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Autore: _Agrifoglio_    13/02/2020    14 recensioni
Una missione segreta, un’imboscata vicino al confine austriaco e il corso degli eventi cambia. Il senso di prostrazione dovuto al fallimento, il dubbio atroce di avere sbagliato tutto, un allontanamento che sembra, ormai, inesorabile, ma è proprio quando si tocca il fondo che nasce, prepotente, il desiderio di risorgere. Un incontro giusto, un’enorme forza di volontà e, quando tutto sembrava perduto, ci si rimette in gioco, con nuove prospettive.
Un’iniziativa poco ponderata della Regina sarà all’origine di sviluppi inaspettati da cui si dipanerà la trama di questa storia ricca di colpi di scena, che vi stupirà in più di un’occasione e vi parlerà di amore, di amicizia, di rapporti genitori-figli, di passaggio alla maturità, di lotta fra concretezza e velleitarismo, fra ragione e sogno e della difficoltà di demarcarne i confini, di avventura, di duelli, di guerra, di epos, di spirito di sacrificio, di fedeltà, di lealtà, di generosità e di senso dell’onore.
Sullo sfondo, una Francia ferita, fra sussulti e speranze.
Davanti a tutti, un’eroica, grande protagonista: la leonessa di Francia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Riassunto dei capitoli precedenti
Da non leggere se si è dei nuovi lettori capitati qui per caso e non si vogliono spoiler
 
