifilarla a lui ma questo non faceva di lui un tipo infantile.
Orgoglioso, semmai. E proprio quello era stato l’errore di Sanji, ferire il suo orgoglio con quella battuta che aveva fatto ridere tutti e rabbuiare lui. Tuttavia, Zoro aveva piena intenzione di godersi la festa e anzi darle una marcia in più.
Era nella posizione ideale e doveva solo aspettare che Rufy tornasse da quel lato del ponte, prima di scagliare il cucchiaio carico di torta in faccia a Sanji, usando la posata come catapulta. C’erano ottime probabilità che Rufy si sarebbe lanciato sul cuoco per leccargli via la crema dalla faccia e la sua rivincita sarebbe stata completa.
Zoro ghignò quando il rumore schioccante dei geta annunciò l’arrivo del Capitano, proprio nel momento in cui Usopp si spostava dalla sua traiettoria, liberandogli la strada per colpire Sanji, che era chinato sul tavolo, intento a sparecchiare. Zoro caricò il colpo e osservò con soddisfazione il boccone di pan di spagna e zabaione disegnare una parabola nell’aria, seguendo la perfetta traiettoria che lo avrebbe portato a spiaccicarsi in pieno sulla faccia del cuocastro.
Un tiro impeccabile, degno di Usopp.
Tutto assolutamente perfetto.
Tutto perfetto tranne Sanji che si rimetteva dritto giusto un attimo prima che il colpo andasse a segno, per pura fortuna, ignaro del proiettile a lui destinato che invece si schiantò con un leggero e inudibile “splat” su ben altro bersaglio.
Dopo Rufy e il festeggiato, la persona della ciurma che più apprezzava i compleanni era Nami. A Nami piacevano i compleanni e in generale le feste improvvisate perché le piaceva davvero molto sfruttare quelle occasioni per sfoggiare i suoi innumerevoli abiti, molti dei quali avevano ancora il cartellino del prezzo attaccato.
Ogni compleanno era un abito nuovo da mostrare.
E di sicuro, a Nami non piaceva ritrovarsi uno dei suoi abiti nuovi e costosi rovinato da una gigantesca macchia giallognola sul fianco e sul ventre.
Zoro si irrigidì, inorridito, e non ebbe la prontezza di ficcare il cucchiaio in mano a Usopp e dileguarsi. Quando Sanji e Nami si girarono assassini nella direzione da cui la torta era arrivata, lui era ancora fermo lì, con l’arma del delitto visibilmente brandita.
Un’aura rosseggiante circondò il cuoco che tese le braccia lungo i fianchi e strinse i pugni con furia.
«Marimo!» lo apostrofò, avanzando deciso verso di lui nel silenzio e immobilità improvvisa di tutti gli altri. «Come hai osato colpire la mia dolce Nami-sw…»
Uno spruzzo di sangue fuoriuscì istantaneamente dalla narice di Sanji quando Nami gli posò una mano sulla spalla per fermare la sua filippica.
«Ci penso io, Sanji-kun.» dichiarò, fissando Zoro con fierezza e determinazione.
«Come vuoi tu, mia sirena.» balbettò sconnesso Sanji, mentre si accasciava al suolo in un ondeggiare di arti e cuoricini.
Caparbio, Zoro la osservò avvicinarsi senza nemmeno preoccuparsi di posare il cucchiaio. Sapeva già quale sarebbe stata la sua punizione. Nami gli avrebbe aumentato il debito, il costo dell’abito più gli interessi, sai che novità.
«È stato un incidente, Nami. Questione di tempismo sbagliato.» ci tenne comunque a mettere in chiaro quando Nami si fermò accanto alla sua sedia, guardandolo dall’alto verso il basso, insolitamente silenziosa.
Passarono dieci secondi abbondanti in cui l’unico rumore udibile era lo sciabordio delle onde contro la chiglia e Zoro cominciò ad agitarsi. Non che fosse intimidito dalla navigatrice ma cominciava a temere che Nami se la fosse presa seriamente. Che ce l’avesse con lui e non solo per il vestito ma per il gesto in sé.
Lo stomaco gli si annodò al pensiero.
