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Autore: Nike90Wyatt    12/02/2020    2 recensioni
Un giorno d'estate, tra le meraviglie di Parigi, un romantico tramonto sulle sponde della Senna fa da sfondo ai timori di giovani cuori in tumulto. La paura del vero amore, i dubbi che ne conseguono potranno essere fugati da un gesto eroico?
Genere: Slice of life, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Luka Couffaine, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Paura del Vero Amore

Il forno elettrico annunciò con un dling la cottura completa dei macarons. Sabine Cheng, attirata dall’intenso profumo di zenzero, limone, vaniglia e nocciola, entrò nella cucina.
«Che buon profumino.» Un mugolio di piacere accompagnò quelle parole. Sabine allungò una mano sulla teglia appena sfornata. «Posso assaggiarne uno?»
«Certo!» esclamò Marinette. Attese che la madre assaporasse il gusto e chiese: «Come sono? Troppo dolci? Troppo amari? Ho esagerato con le dosi?»
«Sono perfetti.» Sabine le accarezzò una guancia. «Farai un figurone con i tuoi amici.»
Marinette fece un sospiro di sollievo. Convinta da quel commento, decise di assaggiarne uno anche lei e fu soddisfatta nel constatare che erano davvero ottimi. Lanciò un’occhiata all’orologio: le 10:30. Si stupì di essere riuscita, per una volta, ad eseguire un compito senza fare tardi.
Sabine seguì lo sguardo della figlia. «A che ora hai appuntamento con Alya?»
«A mezzogiorno. Ho il tempo di fare doccia, shampoo e di vestirmi con calma.» Pulì con meticolosità il banco di lavoro, lavò teglia, ciotole e utensili e spalancò le finestre in modo da arieggiare l’ambiente, sebbene fosse convinta che l’aria proveniente da fuori fosse più pesante di quella all’interno. “Quand’è che potremo avere un po’ di fresco?”
Dopo essersi rinfrescata sotto il getto della doccia e pettinata a dovere, Marinette indossò una t-shirt bianca, con la foto di Jagged Stone stampata sul fronte, e dei leggins rosa. Sistemò i macarons in una scatola, disposti in fila per colore, adagiò Tikki nella pochette – per fortuna non soffriva il caldo – e salutò i genitori dall’anticamera della pasticceria, evitando così di essere investita dal calore del forno.
Alya e Nino la attendevano davanti al portone, rifugiati all’ombra sotto al colonnato.
«E quello da dove sbuca?» chiese divertita Marinette, indicando il cappello di paglia a tesa larga indossato dalla sua amica.
«Un gentile regalo di mia madre. Almeno non prenderò un’insolazione.»
Marinette spostò lo sguardo su Nino e sul cestino che aveva in mano. Dal modo in cui lo reggeva, suppose che fosse piuttosto pesante. «Immagino che abbia anche contribuito a riempire quello.»
«Fin troppo.» Nino sbuffò ricevendo un’occhiata torva da Alya. «Che c’è? Tua madre ha cucinato per un intero reggimento.»
Alya lo ignorò ed invitò entrambi ad incamminarsi.
Nel tragitto che li separava dai Giardini di Lussemburgo, Alya offrì a Marinette il suo cappello per proteggersi dal sole cocente.
«Sto bene, grazie» rispose Marinette. Utilizzò un cerchietto per gettare la frangia all’indietro e liberare la fronte, che asciugò dal sudore con un fazzoletto. «Cos’hai portato, Nino?»
«Lui nulla» intervenne Alya. «Ha detto che Chris lo avrebbe tormentato fino alla morte pur di venire e, quindi, ha preferito non dirgli nulla.»
«A chi lo hai lasciato?» domandò Marinette.
«Lila è stata ben lieta di far compagnia a lui e alle sorelline di Alya.» Nino si sventolò col suo cappello rosso. «Con lei almeno sono tranquilli.»