A metà maggio del 1788, Oscar e i soldati della Guardia Metropolitana parigina devono scortare alla frontiera franco – austriaca un gentiluomo straniero, il Conte di Falkenstein che altri non è che l’Imperatore Giuseppe II d’Asburgo Lorena, recatosi in incognito in Francia per discutere di un argomento segreto col cognato.
Giunti sulle rive del Reno, alcuni sgherri – che lo stemma impresso sull’elsa di un pugnale rivelerà essere stati mandati dal Duca d’Orléans – cercano di uccidere il fratello della Regina, ma sono sconfitti e uccisi. Durante la colluttazione, un improvviso attacco di cecità di André rivela a Oscar e a tutta la compagnia le condizioni di salute dell’uomo che è congedato dall’esercito per infermità.
L’improvviso e inesorabile allontanamento da Oscar, il senso di colpa per averla assalita in occasione dello strappo, la consapevolezza di essere diventato un peso e un pericolo per lei e la convinzione di non poterla sposare per le insormontabili differenze di censo e di rango che rovinerebbero Oscar e tutti i de Jarjayes oltre che per la particolare situazione psicologica ed esistenziale di lei spingono André a ubriacarsi in una taverna. All’uscita dalla bettola, l’uomo è aggredito e derubato e, trovatosi riverso a terra, con la faccia nella polvere, giura solennemente a se stesso di non ridursi più in quello stato e di non prendere mai più in mano una bottiglia. Soccorso da Alain, l’uomo è trasportato a Palazzo Jarjayes da un vetturino di piazza pagato col denaro dell’amico.
Recatosi a casa di Alain – nel frattempo, finito agli arresti per una scazzottata in taverna – per restituire il denaro alla madre dell’amico, André arriva giusto in tempo per salvare dal suicidio la giovane Diane che si innamora, non ricambiata, di lui. Da quel giorno, Alain farà di tutto per indurre André a sposare la sorella.
Nel frattempo, dei balordi al soldo del Duca d’Orléans, travestiti da soldati della Guardia Metropolitana, stanno gettando discredito su Oscar e sulla compagnia da lei comandata.
Le indagini seguite ai disordini portano Oscar a scoprire un arsenale di armi rubate e una stamperia clandestina di libelli scandalistici. L’ultima serie di libelli stampati, raffigurante l’uccisione del Conte di Falkenstein sulla riva del Reno e rimasta inutilizzata grazie all’intervento di Oscar che ha scongiurato l’attentato, inchioda il Duca di Orléans alle sue responsabilità, in quanto Oscar trova nella stamperia un plico contenente una copia del libello e una lettera di accompagnamento, indirizzata a Lord William Stratford, Ambasciatore inglese a Parigi e firmata dal Duca d’Orléans in persona. Oscar, su invito di Maria Antonietta, conserva questa lettera presso di sé.
La scoperta dei libelli osceni induce la Regina a recarsi in incognito nei bassifondi parigini, scortata da Oscar e dai soldati della Guardia Metropolitana, allo scopo di sentire cosa la plebe dice di lei. Sollevato per un attimo il velo che le copriva il volto, Maria Antonietta è riconosciuta da Théroigne de Méricourt, un’esaltata agitatrice belga che passava di là.
Intanto, André conosce un medico veneto che gli cura l’occhio destro da un’infezione e gli opera quello sinistro da un ematoma che gli cagionava la cecità e che svela a Oscar che la tosse che l’affligge non è un sintomo di tubercolosi, ma una manifestazione psicosomatica di nervosismo, dovuto ai problemi di scarsa accettazione che la donna si porta dietro.
Durante la convalescenza, André accetta la proposta del Generale di diventare il nuovo amministratore delle proprietà della famiglia Jarjayes e contemporaneamente, pur continuando ad amare Oscar, decide di “rimettersi in carreggiata”, di vivere di realtà e non di fantasia e di non farsi condizionare da pensieri dolorosi e privi di sbocco.
La scoperta delle armi rubate, su molte delle quali è impresso il marchio del reggimento dei soldati di Oscar, induce il Duca d’Orléans a brigare per fare deferire l’antica rivale alla Corte Marziale, con l’accusa di essere complice di quei traffici. Il tempestivo intervento della Regina, che offre all’amica l’incarico di Comandante Supremo delle Guardie Reali, salva la situazione, ponendo Oscar sotto la diretta protezione della Casa Reale e allontanandola dal focolaio del pericolo.
Tornata a prestare servizio alla reggia, Oscar fa due nuove conoscenze: il Conte Maxence Florimond de Compiègne, cugino di Girodel (nel frattempo promosso Colonnello), un brillante uomo di mondo dal fascino enigmatico che, in realtà, è uno spiantato cacciatore di dote e Mademoiselle Henriette Lutgarde de Chambord, una nuova dama di compagnia della Regina, amica di Madame de Jarjayes e segretamente innamorata di Girodel. Oscar sfrutta il suo ritorno alla reggia anche per rinverdire il rapporto con la madre.
Oscar, quindi, ha scoperto di non avere la tisi, André ha riacquistato la vista e ha un buon lavoro da amministratore e, fra i due, accantonate le incomprensioni, è tornata l’intesa di un tempo. Il destino, però, è ancora in agguato e si manifesta sotto le spoglie della forsennata e bellicosa Théroigne de Méricourt, decisa ad assaltare la reggia perché convinta che Maria Antonietta fosse andata nei bassifondi parigini per prendersi gioco delle sofferenze del popolo. Durante un evento mondano organizzato nei boschetti di Versailles a metà luglio del 1788, Théroigne de Méricourt piomba addosso ai cortigiani con una banda di facinorosi e, con una scorrettezza, riesce a prevalere su Oscar che sta proteggendo la Regina. André, avvertito del pericolo da Alain, venuto fortuitamente a conoscenza del folle piano, giunge in tempo per salvare Oscar, ma è colto da un malore e Théroigne de Méricourt ne approfitta per ferirlo. Oscar fa lo sgambetto alla donna e riesce a deviare il colpo, ma il giovane si accascia ugualmente al suolo, privo di conoscenza.
La ferita di André è superficiale, tanto che l’uomo guarisce nel giro di un mese, durante il quale il rapporto di amicizia fra lui e Oscar si rinsalda e torna ai livelli del passato. Nel corso di una visita di convalescenza, Oscar si accorge della cotta di Diane per André – situazione che un successivo dialogo fra André e la nonna evidenzia ancora di più – e ne rimane colpita.
Contemporaneamente, il Duca d’Orléans viene a sapere da Lord William Stratford, Ambasciatore inglese a Parigi e suo amico di vecchia data, che Re Giorgio III e il Principe di Galles non intendono più appoggiarlo, perché dissuasi dal Conte di Canterbury, lontano cugino di Oscar. Il Duca d’Orléans convince, quindi, il Duca di Germain che la mancata assegnazione della Contea di Lille, alla quale il secondo tiene moltissimo, è dipesa dalla ferma contrarietà di Luigi XVI anziché dallo scarso aiuto fornitogli dall’alleato, che un avvicendamento sul trono cambierebbe le cose e che quest’avvicendamento è stato reso più difficile dall’intromissione del Conte di Canterbury. Il Duca di Germain invia, allora, due sicari in Inghilterra per uccidere il Conte di Canterbury che, però, si salva grazie alla propria prontezza di riflessi e al provvidenziale aiuto del cugino, Sir Percy Blakeney.
Il 15 agosto 1788, dopo le celebrazioni dell’Assunzione, nella sala del trono, ha luogo la solenne cerimonia di premiazione di coloro che sventarono l’assalto perpetrato da Théroigne de Méricourt, salvando la vita alla famiglia reale e a tutti i presenti. Oscar è promossa Maggior Generale, il padre di lei riceve la Signoria di alcune terre a Nevers mentre il Conte di Fersen e il Colonnello de Girodel sono insigniti della Croce di San Luigi. Al termine della cerimonia e del tutto a sorpresa, il Re crea André Cavaliere e Conte di Lille, grazie ai buoni uffici del Generale de Jarjayes e della moglie di lui che, alleati con Madame Élisabeth, Fersen, Girodel, Mademoiselle de Chambord e con la stessa Regina, si erano fortemente prodigati per ottenere quel risultato. Il Duca d’Orléans tenta di opporsi, ma è zittito da Oscar che minaccia di smascherarlo, simulando di avere nella giubba la lettera di accompagnamento al libello osceno che il Duca aveva indirizzato a Lord William Stratford.
Il giorno dopo l’investitura, il Generale de Jarjayes, anticipando i tempi e forzando la mano ad André, fa sapere a Oscar che l’uomo vorrebbe sposarla, ma lei lo rifiuta e lascia la stanza. André è distrutto dal dolore e, dopo avere avuto un’accorata discussione con Diane, nel cui amore non corrisposto si è rispecchiato, decide di prendere possesso delle sue terre a Lille e di lasciare Palazzo Jarjayes.
Nelle sue nuove terre, André sperimenta l’inedita condizione di nobile, le grandi responsabilità legate alla gestione di un feudo e all’organizzazione del lavoro proprio e altrui e le difficoltà connesse al suo proposito di dimenticare Oscar. Sempre a Lille, André conosce la sgradevole Marchesa d’Amiens, intenzionata a fargli sposare la brutta figlia Geneviève e Maurice Le Barde, uno strano poetastro. Stringe amicizia col Conte di Canterbury e con Sir Percy Blakeney, passati da lì durante la tappa di un viaggio a Parigi e col Marchese di Saint Quentin e la di lui sorella, una giovane e bellissima donna, caratterialmente molto simile a Oscar, che si innamora, non ricambiata, di lui.
Dopo la partenza di André, Oscar è sempre più in balia della solitudine, alla quale cerca di sopperire accogliendo in casa la giovane Diane, la cui madre è andata a Nevers per prestare assistenza alla sorella malata. La distanza caratteriale che la separa da Diane non consente a Oscar di trovare un sollievo dalla solitudine. Inizialmente, neppure Diane – che ha alle spalle un doloroso passato, segnato dall’abbandono e dalla precoce morte del padre alcoolizzato che l’ha indotta a cercare l’amore in figure idealizzate – si trova a suo agio a Palazzo Jarjayes.
Oscar, oltre che con la solitudine, deve anche misurarsi con molte missioni fallite, causate dal sabotaggio di un’ignota spia, col fastidioso corteggiamento del Conte di Compiègne e col disagio arrecatole da alcune strane osservazioni di Diane che le riportano alla mente il suo travagliato e complesso rapporto con André.
Girodel, nel frattempo, vincendo le iniziali resistenze paterne, sposa l’amata Mademoiselle de Chambord.
Passano i mesi e iniziano gli Stati Generali che aumentano il carico del lavoro di Oscar. André continua a vivere a Lille, Diane, pur non avendo dimenticato André, grazie agli insegnamenti di Oscar, è diventata molto più matura e Girodel e la moglie sono in attesa del loro primo figlio.
Oscar, dopo avere avuto un’accorata discussione con la madre, che l’aveva esortata a non immolare la sua vita dietro a miti irraggiungibili e a non idealizzare il padre, ha un ulteriore trauma, causato dall’attentato subito dal genitore ad opera di Saint Just che lei non era riuscita a sventare per colpa dei depistaggi della spia. Il Generale se la cava con una ferita superficiale, ma padre e figlia sono raggiunti dalla notizia dell’evasione dal carcere di Théroigne de Méricourt.
Nei giorni successivi, Oscar prende commiato dal Delfino morente e rifiuta la proposta di matrimonio del Conte di Compiègne, scoppiando a ridergli nervosamente in faccia e ferendone la vanità e l’orgoglio. Subito dopo, la donna cade in un’imboscata tesa dalla spia ed è catturata da alcuni sgherri del Duca d’Orléans. Nel rapimento, sono implicati anche Théroigne de Méricourt, Robespierre e Saint Just. Quest’ultimo, in base alle ferite riportate, è riconosciuto da Oscar come l’autore del fallito attentato ai danni del padre e del Generale de Bouillé.
André è avvisato da Alain del rapimento di Oscar e si precipita a Versailles per salvarla. Il Generale organizza la missione di salvataggio della figlia, mettendo insieme tutte le persone a lei care. Il Conte di Fersen, il Colonnello de Girodel, il Capitano de Valmy, André, il Conte di Canterbury e Sir Percy Blakeney (che altri non è che la Primula Rossa), utilizzando una mappa procurata da Bernard Châtelet, entrano nella fortezza nei cui sotterranei è imprigionata Oscar e, dopo una serie di rocambolesche avventure, grazie anche all’intervento esterno di Alain e dei soldati della Guardia Metropolitana e all’apporto della stessa Oscar che riesce a evadere dalla segreta in cui era rinchiusa, hanno la meglio. André decide di tornare a Lille senza farsi vedere da Oscar, che, nel frattempo, era svenuta, per non farla sentire in debito verso di lui.
In questo frangente, Oscar e André hanno modo di udire i deliranti discorsi di Saint Just e di Théroigne de Méricourt e di rendersi conto della pericolosità di questi personaggi e dello stesso Robespierre.
Pochi giorni dopo, il castello di campagna di André è cinto d’assedio da alcuni mercenari reclutati dal Duca di Germain che non ha mai perdonato ad André lo “scippo” della Contea di Lille.
Oscar apprende da Alain che André si è battuto come un leone per salvarla, ma è raggiunta dalla notizia dell’uccisione dell’uomo, durante l’assedio del castello. Disperata, la donna vede crollare la sua corazza, capisce di amare André e parte alla volta di Lille.
Girodel, nel frattempo, da un bottone di madreperla ritrovato in un fascicolo d’ufficio, capisce che la spia è il cugino, il Conte di Compiègne (responsabile, tra l’altro, anche dell’attentato al Generale de Jarjayes e del rapimento di Oscar) e lo caccia da palazzo. L’uomo, allora, ricatta Madame de Girodel, minacciandola di portare a conoscenza del marito i trascorsi da usuraio del padre di lei, se non avesse acconsentito a spiarlo in vece di lui. La donna, però, confessa tutto al marito che sfida a duello il Conte di Compiègne.
Nel corso del duello, il Conte di Compiègne spara proditoriamente al Colonnello de Girodel e lo ferisce a una spalla.
Oscar arriva a Lille, si accorge che André è ancora vivo e, comandando la milizia cittadina, salva gli assediati da morte sicura. Oscar e André si ritrovano e, pur in preda a mille dubbi e paure, si dichiarano il reciproco amore.
Il Duca d’Orléans e il Conte di Compiègne, alleati già da alcuni mesi, sono trionfanti, perché, con Oscar a Lille, Girodel ferito e il Capitano de Valmy agli arresti domiciliari per avere fatto da padrino al duello, si sono liberati, seppure temporaneamente, dei più strenui difensori della Corona e hanno ottenuto campo libero.
Oscar e André si sposano e trascorrono a Lille il primo mese della loro vita coniugale. Il loro idillio è, però, interrotto dall’arrivo del Tenente Henri Beauregard il quale li informa che Alain e altri undici soldati della Guardia Metropolitana sono stati condannati alla fucilazione, a causa di un grave atto di insubordinazione commesso mentre erano di servizio agli Stati Generali, nel frattempo divenuti Assemblea Nazionale.
I due sposi tornano di corsa a Versailles dove trovano una situazione alquanto particolare: nell’assenza di Oscar e di Girodel, il comando delle Guardie Reali è stato affidato al Maggiore de Limours, un uomo molto vicino al Duca d’Orléans e, malgrado la mancanza di fondi, sono stati assunti una nuova Guardia Reale, Charles de Valenciennes e un nuovo valletto, Hervé Huppert.
