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Autore: L_White_S    10/02/2020    0 recensioni
" Non sempre gli angeli nascono con le ali "
Quando i nazisti portano gli ebrei nel campo di concentramento di Auschwitz, il loro scopo non è solo quello di ucciderli…
Quando il re inglese attacca la Francia per riprendersi il trono, la guerra “dei cent’anni” diverrà il pretesto per celare le vere motivazioni del conflitto. Ma cosa hanno in comune questi avvenimenti storici?
Ice – il protagonista – è un ragazzo che si sveglia in un laboratorio ultratecnologico senza memoria. Gli esperimenti condotti lo hanno privato dei ricordi e solo dopo un accurato incidente, studiato – se vogliamo – inizia finalmente a trovare nel buio della sua mente quei flashback che faranno riaffiorare la verità, oltre che la luce.
La saga inizia con la ricerca delle origini di uno “dei dieci”, con un debutto fenomenale.
Si introdurranno domande che sorgeranno spontanee al lettore, quali la nascita del conflitto delle parti, sia di esseri
sovrannaturali che non, e di quanto possa un amore condizionare la vita…
Ice, durante il viaggio dettato dai ricordi, scoprirà una visione demoniaca che lo perseguiterà per tutto il tempo, manovrandolo come un burattino. Ma perché accade questo?
L’amore potrà riportarlo sulla retta via, perché la strada del male, è solo un bivio…
Genere: Fantasy, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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CAPITOLO      0.5





   Non appena il biondino varcò la porta, Ice fu investito da una luce accecante e caldissima che quasi lo costrinse a chiudere gli occhi. 
   A mezzogiorno il sole era una palla di fuoco alta nel cielo.
   Per un brevissimo istante gli occhi del ragazzo rifletterono uno stupendo colore rosso fuoco, subito sovrastato dall’azzurro più profondo delle due scintillanti iridi.
   In certi momenti gli facevano male ma poi il dolore svaniva subito. Chissà qual era la causa.
   Si guardò attorno.
   La vita nelle strade era movimentata e frenetica e in tutti gli sguardi curiosi che Ice incrociò, un velo di terrore veniva accuratamente nascosto: la popolazione preferiva non fare domande sul nuovo arrivato piuttosto che interrompere il lavoro…
   Gli invasori erano attenti a ogni minimo particolare.
   « Restate in silenzio e con lo sguardo rivolto verso il basso, nessuno vi avvicinerà. Dobbiamo uscire dalla città ».
   Suggerì Phlip senza aggiungere altro. Nascondeva qualcosa?
   Le guardie non avrebbero mai interrotto la penitenza di un frate e poi Ice, non era l’unico vestito in quel modo…
   Non doveva quindi avere paura. Stranamente si fidava del biondo.
   Avevano percorso all’incirca cinquecento metri e già aveva incrociato altri tre o quattro uomini nella stessa posizione: capo chino e mani in preghiera, così si pentivano…
   Era anche un ottimo modo per mimetizzarsi però.
   Aumentando il passo per non destare sospetti, Philip raggiunse una distanza tale da costringere Ice a correre per raggiungerlo.
   Era davvero troppo lontano.   
   Corse ancora.
   “Ma dov’è?”.
   Lo aveva perso.
   “Maledizione!”.
   Ice non si arrese e fu la disperata ricerca di Philip a spingerlo a conoscere un lato nuovo di sé, che mai avrebbe immaginato di possedere; ripensando a quando vide il biondo la prima volta, pochi istanti prima, con quella chioma, quegli occhi chiari… fu sopraffatto da uno strano senso di nausea, da un odore fortissimo…
   In men che non si dica riuscì a percepire lo stesso profumo tra decine e decine di uomini, mentre la folla incuriosita lo fissava.
   Fu in quel momento che comprese che sarebbe stato in grado di pedinare chiunque seguendo esclusivamente l’odore.
   No, non era un cane, ma si sentiva come i randagi che giravano per il mercato.
   Un segugio nel vero senso della parola.
   I passi aumentavano e nonostante i due compagni fossero separati da una ventina di metri circa, erano perfettamente in simbiosi, dove Philip svoltava, Ice lo seguiva…
   Finalmente la folla svanì finché non si ritrovarono alla periferia della città.
