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Autore: Doux_Ange    13/02/2020    1 recensioni
Anna e Marco, dopo quel 14 agosto.
*Special thanks to Martina, brainstorming da favola!*
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Olivieri, Marco Nardi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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LA MIA VERSIONE DEI RICORDI
 
Sono passati cinque mesi dal Natale di Cosimo.
Nonostante la redenzione del padre e la compatibilità del midollo, purtroppo il piccolo no ce l’ha fatta.
Cecchini è triste, com’è normale che sia, visto l’intenso legame che si era creato tra loro nei mesi precedenti. Tutti stanno cercando di aiutarlo e tirargli su il morale, perché la vita va avanti, ma di certo nessuno può insegnarlo a Cecchini meglio di se stesso, che ha già perso una figlia.
Per quanto riguarda gli altri, le cose vanno bene.
Sofia e Seba vivono la loro storia adolescenziale tra alti e bassi, come tutti i ragazzini, e a sorbirseli sono soprattutto Rita e Don Matteo, che quotidianamente si ritrovano a dover fare i conti con l’umore altalenante di Sofia.
Per quel che concerne Anna e Marco... beh, loro più di tutti si stanno godendo finalmente il loro amore, dopo mesi passato a negarlo prima a se stessi e poi agli altri, nonostante l’evidenza ormai nota a tutti.
 
Anna’s pov
 
Sono in caserma, in questa fredda notte di gennaio, intenta a lavorare su scartoffie da protocollare entro la fine della settimana.
Questi dannati fogli sembrano moltiplicarsi sulla scrivania invece che diminuire, un po’ perché a Spoleto continuano a succederne di tutti i colori, un po’ perché non faccio più le ore piccole in ufficio come prima.
Ultimamente, non appena scocca l’ora della fine del mio turno, soprattutto quello che mi lascia la serata libera, mi precipito fuori dalla caserma come un fulmine.
No, non sono né completamente impazzita, né la vecchia Anna è stata rapita dagli alieni e sostituita con una meno dedita al lavoro... è solo che, adesso, ogni scusa è buona per godermi la vita privata che avevo trascurato finora.
Diciamo che ho intrapreso quel percorso di cambiamento in cui si perdono delle cose e se ne prendono altre.
E per altre intendo una persona in particolare: Marco.
Certo, lavoriamo tutti i giorni insieme, ma non c’è paragone tra la caserma e il passare del tempo da sola con lui a fare tutte quelle cose che una coppia solitamente fa.
Decisamente meglio così.
Purtroppo, però, stasera non è una di quelle in cui sono libera. Turno di notte, che ogni tanto tocca anche a me perché anche gli altri hanno diritto a farsi una vita fuori da queste mura, ci mancherebbe.
Quindi eccomi qui, da sola nel mio ufficio, il piano della caserma vuoto, sulla scrivania davanti a me una montagna di fogli.
Mi insulto da sola.
Proprio io, precisa all’eccesso, che mi trovo davanti tutto questo caos. Non ci posso credere, di aver lasciato accumulare tutto questo lavoro arretrato, nonostante le festività siano già passate da un po’.
Quasi riesco a vedermi comparire Cecchini o Marco che mi prendono in giro perché io ero la prima a lamentarmi se uno di loro lasciava i fascicoli in disordine.
Eh... sono passata anche io al lato oscuro.
Il peggio è che non so nemmeno da che parte cominciare, non sono abituata a tutta questa confusione.
Ma, per mia fortuna, non ci sono più i principi di una volta, quelli azzurri che ti portano al castello in groppa ad un cavallo bianco.
No, ci sono i nuovi principi, quelli che in sella alla loro moto ti portano la cena in ufficio.
In altre circostanze avrei rimproverato chiunque si fosse permesso di entrare senza bussare, ma stasera no.
“Posso interrompere il lavoro del mio amore?”
Marco.
Con una busta contenente la cena in una mano, e nell’altra una bottiglia di Sagrantino.
Dicevo, le cose ultimamente sono un po’ cambiate.
Marco riesce a malapena a posare entrambe le cose sul tavolino in mezzo ai divanetti nell’angolo, che io gli sono addosso.
Chi se ne frega del contegno.
Non potrei essere più felice del suo arrivo inatteso, nell’ultimo periodo è come se la sua mancanza mi impedisse di fare alcunché.
Ma poi lui appare e ritorno ad essere la Anna iperattiva e meticolosa di sempre.
Lo obbligo a sedersi, con me in braccio, per ringraziarlo adeguatamente per la sorpresa, prima di ricordarmi di botto quello che stavo facendo prima che arrivasse lui.
Le scartoffie.
 