Oscar convince la Regina, stanca e indurita dalla morte del figlio, a graziare i dodici soldati mentre il Re, in preda a un crollo nervoso, si lega molto ad André che gli consiglia di andare a Parigi e di parlare al popolo.
La corte si trasferisce temporaneamente alle Tuileries, dove Hervé Huppert, con un sotterfugio, allontana Oscar, André, Girodel e Valmy da palazzo, dando modo a Charles de Valenciennes di sparare al Re. Il Sovrano muore il 13 luglio 1789 e la notizia del decesso interrompe, il giorno dopo, la presa della Bastiglia, perché la folla abbandona l’assedio e si riversa alle Tuileries per avere notizie. Oscar parla ai parigini e assicura che sarebbero state emanate leggi più giuste.
André, intanto, dona al popolo affamato parte del suo raccolto e l’esempio di lui è seguito da molte famiglie ricche, nobili e borghesi.
La Regina, dapprima riluttante perché incupita dai lutti e dall’odio di cui è vittima, si lascia convincere ad avviare alcune riforme e ad emanare la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino, ma esige che Oscar, André e Girodel entrino a far parte del Consiglio di Reggenza dove dovranno coabitare con la scomoda presenza del Duca d’Orléans. Nel frattempo, il Conte di Mirabeau popone di nominare Robespierre Ministro di Giustizia, per creare una spaccatura fra lui e Saint Just, per avvicinare l’Avvocato di Arras agli ambienti di corte, così da tenerlo più facilmente sotto controllo e anche nella speranza che l’ubriacatura di potere lo induca a gettare la maschera, mostrando al mondo il suo vero volto di estremista sanguinario.
Diane, invitata a Versailles dalla Regina, vede Alain aggredire il suo ex fidanzato, Tristan de Monmorency e scopre che il vero motivo dell’abbandono non fu un nuovo legame sentimentale dell’uomo, ma il carattere oppressivo e nevrotico di lei. Sconvolta e indotta a una serie di riflessioni, la ragazza riceve una proposta di lavoro dal Tenente Henri Beauregard, segretamente invaghito di lei.
In questi frangenti, Oscar rivela ad André di essere incinta.
La Contessa di Polignac ha, però, capito che Diane è innamorata di André.
Nel settembre del 1789, l’Imperatore Giuseppe II d’Asburgo Lorena, in fin di vita perché malato di tisi, invia in Francia la sorella, l’Arciduchessa Maria Cristina di Sassonia Teschen, per stipulare un trattato con Maria Antonietta. Si scopre, così, che, l’anno precedente, l’Imperatore era giunto in Francia sotto mentite spoglie per trattare con Luigi XVI la cessione all’Austria dell’Alsazia e della Lorena in cambio dell’invio in Francia, per dieci anni, di un contingente militare di cinquantamila uomini. Prima di accomiatarsi dal mondo e dalla sorella Maria Antonietta a cui è affezionato, l’Imperatore vuole reiterare la proposta a condizioni più vantaggiose per la Francia, esigendo, in cambio dell’invio del contingente militare, non più la cessione dell’Alsazia e della Lorena, ma un decimo delle rendite di quelle regioni.
La gravidanza di Oscar procede senza complicazioni, ma la donna vive la sua condizione con fastidio, sentendosi strana e impacciata. Questo particolare stato d’animo, unito alla caparbietà della donna nel continuare a fare le stesse cose di prima senza riguardarsi, crea attrito fra lei e André. Il nervosismo dell’uomo è accresciuto dalle particolari attenzioni che l’Arciduchessa Maria Cristina, bisessuale, rivolge a Oscar durante il suo soggiorno francese.
Di questa situazione di attrito approfitta la Contessa di Polignac che, divenuta l’amante del Duca d’Orléans, vuole minare la stabilità del Consiglio di Reggenza su richiesta di lui. La figlia della Contessa, la Duchessa Aglaé de Gramont et de Guiche, conquista facilmente l’amicizia di Diane de Soisson e, con un sotterfugio, riesce a introdurre la giovane negli appartamenti di Oscar alla reggia. Vedendo André, rientrato negli appartamenti prima di lei, in compagnia di Diane, Oscar ha un attacco di gelosia e inveisce contro l’uomo, ma i due hanno modo di chiarirsi. Diane, invece, fugge dalla stanza in preda alla vergogna e si imbatte in alcuni ubriachi che l’aggrediscono. La giovane è salvata dall’ex fidanzato, Tristan de Montmorency, con cui ha modo di spiegarsi, aggiungendo un nuovo tassello alla sua maturazione.
Nel novembre del 1789, nasce Grégoire Henri de Girodel, figlio del Colonnello e della moglie.
André è nominato vice Ministro da Robespierre e, lavorando gomito a gomito con lui, ha modo di conquistarne la fiducia e di mitigarne il fanatismo. Questo stato di cose irrita il Duca d’Orléans che decide di uccidere André.
Il 21 marzo 1990, Oscar dà alla luce un bambino cui è imposto il nome di Honoré François e, durante una visita di cortesia, Alain rivela che Bernard Châtelet nutre del risentimento verso di loro, perché gira voce che Robespierre e André sottraggano parte del frumento destinato ai poveri per arricchirsi. André va a trovare Bernard e chiarisce la propria innocenza, invitando l’uomo a recarsi a Versailles per visionare i documenti nel proprio ufficio. Tornando a casa, è aggredito da alcuni sgherri del Duca d’Orléans, ma riesce ad avere la meglio.
Nel giugno del 1790, ha luogo, nella Cattedrale di Reims, l’incoronazione di Luigi XVII, ma la processione dei monaci che portano alla Cattedrale la Santa Ampolla è interrotta da un gruppo di facinorosi, fra i quali Oscar riconosce Hervé Huppert, il finto valletto che aveva avuto un ruolo nell’uccisione di Luigi XVI. Durante la colluttazione, cade dalle mani dell’uomo un’ampolla identica a quella recante l’olio sacro.
Nella reggia di Versailles, Antoine Laurent de Lavoisier analizza il contenuto della falsa ampolla, scoprendo trattarsi di un potente veleno che agisce a contatto con la pelle. Contemporaneamente, Bernard Châtelet, che si trova nell’ufficio di André per leggere gli incartamenti relativi alle elargizioni di frumento, è ucciso da un sicario del Duca d’Orléans che lo scambia per André. L’intenzione del Duca era di sbarazzarsi sia di lui sia di Oscar sulla quale sarebbe dovuta ricadere la responsabilità dell’omicidio.
Rosalie è riaccolta a Palazzo Jarjayes dove diventa la vice governante e dove, nel novembre del 1790, dà alla luce una bambina che chiama Bernadette.
Del delitto è accusato il chimico Lavoisier, presente alla reggia per analizzare il veleno. Suoi maggiori accusatori sono Saint Just e Marat, col quale Lavoisier aveva dei conti in sospeso. I due rivoluzionari individuano come movente dell’omicidio certe indagini condotte da Bernard su alcuni episodi di peculato, avvenuti alla Fermée Générale di cui Lavoisier era una dei dirigenti. Certa dell’innocenza dell’uomo, Oscar convince la Regina a liberarlo e, in questa impresa, riceve l’insperato aiuto di Robespierre, persuaso dell’innocenza del chimico da André. Davanti alle porte del carcere, Marat, che si trova in mezzo alla folla, è assassinato da Carlotta Corday d’Armont.
Lo schierarsi di Robespierre a favore di Lavoisier e contro Saint Just acuisce i dissapori fra i due rivoluzionari, minando i loro rapporti, già tesi da quando Robespierre era diventato Ministro di Giustizia.
Il 18 dicembre 1790, dopo una mattinata tumultuosa, Oscar dà prematuramente alla luce la sua secondogenita, Antigone Auguste.
Nel gennaio del 1791, Maria Antonietta rivela a Oscar di avere sposato in segreto il Conte di Fersen e di aspettare un figlio. La Regina si ritira nel Petit Trianon dove, amorevolmente assistita da Rosalie, dà alla luce una bambina, Élisabeth Clotilde, che è fatta passare come figlia secondogenita dei coniugi Girodel. Il parto della Regina è estremamente complicato, ma la fibra forte di lei prevale. Maria Antonietta sopravvive, ma dei fastidiosi e debilitanti sanguinamenti continuano ad affliggerla.
Nel frattempo, il Conte di Compiègne, corrotto e scansafatiche cugino di Girodel, tenta di aggredire la Marchesina Victoire Aurélie de Saint Quentin, ospite a Palazzo Jarjayes per alcune settimane, della quale si era invaghito durante i festeggiamenti per l’incoronazione. Al rifiuto della donna, tenta di strangolarla. L’adolescente fratello di lei, il Marchese Camille Alexandre, decide di sfidare a duello il Conte di Compiègne, ma il Conte di Canterbury, il cugino inglese di Oscar, per salvare il ragazzo, sfida per primo il malfattore, proclamandosi falsamente fidanzato della Marchesina. Oscar, conoscendo la scorrettezza del Conte di Compiègne, che già era costata una ferita alla spalla a Girodel, minaccia l’uomo, ingiungendogli di non presentarsi al duello. L’occasione è, però, propizia al Conte di Canterbury e a Mademoiselle de Saint Quentin per dichiararsi i reciproci sentimenti e fidanzarsi davvero.
Giunge, intanto, a Parigi la Contessa Bérénice Eulalie de Compiègne, madre del Conte Maxence Florimond e sorella del Conte de Girodel. La donna, autoritaria e narcisista, stanca della vita di sperperi e di scandali del figlio, a lei del tutto sottomesso dalla nascita, gli ordina di sposare la Marchesina Geneviève d’Amiens, brutta e zoppa, ma immensamente ricca e, per concessione reale, madre del futuro Marchese d’Amiens. Il Conte di Compiègne è riluttante, perché la donna lo disgusta mentre la Marchesina d’Amiens è follemente innamorata di lui sin dal loro primo incontro, avvenuto durante i festeggiamenti per l’incoronazione. Per vincere le resistenze della Marchesa d’Amiens, madre di Geneviève, che detesta il Conte di Compiègne, la Contessa madre invita la Marchesina in un padiglione di caccia concessole in uso dal fratello dove il Conte di Compiègne la droga e abusa di lei. Il matrimonio riparatore ha, quindi, luogo.
A giugno del 1791, Maria Antonietta, stremata dalle emorragie conseguite al parto, si reca, su consiglio di Oscar e di André, ad Amnéville, una località termale sul confine, per farsi visitare da Lucilio Vianello, giunto sul posto per studiare le proprietà delle acque. Il giovane medico illuminista riconosce la Regina, ma la cura ugualmente. Al ritorno a Versailles, un violento temporale costringe il convoglio a fermarsi in una locanda a Varennes, dove la Regina è riconosciuta e ricondotta a Parigi. Si crea, subito, agitazione e, mentre alcuni sostengono che la Regina sia stata rapita, altri affermano che volesse fuggire per consegnare la Francia alle potenze straniere. Robespierre, interrogato sul punto, per conservare la carica di Ministro e portare avanti le sue riforme, appoggia la versione della Regina di essersi recata alle terme, ponendo fine alla questione. Ciò scatena la furia di Saint Just e di Théroigne de Méricourt che decidono di avvelenarlo, ma, per errore, a trovare la morte è Mirabeau.
La morte di Mirabeau, che sapeva ben mediare fra le parti sociali e mantenere buoni rapporti con l’estero, unita all’ascesa al trono asburgico di Francesco II, un nipote di Maria Antonietta ben poco affezionato alla zia, determinano, il 20 aprile 1792, lo scoppio della guerra fra Francia e Austria, perché quest’ultima giudica il trattato del settembre del 1789 poco vantaggioso.
L’Imperatore richiama indietro il contingente militare di 50.000 uomini e ciò preoccupa Oscar, perché i due anni e mezzo di permanenza sul suolo francese hanno fatto sì che gli austriaci venissero a conoscenza di tutte le tattiche francesi e la Francia, oltretutto, non dispone di nuovi Generali che possano fare la differenza.
Sempre agli inizi del 1792, muore Marie, la nonna di André.
Con lo scoppio della guerra, Lille viene cinta di assedio, ma, con l’apporto determinante di Oscar e di André, la città si salva. I fatti di Lille costano il confino a vita nelle terre di cui è proprietario al Duca di Germain, reo di tradimento. Oscar, invece, è promossa Luogotenente Generale mentre André è insignito della Croce di San Luigi.
Frattanto, viene alla ribalta una nuova figura, quella del Vescovo de Talleyrand Périgord, uomo di antica nobiltà, abile politico, ma sacerdote corrotto e senza vocazione. Il prelato, che è apparentemente inviso a Maria Antonietta, si conquista la fiducia di Robespierre che incoraggia a portare avanti delle strane riforme e il culto dell’Essere Supremo.
Dopo un’umiliante vita coniugale, Geneviève, ora Contessa di Compiègne, rimane incinta, ma la suocera e il marito tramano di sbarazzarsene, facendola morire di parto. André, però, messo in allerta da Geneviève, fa arrivare la madre e la zia di lei che ne scongiurano la morte. Quest’evento, unito al presunto ruolo giocato da André nell’assegnazione della reggenza del feudo d’Amiens alla madre di Geneviève anziché alla suocera, scatena l’odio della Contessa madre di Compiègne contro l’uomo.
Maria Antonietta, per sottrarre Geneviève al terribile clima familiare, fa di lei la sua nuova dama di compagnia, ma ciò fornisce un’ottima scusa al Conte di Compiègne e alla madre di lui per aggirarsi negli appartamenti della Regina, a caccia di presunte prove che suffraghino la nascita illegittima del Re, da fornire al Duca d’Orléans, loro alleato. Con uno stratagemma, il Conte di Compiègne sottrae alcuni documenti da un armadio nascosto nel cabinet doré. In quest’occasione, Alain, per salvare Oscar, uccide Hervé Huppert che altri non è che il cugino Guillaume Colbert, fuggito di casa tanti anni prima. La morte del cugino traumatizza moltissimo Alain.
I documenti sottratti dal cabinet doré non provano la nascita illegittima di Luigi XVII, ma la segreta alleanza fra Maria Antonietta e Talleyrand per neutralizzare il pericolo costituito da Robespierre, da Saint Just e dai giacobini. Questa scoperta causa dei disordini che Oscar, non senza fatica, placa. In questo frangente, Madame de Girodel resta ferita, per avere preso parte a una missione col beneplacito di Oscar, ma contro il parere del marito.
Il Conte di Compiègne, braccato, decide di fuggire all’estero e, per non essere catturato, usa come scudo i figli di Oscar e di André che rapisce. Giunto sul confine, per procurarsi denaro e per vendicarsi di Oscar e di André, vende i bambini alla folle Théroigne de Méricourt, decisa ad assassinarli in modo plateale e brutale, per vendicarsi del fallimento della rivoluzione. Il piano fallisce e la donna, colpita da un calcio del cavallo di André e scagliata contro un muro, finisce in manicomio.
La scoperta del tradimento di Talleyrand accentua la paranoia e il senso di accerchiamento di Robespierre che scivola lentamente nella pazzia, anche a causa della convocazione davanti alla Santa Inquisizione (per rispondere del culto dell’Essere Supremo) e della morte di tumore della sorella, da lui erroneamente ritenuta incinta e perseguitata. Robespierre, ormai preda della pazzia, si suicida, dopo avere ucciso Danton, Demoulins e Fabre d’Églantine.
Saint Just, invece, insieme a una manciata di fedelissimi, si fa esplodere all’interno della Bastiglia e soltanto il pronto ed efficace intervento di Oscar scongiura danni maggiori.
Diane, intanto, si fidanza con Henri Beauregard, da poco divenuto Signore di Bourges mentre Alain, non riuscendo a superare il senso di colpa per la morte del cugino, decide di arruolarsi in guerra, fra gli artiglieri.