   Senza rendersene conto, Ice intraprese un ciottolato alla base di una collina e raggiunse la sommità dell’altura da cui tutta la città, o quasi, poteva essere osservata nel silenzio più profondo.
   Arrivato, fu investito da un vento freddo che entrando nel cappuccio, gli scoprì il capo; Philip si materializzò da dietro l’unico albero presente e dopo essersi accertato dell’assenza inglese, avvicinò il ragazzo.
   Era serio e attento, sicuro di non esser stato seguito: di lì a poco avrebbe incontrato una persona, non poteva rischiare di essere scoperto.




   La minaccia inglese era spesso elusa da chi, patriottico, tentava di vivere, per quanto possibile, senza divieti e obblighi.
   Erano molti gli uomini che usavano lo stratagemma adottato da Ice, ciò rendeva quasi impossibile riconoscere i veri e propri pastori; lo sforzo subito per mantenere la castità spesso terminava dopo tre o quattro mesi di pura pudicizia; poi subentrava la natura umana.
   Era questo il principale motivo per il quale i chierici passavano il più delle ore della giornata in penitenza piuttosto che celebrare la liturgia…
   Il risultato: decine e decine di “preti in penitenza” vagavano per le strade delle principali città, sia francesi che inglesi; un punto a favore per la resistenza che via via stava crescendo sempre più.
   Eppure, di tanto in tanto, qualche povero uomo era ugualmente scoperto, seguito e giustiziato, senza dare troppo nell’occhio.
   Tutto avveniva nella maniera meno “rumorosa” possibile, gli invasori non volevano destare inutili clamori, le genti erano stupide e chissà cosa avrebbero issato se avessero saputo della vera ragione della guerra…
   Erano settimane intere che Marcelle de Sully, a sua insaputa, era costantemente sorvegliato e con lui chiunque lo avvicinasse; gli inglesi avevano l’impressione che quell’uomo nascondesse qualcosa. E non si sbagliavano.
   Fu proprio quella mattina che un finto credente, una delle guardie sottocopertura, entrò nella cattedrale e notò il nuovo ragazzo; senza dare nell’occhio sentì tutta la conversazione avvenuta nella navata principale e terminata, uscì, seguendo i due ragazzi.
   Con non pochi problemi pedinò il fallace sacerdote tra la folla del mercato finché non giunse a poca distanza dalle mura della città, su una piccola collina.
   Con adeguata accortezza rimase tutto il tempo fuori dalla vista dei due giovani, appostandosi tra la piccola boscaglia cresciuta alla base del versante est del monte…
   Attese qualche istante finché non vide uno dei due ragazzi, quello biondo, uscire da dietro il tronco dell’unico cipresso presente.
   Fu a quel punto che alzò un braccio e con maestria, senza emettere il minimo rumore, afferrò l’imponente legno alle sue spalle, lo portò davanti a sé, e con l’altro scelse senza badarci troppo una delle cinque frecce presenti nella borsa.
   Dispose il dardo diligentemente, prese la mira, proprio all’altezza della spalla sinistra del biondo e fletté la corda all’indietro.
   La rapidità dell’operazione fu tale che non appena il cavo raggiunse il limite massimo, pronto per torcersi e rumoreggiare, la freccia fu scoccata senza emettere alcun rumore.
   Solo un flebile fruscio tagliò l’aria.




   Nel momento stesso che Philip aprì la bocca, sperando di iniziare il discorso, il piccolo “Ssss” prodotto dal dardo sin quel momento, divenne il suono fortissimo che entrambi i ragazzi percepirono.
   L’attenzione di Ice si rivolse subito verso quel rumore alla sua destra tanto che vide una scia argentata tagliare l’aria a pochi centimetri dal suo viso.
   La freccia solcò per intero la distanza scelta dall’inglese per poi colpire il bersaglio nella miglior maniera possibile.
   La punta metallica strappò violentemente la stoffa bruna del giovane che subito assunse un colore rosso scuro: la carne fu squarciata senza difficoltà liberando il fiotto di sangue che presto circondò il corpo di Philip accasciato a terra.
   Tutto avvenne in pochissimi secondi lasciando Ice interdetto.
   Il biondo, quasi sul punto di svenire, non fu subito soccorso dal compagno che al contrario, voltatosi, cercò di individuare l’aggressore, oramai scomparso.
