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Autore: nikita82roma    12/02/2020    6 recensioni
Castle e Beckett, un bosco, la pioggia e qualcosa che accade... Sul finire della quarta stagione.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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“Castle mi vuoi dire adesso dove stiamo andando?”
“No”
“Come ‘no’?”
“No. Una volta tanto che posso guidare io non ti dico nulla. Devi aspettare e vedere”
“Sai che così non mi invogli a farti guidare ancora.”
“È la mia macchina questa.”
“Quella che guido sono io di solito.”
“Oggi sei la passeggera. Comportati bene e non parlare troppo.”
“Ah! Senti chi è che lo dice! Quello che non sta mai zitto!”
“Un modo per farmi stare zitto lo conosci.” Si voltò a guardarla mentre guidava con la sua faccia da schiaffi degna delle migliori occasioni e Beckett non riuscì a replicare diventando rapidamente di un colorito molto più rosso del normale e Castle soddisfatto tornò a guidare guardando la strada non riuscendo a togliersi quel sorriso compiaciuto dal volto.
“Castle ma...” Beckett protestò di nuovo, zittita da lui con ampi gesti della mano, quando Castle abbandonò la strada principale per prendere una piccola strada sterrata. Sarebbero finiti nei guai, ne era certa, perché quelle idee di Castle finivano sempre con loro due in mezzo a qualche situazione bizzarra, pensò utilizzando l’aggettivo più neutro che le veniva in mente.
La berlina di Rick procedeva sicura verso un boschetto e a Kate parve di intravedere qualcosa tra gli alberi.
“Non sarà quello che penso, vero Castle?”
Rick annuì mugugnando soddisfatto sbirciando con la coda dell’occhio il volto stupito di Kate e la cosa non fece che aumentare il suo sorriso. Si fermò a breve distanza.
“Dai andiamo!” La esortò aprendo la portiera.
“Tu sei pazzo Castle.” Lui non le rispose. Era già dal suo lato della macchina e le stava aprendo lo sportello. Era diventato improvvisamente atletico o era lei che era rimasta imbambolata a pensare più di quanto avesse realizzato?
 

 
Tre mesi prima
 
Doveva essere una bella giornata. Doveva. Castle continuava a guardare la sua app di previsioni meteorologiche che aveva sbagliato tutto.
“Vedi? Qui continua a dire che oggi ci deve essere il sole!”
“Mi pare evidente che la tua amata applicazione non sia così attendibile” rispose Beckett sarcastica passandosi una mano tra i capelli bagnati appena rientrati in auto.
Erano andati fuori New York per seguire la pista di un caso. Erano arrivati fino alla zona di Iona Island, seguendo il corso dell’Hudson e le indicazioni di persone che li avevano fatti arrivare fin là, a vuoto. Castle aveva più volte protestato dicendo che li avevano scoperti, che era evidente che lei fosse un poliziotto perché non faceva nulla per essere credibile come sua fidanzata. Glielo aveva ripetuto almeno 10 volte dopo l’ennesimo buco nell’acqua, quando aveva cominciato a piovere con più insistenza ed erano tornati di corsa in macchina.
Mentre stavano ancora battibeccando il cellulare di Beckett vibrò. Era Ryan che la stava avvisando: al distretto sapevano più o meno dove fossero diretti, certo non pensavano così lontano.
Rick aveva appena fatto in tempo a leggere qualche news sul web mentre lei provava a chiamare il distretto senza successo. Poi dopo un paio di fortissimi tuoni e la pioggia che diventava ancora più intensa, il segnale, già precario, sparì del tutto.
“Sbrigati Beckett, andiamocene. Non voglio morire travolto da uno tsunami!” La esortò Rick visibilmente agitato indicando l’Hudson a breve distanza da loro.
“Rilassati Castle! È un fiume!” Lo prese in giro Kate ridendo mentre metteva in moto la sua auto andando a riprendere la strada principale.
“Anche da un fiume può nascere uno tsunami.”
“Certo come no!” Sorrise ancora lei divertita dalla preoccupazione del suo partner.
“Certo che sì!” Ripetè lui risentito che lei non le credesse.
“E come mai sei così esperto di tsunami?”
“Ho fatto delle ricerche.”
“Tu fai ricerche su tutto eh!” Si divertiva a stuzzicarlo.