 
Terza Parte
 
Quattro anni dopo
 
Londra, St. James’s Palace, marzo 1798
 
Seduto davanti alla scrivania del suo studio, Re Giorgio III di Gran Bretagna e di Irlanda scrutava con aria severa e rabbuiata il Conte di Canterbury che aveva convocato alla sua presenza. Il Conte stava in piedi davanti al Sovrano e rispondeva allo sguardo accigliato di lui col suo, limpido e sincero.
Dopo la crisi mentale che, dieci anni prima, lo aveva colpito e che gli studiosi, due secoli dopo, avrebbero attribuito alla porfiria, il Monarca si era ripreso ed era al culmine della sua popolarità. Erano ancora lontani i tempi in cui le condizioni di lui sarebbero nuovamente e definitivamente precipitate, al punto da rendere inevitabile la Reggenza del Principe di Galles.
– Le accuse che Vi sono state mosse sono molto gravi, Conte di Canterbury – disse il Re con voce grave che tradiva dolore e delusione.
– Sono accuse false, Maestà – rispose accoratamente il Conte di Canterbury mentre contraeva le mani.
– Il tempo lo chiarirà – concluse seccamente Giorgio III.
– Se solo conoscessi i nomi dei miei accusatori….
– La questione è irrilevante, Conte.
– Le missive che mi avete mostrato sono false! La mia grafia è stata abilmente riprodotta e ciò dimostra che i miei nemici, chiunque essi siano, si sono avvalsi dell’opera di un falsario…. Maestà, Vi prego, non dichiarate guerra alla Francia! Le lettere attribuite alla Regina Maria Antonietta e al Vescovo de Talleyrand Périgord sono false come quelle che si vuole far passare per mie!
– E’ troppo tardi, Conte di Canterbury. La guerra alla Francia è stata dichiarata un’ora or sono. Quanto a Voi, resterete confinato nelle Vostre terre finché la Vostra posizione non sarà stata chiarita. Potete andare.
Il Conte di Canterbury si inchinò rispettosamente e si ritirò.
Pochi istanti dopo, da un’altra porta, entrarono nella stanza la Regina Carlotta e il Principe di Galles che si sedettero davanti alla scrivania del Re.
– Il Conte di Canterbury si è rivelato una grande delusione – esordì, con voce aspra, il Principe di Galles – Avreste dovuto impedirgli non soltanto di allontanarsi dalle sue terre, ma anche di ricevere e di inviare missive e di ospitare chicchessia nel suo palazzo, Maestà! 
– Privandomi, così, della possibilità di controllarlo – rispose il Re – Da che mondo è mondo, esistono degli ottimi metodi per rimuovere e apporre nuovamente i sigilli di ceralacca a una missiva e alcuni dei servitori del Conte sono al soldo della Corona.
– Trovo assolutamente incredibile che la Regina Maria Antonietta abbia tramato col Vescovo de Talleyrand Périgord per invadere l’Inghilterra! – esclamò la Regina Carlotta con aria indignata – Intrattengo una fitta corrispondenza con lei da moltissimi anni, durante i quali siamo diventate ottime amiche. Un comportamento così doppio e vile non è da lei!
– In politica, nulla è mai abbastanza doppio e vile, Signora – rispose Giorgio III alla consorte.
– Aggiungo – insistette la Regina – che il trattamento che avete riservato al Conte di Canterbury è vergognoso! E’ sempre stato un ottimo amico Vostro e del Principe di Galles e, ora, lo mettete agli arresti domiciliari come un criminale! Dovreste, invece, far rinchiudere chi ha accusato lui e la Regina Maria Antonietta!
– Non affliggeteVi, mia cara – le rispose il Re, con voce affettuosa e notevolmente addolcita – Di fronte a simili accuse, non potevo fare diversamente. La posizione del Conte di Canterbury sarà chiarita nel tempo, con l’emergere di nuove prove, se ce ne saranno. Quanto alla Regina Maria Antonietta, le intenzioni bellicose di lei sono state confermate venti giorni or sono, quando alcune pattuglie della Royal Navy hanno avvistato delle navi militari francesi al largo delle nostre coste. Adesso, ritirateVi entrambi, perché devo ricevere i miei Ministri.
La Regina e il Principe di Galles lasciarono la stanza del Re. Lei era incredula, addolorata e fermamente fiduciosa in Maria Antonietta mentre l’erede al trono era adirato con l’uomo che già considerava un ex amico.
 
