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Autore: Harriet    12/02/2020    1 recensioni
A Toshinori viene concessa la visione su un'altra realtà, che fa scoprire qualcosa di incredibile sulla sua vita e su quella di tutte le persone attorno a lui...
Un omaggio a All Might ma soprattutto al concetto stesso di fandom.
[Metafic]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: All Might
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scritta per il COW-T di Landedifandom. Missione 1 “Ritornare dove tutto è finito”. Prompt: metafic. Partecipa anche alla WARP! Challenge in occasione della Giornata Internazionale dei Fanwork.
Dedicata a chi partecipa al fandom in tutte le sue forme, con tutto il mio amore.
 
 
 
 
Responsabilità
 
           
            Erano passati giorni ma non riusciva a smettere di pensare alla visione. Non era stato un sogno, di quello era certo. Un tempo avrebbe pensato che fosse un dono di One For All, ma ora che non aveva più il potere, era ancora un’ipotesi plausibile?
            Ma poi, a pensarci bene, era stato davvero un dono? Lui credeva di sì, eppure non poteva negare che scoprire quella verità gli aveva rovesciato addosso una responsabilità enorme, forse ancora più di prima – più di quanta non ne sentisse persino quando vestiva i panni dell’hero numero uno, del più amato dall’intero Paese, dell’eroe per antonomasia, dell’unica (ma potentissima) barriera che teneva il mondo al riparo dai criminali.
            Ancora di più di allora? Davvero, ora che sapeva, si sentiva ancora più sotto pressione di allora? In un certo senso, sì. O comunque, all’improvviso aveva l’impressione che il suo compito non fosse assolutamente finito, che la sua carriera fosse ricominciata (o non fosse mai stata interrotta), che il suo ruolo fosse ancora suo.
            E quella stessa responsabilità che gli cadeva addosso era il destino di tutti – tutti quelli che conosceva e amava, tutti quelli con cui condivideva l’esistenza.
            I suoi studenti, per esempio. Perché se prima avevano il compito di diventare dei grandi hero a cui era affidato il futuro della nazione, adesso avevano anche un altro incarico, non da meno: essere dei modelli, degli esempi da seguire, per un numero molto più alto di persone.
            Toshinori si preparava il caffè, come ogni mattina, prima di andare a scuola, ma i suoi pensieri erano ben lontani dalle lezioni, la routine scolastica, il collegio docenti di quel pomeriggio, il registro con i voti da compilare e gli imminenti colloqui con i genitori.
            La sua mente tornava alla visione di qualche giorno prima e rivedeva quel mondo caleidoscopico che gli si era spalancato davanti.
 