«Nami…» cominciò, dominando senza fatica l’agitazione nella propria voce ma non quella nel proprio ventre. «Guarda che io non…»
Un suono simile a un’esplosione seguì il micidiale pugno che lo colpì dritto in testa tra le ciocche verde menta, schiantandolo sul tavolo che, sfortunatamente, a differenza di quello della sala da pranzo, era di metallo.
«Lo hai sentito quel suono?! Quelli erano i tuoi ultimi neuroni che morivano, perfettamente in sincrono! Te lo do io il pessimo tempismo, deficiente!» sbraitò Nami, fuori di sé, una vena pulsante sulla fronte.
Non attese neppure che Zoro riuscisse a disincastrare la faccia dal tavolo per allontanarsi con passo ancheggiante verso il sottocoperta, sotto lo sguardo attento dei propri compagni. Si soffermò un attimo sulla soglia e lanciò un’occhiata oltre la propria spalla. «Continuate pure. Vado a cambiarmi e torno.»
 
 
§
 

Non c’era poi così tanto da stupirsi che le cose fossero andate a finire così. Era logico, matematico, quasi prevedibile che se la Marina doveva attaccarli, fosse proprio il giorno del compleanno di Usopp.
Quale miglior regalo per il cecchino, che aveva passato i dieci minuti che erano serviti alla nave nemica per agganciarli a urlare di non voler morire? Nami proprio non riusciva a immaginarlo.
Lanciò un’occhiata al suo migliore amico, arroccato a metà dell’albero maestro per abbattere quanti più marines con la fionda, senza mai sbagliare un solo colpo. Per essere un fifone cronico, emanava parecchia sicurezza quando poi la battaglia infuriava e le vie di fuga gli erano precluse.
In quel momento, comunque,  il pensiero della navigatrice non era per il suo compagno di sventure, bensì per l’abito nuovo di zecca che stava cercando di proteggere dalle sciabole dei marines. Ci mancava solo che glielo rovinassero la prima volta che aveva potuto indossarlo. Senza contare che non era nemmeno il più comodo dei vestiti che possedeva per combattere. Con un movimento fluido, quasi coreografico, separò due porzioni del clima-tact e parò ben due fendenti in contemporanea, la gonna del vestito che si alzava in una piccola ruota attorno alle sue cosce.
Forse era il frusciare della stoffa, forse la consapevolezza di essere leggiadra come una piuma, forse era quel che aveva pagato quel benedetto vestito e, pirata o meno, era indignata dal poco rispetto che quella manica di soldatuncoli da strapazzo stava dimostrando nei confronti di una donna, per giunta così ben vestita.
Tirò due gomitate alla cieca ma seppe di essere andata a segno grazie ai grugniti che si levarono nell’aria ma Nami non fece in tempo a esultare nemmeno interiormente che qualcuno la afferrò per il braccio. Rapida e piena di risorse, come solo la paura e la necessità la rendevano, montò la propria arma e con il braccio ancora libero la puntò verso l’imponente mole che la tratteneva.
«Nami no!»
«Thunder Lance Tempo!»
Con un fragoroso crepitare, il corpo del marine venne bersagliato da una pioggia elettrica prima di accasciarsi al suolo, insieme al resto dei propri compagni. Se non che, quando il fumo provocato dall’attacco ebbe finito di diradarsi, Nami si accorse che i compagni di quella sua particolare vittima erano tutti ancora ben piantati sulle proprie gambe. Perché l’ultimo dei marine era stato già abbattuto quando aveva scagliato il fulmine. Perché il pover’uomo che giaceva inerme sul ponte della Sunny, tossendo fuori persino i polmoni, altri non era che…
«Zoro!»
Nami si inginocchiò veloce accanto a lui, incerta su dove mettere le mani, mentre Chopper si avvicinava di gran carriera, lo zainetto già tra gli zoccoli.
«Oddio scusa! Credevo fossi uno di loro!»
«Ti ho anche… chiamato…» tossicchiò lo spadaccino.
«Non ti ho sentito, io… Perché mi hai afferrato nel bel mezzo della battaglia?» rigirò la questione, ponendo i pugni sui fianchi con rimprovero.