Marco’s pov
 
Gli ultimi mesi sono stati i miei preferiti in assoluto di sempre, credo.
Come darmi torto, del resto?
Dopo la delusione di Federica, avevo pensato di aver chiuso con l’amore.
Non avrei mai immaginato di poter non solo innamorarmi di nuovo, ma addirittura di incontrare la donna della mia vita.
E invece l’avevo conosciuta eccome, proprio qualche settimana dopo la terribile delusione a pochi passi dall’altare. E qualche mese fa, quella stessa donna è diventata la mia fidanzata.
Il mio amore.
E, beh... l’amore aveva preso il controllo totale delle nostre vite.
Avete presente una coppietta di teenager?
Ecco.
I primi tempi assomigliavamo un po’ a una di quelle, complici i mesi di negazione dei nostri sentimenti reciproci e il doverci trattenere per ovvie ragioni.
Poi ci siamo ricordati che, al di là di tutto, non siamo più ragazzini e siamo pur sempre un Pubblico Ministero e un Capitano dei Carabinieri, e ci siamo dati un contegno.
Più o meno, se non altro in pubblico.
Nel senso, non è che succedesse chissà che - niente che ci facesse rischiare una denuncia, insomma - ma dovevamo tornare con i piedi per terra e concentrarci anche sul lavoro e sugli altri, che avevamo completamente tralasciato, presi com’eravamo l’uno dall’altra.
Ma questo non significa certo che i nostri momenti romantici siano stati abbandonati, tutt’altro.
Anzi, io cerco di stare il più attento possibile ai gesti che faccio, perché questo serve al percorso di cambiamento che abbiamo intrapreso insieme, anche e soprattutto per rispettare i tempi e i gusti del mio tesoro.
Anche se devo ammettere che Anna mi ha già sorpreso parecchio, e di questo sono lusingato.
Solo una cosa non mi piace particolarmente del nuovo percorso, anche se sapevo già che su questo aspetto non possiamo farci niente: il suo turno di notte.
Quando capita, dovermi privare della sua compagnia è una cosa che odio.
Fa parte del suo lavoro, lo so, ma mi infastidisce lo stesso, ragion per cui ho trovato una soluzione.
C’è sempre qualcosa che si può fare.
E infatti stasera mi presento in caserma con la soluzione in mano: la cena per tutti e due.
Quando arrivo, vedo Anna oltre la vetrata fissare indispettita i fogli sulla scrivania.
Sorrido, e come al mio solito apro la porta senza preoccuparmi di bussare.
“Posso interrompere il lavoro del mio amore?” chiedo, senza aspettare una risposta che so già essere positiva, appoggiando borsa e bottiglia sul tavolino davanti ai divanetti nell’angolo.
Appena in tempo, perché mi ritrovo Anna tra le braccia, con un entusiasmo che non mi aspettavo ma assolutamente apprezzato.
La sua stretta è stata talmente irruenta da avermi obbligato a sedermi sui sedili in pelle, con lei in braccio che mi bacia come se non attendesse altro da tutto il giorno.
“Ciao, amore...” sussurra, prima di tornare a baciarmi, gli occhi chiusi e le guance imporporate.
Oh, beh. Il contegno possiamo darcelo un’altra volta.
A dire il vero, non mi aspettavo tutto questo affetto, dopotutto non ho fatto chissà quale gesto eroico, tipo una missione di pace in Pakistan... anche perché non ci vediamo da appena qualche ora.
Non che mi lamenti, anzi: per quanto mi riguarda, potremmo continuare a oltranza.
Ogni volta mi chiedo come abbia fatto io a rinunciare per tutto quel tempo ai suoi abbracci e ai suoi baci, accontentandomi di una storia leggera, da poco come quella con Chiara.
Come sempre, avevo lasciato che altri scegliessero per me, e in quell’occasione era stata proprio la mia attuale fidanzata a farlo, ironia del caso, in una sera come questa, in cui le avevo portato la cena sapendo che sarebbe rimasta in ufficio fino a tardi, per cercare di venire a capo dei documenti che aveva davanti, quando mi aveva detto che quel nostro bacio era stato un errore.
Stavolta però la situazione è completamente diversa, per fortuna, e mi godo questi lunghi, splendidi minuti con lei, a ricambiare le sue coccole.
Siamo l’uno perso negli occhi dell’altra quando lei spalanca i suoi.
“Che c’è?” chiedo alla mia Anna (non suona da Dio, la mia Anna?) quando lei si allontana appena.
Basta una sua occhiata disperata alla scrivania per afferrare il messaggio.
“E allora? Non mi sembra un problema così insormontabile.”
Lei sospira. “Forse no, ma... è che ultimamente ho lasciato cose a metà, tornando a casa sempre in orario e non portandomi dietro nulla... Mi è rimasto lavoro arretrato.” mi spiega, sconsolata.
Adesso tutto è più chiaro.
E un pochino mi sento in colpa, perché io so bene quanto Anna sia meticolosa, non è da lei lasciar accumulare tutta quella roba, ed è causa mia se è successo, stavolta.
In fondo l’ho convinta io a chiudere il lavoro in ufficio, per goderci il più possibile i momenti fuori dalla caserma senza impicci vari.
Ogni occasione è stata buona per cenare con lei, o fare un giro per Spoleto, o ancora a visitare l’Umbria, con la scusa che lei è del posto e sa dove andare, e io invece vengo da un’altra regione e sono curioso di conoscere tutto. Fuggire per qualche giorno da qualche parte, io e lei.
Quindi adesso devo trovare il modo di aiutarla e di farmi perdonare, in un certo senso.
Non che lei mi abbia dato colpa alcuna, anzi, ma se le do una mano conviene anche a me.
“Facciamo così,” propongo, “per adesso ci godiamo la cena prima che si freddi, e poi ti aiuto con i protocolli, visto che in questo caos mi trovo meglio io di te, mh?” la stuzzico nel tentativo di farla sorridere, cosa che funziona a metà.
“Sì, non è che io sia proprio abituata al disordine... però no, dai... okay per la cena, ma non puoi stare tutta la notte con me, domani mattina devi andare in tribunale-”
“Non preoccuparti di questo,” la interrompo, accarezzandole una guancia. “Ci rimango volentieri, in due finiamo prima. Per una volta mi fai fare il principe azzurro che ti salva dal brutto mostro?”
“Il brutto mostro sarebbero i fogli esplosi sulla scrivania?”
Annuisco, ridacchiando.
“Tanto resto anche se mi dici di andarmene.” la avverto.
Prova a protestare di nuovo, ma poi si arrende.
Ceniamo in fretta - anche se si era già freddato tutto prima, quando abbiamo perso la cognizione del tempo - e ci mettiamo a lavorare.
Col tempo siamo diventati un grande duo anche sul lavoro, ci completiamo anche in questo, come nella vita reale.
Cinismo e sensibilità. Istinto e razionalità. Caos e ordine.
Più semplicemente, Marco e Anna.
 