“Su tutto quello che mi interessa.” Lui cambiò tono, la sua voce era diventata profonda mentre la fissava. Kate si sentì osservata e il sorriso divertito abbandonò il suo viso. Si voltò anche lei a guardarlo, solo un attimo. Tanto bastò per farle stringere lo stomaco, come sempre più spesso le capitava quando lui la guardava così. Non si accorse nemmeno che l’auto stava perdendo potenza fino a quando fece uno strano rumore e lei non potè fare altro che accompagnarla sul ciglio della strada.
“Perfetto!” Sbottò Kate quando si rese conto che non ripartiva e che non era nemmeno tornato il segnale dei cellulari.
 
Rick aveva insistito che non potevano rimanere lì. Era uscito a controllare e il livello del fiume si era alzato pericolosamente, la pioggia non sembrava cessare e lui era convinto: ci sarebbe stato uno tsunami. Alla fine Kate che inizialmente lo prendeva in giro per quella sua strana fobia decise si essere accondiscendente quando lo vide veramente in preda al panico. Chiusero l’auto, presero le loro cose e chiudendosi al meglio le giacche si incamminarono verso la strada più a monte. L’inverno era ormai agli sgoccioli, la primavera era alle porte e loro non erano preparati ad un crollo così brusco delle temperature. Speravano di trovare un passaggio. Qualsiasi cosa per spostarsi da lì e raggiungere un posto caldo e asciutto. Beckett teneva in mano il suo distintivo pronta a farlo vedere al primo passante intimandogli di fermarsi, ma fu inutile: non passava nessuno.
Camminarono ancora, ormai bagnati fradici ed oltremodo infreddoliti.
“Mi dispiace” Le disse Castle quando vide Beckett fermarsi un attimo, scostandosi l’acqua dagli occhi. Tremava, più di lui.
“Non è colpa tua se diluvia e se la mia auto si è rotta” Provò a rincuorarlo. Lei era la prima a stuzzicarlo, ma quando sapeva che era pronto a rispondere ai suoi attacchi, non quando era indifeso e sinceramente dispiaciuto.
“Potevamo rimanere in auto ed aspettare che la tempesta passasse” Rispose quando ricominciarono a camminare ritrovando un po’ di lucidità.
“O magari potevamo morire in auto sott’acqua. Non ti è bastata l’esperienza di qualche settimana fa?” Lui non le rispose “Dai, troveremo qualcosa. Non sono delle luci quelle laggiù?”
Castle guardò meglio ed in effetti sembrano essere delle luci quelle che si vedevano tra gli alberi. Allungarono il passo e raggiunsero quello che il cartello indicava come un parcheggio di camper. Bussarono alla roulotte di quello che doveva essere il gestore, un tizio decisamente poco raccomandabile che li scrutava dall’alto in basso senza né scendere né invitarli ad entrare. Gli disse che non poteva aiutarli e che no, non gli avrebbe dato un passaggio in città e le cose non migliorarono quando Beckett gli mostrò il suo distintivo, anzi gli aveva spiegato che lì i poliziotti non erano bene accetti né da lui né dagli altri ospiti.
 
Castle aveva dovuto dare fondo a tutta la sua arte diplomatica ed oratoria, ma soprattutto al suo portafoglio. Alla fine aveva convinto il tizio, John come aveva detto di chiamarsi ma era sicuramente un nome inventato, a farli rimanere in un camper vuoto, ne aveva sicuramente uno, aveva pensato Rick. Così li aveva accompagnati, decisamente controvoglia e senza nemmeno prestargli un ombrello, tanto non avrebbero potuto bagnarsi di più aveva sghignazzato l’uomo, ad un vecchio camepr in fondo alla fila.
Aveva decisamente visto giorni migliori ma inquilini precedenti peggiori, pensò Castle appena entrato, ma la sensazione di non avere più la pioggia battente sulla testa gli sembrava già qualcosa di super.
Non c’era molta luce all’interno. John ovviamente non aveva allacciato il camper al generatore e tutto ciò che li illuminava era la luce che proveniva dall’esterno dagli altri mezzi. E i fumini. Beckett si era seduta sul divanetto davanti alla porta che stava chiusa per miracolo, rannicchiata col le gambe al petto per cercare di darsi calore da sola. Castle, invece, stava frugando nella parte posteriore dove c’era il letto e delle cassapanche. Aveva cominciato, come suo solito, a far rumore aprendo ogni cosa apribile, facendosi luce con la torcia del telefono, dando fondo alla poca batteria che rimaneva, mentre lei pensava fosse meglio risparmiarla per l’indomani, per chiamare qualcuno per farsi venire a prendere.