«Stavi per… stavi per mettere il piede…» tossì ancora. «Sul filo di una sc… sciabola»
Nami si girò sorpresa e sgranò gli occhi nel notare uno dei marine svenuti, con in mano ancora la propria arma girata effettivamente con il lato tagliente verso l’alto, effettivamente dove si trovava lei poco prima. Imbarazzata ma anche riscaldata dal gesto di Zoro, tornò a voltarsi verso di lui.
Non capiva nemmeno lei perché si stupiva tanto. Era noto che Zoro si preoccupasse per tutti quanti e non era certo la prima volta che si preoccupava specificatamente per lei. Eppure, quella particolare volta, senza un apparente motivo, il fatto che, anche nell’infuriare di quel gran caos, l’avesse tenuta così d’occhio da notare un dettaglio del genere la fece sentire protetta e al sicuro. Molto. Forse troppo.
Appoggiò i palmi tra l’erba e si chinò verso di lui.
«Grazie…» soffiò così piano che a malapena Zoro riuscì a sentirla.
«Come?»
«Ho detto grazie» ripeté un po’ più forte, abbastanza da farsi udire da lui ma non dagli altri.
«Non ho sentito»
Nami lo fissò per un momento. No, era certa che stavolta avesse sentito. E infatti eccolo, un abbozzo di ghigno bastardo sulla sua bocca, quel ghigno che le dava sempre un po’ di batticuore.
Maledetto infame, si prendeva gioco di lei?!
«So che mi hai sentito, Zoro» lo ammonì con il tono della voce.
«Ti dico di no» insistette lui, tornando serio e impassibile.
Nami trattenne il fiato indignata. Col cavolo che l’avrebbe ringraziato ad alta voce! E poi dove le trovava le energie per prendersi gioco di lei?! Non l’aveva arrostito abbastanza?! Si poteva rimediare anche subito!
«Lo sai?! Io non ti devo un bel niente! Chi ti ha chiesto di accorrere in mio aiuto?!» si rimise in piedi stizzita la navigatrice, allontanandosi con passi pesanti verso il sottocoperta.
«Non mi merito nemmeno un piccolo sconto sul debito? In fondo mi sono beccato un fulmine per te!» alzò la voce vibrante di divertimento Zoro, per farsi sentire.
«È tutta colpa tua e del tuo pessimo tempismo!» lo rimbeccò Nami, prima di scomparire nel corridoio che portava alle cabine.
Forse era l’agitazione della battaglia che lo faceva svalvolare, ma Usopp era piuttosto certo che, all’ultima puntualizzazione di Zoro, la faccia della navigatrice fosse diventata della stessa esatta sfumatura dei suoi capelli.
 

§
 

Nessuno si stupiva che quello di Robin fosse il più elegante dei compleanni. L'archeologa permeava tutto ciò che la riguardava con intrinseco fascino e la festa a lei dedicata non era da meno.
Era come se tutti avessero tacitamente accettato di contribuire all'accurato allestimento in cui Sanji, Nami e Chopper si erano tanto spesi, anche solo con la propria persona. Solo il Capitano aveva faticato a comprendere perché fosse necessario che indossasse una camicia chiusa e bianca, ma Usopp e Zoro glielo avevano spiegato con pazienza un paio di volte e Rufy si era infine adattato con entusiasmo.
Organizzare i festeggiamenti al tramonto era poi stato un accorgimento di raffinata classe, soprattutto trovandosi al largo di un'isola che profumava d'estate. Il sole rosseggiava sull'acqua bluastra, si rifletteva sul legno aranciato e sull'erba mossa da una piacevole brezza e dai movimenti fluidi della festeggiata, che stava ballando con Franky sulle note della canzone che Brook aveva composto per lei come regalo di compleanno.
Robin faceva impallidire la sottile falce di luna tanto era bella e radiosa ma pur non rubandole la scena, non era la sola a illuminare la notte che calava rapida sulla Sunny.
Proprio come il cielo, rosso a ovest e viola a est, dall'altra parte del ponte, Nami dondolava da un piede all'altro, ondeggiando al ritmo del pizzicare delle corde del violino, accarezzando la notte con la gonna del suo abito.