 Marinette emise un verso di stizza e non replicò. Il solo sentir pronunciare il nome di Lila le causava un prurito alle mani. “Almeno non dovrò sopportarla al pic-nic.” Quel pensiero le restituì il sorriso.
Giunti all’ingresso del parco, i tre sospirarono all’unisono, ben lieti di poter stendersi sul prato all’ombra dei cipressi e di godere del meritato riposo.
Dal lungo viale ombrato, in cui penetravano sottili lame di luce solare attraverso le foglie degli alberi, scorsero il gruppetto di compagni che li attendevano riparati in una conca naturale creata da tronchi e rami. Sul prato avevano steso una lunga tovaglia bianca con fantasie tinte di blu e rosso.
Nino strascicò sul terreno il pesante cestino, preparato dalla signora Cesaire, mentre Alya e Marinette si godettero l’abbraccio delle loro amiche, Rose e Mylene. Alix sfrecciò alle loro spalle sui pattini a rotelle, rivolgendo loro un saluto con due dita portate accanto alla tempia.
Ivan offrì aiuto a Nino e gli chiese: «Adrien non verrà?»
Nino scosse la testa. «Sai com’è fatto suo padre.»
Alya gettò uno sguardo furtivo verso Marinette, la quale la sorprese restando impassibile limitandosi ad un’alzata di spalle.
«Ehi sono arrivati anche Luka e Juleka!» urlò Rose, agitando le mani in aria.
Anche Marinette salutò i due ragazzi che si avvicinavano. Luka aveva sulle spalle la custodia con la sua chitarra ed indossava una maglietta azzurra senza maniche, anch’essa con l’immagine di Jagged Stone sul fronte.
Quando il gruppo fu al completo – Kim e Max arrivarono pochi minuti dopo i fratelli Couffaine – pranzarono sul prato. Ognuno di loro si era incaricato di portare qualcosa: chi, come Alya, aveva portato piatti di pietanze, dai primi ai secondi ai contorni, chi aveva portato le bibite, mentre i dolci erano un incarico esclusivo di Marinette.
Luka allietò la giornata suonando le canzoni di Stone, accompagnando i gorgheggi da solista di Rose ed improvvisando improbabili melodie su suggerimento di Kim. Infine, suonò una sua personale composizione, ricevendo sinceri complimenti da parte dei suoi amici.
Le risate, le lunghe chiacchierate, i giochi di gruppo distrassero Marinette dall’oppressione del caldo che, verso il tramonto, iniziò a regalare un pizzico di sollievo a Parigi.
Marinette si rese conto che di tutto quello che avevano portato non era avanzato nulla e rise al commento che aveva fatto Alya in proposito: «Scommetto che appena arrivano a casa, Kim e Ivan chiederanno il bis.»
All’uscita dal parco, Rose, Alya e Juleka accettarono l’invito di Mylene a seguire lo spettacolo del padre che si sarebbe tenuto di lì a poco, davanti al museo del Louvre.
«Mi farebbe piacere venire» disse Marinette, «ma domani il treno parte alle sette e, conoscendomi, è meglio che mi ritiri presto.»
Mylene annuì, con un velo di tristezza sul volto. «Sarà per la prossima volta, Marinette.»
Le ragazze salutarono con affetto la corvina, augurandole poi buon viaggio.
«Ti accompagno a casa» disse Luka.
Marinette scosse la testa. «Non è necessario. E poi, allungheresti il tragitto.»
«Per me non c’è nessun problema» rispose Luka, nel suo solito tono pacato. Le strizzò l’occhio. «Conosco una scorciatoia che ci farà guadagnare qualche minuto.»
Marinette sorrise. «Accetto l’offerta.»
 
«Dove trascorrerai le vacanze?» chiese Luka, mentre camminavano per Boulevard Saint-Germain.