   Il vento penetrò senza ostacoli negli occhi disorientati del giovane che subito fu riportato con i piedi per terra: Ice s’inginocchiò tentando di curare il compagno.
   Ma che ne sapeva lui di come alleviargli il dolore? 
   Non sapeva né chi era né da dove venisse! Figurarsi improvvisarsi dottore. In realtà non sapeva molto ora che ci pensava…
   Le urla strazianti di Philip lo riportarono alla realtà e il moro, senza rendersene conto, tremava, mentre goffamente cercava di tamponare la ferita.
   Il dardo, quasi un siluro, aveva trapassato da parte a parte la spalla sinistra di Philip, a pochissimi centimetri dal cuore.
   Ogni secondo perso trasformava il ragazzo in un cadavere sempre più bianco e sempre più freddo.
   Ice doveva fermare l’emorragia il più presto possibile.
   Nel tentativo di alzare il corpo semicosciente del compagno, una mano femminile lo avvicinò silenziosa per aiutarlo.
    Per istinto cercò di capire chi fosse ma la paura di perdere Philip non lo distolse un attimo.
   Lo sentiva vicino a sé, come fosse un fratello. 
   « Dovete sfilargli la freccia! », disse una voce melodiosa.
   E mentre la donna, con i suoi lunghi capelli mori copriva casualmente il volto sofferente di Philip, Ice decise di afferrare quell’arma maledetta; entrata per metà.
   Non voleva provocare altro dolore così, senza pensarci due volte, la spezzò; passò un braccio dietro il capo penzolante di Philip e quando ebbe trovato la punta, tirò con tutta la forza.
   Il ragazzo urlò con tutta l’energia rimastagli per poi svenire tra le braccia dei due.
   Subito la mora prese un panno bianco, magicamente pronto per l’occasione e lo strinse con violenza sulla ferita, tamponandola.
   Uno scalpitare impetuoso attirò lo sguardo del giovane finché non vide un animale alto il doppio di lui, era bruno con una lunga criniera nera come la coda che veniva sventolata a destra e sinistra, il muso, forsennato, faceva costantemente su e giù; era un bellissimo cavallo, pensò.
   Subito si voltò alla ricerca della ragazza che vide china sul suo compagno…
   Rimase folgorato.
   Il vento le aveva scompigliato i capelli che muovendosi continuavano a mescolarsi con quelli di Philip coprendogli il viso, sembrava volessero proteggerlo.
    Il lungo vestito bianco era per metà insanguinato e da un lato, uno strappo aveva scoperto le lunghe e affascinanti gambe.
   Il silenzio s’impossessò dei presenti per poi esser subito interrotto da un dolce singhiozzo.
   Ice immaginava perfettamente da dove provenisse. 
   « Ehi…».
   La ragazza alzò di colpo il capo mostrando i suoi dolci lineamenti.
   Le labbra rosate erano gonfie e carnose ma mostravano chiaramente il dolore provato; le guance tondeggianti erano tagliate entrambe da due rigagnoli lucenti: partivano da due occhi marroni, sottili e laceranti, protetti da delle ciglia nerissime, curve e lunghe, evidenziando la sensualità e la dolcezza di cui disponeva, nonostante stesse piangendo.
   Lo sguardo sofferente penetrò a forza negli occhi del giovane facendogli formicolare ogni centimetro del proprio corpo.
   Il dolore provato era manifestato apertamente senza vergogna tanto che persino Ice si sentì gli occhi gonfi pronti a esplodere…
   « Non mollate amore, vi prego…».
   Era certamente pericoloso soffermarsi in quel luogo, i presenti sapevano perfettamente che avrebbero dovuto spostarsi il prima possibile.
   Qualcuno voleva ucciderli!
   Fu a quel punto che Ice, alzatosi, con il cuore a mille, tese la schiena e allungò opportunamente le braccia per afferrare il corpo rannicchiato di Philip, « Dobbiamo portarlo via ».
   La ragazza, sul punto di svenire, riuscì ad annuire e con non poca fatica si mise in piedi.
   Lo sforzo e l’attenzione per non farsi scoprire dagli inglesi furono nulli e per di più ora non potevano fare ritorno alla cattedrale senza dare nell’occhio.
   Dovevano trovare un altro modo per portare Philip al riparo.
   La ragazza, senza indugiare, salì sul gigantesco cavallo e prese le briglie, con un cenno del capo ordinò chiaramente a Ice di mettersi all’opera.
