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Autore: addict_with_a_pen    12/02/2020    0 recensioni
Sono solo un povero ragazzo anonimo, che studia in una povera università anonima, che detiene il record della media del diciotto tirato dietro per pena e che, maledetto il giorno in cui l’ho detto, è famoso per essere un ruba cuori in grado di, testuali mie parole, far addirittura innamorare il proprio ‘professore palesemente ricchione’ di geometria.
Era ovvio che non fossi serio, insomma, chiunque si sarebbe accorto che ero ubriaco fradicio, ma quando hai degli amici che, come si usa dire, se la legano al dito, allora poco ti resta da fare se non ammettere di aver sbagliato e sentire sulla tua pelle il risultato dei tuoi errori.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bob Bryar, Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*Piccola nota inutile*
Non era previsto un seguito per questa storia, ma mi sono rifissata, senza una logica di base, con le storie Gerard professore e Frank studente, quindi questo è il risultato!
Spero possa piacervi, è una storiella senza impegno, vi voglio bene :*



 
*And it's all my fault that I'm still the one you want*


La mia carriera lavorativa è, come da me temuto, totalmente distrutta.
I miei oramai ex colleghi credono che io sia solo un coglione che ha rovinato la sua vita per un ragazzo più giovane di nove anni e adesso, guardando il disastro dove mi sono ficcato, non posso che dar loro ragione.
Non mento, mi piace davvero molto Frank, tanto che durante alcune notti insonni mi sono addirittura trovato a pensare se il mio affetto per lui sia solo una cotta o qualcosa di più serio, ma non posso dire che questo nostro piccolo affare romantico non ci abbia creato dei guai seri.
Tanto per cominciare, Frank non ha preso la sua laurea, fallendo dunque ad un passo dalla fine, e io me ne sento responsabile, ma ripensando a quell’oramai lontano giorno e al tanto discusso bacio, non credo che avrei agito in maniera diversa.
“Gee mi spiace di averti rovinato la vita…”
Mi aveva detto una sera il mio piccolino dopo l’ennesimo rifiuto da parte di un’università di assumermi.
“Non dire sciocchezze Frank! Tu me l’hai migliorata la vita.”
E questo è sia vero che falso, poiché sì, adoro abitare con lui da quelli che ormai sono dieci mesi, ma odio anche molto non aver trovato nulla se non un posto in un Burger King all’angolo della strada.
Patetico!
Sono un laureato, un oramai ex giovane professore già accreditato di una prestigiosa università, possibile che innamorarsi di un proprio studente ventitreenne possa cancellare totalmente tutto il resto?
“Ma ora non ti vuole assumere più nessuno ed è colpa mia…”
Beh, a quanto pare sì.
Okay, non è all’ordine del giorno vedere un professore baciare un proprio studente durante la discussione di laurea, ma al cuor non si comanda, e nemmeno agli ormoni che mai prima di incontrare Frank si erano agitati tanto…
Frank è bello, è tenero, è anche un po’ cazzone, certo, ma mi sono davvero affezionato molto a lui e non riesco a vedermi più solo in questa grossa casa senza averlo al mio fianco.
“Frankie troveremo una soluzione, okay? È stata anche una mia scelta l’abbandonare tutto e lo scegliere te, sapevo i rischi che avrei corso.”
Sì, sapevo dei rischi, ma non credevo sarebbero stati così elevati e distruttivi.
“Professor Way, lei è ufficialmente bandito da questo ateneo. Prenda subito le sue cose e se ne vada.”
Era stato davvero doloroso e imbarazzante sentire il rettore pronunciare queste parole davanti a tutti i miei ex studenti dispiaciuti quanto me di lasciare quel posto.
“E in quanto a lei Iero, può benissimo seguire il professore e non farsi vedere più qui dentro. Questo è un posto per gente che vuole studiare seriamente.”
“M-Ma preside io non sono mica stato l’unico a provarci col professore, diglielo Gerard, io n-non”
“Esca subito da qui.”
Ed è così che è finita, io e Frank cacciati come due peccatori e spediti fuori mano nella mano diretti sa il cielo dove.
Ma quello è solo stato il primo dei posti da dove siamo stati cacciati…
I genitori di Frank non si sono nemmeno scomodati di farlo tornare a casa, facendogli trovare fuori dalla porta le valigie con le sue cose dentro e cento dollari sopra, come se si possa campare solo con cento dollari!
Ancora oggi mi chiedo come due genitori possano cacciare di casa il proprio non che unico figlio e ancora adesso non capisco come, davanti al pianto disperato di Frank, non si siano degnati di nemmeno aprire la porta e venire a dirgli addio.
“Vieni con me dolcezza, non preoccuparti, vieni a stare da me.”
Ed è così che la nostra non pianificata ed inizialmente imbarazzante convivenza è cominciata.
Ammetto, far venire Frank a vivere da me non era nei miei piani, non lo era mai stato, ma a volte la vita ti porta a prendere decisioni inaspettate e folli.
Credo che l’imbarazzo maggiore l’abbia inizialmente provato lui, insomma, vedere il tuo professore andare in giro in mutande per casa non è certamente qualcosa che uno pianifica, ma ricordo come questo imbarazzo sia svanito soltanto una settimana dopo, quando me lo sono ritrovato nel letto e abbiamo fatto l’amore, la prima di molte volte.
Pian pian abbiamo cominciato a conoscerci meglio e abbiamo scoperto di avere molto in comune e non ricordo nemmeno come e quando, ma mi sono presto affezionato molto a Frank e farò di tutto per far continuare la nostra strana e insolita relazione.
Le cose per ora vanno davvero bene tra di noi, certo, ma al di fuori del nostro piccolo romanzo rosa è tutto un disastro. Oramai la nostra nomea è questa e oramai non ci vuole assumere nessuno, cacciandoci fuori a calci dopo soltanto aver detto i nostri nomi e trovo la cosa dannatamente frustrante.