Anna’s pov
 
Quando vuole, Marco sa essere perfino più testone di me.
Ho cercato di convincerlo a non restare tutta la notte con me, visto che domani mattina lui deve alzarsi presto mentre io no, ma niente da fare.
Dopotutto, però, è l’uomo più impossibile che conosca, e del quale mi sono innamorata perdutamente.
Prima è addirittura sparito per una decina di minuti, per poi ripresentarsi con una vaschetta di gelato.
Aveva proprio deciso di viziarmi, stasera.
Mi viene da ridere se penso alla prima volta che abbiamo condiviso una vaschetta di gelato come quella, in questo stesso ufficio.
In quell’occasione me l’aveva portata per affogare il mio dolore dopo la fine della storia con Giovanni, mentre ora la stiamo condividendo da fidanzati.
Io, e l’uomo imbarazzante che aveva lasciato la fidanzata sull’altare.
I casi della vita sono assurdi, e non bisogna mai giudicare un libro dalla copertina.
Già, perché quel Marco e questo Marco non sembrano nemmeno parenti alla lontana, eppure sono la stessa persona. Solo più matura, più cosciente di ciò che è e vuole essere.
Un po’ forse è anche merito mio, come del resto io sono la donna che sono oggi per merito suo, e non smetterò mai di essergli grata, per questo.
Perché sì, essere la donna indipendente che ha lottato per arrivare dove sono ora mi si addiceva, ma ho imparato che certe cose mi stavano strette, e che a volte bisogna lasciarsi andare, aiutare.
Non è stato affatto facile per me accettarlo ma sono stata fortunata, perché non ho dovuto nemmeno chiedere. Quell’aiuto è arrivato comunque, senza parole superflue.
Con Marco è sempre stato così.
Sorrido, tornando per un attimo a guardarlo: si è appisolato sul divanetto, nonostante il proposito di restare sveglio a farmi compagnia, ma ci credo, che era stanco.
Adoro averlo qui, ma a casa avrebbe riposato di sicuro meglio.
 
Quanto è cambiato, in questi mesi, per amor mio.
Proprio lui che non ne voleva sapere, che quella sera, mezzo ubriaco, dopo aver dichiarato di amarmi, aveva preferito la fuga di fronte alla paura di dover cambiare.
Forse nemmeno se ne rende conto, ma per certi versi l’amore rende davvero folli, come ha detto quel pazzo alla radio, convinto che per amore si può e si deve cambiare, e che per amore si possono fare le cose più assurde.
Torno ai documenti sulla scrivania, finalmente in ordine e tornati ad essere a me comprensibili.
Grazie a Marco.
 
Marco’s pov
 
Stanotte mi sono addormentato in caserma, con Anna.
Mentre lei lavorava, io sono proprio crollato. Ma per lo meno il mio aiuto è servito, e lei ha terminato i protocolli arretrati.
Oggi sono stato in tribunale tutto il giorno, sono solo riuscito a chiamare Anna un minuto in pausa pranzo, sia per informarmi sul lavoro in caserma, ma soprattutto per sentire la sua voce. Non riusciamo a stare troppo tempo senza sentirci.
Peggio dei ragazzini, ma chi se ne importa.
In quei pochi minuti, l’ho invitata a cena da me, per stasera.
Ogni tanto lo chef devo pur farlo, non sia mai che Anna si dimentichi chi le ha insegnato tutto quello che sa sulla cucina... è un’allieva fin troppo brava.
Per fortuna il pomeriggio scorre in fretta, così rientro a casa per le 18 e, dopo una doccia veloce, scendo in cucina per mettermi ai fornelli. Sono appena riuscito a mettermi il grembiule quando il campanello suona.
Corrugo le sopracciglia. Ho detto ad Anna di raggiungermi per le 20, non dovrebbe essere lei.
Ma quando apro la porta, eccola lì.
Anche lei già cambiata.
“Ehi! Cosa ci fa qua, così in anticipo?” chiedo dopo un leggero bacio, tornando in cucina mentre lei sistema il cappotto prima di seguirmi.
“Che domande... per darti una mano, no?”
Ecco, dovevo aspettarmelo.
Adoro cucinare con lei, ma ogni tanto vorrei che mi permettesse di viziarla un po’ anche sotto questo punto di vista.
Inutilmente, perché riprendiamo la solita discussione tra chi ci sa fare meglio tra cuochi e cuoche.
“Senza dubbio,” ribatto a un certo punto, nel tentativo di spingerla via. “ma hai presente i ristor-”
Ad Anna piace vincere facile, però, perché mi interrompe in un modo che non mi consente di dirle di no.
Quando mi bacia così, potrebbe chiedermi anche la luna, e gliela darei.
“Che prepariamo?” Mi chiede, quando si allontana.
Devo ricomporre un attimo i pensieri, ma poi mi ricordo.
Ci diamo da fare, raccontandoci nel mentre la nostra giornata.
È tutto così naturale, con Anna... mi sembra di stare con lei da sempre, ed è una cosa che adoro.
Non mi ero mai sentito così a mio agio, così... felice, anche per momenti così semplici.
Come succede sempre più spesso, è lei che mi dà istruzioni su cosa fare e come (detesto ammetterlo, ma l’allieva ha superato il maestro), e una volta preparato tutto ci mettiamo a tavola continuando a chiacchierare, decidendo di guardare un film, dopo.
 