            Tutto è vuoto e silenzio. A un tratto c’è uno squarcio nella realtà. Come se si strappasse il cielo. Solo che non c’è il cielo, sulla sua testa, ma un vuoto tutto bianco – bianco come una pagina.
            Ecco, sì, è come se tutto fosse una pagina non ancora scritta. Finché davanti ai suoi occhi scorrono, veloci, pagine e pagine dense di immagini, pregne di inchiostro, una lunghissima storia che qualcuno ha disegnato e scritto, vite che germogliano su fogli di carta bianca…
            Perché sta vedendo tutto questo? Cosa significa?
            Non è un sogno, di questo è certo. Da dove vengono, le immagini?
            Poi le pagine rallentano il loro scorrere folle e lui comincia a distinguere ciò che gli mostrano.
            Pagina uno, c’è un bambino piccolo che gli ricorda qualcuno. No, non glielo ricorda, è proprio lui. Chi disegnerebbe la storia del giovane Midoriya? Chi la conosce così bene da tracciare i contorni di quegli episodi della sua infanzia? E ci sono delle parole, e lui le legge e gli sembra quasi di sentire la voce del giovane Midoriya che racconta la sua stessa storia.
            Le pagine riprendono a scorrere e poi si arrestano: Toshinori vede se stesso, incorniciato nello spazio angusto di una vignetta. Qualcuno lo ha disegnato. Qualcuno gli ha aggiunto delle parole, e sono proprio le sue parole, non ci sono dubbi. Sono cose che ha pensato e che ha detto. Forse le ha dette esattamente in quel modo. È come se quelle pagine avessero catturato per sempre frammenti delle loro vite. È sconvolgente e spaventoso.
            Via, le pagine corrono e Toshinori riesce a rubare solo guizzi sparsi: la UA, la I A, i volti dei ragazzi, i suoi colleghi, poi ecco i villain, e gli allenamenti, il torneo, gli esami, il campo estivo, il suo ultimo combattimento… Vede se stesso e il suo nemico minuziosamente disegnati. Trattiene a stento la commozione quando su quelle pagine si ricompone l’immagine della sua maestra.
            Ma non c’è tempo per fermarsi e pensare ai propri sentimenti, perché le pagine, implacabili, ricominciano a scorrere: sono velocissime, e a un certo punto Toshinori non riesce più a distinguere gli eventi o i volti.
            Poi non sa più bene cosa succeda. È una voce che gli parla? Oppure è una consapevolezza che sboccia nella sua testa? Ci è arrivato da solo, alla conclusione logica di ciò che ha visto, oppure quella conclusione gli viene offerta da qualcosa, dall’entità superiore che gli ha permesso di dare quello sguardo oltre la realtà della sua esistenza?
            Da qualche parte, in un altro mondo, la nostra storia è un fumetto.
            È così assurdo, eppure così semplice al tempo stesso.
            Da qualche parte, in un altro mondo, ci sono persone che leggono un fumetto, e in quelle pagine trovano la storia della UA e dei suoi studenti, dei loro poteri, delle loro vittorie, delle loro sofferenze. In quel mondo, tante persone si appassionano a delle vicende fittizie (per loro), ma reali per i protagonisti.
            Toshinori non sa niente di quel mondo, né del fumetto, eppure ha la chiara consapevolezza che si tratti di una storia molto seguita. Sa che il racconto delle loro vite ha entusiasmato molte persone, alcune le ha persino commosse. Intuisce che, come spesso succede con le storie coinvolgenti, le loro vicende sono diventate un argomento di conversazione, un ponte tra le persone, un motivo di divertimento e comunicazione.
            Se si ferma troppo a pensarci, viene colto dalle vertigini.
            È a quel punto che la visione si allarga. Non saprebbe spiegarlo meglio di così. È come se una telecamera invisibile si sollevasse dalle pagine del fumetto e cominciasse a inquadrate tutto quello che c’è attorno. E c’è veramente di tutto.
            Per prima cosa vede di nuovo le immagini delle loro vite, però questa volta sono colorate e si muovono. Non gli resta difficile capire di cosa si tratta: è una serie animata. Poi arriva qualcos’altro, un immenso crogiuolo di colori, un calderone magico con una mistura di parole, scrittura, disegni, video, costumi…
            Fandom, dice la voce nella sua testa, e Toshinori non ha idea di che cosa significhi, però le cose che vede lo aiutano a capire. Fandom significa che le persone che amano la loro storia non si limitano a leggere o guardare, ma vogliono fare di più. Vogliono essere coinvolti in prima persona, vogliono una specie di contatto con la storia stessa. E allora si mettono a scrivere, disegnare, filmare, cucire e costruire. Allora elaborano teorie e ipotizzano finali, analizzano la psicologia dei personaggi, progettano svolte alternative, momenti mancanti e persino…
            Ecco, la parte successiva è un po’ sconcertante e Toshinori domanda alla visione se fosse proprio necessario fargliela vedere. Si apre una specie di baratro dentro il quale c’è un aspetto molto particolare di questo fandom. Ai fan, pare, piace molto immaginare la vita sentimentale dei personaggi. Immaginarla nel dettaglio. Molto approfondito. Troppo approfondito. E mettendo insieme le persone più impensabili. No, meglio cercare di chiudere gli occhi e sperare che la visione si degni di andare oltre rapidamente, eh?
            A parte quell’ultimo aspetto, che lo lascia un po’ turbato, il fandom è qualcosa di prodigioso. L’idea che le persone amino talmente una storia da volerne essere parte è qualcosa che gli toglie il respiro per un secondo. Toshinori segue la visione e vede persone che si vestono come lui. Cioè, non che questo non succeda anche nella sua realtà (ma può davvero chiamarla ancora realtà? Si sta confondendo), ma vedere la quantità di cura e attenzione che quegli sconosciuti di un altro mondo mettono nel riprodurre fedelmente fino al più piccolo particolare dei costumi, e poi come cercano di interpretare, per rendere perfetto il personaggio…
            È una girandola di novità, è una scoperta che lo fa sentire confuso ed euforico, è un’altra realtà che complica le cose e le rende più grandi ed entusiasmanti...
            Poi, rapidamente, la telecamera si sposta, il campo si restringe, tutto torna alle pagine, che scorrono all’indietro fino a quella prima vignetta, con il giovane Midoriya da bambino.
            La visione finisce.
            Toshinori apre gli occhi.
 