Nonostante tutto questo strazio in cui quel bacio ci ha condotti, non posso che ringraziare il cielo di averlo incontrato; la mia vita aveva preso una routine e una piega di monotonia asfissiante, mi serviva un qualcosa che me la rivoluzionasse e me la sconvolgesse del tutto, e quel qualcosa è ora seduto in braccio a me mentre mi aiuta a cercare sul suo computer un impiego.
“Frankie lascia perdere, ho già guardato minimo venti volte quel sito, non ci sono nuovi lavori in giro, non per ora e non per me…”
“Non accetto tutta questa negatività!”
Adoro questa sua positività, forse è l’unica cosa che mi frena dallo stare a letto tutto il giorno a poltrire e piangere, perchè dopo tutto questo tempo dubito di poter trovare qualcosa di decente.
“Piccolo sai che è così…”
“Trovato!”
Balza in piedi all’improvviso, facendomi prendere un colpo, e mi schiaffa in braccio il computer, con un sorriso da bambino in volto.
“Insegnante di algebra di base e geometria al liceo…? Sul serio?”
Sono davvero affranto, non voglio di certo ridurmi a questo.
“Ma sì! Inizi così, ti rifai un nome e poi tornerai ai piani alti, mi sembra un’idea ottima!”
“Sì, ma Fran-”
“Dai amore!”
Non è la prima volta che Frank mi chiama in questo modo e non sarà nemmeno l’ultima credo… Sono più che convinto che lui sia innamorato cotto di me e il solo pensiero mi fa venire un nodo alla bocca dello stomaco e mi fa sorridere come uno stupido.
“Non sento risposta…” Sa bene che effetto abbia su di me quel nomignolo e sa bene che quando non sa come farmi ragionare, questo è l’unico modo per catturare la mia attenzione.
“E va bene! Proverò ad andare a sentire domani mattina, contento?” Sbotto alla fine con un sorriso in faccia e le guance arrossate ancora per quell’amore di poco fa.
“Bravo il mio professore…” E mi bacia, salendomi a cavalcioni in braccio e con intenzioni abbastanza chiare ed esplicite in mente.
Spero solo che stavolta non farò un altro buco nell’acqua!
*****

Sicuramente le prime impressioni fanno molto e ora, mentre mi trovo davanti al macilento edificio del liceo, non posso che sentirmi sprofondare in un buco di sconforto.
Il grigiore e la mala manutenzione di questo posto non possono che farmi temere ciò che mi attenderà dentro, ma arrivati a questo punto, tornare indietro sarebbe una mossa stupida.
“Buongiorno!” Esordisco con una finta e troppo calcata enfasi, entrando in quel luogo lugubre ma non ricevendo tuttavia nulla in risposta.
Mi addentro con timore all’interno del triste edificio e mi chiedo seriamente se questa sia la mia strada.
Frankie ha avuto fortuna, il suo amico dell’università, un certo Bob, gli ha trovato un lavoretto nella panetteria dove lui stesso lavora, ma per Gerard nessun posto né ora né mai…
“Gee m-mi spiace, ma non c’è un posto anche per te…”
“Oh…”
Era stata la mia secca e triste risposta dopo una delle tante porte sbattutemi in faccia negli ultimi dieci mesi.
All’inizio, subito dopo lo scandalo bacio, ammetto di essermi chiesto se ne fosse valsa la pena, insomma, buttare via tutto solo per un ragazzo è una scelta importante, ma mi era semplicemente bastato vedere quanto adorabile e tenero fosse il mio piccolo con il suo pigiamino azzurro addosso
la nostra prima sera di convivenza per cambiare immediatamente idea.
Per Frank ne varrà sempre la pena e non smetterò mai di crederlo.
“Mi dica…” Compare un triste e gobbo uomo, suppongo bidello, da dietro una porta che mi accoglie con uno sbadiglio e grattandosi il sedere.
Di male in peggio.
“Sì, io….emh, sono venuto qui per il posto di nuovo insegnante di algebra e geometria. Ho letto il vostro annuncio sul sito e-e ho pensato di venire a chiedere di persona informazioni.”
Mi squadra velocemente da capo a piedi per poi fare una smorfia e appoggiarsi allo stipite della porta dalla quale è appena uscito.
“Si presenti, signore…”
“Oh sì, certo, mi scusi, sono Gerard Way.” E la risposta che mi arriva indietro mi fa sprofondare ancora di più nel mio triste buco di fallimento.
“Oh lei è quel professore che si è fottuto la carriera per mettersi con un ragazzino suo studente, non è così?”
E cosa posso fare se non annuire mestamente a questa sua domanda?
“Senta, qua non si presenta nessuno e il posto è vacante oramai da più di un mese, quindi, se promette di non scoparsi nessuno degli studenti qui dentro, la assumiamo subito.”
Faccio una smorfia di rabbia e disgusto sentita questa sua frase.
“Mi scusi ma io sono una persona seria. Non mi metterei mai con un minorenne, per chi mi ha preso? Non sono un pedofilo!”
Mi spiace essere già scoppiato fin da ora, ma Frank è abbondantemente maggiorenne, ho dei valori morali e i minorenni li lascio lì dove stanno.
“Se lo dice lei…” dice con aria di scherno “Mi segua, professore.
E non posso far altro se non seguirlo nel buio corridoio.
“Signor Way, non so se lei è al corrente della situazione in cui si trova questa scuola, ma la nomea è alla sua pari, ovvero pessima” ride, una risata sentita e grassa “e so di per certo che almeno due nozioni di algebra di base debba saperle, quindi è assunto.”
Mi blocco un secondo, confuso e spaesato.
“Ma mi scusi, non dovrei parlare con il preside per questo genere di cose?”
Si volta verso me con sguardo rabbioso e poco ci manca che mi sputi in faccia tanto è lo sdegno che ha in volto.