La cena scorre tranquilla. A lume di candela, romantica come l’avevo pensata a parte qualche incursione di Patatino, attirato dal profumino della carne anche se ha già avuto la sua pappa, lui, ma ha una fame tremenda come al solito, e quella che cede subito a dargli qualcosa è Anna.
Patatino si è abituato in fretta alla sua presenza, o a trovarsi a volte nel suo appartamento, e adora farsi fare le coccole da lei.
Anche Anna si è affezionata presto. E pensare che quando si erano conosciuti non era stato proprio amore a prima vista, anzi, per un malinteso il cane aveva rischiato di essere castrato, e lei aveva stretto una sorta di patto solidale con Federica.
Non ci avevo pensato un attimo, quel giorno, a etichettare Anna come la mia ex, uguale a quelle donne che fanno di tutto per cambiarti, che levano il gusto alle cose (letteralmente, niente grassi idrogenati, niente condimenti...) e poi si stancano.
Ma avevo sbagliato, e di grosso anche.
Perché Anna non è Federica, lo so, lei non vuole cambiarmi né per rendermi ‘migliore’ o diverso.
Ci stiamo cambiando a vicenda, noi due, senza neanche accorgercene, perché giorno dopo giorno gli angoli si smussano, e i nostri pezzi di puzzle si ritrovano a combaciare perfettamente.
 
L’ho convinta a lasciarmi almeno lavare i piatti da solo, e ho appena finito quando mi volto a guardarla mentre lei è in salotto, intenta a scegliere un film dalla piattaforma digitale insieme a Patatino, che scodinzola accanto a lei.
Mi appoggio al lavello, soffermandomi ad osservarla.
Quant’è bella, Anna...
Bellissima. Una visione. Con o senza divisa. In qualsiasi modo.
Ricordo ancora quella sera al reality, quando l’ho vista per la prima volta in abito lungo, quando quello scemo di Lupo Dossi ci aveva provato spudoratamente, senza sapere chi avesse davanti.
Ed era bella, con quel vestito che le stava bene bene bene bene, anche se lei, in versione principessa nel senso classico del termine, non si vede, e proprio quella sera lo aveva reso ben chiaro, anche se non ha niente da invidiare alle altre. Anzi, perché la bellezza non è solo data da cosa si indossa o da come si è esternamente. La bellezza è soprattutto interiore, e lei ha una luce dentro che incanta chiunque la scopra.
È di quello che mi sono innamorato.
 
Anna’s pov
 
Sono in salotto, in piedi davanti alla tv con Patatino accanto.
Parlotto con lui chiedendogli suggerimenti sui film che propongo, come se potesse rispondermi. Lui mi osserva inclinando la testa da un lato, confuso ma festante, scodinzolando freneticamente.
Mi accorgo all’improvviso che non c’è più rumore d’acqua, così mi volto, trovando Marco che mi sta fissando.
In un modo che sto imparando a conoscere, e che per un attimo mi fa sentire in imbarazzo.
Non sono abituata a questo genere di attenzioni.
Giovanni era dolcissimo con me, molto carino, affettuoso, premuroso.
Ma, anche se non lo ammetterei ad alta voce nemmeno sotto tortura, almeno non ancora, una donna apprezza anche altri tipi di interesse. Anche se con moderazione, ovviamente.
Marco mi guarda sempre come se fosse la cosa più preziosa del mondo. Come se fossi il centro dell’universo, come un tesoro da conquistare e ammirare.
Da custodire.
E questo mi provoca un groviglio allo stomaco, una sensazione che sto scoprendo a poco a poco, come se milioni di farfalle iniziassero a sbattere le ali tutte insieme.
So di essere arrossita non poco, il calore alle guance aumenta tutte le volte che capita, e lo capisco anche dallo sguardo di Marco, e dal sorrisetto che mi rivolge.
Se ne accorge sempre, ormai sa bene l’effetto che mi fa, e il solo pensiero mi fa arrossire anche di più.
Perché non potrebbe essere stato che lui.
Lui mi raggiunge in salotto, ben consapevole della conversazione silenziosa che i nostri occhi hanno instaurato per l’ennesima volta, passandomi le braccia intorno alla vita e baciandomi profondamente.
Ci sediamo finalmente sul divano, con Patatino che si accuccia subito ai nostri piedi, iniziando poi a guardare il film che avevo finito per scegliere distrattamente.
Adoro questi momenti tra noi, non ne avrei mai abbastanza.
Ogni tanto io commento le scene, i personaggi e quello che accade, mentre Marco ride alle mie riflessioni.
Se da un lato mi infastidisce, dall’altro torna a farmi arrossire perché certe cose succedono solo con lui.
Perché io sono quella precisa, razionale, perfettina, tutto quello che vogliamo, però ogni tanto anch’io mi lascio andare. Perlomeno, se c’è lui con me.
E sarò onesta, alcuni passaggi del film me li sono persa, impegnata com’ero a guardare Marco.
Ripenso alla prima sera qui a casa sua, o meglio la seconda visto che c’ero già stata per pochi minuti per raccontargli di mio padre, e a quelle ore passate su questo stesso divano, quando avevo scoperto di Federica e mi ero resa conto che, nonostante cercassi di negarlo ancora, Marco non era più solo un amico.
All’epoca non potevo né volevo dirlo ad alta voce, ma nessuno prima di lui era mai riuscito a capirmi così bene.
Quella sera, qualcosa in me era scattato.
Marco si accorge del mio sguardo e mi sorride, posandomi un bacio delicato tra i capelli, prima di tornare a stringermi più forte.
Ci concentriamo di nuovo sul film e quando finisce, io mi sono quasi appisolata.
Sto talmente bene tra le braccia di Marco che del resto mi importa poco.
Anche se non è così tardi, non saranno nemmeno le 23.
“Sonno?” mi chiede con dolcezza.
“Un pochino...” mormoro, mentre Patatino torna dalla sua cuccia con il guinzaglio in bocca, segno che vuole fare la sua consueta passeggiata serale.
“Ti va se lo portiamo fuori e ti riaccompagno?”
Annuisco, accettando al volo la sua proposta.
Adoro le passeggiate con loro.
 