   Subito il biondo fu accuratamente fatto salire e poggiato contro la schiena della mora.
   « Non volete venire? ».
   Non se la sentiva di salire su quella bestia, ma per aiutare il compagno lo avrebbe senz’altro fatto, l’unica indecisione era: “Ce l’avrebbe fatta il cavallo?”.
   Con qualche difficoltà alla fine montò in groppa al purosangue e non appena si assestò, la giovine partì di colpo.
   Stava per cadere all’indietro, che fece per tempo uno scatto in avanti aggrappandosi al suo grembo bloccando così anche il povero Philip, privo di sensi e ora bloccato tra i due.
   Il cavallo trottava senza mostrare alcun fastidio e Ice, impaurito, vedeva correre la strada a pochi centimetri da se; il morbido corpo della mora era caldo ed appagante, non avrebbe mai voluto staccarsi da lei…




   L’infame guardia, nascosta, osservò per intero tutta la scena ma non potendo seguire i tre a cavallo, decise di tornare indietro a fare rapporto. 
   La sera oramai stava calando e quasi sicuramente non avrebbe incontrato nessuno lungo il cammino; dopo il tramonto il più delle volte la città era deserta.
   Percorse la via principale accompagnato dal chiarore della torcia, finché, silenzioso, non raggiunse un portone vecchio e metallico.
   Era un luogo angusto e umido, le pareti parvero schiacciare l’inglese a ogni scalino che scendeva; le ragnatele erano immense e s’incendiavano con le scintille liberate dalla fiaccola.
   Finalmente raggiunse la fine della scalinata e lì un portone, tre volte quello precedente, lo bloccò; allora prese una chiave dalla borsa, la infilò in una fessura, girò, la tolse e fece lo stesso con le altre due.
   Il metallo vibrò nel lunghissimo corridoio e la porta si spalancò.
   Percorse decine di metri guidato dall’unica luce presente alla fine del tunnel e quando si avvicinò abbastanza, la torcia improvvisamente si spense.
   Un vento gelido lo accompagnò fino alla destinazione. Poi cessò.
   Una trentina di uomini armati ridevano e scherzavano, alcuni giocherellavano con qualche povera donzella, altri seri, discutevano sul da farsi, altri ancora, a terra, dormivano.
   Uno solo, incappucciato e seduto in disparte, continuava a disegnare con l’indice un cerchio immaginario sul legno marcio della tavolata.
   Appena l’inglese fu notato tutti si voltarono. 
   Egli, seguendo le usanze, s’inginocchiò recitando l’antico idioma.
   I presenti si alzarono e piegando il capo, in senso di rispetto, si misero una mano al cuore.
   Erano uniti da un patto di sangue, consapevoli che l’uccidere fosse un peccato mortale.
   Dovevano farlo però, ne era in gioco la salvaguardia dell’impero.
   « Ho fatto ciò che mi avete chiesto ».
   L’incappucciato smise di ruotare il dito e si alzò avvicinando il nuovo arrivato. 
   Allungando il braccio, mise la mano destra sulla spalla del suo discepolo, « Il re vi darà la giusta ricompensa ».
   La notizia sorprese tutti, tanto che un fastidioso bisbigliare irruppe nella sala; debitamente interrotto dall’inglese.
   « Il re? Credete mi accoglierà? ».
   Il silenzio tombale tornò improvvisamente; i presenti si guardarono negli occhi visibilmente scossi e impauriti.
   Non era passato molto da quando l’insulso suddito era entrato a far parte della setta, e ora che era uno di loro, poteva permettersi di fare tutto, tranne che rivolgere domande riguardanti il re…
   Con un dolce ma forzato sorriso, l’incappucciato, nascosto nell’ombra, rispose; « Certamente ».
   In men che non si dica, con una rapidità inaudita, si avventò contro il discepolo afferrandolo per la testa, lo alzò di peso e senza timore si avvinghiò mordendolo sul collo.
   Le vergini iniziarono a urlare ma subito furono accerchiate subendo all’istante la stessa crudele sorte.
   « Che spreco », disse qualcuno.
   Era stato uno sbaglio reclutare nuovi uomini direttamente dalle fila dell’esercito inglese, nessuno doveva venir a conoscenza del reale obiettivo di Ry.

   
 
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