“Avresti dovuto chiedere una macchina nuova. Da quanto tempo te lo dico Beckett?”
“Vuoi dire che è colpa mia?” rispose risentita
“No, ma dovevi negoziare meglio con quelli della CIA. Abbiamo salvato il mondo, potevi almeno farti dare un’auto nuova, non far recuperare la tua, già vecchia, dal fiume.” Riuscì a farla sorridere.
“Proprio non riesci a stare fermo?” Gli disse riprendendo almeno in parte il suo piglio autoritario.
Lui non le rispose. Tornò poco dopo porgendole una coperta. Beckett la prese con due dita. Era vecchia, sicuramente sporca ed anche non profumata, per usare un eufemismo, ma era asciutta e calda. Rick ne aveva un’altra in mano.
“Sarà meglio toglierci questa roba fradicia di dosso” Le disse stranamente per i suoi standard ragionevole.
“Non mi spoglierò e non mi coprirò con questa… cosa. Piuttosto muoio di freddo.” Rispose Kate molto meno ragionevole di lui, poggiando la coperta schifata vicino a lei e rannicchiandosi di più. Non sapeva perché aveva reagito così, riuscì solo, con l’accecante luce di un fulmine, a vedere il viso contratto di Rick annuire solamente e sussurrare un ok sconfortato.
Lui si voltò dandole le spalle e si tolse la giacca buttandola a terra e poi la camicia. Kate non riusciva a distogliere lo sguardo dalla sua schiena per i pochi istanti che era riuscita a vederla. Tremava e vedeva tremare anche lui sotto la coperta, ma non si voltava.
“Perché rimani così?” Gli chiese indispettita.
“Perché così puoi spogliarti e metterti quella cosa asciutta sopra”
“Ti ho detto che non la metto”
“Beh, allora non voglio vederti morire di freddo. O di altro. L’ho già fatto troppe volte per sopportarlo ancora, Kate”. Il tono di Castle era cambiato ancora. Non stavano battibeccando, non stava scherzando, era sofferente. Le sue parole la colpirono e la fecero tremare più del freddo. Non riuscì a non pensare a quando erano rimasti chiusi nella cella frigorifero, a come l’abbracciava e la teneva stretta per riscaldarla con l’unica cosa che aveva a disposizione, se stesso, a quello che avrebbe voluto dirgli e che non era riuscita a fare, prima di perdere i sensi, prima che li trovassero, prima che Josh tornasse nella sua vita. E non riuscì a non pensare alle sue parole al funerale di Montgomery alle quali si era aggrappata per rimanere in vita, al suo sguardo disperato sopra di lei alla quale si era incatenata finchè aveva potuto per rimanere da questa parte del mondo. Ripensò a pochi giorni prima, quando Sophia Turner li teneva sotto il tiro della sua pistola a quel pensiero che aveva fatto quando pensava che tutto fosse finito, che non sarebbero usciti vivi da lì ‘ti prego, spara prima a me’ perché si era accorta che non avrebbe sopportato di vederlo morire, nemmeno se fosse accaduto un attimo prima di lei.
Stava superando i suoi traumi. Tutti. Era vicina, lo sapeva e gli eventi degli ultimi tempi non avevano fatto che aumentare quel desiderio che aveva di riuscire ad essere quella persona migliore per amare qualcuno come meritava. Non qualcuno. Era questo il punto. Quante volte aveva rischiato di perderlo negli ultimi mesi, da quando era tornata al distretto? Come si era sentita ogni volta? Quanto aveva avuto bisogno di vederlo vivo dopo l’esplosione in banca, di prendere la sua mano sul molo e sentire che ce l’avevano fatta ancora una volta? Doveva essere nulla rispetto a quello che aveva provato lui quando le aveva sparato. Non era l’unica ad avere dei traumi, le era chiaro, adesso. Glielo aveva detto la voce tremante di Castle, il dolore che passava da ogni parola e che non era riuscito a dissimulare. Perchè si stava comportando così? Perché non accettava semplicemente le cose e smetteva di fare del male a lui, a lei… a loro? Castle era stato il suo tsunami, l’aveva travolta e sconvolta, ma ora non ne aveva più paura
“Castle… guardami.” Voleva essere un ordine, le sembrò più di averlo supplicato. Lui non si voltò. “Ti prego…”
Era esattamente alle sue spalle. Lui poteva percepire la sua presenza ed il suo sguardo fisso. Se ricominciavano a parlare le avrebbe detto tutto. Non ce la faceva più. Credeva di essere arrivato al limite che un uomo potesse sopportare. Quante volte avrebbe ancora dovuto rischiare di vederla morire, cosa avrebbe dovuto fare prima che lei si accorgesse che lui era lì, era sempre stato lì per lei.