«Staremo qualche giorno a Montecarlo. Mia madre sognava da anni una vacanza lì, ma gli impegni della pasticceria ce l’hanno sempre impedito. Quest’anno, mio padre è riuscito a liberarsi e ha prenotato un soggiorno per tutti e tre.»
«Mi mancherai.»
Marinette arrossì. «Anche tu mi mancherai, Luka. Tutti voi mi mancherete, anche se si tratta di poco tempo.» Si strinse nelle spalle. «Comunque, del tempo di relax non può che farmi bene.»
Svoltarono sul Pont de Sully. I raggi purpurei del sole si riflettevanno sull’acqua della Senna, accarezzando le guglie dell’imponente cattedrale di Notre Dame. Marinette si fermò accanto alla ringhiera per osservare quel suggestivo effetto di luci. «Non capita tutti i giorni di vedere un panorama così bello, vero?»
Luka sorrise; le sue dita si agitavano nell’aria come se stesse suonando una chitarra invisibile. «Per me, è fonte d’ispirazione.» Si voltò verso Marinette. «Scriverò una canzone per quando tornerai.»
Marinette balbettò una risposta, ma Luka spostò l’attenzione sulla strada, quando lo stridore di una sgommata rimbombò. Un’automobile imboccò la corsia del ponte sbandando. L’autista perse il controllo della vettura che uscì di strada e superò il cordolo di divisione del marciapiede. Il cofano puntava dritto su Marinette, la quale non si era ancora resa conto dell’imminente pericolo.
«Marinette!» Luka agì d’istinto: si gettò in avanti, ma la pesante custodia della chitarra gli intralciò i movimenti. Cadde su un lato, riuscendo comunque a spingere Marinette in modo da evitarle l’impatto con la vettura. Lei perse l’equilibrio e, nello slancio, finì per scavalcare la ringhiera precipitando nel fiume.
Luka si liberò della cinta della custodia e si affacciò sul fiume, imitato da alcuni passanti attirati dal botto provocato dallo scontro dell’auto con la ringhiera. Alcuni strillavano, altri mantennero il sangue freddo e chiamarono i soccorsi.
Luka non la vide riemergere. Salì sul cornicione e si gettò in acqua. Con una potente sbracciata riemerse, prese un lungo respiro e tornò sott’acqua. Il corpo di Marinette scendeva sul fondo lentamente. Era priva di sensi. Luka nuotò verso lei, combattendo con la corrente del fiume che, seppur non violenta, sfidava i suoi muscoli ad uno sforzo importante.
Le afferrò un braccio e la tirò a sé. I polmoni iniziarono a reclamare ossigeno e la vista si appannò. Strinse Marinette cingendole la vita e si diede una spinta con i piedi. La superficie dell’acqua gli sembrava lontanissima. Serrò i denti, scosse la testa e spinse ancora con un colpo di gambe. Finalmente riaffiorò e poté respirare. Tenendo stretta Marinette, nuotò verso la sponda dove un uomo tendeva le braccia per aiutarlo. Un altro uomo si occupò di Marinette, stendendola al suolo.
Luka si inginocchiò accanto a lei, individuò il centro del torace, vi applicò una mano, alla quale sovrappose l’altra, e premette. All’aumentare del numero di compressioni, cresceva in lui il terrore; aveva il respiro corto, i denti serrati e gli occhi iniettati di sangue. Le sirene dei soccorsi giunsero alle sue orecchie in un suono ovattato.
Il corpo di Marinette sussultò, le mani si sollevarono di scatto.
«Marinette» mormorò Luka con un filo di voce.
Marinette sollevò il busto, gli occhi spalancati, e sputò un fiotto d’acqua. Iniziò a tossire.
«Piano, piano.» Luka le accarezzò la schiena e la aiutò a stendersi di nuovo.
«Qui!» gridò un uomo per richiamare l’attenzione dei paramedici, appena arrivati.
Sul ponte brillavano le luci intermittenti delle due autoambulanze e di una volante della polizia.