Marco’s pov
 
Io, Anna e Patatino stiamo facendo una passeggiata per Spoleto.
Abbiamo scelto la strada più lunga per arrivare al suo appartamento, così da poter passare ancora un po’ di tempo insieme.
Quando raggiungiamo la piazzetta, mi appresto a salutare Anna, anche se di malavoglia.
Con una mano tengo il guinzaglio, mentre con l’altra cingo la vita della mia fidanzata, e le ho appena sfiorato le labbra quando un rumore dietro le spalle ci fa sobbalzare: Cecchini, puntuale come un orologio svizzero, come al solito.
“Oh, scusate, ero sceso per buttare la spazzatura,” dice, ma è ovvio che non ci crediamo, visto che non ha nemmeno il sacchetto.
Succede tutte le sante volte: sembra tanto la scena di un film, quando il padre scopre la figlia che rientra tardi col fidanzatino, e li becca a scambiarsi effusioni da lui non gradite.
Non che mi stupisca, Anna ormai per il Maresciallo è a tutti gli effetti una figlia, ancor di più ora che Assuntina si è trasferita a Parigi per studiare.
Diciamo che però preferirei che fosse un po’ meno puntuale con le sue apparizioni. Non riesco mai a baciarla come vorrei, quando la devo salutare e siamo giù in strada.
“Ehm... si, facciamo fare un altro giro a Patatino e rientriamo, non si preoccupi...” mormora Anna, in tono gentile ma eloquente, che gli fa capire che deve farsi gli affari suoi. Lui ci saluta, decidendosi a rientrare a casa.
“Sempre il solito,” sbuffa facendomi ridere, prima di riprendere l’attività in cui eravamo impegnati prima che ci interrompesse.
Finalmente posso salutare la mia Anna come si deve.
Per qualche ragione, però, non riesco a lasciarla andare, come se fossimo due calamite che più le allontani, più si attraggono, impossibili da separare.
Forse è per questo che, poco dopo, mi ritrovo in casa di Anna, Patatino da qualche parte in salotto, mentre noi ci chiudiamo la porta della camera da letto alle spalle.
 
Non dimenticherò mai la dolcezza della nostra prima volta.
Era successo così, inaspettatamente, una sera a casa mia, e quando ci eravamo resi conto di cosa stava per accadere, Anna aveva abbassato lo sguardo, le mani tremanti sul mio petto, e mi aveva confidato in imbarazzo che quella sarebbe stata la sua prima volta in assoluto.
Sarò sincero, l’avevo intuito quella sera in cui mi aveva detto del voto di castità di Giovanni, e ancora di più quando avevo saputo, poco tempo dopo, che lui era stato il suo primo e unico fidanzato.
Avevo fatto due più due, immaginando che la scelta di Giovanni avesse coinvolto inevitabilmente anche lei.
Sarebbe stato meraviglioso comunque, ma così, la nostra prima volta insieme era stata magica, speciale, bellissima.
Tremendamente dolce.
Esattamente come il risveglio, con lei al mio fianco, abbracciata a me.
Quel sorriso assonnato ma radioso che mi aveva regalato, gli occhi verdi socchiusi.
E la consapevolezza di volermi svegliare insieme a lei ogni mattina per il resto della mia vita.
 
Third person’s pov
 
Il tempo continua a trascorrere così, pieno d’amore e affetto, non solo tra loro due.
Natale, quello vero, era stato molto speciale: Anna e Marco lo avevano trascorso insieme, con loro anche Cecchini, sua moglie Caterina, la madre di Anna, Elisa, e Chiara, tornata dal master che seguiva a Londra.
A Capodanno, invece, erano fuggiti in Val D’Aosta per qualche giorno, per poter stare un po’ da soli.
Marco ama sciare, e Anna ama la neve, quindi avevano trovato un ottimo compromesso per quei giorni lontani da tutto e tutti da passare tra loro.
Lei aveva anche imparato a sciare - più o meno, con l’aiuto di Marco. Ogni caduta comportava una risata, quindi andavano bene anche quelle.
Cecchini, ovviamente, chiamava un po’ troppo spesso, ma per il resto erano stati giorni tranquilli, pieni d’amore.
La loro prima vacanza insieme.
Una volta rientrati a casa, come dicevamo, gennaio era trascorso bene, certo ogni tanto litigavano, ma erano battibecchi da niente che si risolvevano nel giro di qualche ora.
Solo che poi, verso la fine del mese...
 
Marco’s pov
 
Anna negli ultimi giorni è strana. Sembra... distante.
Abbiamo litigato qualche giorno fa, ma per le solite cose tra fidanzati, niente di che, insomma. Pensavo avessimo risolto come sempre.
Non credo di aver fatto niente per renderla così fredda.
Non riesco davvero a capire cosa abbia.
E non riesco nemmeno a parlarle una volta come si deve, visto che sembra evitarmi. Abbiamo passato pochissimo tempo insieme.
Sono preoccupato, non capisco se sia colpa mia o meno, se ho fatto involontariamente qualcosa di sbagliato.
Ogni volta che provo a domandarle cosa ci sia che non va, lei mi risponde sempre che non ha niente.
Ma so bene che non è così, è evidente che qualcosa c’è.
Così una sera, mi prendo di coraggio e vado da lei per provare a parlarle.
 
Stranamente, non è in casa. Ho la copia delle sue chiavi, ma non voglio entrare senza il suo permesso, non vorrei indispettirla ancora di più, così busso da Cecchini, che mi dice che l’ha sentita scendere in garage.
Mi affretto ad andarci, e infatti è lì che la trovo.
Seduta sul suo Maggiolino Cabrio malconcio, una foto di sé da bambina insieme al padre stretta tra le mani.
Ed è in questo momento che mi torna in mente.
Proprio in questi giorni, circa diciassette anni fa, suo padre si è tolto la vita.
Ecco perché Anna è così triste.
Come ho potuto dimenticarlo? Me ne aveva parlato spesso...
Sospiro, aprendo lo sportello e sedendomi accanto a lei.
Non dico nulla, non serve.
Lei solleva lo sguardo, gli occhi lucidi e traboccanti di lacrime non scese.
Mi limito ad abbracciarla forte, e poi le sento, quelle gocce salate a bagnarmi la camicia, a insinuarsi sotto la pelle, prendendo per me un po’ di quel dolore.
Si lascia finalmente andare, facendo scendere quel fiume di lacrime che tratteneva da chissà quanto, perché sa che con me non deve avere paura di mostrarsi fragile.
Mentre la stringo, penso a quante volte Anna avrà avuto lo stesso comportamento, senza nessuno al suo fianco perché in Accademia, o perché troppo orgogliosa per chiedere aiuto.
Ma non deve aver paura di farlo, non con me.
Perché io ci sarò sempre se lo vorrà, accanto a lei.
Passi avanti sulla strada insieme.
 