Sentì le sue dita fredde posarsi sul suo braccio ed allora si voltò.
“Sono viva.” Gli disse come se non stesse dicendo l’ovvio, ma rivelandogli qualcosa di estremamente importante. “E non ho nessuna intenzione di morire. Non ora.” E così dicendo si tolse il suo maglio completamente impregnato d’acqua. Lui spostò lo sguardo altrove, abbassando la testa ma lei lo chiamò ancora.
“Castle… sono viva.” Prese la mano di lui e la portò tra i suoi seni, su quella cicatrice che teneva nascosta come se fosse una colpa. Si chiese come potessero essere così calde, anche in quella situazione, le sue dita che la sfioravano timorose. Tremava Kate, ma non era il freddo. Si avvicinò a lui e si appoggiò al suo petto, nascondendo il viso nell’incavo del collo di Rick. Era tutto così naturale. Lui la strinse forte, ancora stordito da quello che stava accadendo, muovendo per la prima volta i muscoli di sua iniziativa da diversi minuti. Non sapeva cosa stava accadendo, non sapeva cosa voleva dire tutto quello. Era bello e se non voleva la coperta e se voleva che la scaldasse lui, l’avrebbe tenuta così tutto resto del giorno, tutta la notte. O sempre.
Le sembrò che si allontanasse troppo presto e che gli stessero strappando via la pelle. Ecco quello che temeva di più. Avere un breve assaggio di lei e poi doversene separare. Probabilmente aveva ripreso coscienza di sé e si sarebbe pentita e si sarebbe allontanata, scappata nella notte mezza nuda, si stava già preparando mentalmente a rincorrerla tra i camper nel bosco, quando riconobbe quella sensazione che aveva provato solo un’indimenticabile volta. Le labbra di Kate sulle proprie. Rispose al bacio meccanicamente, la sua mente era meno pronta e reattiva del suo corpo nel capire cosa stesse accadendo. La timida tenerezza dei primi istanti lasciò presto il posto ad un bacio che diventava sempre più esigente e profondo. Castle le cinse con una mano la nuca mentre con l’altro braccio la avvicinò a sé. Kate si aggrappò alle sua spalle, stringendolo forte tanto da lasciare segni sulla sua pelle nuda. Questa volta non c’erano guardie da mettere KO che li avrebbero interrotti, non dovevano fingere che stavano fingendo. Nessuno li avrebbe disturbati, non per le successive ore.
“È stato ancora fantastico” Le disse quando riuscirono a riprendere fiato. Riuscì a percepire il sorriso di Kate quando si era avvicinata di nuovo alle sue labbra.
“Ancora?” Sorrise appoggiandosi di nuovo a lui per un altro veloce bacio e le sembrava di non poter più fare a meno delle sue labbra.
“Lo era stato anche la prima volta” ammise prima di baciarla ancora.
Poi non avevano parlato molto, non ne avevano avuto bisogno. Sapevano entrambi cosa volevano e riuscivano a trovarsi alla perfezione. I loro corpi erano molto meno timidi e reticenti di quanto erano stati loro stessi negli anni, sembrava si conoscessero da sempre per come si cercavano, si trovavano, si prendevano.
 
Era stata un’esplosione. Di tutto quello che avevano dentro, di vita. Kate era viva e glielo aveva dimostrato in tutti i modi. Era viva molto oltre il solo senso fisico, lo aveva capito tra le braccia di Rick, respirando i suoi baci, stringendo la sua pelle. Ed era esattamente nel punto dove voleva essere: nuda, tra le sue braccia, con le loro gambe intrigate insieme, sentendo come unico rumore il respiro profondo ed il battito del cuore accelerato di Castle. Stava bene come non ricordava di essere mai stata, su quel vecchio letto, sotto una coperta logora, in un camper arrugginito in un luogo che non avrebbe saputo nemmeno ritrovare.