Marinette si voltò verso Luka, che le stringeva la mano. Aveva uno sguardo vacuo e confuso. «A- Adrien» sussurrò.
«Sono arrivati i soccorsi. Andrà tutto bene.» Luka le accarezzava la testa, i capelli erano sciolti; nella caduta doveva aver perso i due elastici che li tenevano legati.
Due paramedici, un uomo e una donna vestiti di una tuta arancione catarifrangente, si inginocchiarono accanto a Marinette. Luka si spostò, lasciando loro lo spazio per visitarla. Come attratto da una voce nella sua testa, volse lo sguardo sulla Senna. Un piccolo volatile si librava ora sul pelo dell’acqua, ora sulla strada sovrastante, ora sui palazzi. Luka socchiuse gli occhi per mettere a fuoco la vista. Era una farfalla nera con striature viola sulle ali. Un’akuma.
Papillon aveva carpito i suoi sentimenti negativi, la sua paura, e aveva provato ad approfittarne.
“Se ci fosse riuscito, non avrei potuto aiutare Marinette.”
«La ragazza sta bene.»
Luka si voltò.
La donna dell’ambulanza era in piedi accanto a lui. «Ha subito un leggero shock per la caduta, ma non ha riportato conseguenze gravi. La porteremo in ospedale per fare qualche controllo.»
«Verrò anch’io» disse Luka d’impeto.
Marinette, intanto, si era rialzata aiutata dall’altro paramedico. Annuiva ad ogni parola dell’uomo. Aveva il volto pallido e le tremavano braccia e gambe. Ma era salva.
La donna poggiò una mano sulla spalla di Luka. «Sei stato molto coraggioso a tuffarti da lì e molto bravo nel soccorrerla. Vieni.» Lo condusse sull’autoambulanza.
Marinette si stese sul lettino, Luka si sedette di fianco, i paramedici dal lato opposto.
Prima che l’autista potesse partire, un uomo, lo stesso che aveva aiutato Luka a salire a riva, gridò a gran voce: «Ragazzo!»
Luka sporse la testa, imitato dai due paramedici.
«Hai dimenticato questa», l’uomo gli consegnò la custodia della chitarra.
Luka annuì, si alzò e chinò il capo. «Grazie, signore.» Altre persone lo guardavano compiaciuti, complimentandosi col solo sguardo per il suo gesto eroico.
Il paramedico chiuse lo sportello e l’autoambulanza partì.
Luka aprì la custodia, prese il suo cellulare – non avendo tasche era l’unico posto dove conservarlo – e chiamò i coniugi Dupain-Cheng per informarli dell’incidente, rassicurandoli sulle condizioni della loro figlia.
«Verranno in ospedale» disse a Marinette. Per tutta la durata del viaggio si tennero per mano.
 
Marinette si ritrovò sola in una stanza dell’ospedale Hôtel-Dieu. Era piccola: solo una finestra affacciava sulla strada, il letto era posto nell’angolo opposto ad essa.
L’avevano sottoposta a diversi esami – risultati tutti negativi – e il dottore aveva consigliato che passasse lì la notte, in quanto aveva premura di tenerla sotto osservazione per il trauma subito.
Marinette si tastò i fianchi, ricordandosi solo in quel momento della sua pochette e di Tikki che si trovava all’interno. Si guardò intorno. Non trovando nulla, entrò nel panico. «Oh mio Dio! Tikki!» Impallidì. La pochette poteva essersi staccata nella caduta, finita sul fondo del fiume o trascinata via dalla corrente.
«Marinette!»
La ragazza tirò un urlo. Si voltò verso destra e poté nuovamente respirare. Tikki era lì, l’espressione sollevata e gli occhi blu coperti da un velo di lacrime.
«Credevo di averti persa» disse Marinette.
Tikki si posò sulle ginocchia della giovane. «Come ti senti?»