“Senti, bellezza, con chi pensi di star parlando ora?”
“Oh! M-Mi scusi!”
Questa è una signora figura di merda, il bacio a confronto non è nulla.
“Già, non ti dico dove te le ficco le tue scuse!”
In questo momento la tentazione di girare i tacchi e correre da Frank a farmi abbracciare e consolare è immensa, ma ho bisogno di soldi e il lavoro in questo caso viene prima di tutto.
Ingoio anche questo ennesimo insulto, oramai abituato a riceverne, e proseguo il mio percorso di tristezza.
“Bellezza, non troverai di certo i fighettini a cui eri abituato, qua la gente ancora prima di imparare l’alfabeto sa imprecare e fumarsi ogni genere di cosa, quindi ti divertirai un sacco!”
Dice quel sudicio uomo, prima di mettere una mano dietro la mia schiena e buttarmi dentro un’aula piena di adolescenti che stanno facendo tutto meno che studiare.
“Aspetti, ma n-non ho preparato alcuna lezione per og-” Ma mi è impossibile finire la frase.
“Ragazzi, questo è il vostro nuovo insegnante di matematica, il professor Way, vi dice qualcosa il nome?” ride nuovamente, mostrandomi come fossi una bestia allo zoo “Non siate troppo duri con lui, buona lezione!” e se ne va, chiudendosi rumorosamente la porta alle spalle.
“Hey professore! A quanti di noi lo vorrai succhiare oggi?”
Sono bloccato in un incubo dal quale non ci si può svegliare.
Scoppio a piangere.
*****

“Allora? Com’è andata? Raccontami tutto amore!”
“Oh t-tutto bene…!”
“Sapevo io!”
È stata letteralmente una giornata di merda.
Gli studenti, se così li si può definire, non hanno fatto altro che insultarmi e prendersi gioco di me, mimando nelle maniere più sconce atti sessuali e non mostrando la ben che minima forma di rispetto nei miei confronti.
“In-Insomma! Un po’ di rispetto! Sono il vostro professore da oggi in poi!”
“Ti piacciono di più i ragazzi piccoli, ecco perchè sei qui!”
Non c’era stato alcun modo di provare a fargli capire che dovrei essere una sorta di autorità per loro e che sono un uomo onesto e di tutto rispetto, uno che prende il suo lavoro sul serio.
“E dimmi, quanti dei tuoi studenti ti sei fatto in questi anni?”
Nonostante io e Frank stiamo insieme, non significa che io sia una persona che prede i suoi impegni sotto gamba. Avrei benissimo potuto andare avanti ad insegnare di giorno e allo stesso tempo essere un ragazzo amorevole la sera, ma purtroppo le cose non funzionano così e baciare un proprio studente durante la sua laurea non è un’azione vista di buon occhio.
“Vi prego ba-basta…”
Dopotutto, se la cosa si fosse mantenuta e conclusa all’interno dell’ateneo, le cose ora andrebbero meglio: avrei perso il mio impiego, certo, Frank non sarebbe comunque laureato, ma nessuno al di fuori di quelle quattro mura avrebbe saputo di me e il mio piccolo, peccato che oramai i social network siano i migliori amici dei giovani e il video del nostro tanto discusso bacio ha fatto velocemente il giro dell’intero web.
“Ci preghi?? Ragazzi, ci sta pregando! Non è carino?”
Non sono resistito tutto il giorno, dopo la pausa pranzo passata in bagno a cercare di gestire un attacco di panico me ne sono corso a casa in fretta, senza dire nulla a nessuno, siccome non credo che il preside, visto il soggetto, potrà mai venirmi a dire qualcosa su come gestisco il mio lavoro.
“Dobbiamo festeggiare il tuo nuovo lavoro Gee, sono così orgoglioso di te!”
Non ce l’ho fatta, non ho potuto dire al mio Frank quanto orrendo e faticoso sia stato oggi, non ne ho trovato il coraggio.
Lui si sente ancora troppo in colpa per la situazione in cui mi trovo e fornirgli come feedback un ulteriore “non mi piace il lavoro” o “non mi hanno preso” non mi andava proprio, così che non ho potuto far altro che mentirgli.
“È solo un lavoro Frank…” Rispondo mestamente io, non riuscendo a rallegrarmi nemmeno ora che siamo sul divano e lui mi sta abbracciando come fosse un koala.
“Ma è il tuo lavoro e io sono tanto tanto orgoglioso di te.” Dice lui allegro, per poi prendermi il volto con una mano, indirizzarlo verso il suo viso e piantarmi un bacio sulle labbra.
Ora un pochino sorrido.
È davvero orgoglioso di me, non mente, ma io non potrò mai renderlo davvero fiero di me, insomma, sono solo un fallito.
“E come vorresti festeggiare, bimbo?” Chiedo io pizzicandogli i fianchi e aspettando che mi risponda a tono visto il nomignolo usato.
Ma la risposta non è a tono, anzi.
“Tu cosa dici, professore?” Dice lui con quel tono basso che mi fa arricciare le dita dei piedi e portando una mia mano sul cavallo dei suoi pantaloni dove trovo una sorpresa.
“Oh, stanno così le cose…”
Frank ha sempre adorato chiamarmi professore, dice che dona quel “pizzico di perversione” al nostro rapporto e, anche se non ho la più vaga idea di che genere di perversione parli, adoro quando mi chiama così e, non mento, mi eccita parecchio.
“No Gee! Dai!”
Me lo carico in braccio nella tipica e iconica presa che usano gli sposi quando escono dalla Chiesa e lo porto in camera nostra, non curandomi dei suoi “pugni” e delle sue risate divertite.
“Ti odio!” Conclude lui una volta ritrovatosi buttato sul letto.
“Mostrami quanto mi odi allora…”
L’unica cosa a cui posso aggrapparmi ora che ho trovato questo lavoro di merda, è lui, è Frank, e spero solo tanto che il mio affetto per lui mi possa aiutare a non uscire di testa.