Castle sorrideva rilassato accarezzandole i capelli. Era in uno stato di beatitudine totale, tutti i suoi sensi erano assorbiti da lei. Il suo profumo, la sua pelle sotto le dita, il suo sapore sulle labbra, la sua voce che pronunciava il suo nome al culmine del piacere, il viso di Kate sotto il suo, subito dopo, quando lo guardava con gli occhi che brillavano anche nel buio. Tutto andava oltre qualsiasi sua immaginazione. E lui ne aveva tanta e aveva immaginato tutto molte volte, ma non era mai arrivato a pensare che potesse essere così totale.
“A cosa stai pensando?” Gli chiese Kate tirandosi su, appoggiandosi ancora di più sul suo petto, ed allungandosi per baciargli l’angolo della bocca. Aveva smesso di piovere da poco, il sole stava sorgendo e l’interno del camper era rischiarato dalla luce del nuovo giorno. Ora poteva vederlo meglio, i capelli spettinati, il viso rilassato, quel sorriso che non aveva mai realizzato quanto le piacesse, fino a quel momento e anche lei gli sorrideva, tra un bacio e l’altro, perché c’era una forza inspiegabile che la attirava alle labbra di Castle. E a tutto il resto del suo corpo.
“Siamo su quella che potrebbe essere un’interessante scena del crimine, Beckett. Ci avevi pensato?” Lo disse entusiasta e la fece scoppiare a ridere. Appoggiò la testa sulla spalla di Rick chiedendosi se veramente adesso la divertiva anche quell’aspetto di lui. Sì. Non si seppe rispondere altro.
“Veramente Castle ho avuto altro a cui pensare” gli sussurrò maliziosa mordendogli il lobo dell’orecchio mentre con le dita gli solleticava un fianco. Castle sorrise compiaciuto.
“Immagina Lanie quante tracce potrebbe trovare su questo letto, oltre le nostre, ovviamente.”
Era già molto meno divertente. E se non fosse stata così bene tra le sue braccia ogni parte ragionevole del suo corpo le avrebbe gridato di alzarsi e andarsene da lì il più velocemente possibile. Anche nuda. Ma come provò ad allontanarsi, Rick la cinse prepotentemente per tenerla vicino al suo corpo e questo sì, le piaceva tantissimo.
“Castle, non avrei mai immaginato che dopo aver fatto l’amore con te, come prima cosa avresti pensato ad un’altra donna!”
Rimase sorpreso da quelle parole e da quel tono a metà tra il divertito e l’infastidito. La baciò e non fu un bacio casto, per toglierle ogni dubbio che potesse mai avere.
“Noi... cosa hai detto? Cosa abbiamo fatto?” Le chiese poi quasi balbettando, rendendosi veramente conto solo in quel momento delle parole di Kate.
“Castle, credevo che sapessi cosa stessimo facendo. Non era la tua prima volta, vero?”
“No, no... Alexis...” balbettò “cioè non solo quella volta ma... insomma no... io...”
Kate rise ancora e ancora una volta lo baciò. Poi lui si fece serio.
“Quindi per te non era solo una cosa da una notte, siamo soli nel bosco, potremmo morire tra le forze della natura, lasciamoci andare agli istinti primordiali per spirito di conservazione.”
“Per me no Castle. Non eravamo così in pericolo.” Ora era seria anche lei. E preoccupata. Aveva travisato tutto? “E per te?” Non sapeva dove aveva trovato il coraggio di dirglielo.
“No. Assolutamente no, Kate.” Le accarezzò il volto spostandole i capelli, sorprendendosi di quanto fosse normale per lui toccarla. Ovunque. “La migliore notte della mia vita.”
Rimasero a guardarsi a lungo in una loro privata conversazione silenziosa.
Kate era sopra di lui ed osservava ogni piega del suo volto come mai aveva fatto. Quando era cambiato qualcosa? Quando era arrivata a quel punto? Gli passò una mano tra i capelli e lui chiuse gli occhi per un istante per poi riaprirli subito dopo ed inondarla con la loro luce blu. Non lo sapeva, ma era felice di esserci arrivata.