«Ho trascorso giorni migliori. Nel complesso direi bene, solo un grande spavento. Chinò il capo. «Ma ricordo poco di quello che è successo.»
«Meglio così. Sappi solo che Luka ti ha salvato la vita. Anche se...» esitò.
«Anche se?»
Tikki sospirò. «Credo che abbia avuto così tanta paura da rischiare di essere akumizzato.»
Marinette trasalì.
«Quando ti hanno soccorsa» continuò Tikki, «un’akuma si stava allontanando. L’ho seguita e sono riuscita a purificarla. Dopodiché mi sono nascosta nell’autoambulanza che ti ha condotto qui.»
«Puoi purificare le akuma senza il bisogno della trasformazione?» Il tono di Marinette esplicava la sua sorpresa.
Tikki annuì. «Anche Plagg può usare il Cataclisma senza la trasformazione, come ben sai. Ma è rischioso.» Si strinse nelle spalle. «Non avevo scelta. Tu non potevi trasformarti e nessuno avrebbe potuto aiutare Chat Noir contro un’eventuale akuma.»
Marinette le scoccò un bacio sulla fronte. «Hai fatto benissimo.» La serratura della porta scattò. «Nasconditi!»
Tikki si rifugiò sotto al lenzuolo.
Tom e Sabine entrarono nella stanza. Alle loro spalle c’era Luka, con indosso pantaloni da tuta larghi ed una maglietta a mezze maniche di due taglie più grande, che gli avevano prestato in ospedale in modo da sostituire gli indumenti bagnati.
«Come stai, tesoro?» domandò Sabine.
«Voglio tornare a casa, ma mi tengono rinchiusa qui!» Marinette allargò le braccia fingendo una tragedia teatrale.
Tom scambiò un’occhiata ironica con Luka. «Sta bene.»
Marinette si rivolse al giovane rockettaro: «Grazie. Sei stato più eroico di Ladybug e Chat Noir.»
«Ah!» esclamò Tom sferrando una poderosa pacca sulla schiena di Luka. «Ragazzo mio, hai la nostra eterna gratitudine.»
E tutti scoppiarono a ridere.
 
L’indomani, Marinette ultimò i preparativi per la partenza. Nonostante l’insistenza dei genitori, aveva rifiutato di rinviare la vacanza. Stava bene e non vedeva l’ora di godersi il mare della Costa Azzurra.
In uno zainetto sistemò con cura la Miracle Box, opportunamente sepolta tra ricambi di vestiti.
«Non mi separerò nemmeno per un secondo da questo zaino» disse a Tikki. «E se dovesse essere necessario l’intervento di Ladybug, userò il Miraculous del Cavallo per tornare a Parigi.»
«Direi che hai pensato proprio a tutto.»
Marinette fece spallucce. «Ho una grande responsabilità adesso.» Si interruppe. «E grazie a Luka... Tikki come dovrei comportarmi con lui?»
«Anche se sembrerò scontata e ripetitiva, te lo dirò lo stesso: fidati del tuo istinto, Marinette.»
 
 
 
Angolo Autore:
Salve bella gente!
Era da un po’ che non mi facevo più sentire, e dunque eccomi con una nuova storia. Un piccolo stralcio di vita dei nostri amati personaggi di Miraculous. Visti gli avvenimenti nel finale della terza stagione, ho preferito porre l’attenzione in particolare su Luka, un personaggio tanto amato da molti, ma anche tanto sottovalutato da altri. Per dare un tocco personale alla trama, ho introdotto un’abilità di Tikki che mi sembrava adatta alla situazione.
Avrei preferito portare una storia più lunga (e chissà che questa non ne faccia da prologo), ma, ahimè, i tempi sono ristretti. Vi assicuro, comunque, che sono al lavoro per nuovi contenuti.
Non mi resta che salutarvi e darvi appuntamento ad una futura opera.
Alla prossima.
Nike90Wyatt

 
   
 
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