Zoro non era un'esteta, per lui bellezza e bruttezza non era concetti esreriori e una bella spada lo era per caratteristiche puramente tecniche, come leggerezza, resistenza, maneggevolezza.
Innumerevoli maglie bianche e tre yukata identici costituivano il grosso del suo guardaroba e di moda non ci capiva nulla.
Ma persino nella sua ignoranza dell'argomento e persino con un occhio solo, sapeva che anche Nami aveva riposto grandissima attenzione e cura nella scelta dell'abito da indossare, per Robin.
Forse perché perfino lui si era preoccupato che la camicia scura fosse abbastanza, forse perché, anche se al cuocastro non andava giù, era lui quello che la conosceva meglio di tutti e gli bastava uno sguardo per capirla e infilarsi tra le pieghe dei suoi pensieri.
«Ehi» chiamò piano per non spaventarla, dopo essersi accostato silenzioso.
«Ehi!» salutò in risposta Nami, gli occhi brillanti, prima di squadrarlo un istante con apprezzamento «Sono colpita Roronoa» sorrise e Zoro avrebbe voluto indignarsi per quella poca fiducia verso la propria capacità di abbinare un jeans e una camicia, se solo lo stomaco non gli avesse fatto​ le capriole.
Voleva dirle che anche lui era colpito, che stava proprio bene, voleva farle sapere che i suoi sforzi di essere elegante e sobria e affascinante​ erano stati ripagati e non con chissà che seduttivo fine, come faceva il cuocastro a ogni occasione, svalutando il complimento a furia di ripeterlo sempre. Per quanto fosse vero che Nami era sempre bella.
E a proposito di cuocastro, eccolo di ritorno, con quel suo aplomb da galantuomo e un vassoio carico di paste e se si fosse avvicinato, Zoro avrebbe perso la sua occasione e, manco a farlo apposta, si stava proprio avvicinando, perché prima di tutti le sue dee ma Robin stava danzando ora con Usopp e non l'avrebbe interrotta e...
«Vuoi ballare?»
Non fosse stato per l'espressione incredula della navigatrice, Zoro non avrebbe mai capito che era stato lui a porre la domanda. E ancor più incredulo di lei, la guardò abbassare appena lo sguardo, senza veramente interrompere il contatto visivo, e annuire.
Zoro smosse le spalle e prese un bel respiro, prima di porgere una mano grande e callosa a una più piccola, più affusolata, più morbida della sua ma non meno segnata dalle proprie personali battaglie.
A Zoro questo piaceva di Nami. Nonostante fosse un'avida approfittatrice in apparenza, combatteva con coraggio, senza mai tirarsi davvero indietro.
A Zoro, in realtà, piacevano molte cose di Nami, fisiche e non. Come li guidava in mezzo alle tempeste e il suo profumo, come le stava quel vestito, come si muoveva insieme a lui sull'erba, perfettamente sincroniz...
«Scusa» sgranò l'occhio buono quando il suo piede si posò per sbaglio su quello di lei ma, se le aveva fatto male, dal suo viso non trapelava. Nami non smetteva di sorridere e scosse solo il capo a invitarlo a non preoccuparsi
Zoro inspirò a fondo. Doveva finirla di perdersi in pensieri e riflessioni e concentrarsi e...
«Dannazione» imprecò ma le scaltre mani della navigatrice salirono a circondargli il collo, per potersi schiacciare più su di lui.
«Stammi più vicino» lo invitò.
Se fosse per evitare che le martoriasse i piedi o altro, Zoro non ne aveva idea. Mentre Brook improvvisava per non far cessare la canzone, mentre Robin cambiava ancora, accettando l'invito di Sanji, poi di Chopper e infine Rufy, al samurai parve di averglieli pestati ancora e ancora. A un certo punto forse neppure si muovevano più secondo la musica.
Ma la brezza era tiepida, la notte sapeva d'estate e Nami era tra le sue braccia. E se anche si fosse rivalsa su di lui il giorno dopo, quando si fosse accorta del male ai piedi e dei lividi, usandola in qualche modo come scusa per aumentargli il debito, non gliene sarebbe importato.
In quel momento importava solo essere lì, a dondolare insieme e fuori sincrono.
 

§
 

Tossì un'imprecazione, così forte da far rollare l'amaca.