            Il caffè si è freddato, mentre Toshinori inseguiva quel ricordo. Mise la tazza nel microonde, cercando di focalizzarsi su quel giorno, sull’allenamento della I A, sulla chiacchierata che avrebbe dovuto fare con i giovani Midoriya e Bakugo.
            Ma ormai la sua vita era cambiata e non poteva più far finta di non sapere.
            Lui era Toshinori Yagi, All Might, l’hero numero uno ormai in pensione. Lui era una persona reale, ma era anche il personaggio di un manga che in un altro mondo aveva un grosso seguito.
            Dunque, il suo impegno da quel momento sarebbe dovuto essere doppio. Non bastava più essere soltanto una brava persona in modo da essere d’esempio ai suoi studenti. No, c’erano molte più persone per cui doveva dare il meglio di sé – anche in pensione, anche senza i suoi poteri. Perché c’era un altro mondo che leggeva le sue avventure, e Toshinori sapeva bene quanto importanti potesser essere le storie, per ispirare, confortare e far riflettere le persone. Qualche rara volta le storie erano addirittura in grado di cambiare le persone. E quindi aveva la responsabilità di essere il miglior personaggio possibile, in modo che i suoi sforzi e le sue battaglie potessero aiutare quelle persone di un altro mondo, che trovavano rifugio tra le pagine del suo manga.
            Immaginava un giovanissimo lettore sfiduciato, magari qualcuno che somigliava al giovane Midoriya da piccolo, qualcuno con un grande sogno e nessuna fiducia in se stesso. Immaginava un ragazzino o una ragazzina che vivevano nella tristezza e nella solitudine. Immaginava anche un adulto – magari un insegnante – che aveva bisogno di uno sfogo e di ritrovare un po’ di fiducia dopo una brutta giornata. Li immaginava scegliere proprio quel manga, aprire le pagine, immergersi nella storia. Lui, Toshinori, insieme a tutti gli altri, avevano il dovere di dare il meglio di sé, perché una loro parola, un loro gesto, avrebbe potuto significare il mondo, per quei lettori.
            Immaginava poi un gruppo di amici che seguivano insieme la storia della UA, che ne parlavano, ne scrivevano, la ridisegnavano, ipotizzavano sviluppi futuri, rivedevano pezzi di se stessi nei personaggi. Ecco, anche per loro, Toshinori e tutti gli altri avevano il dovere di dare il meglio di sé, per continuare a offrire a quel gruppo di amici uno spazio tutto per loro, dove liberare la propria fantasia e condividere qualcosa di bello.
            Anche senza il suo costume da hero, Toshinori sapeva che All Might non aveva smesso di essere importante per tanta gente. Così accettava in pieno quella responsabilità, come aveva sempre fatto. E ardeva di orgoglio all’idea che i giovani studenti della UA potessero dare lezioni di vero eroismo a tante, tantissime persone.
   
 
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