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Venezia, marzo 1798
 
Il Duca d’Orléans e il Conte di Compiègne conversavano nell’ampio ed elegante salone che faceva parte delle lussuose stanze di un palazzo patrizio dove il secondo abitava. L’edificio, che era affacciato sul Canal Grande, sorgeva a pochi passi da Piazza San Marco e, dalle finestre delle sale di rappresentanza, che proiettavano sul pavimento di marmo una soffusa luce ormai primaverile, si scorgevano il Palazzo Ducale e la Basilica.
– Vi siete sistemato molto bene, Conte di Compiègne, Vi vedo rifiorito. SpostarVi in gondola, a quanto pare, Vi si addice – affermò il Duca d’Orléans, facendo scorrere lo sguardo fra gli arredi e le sete che impreziosivano l’appartamento veneziano dell’alleato.
– Risiedo in una dimora signorile molto vicina al Caffè Florian e molto lontana da mia moglie. Cosa potrei desiderare di più? – rispose, visibilmente soddisfatto, il Conte di Compiègne mentre sorseggiava dell’ottimo vino rosso.
– Finanziare la Vostra latitanza dorata è stato un buon affare, Conte, visti i risultati da Voi ottenuti! Re Giorgio ha dichiarato guerra alla Francia! Io stesso non avrei saputo fare di meglio! Con un avversario potente come l’Inghilterra, la Francia sarà sconfitta, il regno di Luigi XVII rovesciato e, grazie ai miei buoni rapporti col Re inglese, il trono di San Luigi passerà a me! – esclamò il Duca d’Orléans, facendo roteare il vino all’interno dell’ampio bicchiere di cristallo.
– E’ stato molto facile, Duca d’Orléans! E’ bastato fare avere al falsario Gabriel Leclerc, emigrato a Ginevra, alcuni esemplari delle missive sottratte dall’armadio nascosto nel cabinet doré. Leclerc ci ha messo davvero poco a imitare la calligrafia della Regina Maria Antonietta e del Vescovo Talleyrand! A quel punto, ho portato le false lettere a Re Giorgio, presentandomi come un perseguitato politico, calunniato da Oscar François de Jarjayes.
– In questo modo, Re Giorgio è caduto nel tranello, pensando che la Regina e il Vescovo stessero pianificando l’invasione dell’Inghilterra – disse, ghignando, il Duca d’Orléans – Io stesso ho preparato la strada alle Vostre azioni, intensificando i miei viaggi a Londra e instillando nella mente di Re Giorgio il sospetto che il soggiorno londinese, di quattro anni or sono, del Vescovo de Talleyrand non fosse motivato dalla necessità di sottrarsi alla furia giacobina, ma dal desiderio di raccogliere puntuali informazioni per meglio preparare l’invasione.
– Avete posto in essere un capolavoro di diplomazia, Vostra Altezza! – lo blandì il Conte di Compiègne – ma, se permettete, un colpo da maestro l’ho messo a segno anch’io, consegnando al falsario una lettera del Conte di Canterbury che avevo sottratto dall’ufficio del Comandante de Jarjayes. Esibendo alcune missive contraffatte, è stato facile far passare il Conte di Canterbury come una spia al soldo della Regina e del Vescovo. Questa mossa ha destabilizzato emotivamente il Re e il Principe di Galles, amici di vecchia data del Conte di Canterbury. I due, sentendosi traditi in un modo più che vile, sono caduti molto facilmente nel tranello!
– E, così, Vi siete anche vendicato del marito della donna che, alcuni anni fa, ebbe l’ardire di usarVi violenza nelle campagne innevate di Versailles! – lo canzonò, ridendo di gusto, il Duca d’Orléans, chiaramente riferendosi al tentativo di violenza ai danni di Mademoiselle de Saint Quentin e all’odio che il Conte di Compiègne provava per l’uomo che l’aveva sposata, portandosela via.
– La Contessa di Canterbury ha unito le sue sorti all’uomo sbagliato – mormorò, con un filo di voce, il Conte di Compiègne, avvampando violentemente e sentendosi quasi schiaffeggiato dall’ironia dell’interlocutore che gli aveva ricordato sia la bestialità del comportamento da lui tenuto verso Mademoiselle de Saint Quentin sia la sconfitta bruciante che aveva subito quando la Marchesina gli aveva preferito un altro uomo, sposandolo e offrendogli ciò che a lui aveva negato.
 
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Versailles, Palazzo Jarjayes, marzo 1798
 
– Rimonta immediatamente su quel cavallo, Antigone, è un ordine! – ingiunse Oscar, con sguardo tagliente e voce imperiosa.
– Riproverò questo pomeriggio, Madre, ora voglio terminare le letture assegnate dal precettore – rispose la bambina, dissimulando spavalderia e decisione, ma ancora visibilmente spaventata dalla caduta di pochi istanti prima.
– Ti ho detto di rimontare subito in groppa! Fallo adesso e non questo pomeriggio! – insistette Oscar, con l’atteggiamento duro e intransigente che riservava ai più riottosi fra i suoi soldati.
– Antigone, riprendi fiato e sali in groppa! E’ più facile di quello che pensi! – la incoraggiò Honoré, desideroso di uscire dall’impasse e di evitare problemi maggiori.
– Madamigella Antigone, fate ciò che Vi consiglia Vostro fratello! Le paure vanno affrontate prima che diventino più grandi di noi! – la esortò Bernadette, piccola, ma già molto saggia.
– Bernadette ha più giudizio di te, Antigone! Sali immediatamente in groppa a quel cavallo o resterai chiusa nelle tue stanze per un mese! – sbottò Oscar, al culmine dell’impazienza.
– Oh! Madame Oscar! Non siate così severa con Vostra figlia! – la supplicò Rosalie, con le mani giunte e gli occhi costernati – E’ ancora una bambina! Oh! Oh! Oh!
– Rosalie, non intrometteteVi – la ammonì il Generale – Non è nello stile di noi Jarjayes voltare le spalle al pericolo e darci alla fuga! Le paure vanno affrontate per tempo! Se non riesce a stare in sella a un cavallo da addestramento, può dire addio all’equitazione!
– Rosalie, fa’ come dice mio padre! – le ingiunse Oscar, per nulla ammorbidita dalle suppliche della governante – Antigone è una bambina testarda e indomabile e, se non irreggimentata, diventerà capricciosa, viziata e vile! Porta dentro Honoré e Bernadette e lascia fare a noi!
Rosalie obbedì mentre Oscar continuava a spronare duramente la figlia sotto gli occhi del padre.
Allontanatisi i componenti più indulgenti della famiglia, Antigone rimase sola con la madre e il nonno, due Jarjayes duri come il diamante e, sentendosi incalzata e messa con le spalle al muro, strinse i pugni, indurì gli occhi e mise il piede nella staffa. Issatasi in groppa, strinse le redini con tutte le energie che aveva e, con la forza della disperazione, resistette sul dorso dell’animale con stoicismo misto a dispetto.
– Va bene, per oggi può andare – disse, dopo alcuni minuti, Oscar – Sei troppo rigida, non fletti bene la schiena e le gambe e maneggi le redini in modo sbagliato. Se sei inesperta e atterrita, il cavallo lo avverte e prende il sopravvento. Torna a casa a terminare le letture del precettore.
Antigone rientrò di corsa a palazzo e raggiunse l’atrio dove erano radunati Rosalie, Honoré e Bernadette.
– Mia madre è cattiva e mi tratta male! Quando mio padre sarà di ritorno, gli dirò tutto, lui sì che mi capisce! – sibilò la bambina con i pugni stretti e gli occhi azzurri adirati e dardeggianti.
– Madamigella Antigone, non dite così! – la supplicò Rosalie con voce lamentosa – Vostra madre lo fa per il Vostro bene!
– Io la odio e vorrei che morisse! – ringhiò Antigone.
Non aveva ancora finito di parlare che fu raggiunta da uno schiaffo del Generale che la colse in pieno viso e la fece rotolare a terra, sotto gli occhi basiti di Rosalie, Bernadette e Honoré, mai troppo avvezzi alle esplosioni di collera dell’anziano militare.
– Le tue parole sono abominevoli, rialzati e fila via! – tuonò il Generale – Resterai confinata nella tua stanza e per te, oggi, niente pranzo e niente cena!
Antigone si rialzò, massaggiandosi la guancia arrossata e imboccando le scale, con la cresta visibilmente abbassata.
Oscar aveva assistito all’intera scena dalla soglia ed era rimasta impassibile come una statua di marmo. Un valletto la raggiunse, inchinandosi e porgendole, su un piattino d’argento, una missiva. Oscar la afferrò con gesto rapido e, senza dire una parola, ruppe il sigillo di ceralacca che ne fermava i lembi e la aprì.
 