Stramaledetto imbecille di un Capitano senza cervello.
Non era da lui essere così furibondo con Rufy, non era un segreto che avrebbe dato la vita per il ragazzo e infatti non aveva esitato a gettarsi in mare per recuperarlo e lo avrebbe rifatto altre mille volte. Probabilmente sarebbe successo davvero, visto che Rufy sembrava affetto da un problema di mancata connessione sinaptica, a intervalli regolari, che gli facevano dimenticare che lui non poteva nuotare.
Normalmente non sarebbe stato neanche così arrabbiato, era stata una sua scelta, giurargli quella lealtà, era anche felice di averlo salvato e lì per lì le acque non gli erano parse più gelide che al largo di Drum.
Ma il verdetto era giunto inesorabile quella mattina, con un febbrone che avrebbe indotto qualsiasi altro uomo al delirio e se lui era tutto sommato abbastanza lucido, era perché era lui e avrebbe preferito non esserlo poi così tanto, perché ogni volta che lo attraversava il pensiero che era il compleanno di Chopper e lui era allettato, gli veniva voglia di prendere Rufy per la gola e gettarcelo lui, nell’oceano.
Fissò il soffitto mentre l’amaca smetteva lentamente di dondolare, troppo stanco e appesantito per anche solo portare un braccio alla fronte come avrebbe voluto.
Era il compleanno di Chopper e lui avrebbe mancato i festeggiamenti, non riusciva ancora a crederci. Né ad accettarlo se per quello. Anzi, non era per niente intenzionato ad accettarlo. Febbre o non febbre, non si sarebbe perso un giorno tanto importante per il suo piccolo, prezioso amico.
Stava cercando di capire come fare ad alzarsi senza ribaltare tutto, visto che le gambe collaboravano talmente poco da rendergli impossibile scivolare giù dall’amaca senza rovinare a terra, che la porta della cabina si aprì con un lieve cigolio. Zoro strizzò l’occhio buono e un po’ lacrimante contro all’improvvisa macchia rosso-arancio che riempì il suo sfocato campo visivo.
«Ah sei sveglio»
Il profumo di mandarino gli liberò un po’ i polmoni e nonostante la pessima visuale lo capì dal tono che sorrideva.
«Come ti senti?»
Si avvicinò all’amaca, spugne pulite e asciutte tra le mani, casomai fosse stato necessario asciugarlo un po’ ma la febbre per ora resisteva e se questo voleva dire che Zoro era relativamente asciutto, significava anche che c’erano sempre meno possibilità che riuscisse a partecipare alla festa.
Il che per Chopper non era neppure un problema, il piccolo medico semmai era preoccupato per le condizioni del suo amico e si era arreso ad accettare che qualcun altro andasse a controllarlo solo quando si era proposta Nami.
«Credo meglio» tentò Zoro, la voce gracchiante, mentre si arrendeva a richiudere l’occhio. Fortuna che avevano fatto penombra in cabina, la luce che era filtrata dalla porta qualche istante era stata abbastanza per infastidirlo. «Anzi, penso proprio che la febbre sia scesa e di potermi alzare»
Una lieve risata fu sbuffata vicino al suo orecchio, ben più vicino di quanto si sarebbe aspettato.
«No, non credo. Chopper ha detto che devi riposare almeno un paio di giorni» lo informò, posando le spugne e adoperandosi per sistemargli la coperta di cotone addosso. Se avesse cominciato a sfebbrare, era il miglior tessuto per assorbire il sudore ed evitare che restasse bagnato.
«Ce la faccio, Nami»
«Zoro, non serve fare sempre il superuomo» lo rimproverò, più ferma ma con un che di dolce nella voce. Forse adesso stava delirando.
«Non è questione di fare il superuomo, io…»
«Sai che Chopper si preoccuperebbe se ti alzassi, non vorrai rovinargli il compleanno»
Una scarica attraversò Zoro da capo a piedi perché era proprio quello il punto. Non voleva rovinargli il compleanno, non poteva. Non a Chopper.