Anna’s pov
 
Sono seduta sui sedili posteriori del mio vecchio maggiolino da non so quante ore.
A ripensare a tutti i bei momenti passati con papà su un’auto come questa, quand’ero piccola.
Inutile dire che continuo a ricacciare indietro le lacrime, perché dovrebbe essermi passata, ormai, e invece ogni anno è sempre peggio.
All’improvviso, sento lo sportello aprirsi e una figura sedersi accanto a me.
So bene chi è, anche senza aver ancora guardato.
Marco.
Mi volto verso di lui, ma so che ha già capito senza che io dicessi nulla.
Lui non fiata, cingendomi le spalle in un abbraccio che riesce a sbloccarmi in un attimo.
Ed è così che lascio finalmente sfogare quel pianto che avevo cercato di combattere a tutti i costi, stringendo forte Marco.
Perché solo lui sa fino in fondo cosa provo, quando si parla di mio padre. L’unico, a conoscere i sentimenti che esplodono in me quando ripenso a quei giorni di diciassette anni fa.
L’unico con cui so di poter piangere, perché ho la certezza che quelle lacrime le asciugherà senza bisogno di spiegare.
Vorrei tanto poter legare al maggiolino nuovi ricordi felici come quelli con il mio papà, e perché no, potrebbero coinvolgere l’uomo che in questo momento è seduto al mio fianco e che mi stringe con dolcezza.
Ma la macchina è malridotta e per qualche ragione non riesco a trovare il coraggio di rimetterla a posto. Per questo motivo vive chiusa in garage, gli unici viaggi che fa sono quelli tra i miei ricordi d’infanzia. Nella memoria. Ma forse non più solo passata.
Perché il presente è un attimo in più, che prima non c’era, e che apre una nuova finestra sul futuro.
Restiamo seduti qui per il resto della serata, a parlare, non solo di quello che è stato, ma anche di ciò che vorremmo fosse il nostro avvenire.
Un futuro che non sappiamo se sia prossimo o distante, ma non importa.
Perché stiamo costruendo, insieme, nuovi ricordi da legare a quest’auto, non più solo dolorosi, come lo erano quelli incollati finora, ma pieni di speranza.
Mi ritrovo a sorridere come non facevo più da giorni.
Perché io e Marco stiamo percorrendo insieme quel viaggio che ci eravamo ripromessi di intraprendere quella sera a casa mia. Un viaggio in cui cambiare insieme, l’uno per l’altra e l’uno con l’altra.
Senza obblighi, senza pressioni. Ma con tutta la naturalezza del mondo, così com’è sempre stato tra noi.
Un percorso tortuoso, certo, fatto di alti e bassi, di corse e di arresti... un po’ per il carattere che ci ritroviamo, un po’ perché io sono fin troppo attiva e lui è uno che ottimizza le energie, perché io sono razionale e lui impetuoso, io sempre troppo seria e lui no (anche se non è sempre simpatico come pensa di essere)... Opposti in tutto, noi due, ma complementari.
 
Il giorno dopo, tutto torna come prima.
Finalmente, dopo anni passati a soffrire in silenzio, ero riuscita a superare quello che per me era sempre il periodo più triste dell’anno grazie all’uomo che amo, che è impossibile ma il solo ad avere sempre la soluzione perfetta quando si tratta di dedicarsi a me.
E la cosa più bella di questi momenti è leggere la felicità negli occhi di Marco, quando realizza che la sua idea è andata a buon fine.
È una sensazione meravigliosa, perché anch’io mi sento felice quando lo vedo così.
Mi sento davvero una principessa, il centro dell’universo... perlomeno quello di Marco, come lui è il mio.
Le mie paure sempre più lontane quando so di averlo al mio fianco, sempre e comunque, a discapito di tutto.
E so che per Marco è lo stesso, glielo leggo negli occhi: una porta sul suo cuore, la casa in cui custodisce i suoi sentimenti e le sue paure.
La paura di sbagliare, di dover scegliere.
La paura che tutto ciò che ha faticosamente rimesso in piedi dopo le delusioni (il sogno di diventare attore, il tradimento di Federica e del suo migliore amico) possa crollare di nuovo come un castello di carte senza che riesca a far nulla per impedirlo.
Marco è molto più fragile e sensibile di quanto non traspaia dal suo atteggiamento sicuro, protetto da giacca e cravatta e nascosto dal cinismo che ostenta sul lavoro.
In questo, ci somigliamo molto.
Una facciata di ghiaccio, pronti a tirar fuori gli artigli e colpire in caso di minaccia.
È anche per questo che siamo diventati le persone che siamo oggi, insieme; perché nessuno meglio dell’altro può capire cosa si prova. Perché nessuno più di noi si spende per gli altri più di quanto riceva in cambio, col rischio di soffrire e portarsi dietro cicatrici invisibili ma profonde.
Ma il fato aveva deciso di farci incontrare, quella mattina in piazza.
Quella primissima stretta di mano era già stata un balsamo che aveva cominciato ad alleviare quelle ferite senza che ce ne rendessimo conto.
Nessuno lo sapeva, tranne forse Cecchini, che da quel momento tutto sarebbe cambiato.
 