“Piuttosto il contrario dell’odio…”
Il mio cuore si scalda a questa sua constatazione.
*****

Ma i giorni successivi non sono andati affatto meglio.
Ogni mattina, entrato in classe, mi sono sempre trovato davanti lo stesso teatrino, ovvero gente sparsa ovunque in giro per la stanza e disegnini chiaramente a sfondo sessuale su tutta la lavagna.
“Ragazzi, cancellate subito la lavagna e tirate fuori i libri.”
“Dai ordini alla tua troietta!”
“Come scusa!?”
Quel giorno poi, ho proprio perso le staffe e per poco non mi sono ritrovato a prendere a pungi quel certo Roger, il “fighetto” della classe che tutti emulano e venerano.
“La tua troietta, perchè? Non è questo?”
Mi aveva soltanto frenato il ricordo del sorriso del mio Frank una volta scoperto che avevo trovato lavoro e anche due ragazze, forse le uniche, con ancora un briciolo di senno e voglia di fare qualcosa.
Un altro giorno poi avevo provato a coinvolgerli nella spiegazione della lezione utilizzando gessetti colorati ed associando ad ogni numero un colore diverso.
“Ho capito che ti piace il cazzo, ma non siamo né ricchioni né poppanti qua!”
E avevo dunque abbandonato anche quell’idea.
Un’altra volta poi avevo chiesto loro cosa avrebbero voluto fare da grandi e, alle poche risposte ricevute, avevo sempre cercato di infilarci dentro la matematica e la geometria per fargli capire quanto serva sempre e comunque avere anche solo una minima conoscenza di base.
“A te serve solo per fare una classifica delle lunghezze dei cazzi dei tuoi studenti!”
E giunti a questo punto, le idee sono finite.
Roger non me la da vinta e sono più che convinto che senza lui si potrebbe provare a lavorare, ma in questo modo non si fa nulla se non un grosso buco nell’acqua di continuo.
Oggi, ad esempio, sono seduto alla mia scrivania a fissare il vuoto e il caos in cui questa classe si trova, popolata da giovani e promettenti menti che si stanno lanciando addosso gessetti e stanno fumando i fogli protocollo della mia verifica appena restituita. Ovviamente i voti sono stati tutti 2, uno o due 4 quando mi sentivo particolarmente ispirato, ma dopotutto non si può cavare sangue da una rapa.
“Buon weekend… Vi direi di fare i compiti che vi ho assegnato ma sarebbe inutile, quindi ciao.”
Dico a bassa voce una volta sentita la campanella del venerdì suonare, per poi raccogliere le poche cose che mi porto dietro per venire in questo postaccio e uscire a mia volta da questo manicomio.
Non vedo davvero l’ora di tornare a casa da Frank e mangiare la pizza, dato che abbiamo creato questa piccola e tenera abitudine di mangiare ogni venerdì sera una pizza e di consumarla direttamente nel letto, perchè “sarai sicuramente stanco, così mangi più comodo e ci facciamo le coccole”.
Adoro questi piccoli impegni che ogni settimana si ripetono, la trovo una cosa molto dolce e molto da coppia e non vedo l’ora di creare altre di queste cose con il mio bimbo.
“Hey professore! Buon weekend anche a lei!”
Ma il buonumore non è apparentemente fatto per me.
Roger assieme a un gruppetto di suoi amici ha pensato bene di rigarmi la macchina scrivendo parole poetiche su tutta la fiancata sinistra, parole che sono “frocio succhiacazzi” e parole che temo faranno immediatamente cascare il mio castello di stronzate e bugie costruito appositamente per Frank una volta a casa.
Comincio a piangere dalla rabbia.
*****

“Gerard perchè mi hai mentito??”
Come da me temuto, il gioco oramai è fatto e Frank ha scoperto tutto.
“Non è niente Frank, sono cose che capitano…”
“Cose che capitano!? Ma vuoi scherzare spero!”
Non so che dire, non ho scuse che reggano, non stavolta, e Frank ha tutto il diritto di incazzarsi con me.
“Non volevo deluderti…” Bisbiglio a bassa voce, incollando lo sguardo al suolo e volendo far tutto meno che continuare a mentirgli.
“Amore non potresti mai deludermi…”
E a questo punto, mi concedo di piangere davanti a lui.
“Vieni qui…” Mi stringe in un abbraccio e continua a ripetermi “va tutto bene” a bassa voce nell’orecchio, cercando di tranquillizzarmi.
“Sei arrabbiato con me…?” Chiedo sentendomi stupido e piccolo, come se per il momento fossi io il ragazzino ventenne e lui l’uomo.
“Certo che no Gerard!” mi pianta un bacio sulla guancia “Sono solo molto dispiaciuto che tu non me ne abbia parlato prima e che abbia sofferto così tanto.”
“Ti andrebbe di ascoltarmi ora…?”
“Certo che mi va.”
E così posso finalmente dirgli ogni cosa, raccontargli di tutto quello che mi ha fatto questo branco di maleducati e di tutti gli attacchi di panico avuti in questo periodo.
“Gee non credevo soffrissi di attacchi di panico…”
“Anche in università mi capitava, una volta ne ho avuto uno davanti a un tuo collega totalmente rincoglionito che non faceva altro che fare domande stupide e così sono sbottato. Penso di averlo insultato e terrorizzato, ma era davvero un ignorante.”
Entrambi ridiamo appena sentito questo racconto, una risata giusto per sdrammatizzare un po’ tutta quella tensione creatasi, per poi tornare immediatamente nel serio.
“Domani portiamo la macchina dal carrozziere per togliere quelle stronzate e ti accompagno io al lavoro. Voglio vedere in faccia questo piccolo bastardo maleducato.”