«Ma sto bene!» protestò un ruggito rauco e ben poco credibile, mentre con uno slancio di chissà che energie ritrovate si rimetteva seduto nell’amaca solo per cozzare con la fronte contro quella di Nami, che si era piegata proprio in quel momento a rimboccargli la coperta sul petto.
«Ouch!»
Ricadde indietro sul letto dondolante, annaspando per un momento perché non aveva mai avuto intenzione di colpirla e al tempo stesso il colpo lo aveva rintronato quanto un suo cazzotto dato con tutta la viva forza che aveva.
«Nami ti ho…» fece per chiedere ma una mano si posò sulla sua fronte, l’altra a bloccare il rollio dell’amaca.
«Ti ho fatto male?» domandò piano la navigatrice, rubandogli le parole di bocca da brava ladra qual era.
Zoro sospirò appena, l’occhio ora sigillato che si rifiutava di aprirsi. Non poteva addormentarsi, doveva andare da Chopper, non avrebbe lasciato che il suo pessimo tempismo nell’ammalarsi rovinasse la giornata del medico. Ma Nami lo stava accarezzando a fior di dita ed era così rilassante. Era così rilassante quando si concedeva di essere dolce con lui, quando si concedevano quei momenti complici, iniziati non sapevano neppure quando, sempre lontano da occhi indiscreti.
Forse la prima volta era stato al suo risveglio a Thriller Bark, forse prima, Zoro non ricordava, non aveva neanche voglia di sforzarsi, non con Nami che lo sfiorava così, così vicina da sentire il suo respiro così fresco addosso, un toccasana per la pelle che iniziava ad appiccicare un po’ per il sudore.
Il suo corpo iniziava a buttare fuori, a lottare contro il parassita che lo aveva steso a letto e Zoro sentì il corpo farsi sempre più pesante, lottò ancora qualche minuto ma non riuscì oltre quando due labbra si posarono sulla sua fronte.
«Riposa» lo invitò un soffio al mandarino e, con un altro sospiro, Zoro mollò il colpo, soccombendo al sonno, alla febbre e all’invito di Nami, sussurrato solo per lui.
La navigatrice attese di sentirlo iniziare a respirare grosso, prima di sollevarsi, senza staccare gli occhi da lui, dal suo profilo fiero ma una volta tanto completamente rilassato in un sonno davvero profondo, i capelli ben pettinati all’indietro per lasciare libera la pelle della fronte, il petto che si alzava e abbassava regolare.
Un sorriso fece capolino sulle sue labbra.
Aveva immaginato che Zoro avrebbe fatto di tutto per presenziare al compleanno ed era contenta che fosse stato proprio Chopper a proporre di rimandare i festeggiamenti di un paio di giorni, ma restava il festeggiato e non lo avrebbero fatto lavorare se non strettamente necessario.
E non era strettamente necessario, fintato che poteva pensarci lei. Fintanto che voleva pensarci lei.
Si allungò verso il tavolino doveva aveva posato le spugne, afferrò la prima e con delicatezza prese a tamponare la fronte del samurai, scendendo sull’occhio ferito, aggirando l’orecchio, sgusciano sul retro del collo. Movimenti calmi e calibrati per non svegliarlo, continuò fino ad averlo asciugato per bene e solo allora si concesse di apprezzare quanto si era dovuta fare vicina per riuscire nel proprio intento. Solo allora si concesse di sfiorare con la punta del naso il suo collo, respirando avida il profumo selvatico di Zoro e poi, rialzato appena il viso, di premere le labbra all’angolo della sua bocca.
Nami non era inesperta e aveva sempre trovato singolare quanto fosse diverso il contatto tra labbra e pelle e quello tra labbra e labbra. E l’angolo della bocca era il confine, quel piccolo passo da compiere per scoprire come sarebbe stato. Avrebbe punto per la barba ispida, avrebbe formicolato per le labbra coriacee, avrebbe insospettabilmente affondato nel morbido.
Nami lasciò vagare gli occhi sul viso di Zoro, senza allontanarsi ancora. Chissà, forse un giorno, quando e se fossero stati abbastanza sulla stessa lunghezza d’onda, lo avrebbe scoperto.
Per il momento, si accontentava di rubare ancora un altro contatto sul quella piccola linea di confine, mentre una mano accarezzava attraverso due strati di cotone il suo sterno. Come a Thriller Bark.