Marco’s pov
 
Per fortuna anche stavolta ho trovato il modo per far tornare il sorriso sulle labbra della mia Anna.
Tutto era tornato come prima, e le settimane avevano ripreso a scorrere regolarmente, tra serate sui protocolli in ufficio e a casa, lezioni di cucina in cui non si capisce più chi sia il maestro e chi l’allievo, mattine di colazioni lasciate a metà, film accoccolati sul divano o a quel drive-in che ci piace tanto, le passeggiate con Patatino, i viaggi in moto in giro per l’Umbria e le ore seduti sul maggiolino a fantasticare sul futuro, senza dimenticare il passato.
 
Tra qualche giorno sarà San Valentino.
Vorrei trovare il modo adatto per farlo diventare un giorno speciale, ma non perché è banalmente la festa degli innamorati - festa inutile, tra l’altro - ma perché, finché non arriverà il nostro primo anniversario ufficiale il prossimo 14 agosto, abbiamo deciso di festeggiare ogni mese comunque (sì, okay, è molto da teenager ma, come dicevamo, chi se ne importa del contegno o dell’apparenza... ci amiamo e tutto è concesso).
A tal proposito, è stata una cosa quasi involontaria, nel senso che ci siamo ritrovati i primi mesi a fare qualcosa di speciale quella sera in particolare, e abbiamo pensato di proseguire.
Non solo, tornando a San Valentino, è una festa veramente inutile perché con Anna ogni giorno è da celebrare, non solo quello (troppo cliché? Fatevene una ragione, ogni tanto ci vuole).
 
Però questo è il primo San Valentino insieme, e vale la pena fare qualcosa, quindi mi sto dando da fare per organizzare il tutto.
Speravo di poterci lavorare da solo ma, non so come, Cecchini ha scoperto tutto e ora me lo ritrovo sempre attaccato a suggerirmi idee, a suo dire, perfette. A me dispiace ferirlo, anche perché è il nostro fan numero uno, ma preferirei si facesse gli affari suoi ogni tanto. Lo ignoro con la maggiore delicatezza che riesco a tirar fuori, finché non mi viene in mente la soluzione realmente perfetta.
So che Anna non accetterebbe mai di andare a cena fuori come ha proposto il maresciallo (la meno stramba delle sue idee prevedeva di andare a ballare, ma io a ballare sembro un cavallo, e Anna lo detesta), anche perché lei odia San Valentino e tutte le sciocchezze correlate, mi ricordo bene quando me lo disse.
Ci eravamo conosciuti da poco e non eravamo ancora così in sintonia, anzi.
Quel giorno, a proposito, mi disse di essere d’accordo con me per ben due volte nel giro di qualche minuto, decisamente un evento da segnare sul calendario, per l’epoca fatto più unico che raro.
In ogni caso, l’idea perfetta ce l’ho, non mi resta che metterla in pratica.
E se state pensando a qualcosa di estremamente romantico, ebbene sì, avete colto nel segno.
Ma non una romanticheria scontata, no.
Il nostro amore è tutt’altro che banale, anzi, è un bocciolo meraviglioso che giorno dopo giorno aggiunge petali e bellezza, e come tale merita di essere celebrato.
 
È il 14 febbraio, San Valentino.
Come dicevo, non solo la festa che detestiamo entrambi, ma il primo insieme.
E, come già accaduto per altre ricorrenze, voglio che anche questa possa essere rivalutata, facendola diventare una giornata speciale che merita di essere festeggiata ancora negli anni a venire.
Una festa tutta nostra.
Sono quasi le 19 quando mi presento a casa di Anna, senza invito. Non che io ne abbia bisogno, ma è un orario strano, perché le avevo detto che sarei dovuto passare dallo studio di un collega avvocato prima di cena e che si sarebbe fatto un po’ tardi.
“Amore, ciao,” mi saluta lei, sorpresa, quando apre la porta, per poi lasciarmi entrare.
La bacio, prima di mettere in atto il mio piano.
“Ho una richiesta da farti,” esordisco, con lei che mi rivolge uno sguardo curioso. “cambiati, mettiti quello che più preferisci... Usciamo, ma tranquilla, non sarà una serata elegante o altro, solo noi due.” spiego, accennando al mio abbigliamento molto casual: jeans, camicia bianca e l’immancabile giacca di pelle.
“Dobbiamo proprio?” mormora lei, leggermente riluttante. So che è stanca, ha avuto una giornata lunghissima al lavoro, e magari aveva pensato di trascorrere la serata sì, insieme, ma a casa.
“Mh-mh,” rispondo con un sorriso. “Dai, su... non è lontano, e non faremo tardi, promesso.”
Lei sospira, accettando.
Quando esce dalla sua camera, ha un abbigliamento simile al mio: jeans, un maglioncino e giacca di pelle anche per lei (a sottolineare la passione comune per le moto).
“Bellissima,” mormoro, facendola arrossire come ogni volta che le faccio un complimento.
Ci chiudiamo la porta del suo appartamento alle spalle, scendendo giù in strada. “Ora... ti fidi di me?” le chiedo, una volta davanti al portone.
“Ciecamente,” mi risponde senza esitare. “Cos’è, vuoi farmi andare bendata su un ponte?” chiede, ridacchiando.
“Non esageriamo,” replico in tono scherzoso, “ma non ci sei andata lontano.”
Tiro fuori un pezzo di stoffa dalla tasca del giubbotto.
“Perché bendata ci finisci davvero, in effetti.”
 