“M-Ma no Frank, davvero, io-”
Mi chiude la bocca con un bacio.
“Non accetto un rifiuto, non stavolta. Mi prendo io cura di te ora, faccio io l’uomo di casa, intesi?”
Annuisco piano e accetto a malincuore la sua proposta: non voglio che veda quanta pena io faccia, un uomo di trentadue anni che nemmeno sa farsi rispettare da un gruppo di sedicenni, non posso sopportarlo.
A volte ci penso, penso a quando ero il suo professore sexy su cui fantasticava e poi penso a me ora, un fallito senza un lavoro rispettabile che si fa dare del frocio da tutti senza reagire, penso a quanto inutile e stupido io sia.
Mi chiedo solo quanto occorrerà a Frank prima di cambiare idea sul mio conto e abbandonarmi…
*****

La mattina dopo arriva troppo in fretta, nonostante la lunga notte in bianco passata ad agitarmi e maledirmi per aver accettato il passaggio di Frank, ma ormai il sole è alto nel cielo ed è troppo tardi…
“Ho già portato la macchina dal carrozziere, quello in fondo alla strada. Ha detto che in un paio di giorni sarà tutto come prima, non temere!”
Ma ora come ora l’unica cosa che temo è andare davanti a scuola con Frank… non voglio che lo prendano in giro, lui è una piccola bomba pronta ad esplodere. Fin da quando l’ho conosciuto come semplice studente ricordo quanto si arrabbiasse e come a volte inveisse una volta bocciato ad un esame e ricordo anche le numerose volte in cui l’ho scoperto ad un passo dal fare a botte con qualche secchioncello spocchioso.
Temo che se Roger dovesse dir lui qualcosa, le cose si potrebbero mettere male…
“Togliti quel muso Gee! È molto da coppia accettare passaggi dal proprio ragazzo.” Dice lui tutto impettito, puntandosi le mani sui fianchi e sorridendomi felice.
In casi come questi, mi rendo conto di quanto nove anni di differenza siano tanti e penso di star privando Frank della sua giovinezza che mai riavrà indietro, di come gli stia impedendo di potersi trovare un vero ragazzo e non un uomo trentenne fallito e con problemi di autostima alla pari di un quindicenne sfigato.
“Frankie ti chiedo solo di… ecco… non perdere le staffe, cerca di mantenere la calma se mai qualcuno dei ragazzi dovesse dirmi o dirti qualcosa, va bene?”
Annuisce deciso, mi da una pacca sonora sul sedere e prende le chiavi dell’auto.
“Non vorrai arrivare tardi a scuola professore!”
Rido in risposta.

Come da me temuto e premeditato, il nostro arrivo davanti a scuola viene notato all’incirca da tutti.
Sento gli sguardi di tutti i ragazzi voltarsi verso noi e li vedo bisbigliare tra loro e solo ora mi rendo pienamente conto di quanto abbia sbagliato ad accettare questo passaggio.
“Eccoci qua Gee, scendiamo, dai.”
Ma vista la mia grande esitazione nello scendere, toglie subito la mano dalla maniglia della portiera e si volta verso me.
“Andrà tutto bene, mh?”
No Frank, andrà tutto malissimo invece’ ma mi tengo per me questo pensiero.
Annuisco più o meno deciso, abbozzo un sorriso e scendo dall’auto, impaurito come lo è un bambino il primo giorno di scuola elementare.
“Hey professore! Nuova macchina? Non ti è piaciuta la decorazione che ti ho fatto?”
“Hey stronzetto! Sei tu Roger?”
E ora nessuno potrà mai fermare Frank.
“Che modi garbati! Ti sei portato i rinforzi vedo, troppa paura per venire da solo?”
“Innanzitutto!” dice Frank partendo come un treno in direzione di Roger “Lui è il tuo professore, dunque devi dargli del lei e portargli rispetto.”
“Lo stesso rispetto che tu gli porti quando ti inginocchi davanti a lui?” Ribatte con aria di sufficienza il ragazzo, per poi voltarsi verso i suoi compagini classe in cerca di approvazione, ma trovando solo espressioni esterrefatte ed imbarazzate in risposta.
“Siete solo delle fichette, ecco cosa!” Grida lui con rabbia, per poi voltarsi ancora verso Frank e fissarlo con espressione di superiorità.
“Senti, piccolo pezzo di merda, sai che ciò che hai fatto, ovvero rigare l’auto di una persona e sminuirla continuamente può essere perseguito dalla legge?”
Riceve una risata in risposta.
“Hai le palle tu, mi piaci, secondo me sei tu l’uomo nella coppia, non è vero professore?”
E ora, mi sento in dovere di intervenire.
“Okay, basta così ragazzi, andate in classe che ora arrivo” mi posiziono in mezzo per cercare di evitare eventuali pugni “Anche tu Roger, fila in classe.”
“Io non prendo ordini da nessuno!”
“Ti ha detto di andare in classe, coglione!”
La situazione mi sta velocemente scivolando di mano e poco posso fare se non prendere Frank per un braccio e allontanarlo un po’.
“Frank che ti avevo detto sul perdere le staffe…?” Chiedo cercando di mantenere un tono di voce basso per non dare ancora di più nell’occhio.
“Sì ma Gee questo non è ciò che ti meriti!” Urla lui indicando i ragazzi e mandando dunque a quel paese il mio piano di non dare nell’occhio.
“È quello che ho trovato e, non sarà molto, ma è il mio lavoro Frank.” Cerco di usare un tono più severo ora, sta agendo come un bambino e sa quanto odi le scenate imbarazzanti davanti a tutti.
“Tu eri un professore universitario Gerard, eri rispettato e-e amato dai tuoi colleghi e studenti e-”
“Alcuni studenti più di altri a quanto pare, frocetto!”