A Sua Eccellenza il Luogotenente Generale Oscar François de Jarjayes Comandante Supremo delle Guardie Reali
 
Londra, 10 marzo 1798
 
Eccellentissima Cugina,
appena congedato da Sua Maestà il Re e in procinto di fare ritorno alle mie terre di Canterbury, Vi invio la presente.
Mi duole informarVi che, un’ora prima che mi accingessi a scriverVi, Re Giorgio ha dichiarato guerra alla Francia. Non saprei dirVi con precisione come siano andate le cose. L’unica attuale certezza è che, in base a delle false missive, io sono stato accusato di intelligenza col nemico e, cioè, con la Francia e con Voi e sono stato relegato, fino a nuovo ordine, nelle mie terre. Esistono, poi, delle altre lettere contraffatte che dimostrerebbero l’intenzione della Regina Maria Antonietta e del Vescovo de Talleyrand Périgord di invadere l’Inghilterra.
Temo che, in quest’oscura vicenda, si allunghino le ombre del Duca d’Orléans e del Conte di Compiègne che, negli ultimi mesi, sono stati visti a corte di frequente. Io, invece, in questi anni, ho dedicato quasi tutto il mio tempo a mia moglie e ai miei figli, trascurando la frequentazione del Re e del Principe di Galles e questi sono i risultati.
Si dice anche che alcune pattuglie della Royal Navy abbiano avvistato delle navi della marina militare francese nelle nostre acque territoriali.
Mi rincresce non potere fare altro per Voi, ma, sia pure dalla mia scomoda posizione, resto un Vostro fedele amico e alleato.
Porgo a Voi e alla Vostra Famiglia i più rispettosi ossequi miei e dei miei congiunti.
 
Cedric Canterbury
 
– Madre, credete che mio padre tornerà dalle proprietà del nord in tempo per il mio genetliaco? – domandò Honoré, per rompere il silenzio imbarazzante che si era creato e perché André, obiettivamente, mancava a tutti.
– Honoré, Bernadette, andate nelle vostre stanze – ingiunse Oscar, ignorando la domanda del figlio.
Quando i bambini si furono allontanati, Oscar, stringendo il foglio di carta fra le mani, guardò il Generale, Rosalie e Madame de Jarjayes che, nel frattempo, li aveva raggiunti e mormorò:
– L’Inghilterra ha dichiarato guerra alla Francia.
 
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Una strada di campagna vicino Parigi, marzo 1798
 
Nella stessa mattina in cui era esploso il piccolo dramma familiare che aveva avuto come protagonisti Oscar, Antigone e il Generale, André cavalcava per una strada di campagna che, dal nord della Francia, lo avrebbe ricondotto a Versailles.
L’uomo aveva fatto un giro per le sue proprietà di Lille e per quelle dei de Jarjayes, site in Normandia e ad Arras, aveva verificato che tutto andasse bene, aveva posto rimedio a ciò che non funzionava e, adesso, col cuore colmo di gioia, stava tornando in famiglia, facendo il conto alla rovescia delle tese che lo separavano da casa.
Il sole risplendeva nei capelli neri di lui, fra i quali, ormai, si annidava qualche filo argenteo. Anche Oscar aveva alcuni capelli bianchi che, però, in quella chioma dorata, si notavano molto poco. I volti di entrambi erano, invece, del tutto privi di rughe e per nulla appesantiti dall’età, al pari dei corpi, agili e snelli come in gioventù.
In quei quattro anni, André aveva continuato la vita di prima, facendo da vice al Ministro di Giustizia che era succeduto a Robespierre e occupandosi dei figli e delle proprietà. Essere elevato alla dignità di Conte e avere vissuto per quasi un anno da solo, con nuovi compiti e responsabilità, aveva fatto di lui una persona caratterialmente autonoma, del tutto affrancata dal ruolo di pallida ombra. Pur amando moltissimo Oscar e i suoi figli, aveva iniziato, nel tempo libero, a coltivare degli interessi completamente suoi. Amava studiare tutto ciò che era antico, dai manoscritti, agli incunaboli, alle carte geografiche, alle monete, passatempo che, invece, lasciava Oscar indifferente. Su consiglio della moglie, aveva iniziato a strimpellare il violino, il clavicembalo, la spinetta e uno strumento da poco acquistato, il pianoforte, ma, a differenza di Oscar che preferiva Mozart, Bach, Vivaldi, Händel e, più in generale, i contemporanei, lui non disdegnava la musica cinquecentesca e seicentesca. A volte, gli capitava di uscire, anche senza Oscar, con Fersen, Girodel e con altri gentiluomini suoi amici e avrebbe frequentato volentieri anche Alain, se questi non si fosse trovato al fronte. L’ansia per l’amico lontano, quotidianamente esposto ai rigori della guerra e al pericolo di morte, era l’unica macchia in una vita altrimenti piacevolissima.
Fedeli alla promessa fatta ad Alain, Oscar e André, in quei quattro anni, avevano vigilato sulla sicurezza e sul benessere di Diane e di Madame de Soisson. Quest’ultima, grazie alle cure dei medici pagati dai suoi benefattori, era rifiorita mentre Diane aveva continuato a lavorare con Henri Beauregard e il loro fidanzamento andava a gonfie vele, tanto che le nozze erano, ormai, imminenti.
Quando fu arrivato quasi alle porte di Parigi, vide un calesse incagliato al centro di un ruscello poco profondo e una donna, sopra di esso, che, con le labbra strette e il naso arricciato, aspettava soccorso.
– Posso fare qualcosa per Voi, Madame? – le chiese André, sempre pronto ad aiutare chi era in difficoltà.
– Ve ne sarei grata, Monsieur – rispose lei, con una voce splendidamente modulata – Temo di essermi cacciata in una situazione da cui è difficile uscire – aggiunse, poi, col viso deliziosamente imbronciato.
André le si avvicinò e ne notò le fattezze. Aveva circa trentacinque anni e una figura snella ed elegante. La carnagione era lievemente ambrata e i capelli, castani e serici, incorniciavano un volto non propriamente bello, ma pur sempre molto grazioso dove spiccavano due occhi nocciola, un naso piccolo e dritto e una bocca ben formata. Il corpo flessuoso e aggraziato era abbigliato con notevole ricercatezza.
Quando ella lo vide avvicinarsi, gli sorrise e, nel fare ciò, strinse gli occhi e due graziose fossette comparvero nel bel volto ovale.
– Volevo tagliare la strada per fare prima – disse lei, con una bassa voce argentata mentre agitava le ciglia – Ma ho sbagliato i miei calcoli, sono finita in un punto troppo profondo e, ora, le ninfe del fiume si sono impadronite di me!
André le si avvicinò con sollecitudine e premura e, quando l’acqua fu arrivata quasi al torace del cavallo, raggiuse il calesse.
– Salite in sella al mio cavallo, Madame, così Vi condurrò alla riva – la esortò André con garbo e gentilezza.
– Oh, Monsieur, Ve ne sarò debitrice per tutta la vita!
La dama allungò verso di lui il braccio snello e guantato che André afferrò con delicatezza, aiutandola a passare dal calesse al cavallo. Facendo leva su un braccio di André e sulla sella dell’animale, la signora, con un saltello, passò agevolmente dall’altra parte e si trovò seduta all’amazzone davanti al suo soccorritore. Quando entrambi furono in groppa, André diresse il cavallo verso la riva e, una volta giunti a destinazione, smontò e aiutò la sua protetta a scendere.
Messo piede a terra, prima che le mani di lui si separassero da quelle di lei, la dama guardò André con occhi riconoscenti e civettuoli e, con voce allegra e delicata, scherzò:
– Ora, so che siete il mio salvatore oltre che un uomo forte e generoso. So praticamente tutto di Voi, tranne il Vostro nome!
– Oh, perdonate, Madame – rispose, imbarazzato, André – Rimedio subito! Sono il Conte André de Lille, per servirVi.
– Ho sentito molto parlare di Voi! La fama Vostra e della Vostra famiglia Vi precede! Io, invece, sono….
Mentre la signora stava facendo la sua presentazione, giunse di corsa una carrozza alla quale era affacciata una donna mulatta che urlò:
– Madame, sono venuta ad aiutarVi!
– Oh! La mia Euphémie è giunta a salvarmi! Circa mezz’ora fa, è passata di qui una contadina e io le lanciai una moneta, pregandola di andare a casa mia a informare i miei domestici. Temevo che si fosse dileguata con la moneta, abbandonandomi al mio destino e invece….
– Ne sono felice, Madame – le rispose, con impeccabile cortesia, André – Tutto è bene quel che finisce bene. Vi lascio alle premure della Vostra domestica e Vi porgo i miei ossequi.
Ciò detto, si accomiatò da lei accostando le dita al copricapo, rimontò a cavallo e riprese la strada verso casa.
 