Anna’s pov
 
Sono rientrata da poco a casa, dopo una giornata estenuante in caserma.
La doccia rigenerante ci stava a meraviglia, ma sono stanca lo stesso.
Non sento Marco dalla pausa pranzo, anche lui oggi era impegnato in tribunale, quindi non so ancora cosa facciamo stasera.
Nel senso... è San Valentino, ma non mi importa della festività in sé, non ci ho mai trovato utilità nel festeggiare per un unico giorno dell’anno un amore che dovrebbe invece celebrarsi sempre, e Marco la pensa allo stesso modo.
Passeremo comunque la serata insieme, resta da decidere se qui a casa mia o da lui, ma penso qui.
Ho appena finito di piegare i vestiti asciutti quando sento bussare.
Marco.
“Amore, ciao,” esclamo. Non mi aspettavo di ritrovarmelo qui a quest’ora. Aveva detto che avrebbe fatto tardi per un impegno già fissato...
Lui si fa strada da sé, dopo avermi baciata, prima di sorridere.
“Ho una richiesta da farti: cambiati, mettiti quello che più preferisci... Usciamo, ma tranquilla, non sarà una serata elegante o altro, solo noi due.” dice, convinto.
Cerco di non mostrare troppo la mia riluttanza. Non perché non voglia, ma perché sono stanchissima, e avrei preferito passare la serata abbracciata a lui sul divano invece di uscire.
Ma Marco sa essere convincente, così mi decido a cambiarmi e a seguirlo in strada.
“Ora... ti fidi di me?” mi chiede, una volta giù.
La mia risposta non ha bisogno di riflessione.
“Ciecamente,” replico, prima di ridacchiare, “Cos’è, vuoi farmi andare bendata su un ponte?”
“Non esageriamo,” ribatte lui in tono scherzoso, “ma non ci sei andata lontano.”
Lo osservo curiosa mentre tira fuori una striscia di stoffa dalla tasca del giubbotto.
“Perché bendata ci finisci davvero, in effetti.”
 
Così, devo affidarmi totalmente a Marco. Non che io abbia da obiettare, anzi.
Non è la prima volta che lo faccio, e non sarà nemmeno l’ultima. So che con lui non ho niente da temere, mai.
Il percorso non è lungo, però, pochi metri fatti aggrappata alle sue mani come se dovesse succedere qualcosa da un momento all’altro e la mia vita dipendesse da lui.
Ho provato a capire la direzione che stiamo prendendo, ma mi sono persa subito.
A un certo punto, la sua presa si allenta, e lui si allontana.
Paura?
Un pochino.
“Tranquilla,” mi rassicura, intuendo il mio stato d’animo. “Sono qui, solo un attimo.”
Avverto il fruscio di qualcosa, poi lo sento tornare alle mie spalle e sciogliere il nodo della benda.
Pochi istanti per adattarmi alla luce, seppur fioca, dell’ambiente, e tanto basta a riempirmi gli occhi di lacrime di gioia.
Ristorante di lusso riservato per noi con tutto a forma di cuore da far cariare i denti?
No, per niente.
Davanti a me il mio maggiolino, il garage illuminato dalle candele sparse per la stanza, sul cofano una tovaglia da picnic e cestino annesso, la cena preparata per l’occasione da Marco che emana un profumino niente male. Sul sedile malconcio, un fascio di rose bianche, le mie preferite.
Mi giro a guardare Marco, col batticuore.
“Stiamo davvero festeggiando San Valentino? Noi?” non posso fare a meno di chiedere.
Per tutta risposta, Marco scoppia a ridere.
Lo osservo, confusa.
La sua risata si spegne, poi si avvicina, prendendomi per mano.
“Beh... lo so che tutto sembra portare in quella direzione, è vero, ma sarebbe incredibilmente riduttivo festeggiare il nostro amore come il resto del mondo fa stasera. In realtà la mia intenzione era quella di celebrare qualcosa di molto più nostro, a cui solo noi possiamo dare importanza.” dice, un luccichio furbo negli occhi. “Non l’odio per questa festa inutile... L’anniversario del primissimo giorno in cui ci siamo trovati d’accordo, e non una, ma addirittura due volte!”
Alla sua affermazione, esplodo in una risata che coinvolge anche lui.
Solo lui poteva pensare a una cosa del genere!
Ma è proprio questo che rende unico il mio Marco (non suona benissimo, il mio Marco?)... questo che mi ha fatto innamorare di lui.
Lo bacio, mettendoci dentro tutto quello che sento in questi istanti, con la naturalezza con cui tutto sta accadendo stasera tra noi, ma non solo.
Eccolo, un nuovo ricordo da accostare al mio maggiolino. Un nuovo uomo da legare ad esso. Un uomo che amo quanto, e forse più, dell’altro, anche se non mi piace fare paragoni né classifiche.
Un uomo che vuole la mia felicità esattamente come la voleva mio padre. Che mi ama, immensamente, come ha fatto e di certo fa ancora ovunque lui sia, papà Carlo.
 
Adesso ho deciso.
Questa sera sul maggiolino, a festeggiare la prima vera volta in cui siamo andati d’accordo, passata a chiacchierare, cenare e condividere il nostro gelato al cioccolato con le nocciole tritate sopra, è il primo ricordo felice e importante con Marco che legherò a quest’auto.
Quello a cui penserò ogni volta che scenderò qui in garage a ravvivare la memoria e parlare con papà.
Sono sicura che lui avrebbe adorato Marco. E sono certa che questa sera, mentre io e Marco eravamo intenti a progettare il nostro futuro insieme, papà abbia benedetto, nel bene e nel male, la nostra storia d’amore che è tutto fuorché perfetta, o quella banale del principe e la principessa, ma destinata, spero, ad avere il lieto fine che merita.
 
 
Ciao a tutti!
Come promesso, per staccare un po’ dalla disperazione che incombe, ecco una storia dolce dolce per San Valentino.
Merito di Martina, che ha dato vita a questo testo adorabile e che io mi sono limitata a integrare qua e là. Anche il titolo è una sua idea - giusto per citare Gabbani <3 che ci sta sempre bene, soprattutto dopo Sanremo.
Speriamo che giovedì prossimo siano clementi con noi.
A presto,
 
Mari
 
   
 
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