Preso da una forza che nemmeno io credevo di avere, riesco ad afferrare Frank e a sollevarlo per portarlo lontano da Roger ed evitare dunque una tragedia, ma, sebbene la forza ogni tanto la tiri fuori anch’io, la velocità non ha mai fatto per me…
Quel piccolo stronzo è riuscito a tirare un pugno in faccia al mio bimbo che ora è col naso insanguinato e si sta lamentando per il dolore.
Questa non può che essere colpa mia, di chi altri sennò?
Una sfilza di “oh” sorpresi e spaventati si alzano dai ragazzi, mentre Roger non pare aver capito la gravità della situazione, continuando a bearsi e sorridere davanti alla scena.
“M-Mi dispiace Frank, è colpa mia, non sarebbe dovuto succedere, n-non”
“Lascia questo lavoro di merda Gee…” Mi dice in un sussurro sincero, ma purtroppo non posso dargli retta.
“Non posso Frank…”
Sentita questa mia ulteriore cazzata, balza in piedi tenendosi il naso insanguinato con una mano e portandosi l’altra nei capelli in segno di disperazione.
“Come sarebbe a dire non puoi!?” Esplode lui, avendo tutte le ragione del mondo per farlo, ma stavolta sarò io a parlare.
“Non perderò anche questo lavoro per colpa tua Frank!”
In casi come questi, tornare indietro nel tempo sarebbe meraviglioso, ma purtroppo non vivo in un film di fantascienza.
“Come scusa…?”
So benissimo che se ora continuerò a parlare, allora farò un vero e proprio show a cui tutti assisteranno, ma la frustrazione provata ora, la vergogna sentita in questi mesi e la rabbia per il mio carattere, mi spingono a continuare.
“Io non avrò mai più un lavoro normale Frank ed è colpa tua, quindi smettila di dirmi cosa fare per una volta buona e-e accetta che nella vita non sempre va tutto come avevi pianificato e non è tutto un romanzo rosa!”
Un gelo indescrivibile mi circonda subito dopo aver pronunciato questa frase e nella mia mente c’è posto solo per una parola, ovvero “mostro”. L’espressione nata sul suo volto non fa altro che aumentare ancora di più il mio senso di colpa, facendomi rendere conto di aver fatto un vero e proprio macello.
“N-Non intendevo dire questo Frank, io n-”
“Oh e invece lo intendevi eccome…” si volta un’ultima volta verso Roger, trovandolo per la prima volta in silenzio, e riprende a parlare “Sai una cosa Gerard? Io so di averti rovinato la vita, ma anche tu l’hai rovinata a me. Tu non riavrai mai più il tuo posto all’università, come io non riavrò mai più la mia famiglia e la mia laurea, ma non un singolo giorno soltanto mi sono pentito di aver accettato quella cazzo di scommessa, di averti baciato nel tuo ufficio e di averlo rifatto davanti a tutti poco dopo” si asciuga il sangue dal naso con la manica della felpa “perchè io ti amo, testa di cazzo, e credevo l’avessi capito da tempo ormai, ma mi sbagliavo. Io non voglio che tu abbia questa vita misera perchè meriti di più, meritiamo entrambi di più, e mai mi stancherò di chiamarti il mio ragazzo anche se continui a rompere le palle su questa storia dell’essere uomo, così come non mi stancherò mai di aiutarti, sorreggerti e stare in piedi fino a notte fonda assieme a te per cercarti un lavoro che ti gratifichi almeno un decimo di quello che meriti!” scoppia a piangere “Io non mentivo quando alla laurea ho detto che ero innamorato di te da quattro cazzo di anni, e non mento nemmeno ora quando ti dico che ti amo e che l’unica ragione per la quale voglio farti perdere anche questo lavoro è perché tengo a te, ma tu sei solo uno stronzo, professore fallito sei e professore fallito rimarrai, certo, ma ora rimarrai anche senza me e puoi andare a cercare ovunque tu voglia, ma uno come me non lo troverai mai più Gerard!”
E detto questo, mi strappa via un pezzo di camicia per farsi un tampone per il naso e si incammina, lasciando me e la macchina lì davanti a scuola.
“Frank i-io non…” Mi porto le mani alla testa e comincio a massacrarmi i capelli, cosa che faccio ogni qual volta sono agitato e nel panico.
“Io avevo capito che mi ami Frank, l’avevo capito!”
Ma come da me temuto, non si volta e continua a camminare.
“Fr-Frank aspetta! Devo portarti in ospedale a far controllare il naso e poi-”
“Vado da Bob, mi porterà lui in ospedale, almeno non è stronzo!” urla con rabbia voltandosi un’ultima volta verso me “Ti ci vorrà un miracolo per riconquistarmi Gerard” e se ne va via, lasciandomi con un’espressione di disappunto disegnata in volto e tanto freddo nel cuore.
Mai come ora mi sono sentito solo e sperduto, ora che sono qui con la camicia strappata e insanguinata e ora che ho finalmente accettato che anche se ho nove anni in più di lui, posso amarlo, con tutto il mio cuore…
“Ti amo anch’io Frank, sono solo uno stronzo…” Bisbiglio portandomi le mani sul viso e piangendo come un bambino, fregandomene degli sguardi dei ragazzi, ancora fissi su di me.
“Qualcuno ha fatto un bel disastro, non è vero prof-”
“Stammi a sentire piccolo pezzo di merda!” lo prendo per il colletto della maglia e lo alzo appena da terra “Sarò anche un professore licenziato dal suo vecchio posto di lavoro, sarò anche gay, starò anche assieme ad un ragazzo più giovane di me di nove anni ma non per questo merito di essere trattato così da te e da tutti voi, perché io sono un uomo adulto, buono e onesto, ed ero il vostro insegnate! Hai capito?”
Annuisce impaurito in risposta, per poi fare un passo indietro e, una volta tanto, chiudere la sua bocca grossa.
“Mi licenzio, siete senza speranze, addio!”
E salgo in macchina, non pentendomi affatto di aver lasciato questo postaccio una volta per tutte.