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Versailles, Palazzo Jarjayes, marzo 1798
 
Era quasi mezzogiorno, quando un cavallo nero come l’ebano varcò i cancelli di Palazzo Jarjayes, imboccando la via delle scuderie.
– Mio padre è tornato! – urlò una voce infantile accanto alla grande fontana ovale di marmo.
Honoré non aveva ancora finito di esultare che già si precipitava incontro al padre, con le braccine protese e la risata argentina, seguito dal galoppare dei cani e dallo sguardo attento di Mademoiselle Saint Pierre, la sua governante.
I cani, partiti per ultimi, furono i primi a raggiungere André, imprimendogli delle zampate sulle gambe e sull’addome ed esibendosi intorno a lui con ululati e salti di ogni foggia.
– Padre, Padre, ce l’avete fatta a tornare in tempo per il mio genetliaco! – cinguettò il bambino.
– Una promessa è una promessa! – rispose André, abbracciando il figlio e scompigliandogli i riccioli neri con la mano – Dov’è tua sorella?
– In punizione.
– Tanto per cambiare!
– Tanto per cambiare….
– Avanti, entriamo in casa altrimenti non potrai vedere il regalo che ti ho portato – lo esortò André, sorridendo.
– Un regalo per i miei otto anni?
– No, un pensiero dal nord della Francia!
– Questo significa che, il ventuno marzo, avrò un altro regalo?
– Certamente!
– Oh, Padre, sono proprio contento!
Nel frattempo, Oscar, richiamata dall’esplosione delle urla e degli abbai, prima ancora che da Mademoiselle Saint Pierre, uscì da palazzo e andò incontro al marito, prendendolo sotto braccio. Genitori e figlio rientrarono a casa, con André al centro, stando tutti bene attenti a non inciampare nell’allegro saltellio dei cani.
Attirati dal frastuono, giunsero nell’atrio anche i genitori di Oscar, Rosalie e Bernadette.
– Madame la Comtesse, Generale, sono lieto di rivederVi! Rosalie, ti trovo bene! Bernadette, diventi sempre più grande e più bella!
Terminati i saluti, André tirò fuori dai bagagli alcuni doni: un giustacuore e un tricorno per Honoré e un fichu di pizzo e dei nastri di seta per Bernadette.
– Naturalmente, puoi andare a far visita a tua figlia, André – gli disse il Generale – ma il regalo glielo consegnerai domani.
– Non si può fare un’eccezione? – domandò la Contessa.
– Assolutamente, no. Quella bambina è ostinata e selvaggia. Se non la correggiamo per tempo, diventerà dispotica, maleducata e irrecuperabile – le rispose inflessibilmente il marito.
Oscar non disse una parola, ma, dallo sguardo e dalla gestualità, traspariva l’approvazione per la linea dura del padre che, poi, era la stessa con la quale era stata cresciuta anche lei.
André imboccò le scale, si diresse verso le stanze della figlia e bussò alla porta di lei.
– Avanti – rispose una vocina imbronciata.
– Posso entrare in quest’oscura segreta? – domandò André, con voce scherzosamente cavernosa.
– Padre! – esclamò Antigone, al settimo cielo dalla felicità, gettandosi nelle braccia di lui non appena egli ebbe varcato la soglia.
– Non vedo i topi e i ragni – celiò André – Ogni prigione che si rispetti dovrebbe averne almeno una decina!
– Li ho messi in fuga con la spada di mia madre! – rispose fiera e impettita la bambina.
– Ricordati di essere sempre rispettosa con lei e di onorarla, perché ti ha dato la vita mettendo in pericolo la sua – disse André, facendosi serio – Devi tenere a freno la lingua. Ricordati che le parole possono ferire come lame affilate. Devi essere più giudiziosa, Antigone, stai diventando una bambina grande ormai!
– Sì, Padre – rispose la fanciulla, arrossendo e guardandosi la punta delle scarpe.
– Naturalmente, siccome sei in punizione, il tuo regalo lo avrai domani e, naturalmente, sempre perché sei in punizione, non posso dirti che si tratta del mantello e degli stivali da neve che desideravi!
– Il mantello e gli stivali da neve! Ora sì che potrò bersagliare Honoré e Bernadette di palle di neve!!
– Antigone! – la ammonì il padre.
Le accarezzò una gota e i capelli ricciuti e si ritirò, perché, pur desiderando stare con lei e mitigarne l’afflizione, non voleva nullificare la punizione che, nel merito, condivideva. Pur essendo più malleabile, indulgente ed espansivo di Oscar e del Generale, era cresciuto con gli stessi rigidi principi e, nel fondo dell’anima, era molto severo.
Subito dopo l’incontro del padre con la figlia e prima del pranzo, Oscar e André si ragguagliarono su quanto accaduto nelle ultime settimane.
– Oltre a salvare dame a rischio di annegamento in ruscelli che a stento lambiscono il torace de tuo cavallo, cos’altro hai fatto? – lo punzecchiò la moglie.
– Nulla di importante, ho soltanto fatto il giro di tutte le proprietà del nord, che vuoi che sia? – le rispose il marito, proseguendo nel tono scherzoso di lei – Quando saremo tutti insieme, riferirò nei dettagli, ma posso anticiparti che va tutto bene. Le entrate delle mie terre, in particolare, sono in netta crescita. Sono rimaste abbandonate per decenni eppure, con le nuove tecniche che ho appreso studiando, adesso, rendono molto bene!
– Ne sono felice, André. Vorrei darti notizie altrettanto buone, ma, purtroppo, non è in mio potere farlo. Circa un’ora fa, ho ricevuto una lettera da mio cugino, recante una pessima informazione che, ben presto, diventerà di dominio pubblico: l’Inghilterra ci ha dichiarato guerra, aggiungendosi al numero già molto nutrito dei nostri nemici!
– Mi rincresce! Un altro nemico, oltre all’Austria, alla Prussia e al Regno di Sardegna, era l’ultima cosa di cui avevamo bisogno….
– Ma noi, per tradizione, non ci facciamo mai mancare alcunché…. All’inferiorità numerica si unisce quella tattica, perché quel contingente militare di cinquantamila uomini è stato in suolo francese per due anni e mezzo e, ora, gli austriaci sanno tutto di noi mentre noi, oltre ad avere meno informazioni sul nemico, siamo a corto di abili Generali. Lafayette è ambizioso e inaffidabile, Bouillé usa strategie antiquate mentre mio padre è un ottimo Generale, ma ha più di settant’anni. Occorrerebbe un soffio di aria nuova, qualcuno in grado di sorprendere, di sparigliare le carte, di folgorare il nemico con qualcosa di innovativo e di sconvolgente. All’orizzonte, però, tutto tace. Non vedo alcuno in grado di imprimere alla guerra una svolta decisiva.
Una cornacchia si mise a gracchiare dal ramo di un albero mentre un valletto li informava che il desinare era pronto.
 
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Reggia di Versailles, marzo 1798
 
– Il numero dei nostri nemici è aumentato e la guerra va di male in peggio. La situazione è proprio quella da Voi brillantemente ed efficacemente sintetizzata, Madame Oscar.
Maria Antonietta guardava il Comandante Supremo delle Guardie Reali con aria grave e pensierosa. Il tempo aveva disseminato le tracce del suo scorrere anche nel volto della Regina vedova, ma, malgrado i fili d’argento sparsi nella chioma d’oro e la perdita della vivacità giovanile, non l’aveva oltraggiata in modo eccessivo.
– Da quello che mi riferite – proseguì la Reggente – deve essere stata messa in atto un’attività spionistica di prim’ordine e mi dispiace che, ad andarci di mezzo, sia stato Vostro cugino.
– Il Conte di Canterbury è un uomo forte, Maestà e sono sicura che saprà superare a testa alta questa dura prova – rispose, con voce bassa e ferma, Oscar – ma una cosa, della missiva di mio cugino, mi risulta inspiegabile: perché le nostre navi militari sono state avvistate a largo delle coste inglesi?
– Circa un mese or sono, siamo stati informati che alcune imbarcazioni della Royal Navy si stavano avvicinando alle coste francesi. Temendo un attacco improvviso, di concerto col Ministro della Guerra, ho deciso di inviare alcune navi della nostra marina militare a controllare.
– E gli inglesi devono avere pensato la stessa cosa – disse Oscar, infastidita – Le spie hanno lavorato alacremente su entrambi i fronti….
Oscar aveva ragione. La Contessa madre di Compiègne era, infatti, ancora viva e in ottima salute e aveva aiutato il figlio a fare pervenire alla reggia i falsi dispacci che avevano suscitato il timore di Maria Antonietta.
 