“Ti amo Rick”
Non si era nemmeno resa conto di averglielo detto, di averlo ammesso prima di tutto a se stessa ad alta voce. Glielo doveva ed era quello che provava realmente, se ne era resa conto nell’attimo esatto in cui lo aveva fatto.
Castle aveva spalancato gli occhi ed aperto la bocca come per risponderle ma non c’era riuscito, bloccato dallo stupore e dai baci di Kate.
 
“Potremmo comprare questo camper” le disse quando dopo un tempo che entrambi avevano giudicato non abbastanza erano riuscito ad alzarsi e a togliersi le mani di dosso solo perché il cellulare di Beckett aveva squillato rompendo il loro idillio. Ryan li aveva rintracciati e, dopo essersi assicurato che stavano bene, gli aveva detto che sarebbero arrivati presto a recuperarli. Si erano infilati di nuovo i vestiti umidi, che non vedevano l’ora di togliersi di nuovo per molte ragioni diverse, non solo perché di certo non faceva bene alla loro salute.
Kate roteò gli occhi al cielo mentre usciva dal camper chiudendo la porta instabile dietro di loro. Lui e le sue idee folli.
“Lo potremmo dipingere di rosa, chiamarlo Priscilla ed attraversare il deserto”
“Sì, e poi si romperebbe dove non ci troverebbe mai nessuno e moriremmo di caldo, di fame e di sete”
“Questo ci manca.” Le disse rubandole un bacio prendendola si sorpresa.
“Castle...” Lo richiamò all’ordine. “Quello che è successo...”
“Usciti è finito l’incantesimo? Ti sei pentita?” Le chiese veramente allarmato facendola alterare.
“Ti ho detto che ti amo, secondo te posso essermi pentita?” Avevano così poco significato le sue parole? “Non è qualcosa che dico al primo che capita.” Ci tenne a precisare.
“Ok... scusami è che... non mi sembra vero.”
“Vorrei che rimanesse solo per noi. Per ora almeno.”
“Noi... mi piace noi. Solo per noi.” Le prese la mano e la strinse nella sua incrociando le loro dita e poi lasciandola appena prima che arrivasse l’auto che li avrebbe riportati in città.
 

 
Sotto gli alberi c’era un camper, bianco, con una scritta rosa sul retro della fiancata ‘Priscilla’
“È lui?” Chiese Kate divertita e stupita quando era sufficientemente vicina da capire che lo era senza bisogno di attendere una risposta.
“Sì.”
Era tornato lì il primo giorno che Kate era abbastanza indaffarata con le scartoffie per non averlo intorno ed aveva contrattato con John, che poi scoprì essere il suo vero nome, il prezzo di quel camper che voleva assolutamente. Alla fine entrambi erano convinti di aver fatto un affare. L’uomo perché aveva venduto un pezzo di ferro vecchio inutilizzabile ad una cifra assurda, Castle perché aveva comprato il posto più bello del mondo.
La fece entrare e le mostrò gli interni completamente rifatti, nuovi, lussuosi, con lo stesso gusto della camera da letto di Castle che ormai aveva imparato a conoscere ed amare.
La primavera stava finendo lasciando il passo all’estate. Sul letto in fondo al camper c’erano le due vecchie coperte che Castle le aveva assicurato che erano state lavate ed igienizzate a fondo. Non ce ne sarebbe stato bisogno quel giorno, ma Kate ne accarezzò una ripensando a quella notte.
“Sei pronta per attraversare il deserto con me, Beckett? Ti assicuro, non moriremo di caldo, di fame e di sete”
“Sai Castle... preferirei viaggiare con te in modi più comodi... per goderci meglio il viaggio...” gli disse avvicinandosi e sussurrando al suo orecchio che aveva scoperto lo eccitava tantissimo.
Castle deglutì. “Potrebbe rimanere qui e lo potremmo usare come nostro rifugio per scappare via da tutti, che ne pensi?” Gli chiese mentre le sue mani scivolavano sul suo petto sempre più in basso, fino ad arrivare alla fibbia della cintura che slacciò con maestria.
“Tutto quello che vuoi Beckett” le rispose. Le avrebbe dato quello che voleva, fatto qualsiasi cosa per lei.
“Voglio te Castle. Voglio solo te.”
   
 
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