In fondo i film si chiamano così appunto perchè non sono reali e mai sarò come il famoso professor Keating dell’Attimo Fuggente, perchè di quello ce n’è uno solo e tempo da dedicare a questi mentecatti io non ne ho più.
Avrei dovuto dargli ascolto, avrei dovuto starlo a sentire, ma l’ho lasciato scappare. Senza Frank la mia vita non è altro che un enorme buco nero e rendermene conto solo ora che se n’è andato mi fa sentire così stupido!
‘Ti ci vorrà un miracolo per riconquistarmi Gerard’ spero solo di fare il miracolo giusto.
*****

Ma il miracolo non è ancora arrivato…
Sono passati sette lunghi giorni ormai e ancora non ho la più pallida idea di come riconquistare il mio Frank.
Ho pensato a varie soluzioni, ma nessuna mi soddisfa e mi fa credere di poter aver vittoria.
La mia prima e più fattibile idea è stata quella di prendere un mazzo di rose grosso come una casa e strisciare dietro la porta di casa di Bob, dove ora lui vive, per potergliele dare, ma poi mi sono reso conto che queste cose avvengono solo nei tanto famigerati film e anche che a Frank dei fiori non frega un cazzo.
Allora ho optato per il cantargli una canzone, ma questa idea mi è sembrata fin dal principio perdente, essendo io patologicamente agitato e temendo già la prima nota presa male e dunque la figuraccia annessa.
Dopo queste due idee ho attraversato due giorni di stasi in cui ho mangiato quantità industriali di cibo spazzatura, rimanendo in mutande tutto il giorno e masturbandomi quotidianamente per eliminare la tensione e la tristezza accumulatesi.
Arrivati al terzo giorno di questa triste e patetica routine, ho deciso di provare a chiamare Bob, essendo il cellulare di Frank sempre e perennemente spento, ma anche questa idea non si è rivelata vincente.
“Pronto?”
“Sì, io… sei Bob?”
“Sì…? Chi parla?”
“Sono il profes- sono Gerard, il ragazzo stronzo di Frank.”
Ricordo che c’erano stati circa cinque secondi di silenzio, conclusisi con un “b-buongiorno professore” e ulteriori dieci minuti per convincerlo a darmi del tu e chiamarmi Gerard.
“Senti, sono disperato…” avevo ammesso dopo essere finalmente riuscito a fargli capire come chiamarmi “come sta Frank? È ancora arrabbiato con me? Puoi dirgli che mi dispiace e-e che sono solo uno stronzo e che-”
“Mi dispiace, Frank mi ha specificatamente detto di non volerti parlare, non posso aiutarti, a-arrivederci!” e aveva messo giù.
Dopo quel giorno le cose si sono fatte se possibile ancora più tristi, essendo io a casa tutto il giorno da solo, senza lavoro, senza voglia di uscire a fare due passi e senza il mio amore accanto…
Mi sono spesso ritrovato a pensare a quanto meschino sia stato io quel giorno, a quanto sbagliato sia stato da parte mia sbottare e sputargli addosso tutta la mia ansia e frustrazione, e non passa un solo istante in cui non mi maledica per il mio comportamento.
Ho pianto un sacco, nemmeno quando in terza liceo la mia amica mi aveva spezzato il cuore ho pianto così tanto, e sono dunque arrivato alla conclusione di amare Frank, da tempo inoltre, e di averlo negato a me stesso fino ad ora solo per paura e per questa stupida voce che continua a ronzarmi in testa da tempo: “nove anni di differenza”.
È questo ciò che mi ha sempre frenato dal fare quel passo in più con Frank, questa vocina stupida e fastidiosa che tuttora non mi lascia.
Ho paura, paura che le cose tra noi potrebbero complicarsi e diventare meno belle se entrambi ci giuriamo amore eterno e la motivazione mi è tuttora sconosciuta. Mi ero fatto persuaso che continuare con questo rapporto di affetto e sesso fosse l’unica cosa che potesse unirci e rendere la nostra inizialmente obbligata convivenza più felice e gradevole, ma come mi sono sbagliato…
Perciò oggi, undicesimo giorno di lontananza dal mio piccolo, non posso che prendere la drastica decisone di mandare a quel paese il miracolo e riconquistarmi il suo cuore alla mia maniera.
A questo proposito, ho indossato la prima cosa trovata nell’armadio, mi sono a malapena pettinato i capelli semi sporchi e sono corso dietro la porta di casa di Bob con la chiara idea di o riconquistarlo, o rapirlo e riportarlo a casa con me a forza.
Arrivo dietro la porta di casa di Bob in mezz’ora di camminata a passo spedito e credo che chiunque, vedendo la scena dall’esterno, non abbia potuto far altro che provare pena e compassione per me.
Onestamente poco mi importa di quello che pensa la gente, oramai con tutte le dicerie più assurde sul mio conto non credo che una voce in più possa farmi qualcosa.
“Chi è…?” Chiede Bob titubante dopo avermi sentito bussare con una certa foga alla porta e non suonare il campanello come ogni persona normale.
“Sono Gerard, e ti prego di aprirmi perchè se non lo farai sono disposto a romperti tutte le finestre e i muri stessi pur di trovare una singola fessura per entrare.”
La porta si apre immediatamente.
“Wow tranquillo professore, non-”
“Non sono più un professore” dico secco e senza emozione “Dov’è Frank?”
“È-È in doccia, dovrebbe finire a brev- hey! Non ha ancora finito!”
“Pensi che questa sia la prima volta che lo vedo nudo, Bob?”
Sento qualcosa come un verso di disgusto e confusione provenire dalla sua bocca, ma poco mi importa, ora il mio unico pensiero è Frank, il resto può andare a farsi benedire.