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India del sud, Mysore, marzo 1798
 
Volto ovale, fronte spaziosa, naso arcuato e prominente, occhi scuri e intelligenti, sguardo profondo, tranquillo e indagatore, il ventinovenne Colonnello Arthur Wellesley scrutava, dalla fortezza di cui era il Comandante,  le ampie distese del sud dell’India. Una brezza di vento gli scompigliò i folti capelli scuri ed egli, con la mano destra, si ravviò d’istinto la chioma. Il monsone era ancora lontano e, in quelle latitudini, a marzo, c’era lo stesso caldo che attraversa l’Europa all’inizio dell’estate.
Un soldato semplice gli si avvicinò, porgendogli un dispaccio.
– Da parte del Governatore, Colonnello.
Chi sa cosa voleva Richard. L’anno prima, il fratello maggiore era diventato Governatore Generale dell’India e, presto, egli sarebbe diventato Comandante di Divisione.
Il Colonnello Arthur Wellesley ruppe il sigillo che teneva chiuso il dispaccio e ne lesse il contenuto.
L’Inghilterra ha dichiarato guerra alla Francia…. Ciò vuol dire che, presto, saremo in guerra col Sultano di Mysore, fedele alleato dei francesi…. Non so come andrà a finire, ma da fare ce ne sarà parecchio….
Sospirò. Da fare ce n’era sempre molto per il terzo figlio di una famiglia della piccola nobiltà irlandese che aveva deciso di mettersi in luce. Egli, però, non voleva soltanto mettersi in luce. La gloria lo attirava ed era sicuramente un uomo ambizioso, ma di un’ambizione sana che lo spingeva a guardare lontano, sempre oltre i propri limiti e a non temere le ardue imprese e i rigori della vita militare. Voleva adempiere il suo dovere e servire fedelmente il suo Paese. Il Colonnello Arthur Wellesley era un uomo d’onore.
Sospirò di nuovo. Ci sarebbe stata la guerra nell’India del sud, ormai era chiaro. Avrebbe pianificato, comandato, combattuto, percorso in sella al suo destriero decine e decine di campi di battaglia, ma non nella sola India, di questo era certo. Tante battaglie lo attendevano, molto avrebbe sofferto e gioito, di molto avrebbe elevato la gloria della sua patria e il nome della sua famiglia. L’India era soltanto l’inizio.
 
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Parigi, Palazzo de Bourges, marzo 1798
 
– Un altro brindisi agli sposi!
L’aria di festa che si respirava a Palazzo de Bourges stava facendo dimenticare, anche se soltanto per alcune ore, la recente entrata in guerra dell’Inghilterra.
Dopo quattro anni di fidanzamento, Diane era finalmente sposa e Alain aveva chiesto e ottenuto una licenza per l’occasione. Madame de Soisson guardava orgogliosa i suoi due figli, una felicemente sposata e, per giunta, con un nobile e l’altro illeso e promosso.
Il fidanzamento si era protratto a lungo, perché Alain aveva insistito nel racimolare una buona dote per la sorella ed Henri Beauregard, malgrado avesse ereditato dallo zio il titolo di Signore di Bourges, alcune terre con annesso maniero e un piccolo palazzo parigino, era anch’egli a corto di soldi e aveva dovuto lavorare come Medico e come Ufficiale per alcuni anni al fine di guadagnare una somma sufficiente a offrire alla sua sposa una vita dignitosa. Sei mesi prima, la madre di Henri Beauregard, ostile a Diane e alle nozze, era morta e, con lei, era venuto meno l’ultimo ostacolo.
Alain aveva guadagnato sul campo i gradi di sottotenente e appariva maturato. Era molto più silenzioso e riflessivo di prima e, soprattutto, più disciplinato. L’esercito regolare lo aveva plasmato, facendo emergere quelle doti che, prima, possedeva allo stato grezzo. Era felice per sua sorella e partecipava all’allegria generale, ma mille pensieri lo tenevano impegnato. Soprattutto, faceva in modo di intrattenersi il meno possibile con sua zia Mahaut Colbert, perché, sebbene fosse stato apposto il segreto di Stato sulla morte del cugino Guillaume, non riusciva a sostenere lo sguardo della madre di lui. Diane se ne era accorta e, ignorando le motivazioni del fratello, aveva preso a punzecchiarlo:
– Ehi, Alain, fai tanto lo spavaldo e il superiore, ma, alla fine, temi anche tu il dolce carattere sella zia Mahaut Colbet!
– Diane, ehi, dico a te, Diane! Sarai anche la Signora di Bourges, ma non ti sai vestire! Il tuo velo pende da un lato, aggiustalo!
Ci risiamo…. Sì, Signora Zia, provvedo subito!
Nonostante le critiche di Madame Colbert, Diane era uno splendore, con l’abito bianco di raso ricamato a mano e il velo bordato di pizzo, fermato sul capo da tralci di mughetto. A completare l’insieme, vi era un ricco bouquet di gigli, mughetti, margherite e fiori di zagara.
Fra gli invitati, figuravano i parenti degli sposi, i soldati della Guardia Metropolitana, alcuni colleghi di Henri Beauregard e qualche esponente della media borghesia e della piccola nobiltà. L’ambiente era disteso e genuino, formato perlopiù da onesti gentiluomini di grande affabilità e di poche pretese.
Gli invitati più illustri erano Oscar e André che, malgrado le maniere semplici e cordiali, erano visti da tutti come creature di un altro mondo, prossimi a quella Regina che loro mai avrebbero potuto avvicinare.
Per Oscar e André, fu motivo di grande gioia rivedere Alain, sano, salvo e promosso.
– Sono così felice di rivederti, Alain – disse André – Hai militato in Italia, vero?
– Sì e, per la precisione, in Lombardia e nel Veneto, nel corpo degli artiglieri.
Inevitabilmente, malgrado la gioiosità dell’evento, la conversazione virò presto verso la situazione attuale e Oscar espresse tutti i dubbi che l’attanagliavano.
– Comandante – le disse Alain, con occhi accesi da una luce sfolgorante – Io conosco un giovane Ufficiale che potrebbe mutare le sorti della guerra. E’ un uomo nuovo, un esponente della piccola nobiltà di provincia e, per questo, pur essendo già Brigadier Generale, non gli sono stati affidati incarichi di rilievo, ma dovreste proprio vederlo! E’ nato per comandare un’armata, ha la guerra nel sangue e la strategia nella testa! Ha due occhi che sembrano delle saette, intelligenti, indagatori, sempre in movimento che catturano e penetrano a fondo!!
Mentre ne parlava, era pervaso da un’esaltazione crescente, al punto che la stessa Oscar ne fu conquistata.
– Avreste dovuto vederlo nelle battaglie di Lodi, di Arcole, di Rivoli e di Mantova! Sembrava Alessandro Magno fuggito dal regno dei morti!
– E come si chiama questo giovane portento? – domandò Oscar, sinceramente interessata.
Alain la guardò entusiasmato e, con voce piena di fervore, rispose:
– Napoleone Bonaparte.






Inizia, con questo cinquantunesimo capitolo, dopo un salto temporale di quattro anni, la terza parte della storia, caratterizzata dall’entrata in guerra dell’Inghilterra, a causa delle trame del Duca d’Orléans e dei Compiègne. L’Inghilterra, in realtà, entrò in guerra molto prima del 1798 e, cioè, nel 1793, dopo l’esecuzione di Luigi XVI.
Ritroviamo i vecchi personaggi, inevitabilmente un po’ invecchiati, ma ancora in gran forma.  Fanno il loro ingresso personaggi nuovi, fra cui spiccano il Colonnello Arthur Wellesley e la bella dama salvata da André, ma chi è e che ruolo avrà? Su tutti, però, spicca un nome, quello che, pur pronunciato alla fine, fa tremare i polsi.
A seguito di alcuni approfondimenti, ho appreso che i gradi “Generale di Brigata” e “Generale di Divisione” risalgono alla rivoluzione francese mentre il grado di “Generale di Corpo d’Armata” risale alle guerre napoleoniche, per cui, all’espressione “Generale di Brigata”, ho sostituito “Brigadier Generale”; a “Generale di Divisione”, “Maggior Generale”; a “Generale di Corpo d’Armata”, “Luogotenente Generale”.
Il pezzo in cui Antigone dice di odiare la madre, che vorrebbe che morisse e che il padre, invece, la capisce è ispirato a una frase realmente pronunciata da Madame Royale nei confronti di Maria Antonietta.
Nella mia ricostruzione, non essendoci stato il terrore e non essendo stati decimati i ranghi della nobiltà, non si sono creati vuoti nell’esercito e Napoleone, pur essendosi messo in luce, ha fatto una carriera meno brillante. Ha militato nella Campagna d’Italia, ma come uno degli ufficiali e non come capo. All’epoca dei fatti, è, quindi, un giovane Generale ancora oscuro.
Come al solito, grazie a chi vorrà continuare la lettura e recensire!
   
 
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