«Riposa» ripeté, alzandosi per lasciare la cabina.
Sarebbe tornata presto da lui e non sapeva davvero se sperare di trovarlo già sveglio o ancora addormentato.
 

§
 

Quello di Nami era stato il primo compleanno mai festeggiato sulla Merry. Erano solo in quattro, erano ancora nell’East Blue ma erano già una famiglia.
Zoro aveva sempre vagato solo, vissuto per gli affari propri, era sempre bastato a se stesso. Un cacciatore di taglie, senza scrupoli né affetti, con un unico obiettivo in mente. Un lupo solitario felice di esserlo finché non si era ritrovato con loro.
Unirsi a Rufy era stato istintivo, capire che aveva finalmente una famiglia destabilizzante, per circa quattro secondi, ed era stato proprio quella sera, al sera del compleanno di Nami, il primo mai festeggiato sulla Sunny. Oltre a essere dovere morale, aveva voluto brindare non solo alla festeggiata ma a ciò che aveva appena compreso lo legasse a quei tre fino a poche settimane prima sconosciuti. Aveva alzato il boccale di birra e brindato con Rufy e Usopp in onore di Nami.
L’aveva accolta e aveva un che di nostalgico ripensare a come e quando tutto era iniziato. Sembrava passata un’intera esistenza da quella sera, mentre si accingevano a festeggiarla di nuovo, questa volta in nove e su una nave dal ponte erboso.
Forse anche per lei non era solo il proprio compleanno, ma un punto d’inizio che ricordava con sentimento. E che ci tenesse non era solo risaputo ma anche evidente.
Con un fiore nei capelli e l’abito che le lasciava la schiena nuda, un velo di emozione negli occhi, persino Zoro si era dovuto rendere conto di quanto fosse bella.
Applausi, fischi e auguri l’accolsero sul ponte, addobbato a festa e illuminato a dovere, e Zoro osservò i propri compagni farsi avanti uno dopo l’altro per baciare e abbracciare la festeggiata. Con un ghigno a metà si staccò dal parapetto e si avvicinò a sua volta, giungendole alle spalle. Non poteva ma neanche voleva limitarsi a un boccale a mezz’aria quella volta, ci volevano dei veri auguri.
Si fermò a un passo da lei, vagando per un momento con gli occhi sulle sue spalle lisce e candide, dominando l’impulso di passare due dita nell’incavo che divideva simmetricamente la sua schiena, prima di chinarsi in avanti.
«Buon compleanno mocciosa» mormorò a mezza voce, girando poi il viso per baciarla su una guancia.
«Grazie buzz…»
Quello non lo aveva messo in conto. Che Nami si sarebbe prontamente voltata a ringraziarlo, non lo aveva messo in conto e sgranò l’occhio buono, carbone nell’ambra, preso in contropiede dalla sensazione delle labbra di Nami sulle proprie.
O, più precisamente, erano le proprie labbra su quelle di Nami e Zoro sapeva che si sarebbe dovuto staccare e possibilmente dileguarsi, ma gli apparivano tutti dettagli irrilevanti.  
Nami sapeva di mandarino e camomilla e lo fissava di rimando con il suo stesso stupore, ma neppure lei accennava ad allontanarsi e Zoro era un uomo che sapeva quando cogliere un’occasione se gli si presentava. La prese per i fianchi e con un movimento gentile ma deciso la fece voltare completamente verso di sé, con il preciso intento di tirarsela più addosso e l’occhio si chiuse praticamente da solo quando Nami gli circondò la mandibola con le mani e cominciò ad assaporarlo famelica.
Poco importava che fossero sul ponte, sotto gli occhi di tutti. Poco importava, a Zoro, che non sapesse spiegare cosa gli fosse preso, che non si fosse mai accorto prima.
Poco importava essere pirati, essere costantemente a rischio, che le relazioni complicavano le cose.
Poco importava o anche nulla.
La sola cosa che importava erano le labbra di Nami che si muovevano con le sue e promettevano, con ogni piccolo morso e assaggio, di non smettere di farlo tanto presto.
Perfettamente in sincrono.  
   
   
 
 
  
  
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