Mentre vago come un disperato per casa aprendo tutte le porte alla ricerca del bagno, ne sento una alle mie spalle aprirsi e ne vedo uscire il mio bimbo con su un accappatoio due taglie più grandi del dovuto.
“Gerard…” Bisbiglia con sorpresa e fissandomi con due occhioni lucidi e, spero di non sbagliarmi, colmi di felicità.
Sono talmente contento di vederlo che per poco non mi metto a piangere dalla gioia e non so davvero cosa mi stia frenando dall’abbracciarlo stretto a me ed impedirgli di scappare ancora.
“Sei uno stronzo Frank!” ecco, forse non è questo il modo migliore di cominciare “Mi hai lasciato solo, senza darmi più tue notizie, senza farmi sapere come stava il tuo naso, senza nemmeno dirmi come hai fatto ad arrivare a casa di Bob malmesso com’eri e non l’ho trovata una cosa bella!”
In risposta, ridacchia appena.
“E non ridere di me signorino, io ero disperato, non sapevo più che fare, cosa inventarmi e, insomma, che cazzo di miracolo ti aspettavi potessi mai fare, eh??”
“Gee, hey, basta urlare, mh?”
“Pretendi pure che non urli? Mi hai lasciato solo Frank, senza niente da fare, nessuno di cui occuparmi, a cui pensare e-ero terrorizzato e abbandonato” mi tiro giù il colletto della maglia per cercare di far entrare un po’ più d’aria “Ho lasciato il lavoro, non vado più in quel posto di merda, e-e non sono nemmeno riuscito a dirtelo perchè hai spento il cellulare!”
Mi viene incontro e mi posa una mano sulla guancia.
“Amore, devi calmarti.”
“N-Non dirmi di calmarmi Frank! Non sai come sono stato e non-” Blocca il mio sproloquio senza senso posando le sue bellissime e morbidissime labbra sulle mie e, sebbene non desiderassi altro che questo, la mia confusione è massima.
“Ma credevo mi odiassi…” Bisbiglio sulle sue labbra, per poi ricatturarle ancor prima che possa darmi una risposta.
“Non potrei mai odiarti Gee” ride strusciando il suo naso contro il mio “Ero incazzato nero, lo ammetto, ma dopo essermi sfogato con Bob ed essermi fatto una bella dormita mi è passata la rabbia e ti ho perdonato subito!”
Sebbene la sua espressione sia felice e solare, la mia non può che rispecchiare alla perfezione la parola confusione.
“E mi hai comunque lasciato solo a casa a soffrire come un cane?”
“Dovevo fartela pagare un po’, in fondo mi hai ferito stronzetto!”
Sono esterrefatto e mi sento il più idiota tra gli idioti.
“Sei una bastardo Frank…”
“Il tuo bastardo amore mio…” E mi bacia ancora.
Non so spiegare quanto mi siano mancate le sue labbra nonostante siano passati solo undici giorni e non so nemmeno spiegare quanto questo amore mio abbia dato il via alle farfalle nel mio stomaco.
“Ho anche un’altra cosa da dirti Frank…” dico interrompendo a malincuore il bacio “nonostante in questo momento sia confuso e ti odi un pochino, devo dirti che…devo dirti che…”
“Cosa devi dirmi, professore…?”
“Che ti amo Frank, che ti amo anch’io e non l’ho mai ammesso perchè sì, hai ragione, sono solo uno stronzo.”
Sono soddisfatto di me stesso, per essermi finalmente dichiarato ed aver riconquistato il mio ragazzo, nonostante senta il cuore bucarmi il petto e nonostante sul suo volto ci sia tutto meno che la faccia che normalmente si ha quando qualcuno ti ha appena detto “ti amo”.
“Cosa mi sono perso stavolta…?” Chiedo sconfitto ma per niente arrabbiato. Sono troppo contento di averlo ritrovato per potermi arrabbiare.
“So benissimo che anche tu mi ami da tempo…” sussurra al mio orecchio “ma sei solo un grande e grosso idiota che non sa gestire le sue emozioni nonostante l’età avanzata.”
“Età avanzata a chi!?” Dico io con finta rabbia, prendendolo in braccio e facendogli poggiare la schiena contro la porta del bagno in modo che sia bloccato tra lei e il mio corpo.
In trappola…
“E ho anche un’altra cosa da dirti!” Porta le sue gambe attorno al mio corpo, rendendo l’abbraccio ancora più intimo e sensuale.
“Sono tutto orecchi dolcezza…” Mormoro sulle sue labbra, per poi piantare un grosso e sonoro bacio sul suo collo scoperto.
Lo sento rabbrividire.
“Ho sentito la tua sfuriata contro quel coglione del tuo ex alunno e sei così sexy quando ti arrabbi, lo sai…?”
Mi chiedo quanto abbia riso di me col suo amico, visto che non è mai stato arrabbiato con me, almeno non seriamente, e visto che sa praticamente tutto e anche più del dovuto.
Stavolta forse potrei arrabbiarmi…
“Allora dovrai farmi arrabbiare spesso…”
“Comincia col togliermi l’accappatoio e col tornare in bagno che intanto penso a come farti arrabbiare…”
E chi sono io per non obbedire?
“Pulite la doccia dopo! Vi prego!”
Ma sono troppo occupato ora per stare a sentire il povero Bob e di pulire la doccia poco, se non nulla, me ne importa.
“Sapevo che saresti tornato da me Gee…”
E in effetti, come potrei stargli lontano?
Oramai siamo entrambi nella merda fino al collo, la nostra vita sarà sempre segnata da questa bravata della relazione clandestina professore alunno, ma se qualcuno ti da una nomea, gradita o meno che essa sia, non ti resta altro da fare che decorarla a piacimento e renderla tua.
Io sarò sempre un professore e lui sempre un alunno, ma saremo anche sempre Gerard e Frank e l’amore che ci unisce è nettamente maggiore di tutte le voci che girano sul nostro conto.


 

 
  
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