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Autore: VenoM_S    13/02/2020    1 recensioni
Cindy è una ragazza di quattordici anni in preda ad una "crisi adolescenziale". Tutti i suoi coetanei sono cresciuti, sono maturi, ma lei sembra rimanere indietro e per questo è spesso oggetto di battute e commenti sarcastici. Fino a che, un giorno, un ragazzo non le chiede di uscire.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa al COW-T di Lande di Fandom
Settimana: seconda
Missione: M3
Prompt: Rosso di rabbia
N° parole: 3039
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Cindy non riusciva a capacitarsene. 
Quella mattina continuava a guardarsi allo specchio, come sempre, cercando di prendersi le misure con gli occhi per provare a cogliere qualche cambiamento nella sua fisionomia, ma come tutte le mattine precedenti non riusciva a notare nulla di diverso. Eppure era pronta, lei se lo sentiva, aveva quattordici anni e come tutte le sue coetanee (e coetanei) si aspettava che il giorno della sua maturazione sarebbe arrivato presto. Eppure erano passati mesi dal suo compleanno e ancora non si vedeva nulla. La ragazza si pizzicò le cosce sottili con le mani, pensando che forse era troppo magra e che proprio per questo stava avendo dei problemi, magari avrebbe dovuto iniziare a mangiare più proteine e fare maggior esercizio fisico, poteva iniziare andando a correre e forse mettendo su un po’ di massa muscolare il suo momento sarebbe finalmente arrivato.

«Cindy sbrigati, tra poco passerà l’autobus per la scuola e devi ancora fare colazione!» la voce della madre arrivava squillante dal piano di sotto, e la ragazza non aveva intenzione di farla aspettare.

Finì di sistemarsi i lunghi capelli biondi in due comode trecce, si aggiustò le pieghe della gonna della divisa, infilò le calze scure e le scarpe da ginnastica e scese le scale dirigendosi poi verso la spaziosa cucina in cui sua madre stava iniziando già a togliere le scodelle vuote dei suoi due fratellini più piccoli, che nel frattempo avevano come al solito iniziato a litigare su chi avesse rubato un biscotto all'altro. 
O su qualunque altra cosa possano discutere due mocciosi di sei anni durante la colazione, pensò Cindy mentre afferrava una delle due fette di pane tostate e imburrate che aveva nel piatto e la mangiava più in fretta che poteva. Non era raro che fosse in ritardo per l'autobus, ma ultimamente le succedeva fin troppo spesso, colpa soprattutto di tutti quei pensieri. Due colpi di clacson la avvisarono del fatto che non aveva più tempo, quindi si mise in spalla lo zaino, diede un rapido saluto alla madre, che le sorrise mentre le diceva che doveva imparare a prepararsi più in fretta o non avrebbe mai fatto una colazione decente, e poi corse fuori di casa dirigendosi verso il lungo mezzo giallo sgargiante accompagnato dallo schiamazzare continuo dei passeggeri. 
Sull'autobus sedeva sempre allo stesso posto: in quarta fila a sinistra, vicino al finestrino. Le piaceva guardare il paesaggio in movimento, veder scorrere davanti ai suoi occhi i piccoli quartieri contornati di alberi e parchi che prendevano vita mentre le persone uscivano di casa per andare a scuola o al lavoro, e poi il bosco intorno alla sua scuola in cui spesso si era avventurata con Amber e Monica, le due ragazze con cui aveva legato di più in classe e che, a quanto pareva, non la giudicavano per essere rimasta così indietro rispetto agli altri. Cindy però non riusciva quasi più a guardarle senza provare una profonda invidia, perché loro due erano tutti ciò in cui lei era carente: alte, belle, forti e adorate da tutti. Neanche a farlo apposta, le due ragazze salirono insieme sull'autobus proprio in quel momento, mentre Cindy era ancora immersa nei suoi pensieri con lo sguardo puntato fuori dal finestrino. 

«Buongiorno!» la voce squillante di Amber la fece saltare sul posto, non si era nemmeno accorta che le si fosse seduta vicino. Si voltò a guardarla ed incrociò due grandi occhi verdi dalle ciglia lunghe ed un sorriso dolce e perfetto. Amber aveva la pelle chiarissima, sulla quale risaltava sia quell'intenso colore degli occhi, sia la cascata di morbidi ricci castano scuro che quel giorno aveva deciso di tenere sciolti e che le cadevano morbidi e ribelli fino a metà della schiena. Ecco un’altra cosa che invidiava di lei. 
«Buongiorno Amber, buongiorno Monica» disse Cindy voltandosi verso il posto dietro il suo, dove Monica si sedeva sempre. La ragazza bionda le fece un cenno con la mano mentre sbadigliava, l'azzurro intenso degli occhi coperto dalle lunghe ciglia su cui la ragazza aveva steso un abbondante strato di mascara.
«Ciao Cindy, ti prego tieni occupata Amber durante il tragitto, a quest’ora io ho ancora troppo sonno per avere una vita sociale, lo sai» rispose la ragazza appoggiando la testa al sedile continuando a tenere gli occhi chiusi. C’erano poche cose che Monica non era, ed una di queste era sicuramente l’essere una persona mattiniera.
«Oh, Monica, sei sempre così melodrammatica! Dovresti seguire il mio consiglio sulla routine serale e la colazione che di cui abbiamo parlato, così la mattina non assomiglieresti così tanto ad uno zombie. In versione carina eh, ma sempre uno zombie» Amber invece era l’esatto opposto, sempre al massimo delle energie qualunque cosa succedesse, e secondo lei questo era dovuto ad una serie di regole ferree sul cibo e le abitudini che si era autoimposta di seguire e che cercava di propinare a chiunque.

Erano uno strano trio, bisognava ammetterlo, ma da quando erano state assegnate alla stessa classe non si erano praticamente mai separate, e nonostante Cindy fosse preda sempre più spesso di commenti da parte degli altri ragazzi e ragazze, Amber e Monica erano rimaste sempre lì per lei, formando una specie di muro su cui tutti gli altri non potevano far altro che rimbalzare. Di questo Cindy non avrebbe mai potuto ringraziarle abbastanza. La parlantina di Amber le tenne compagnia per tutto il viaggio, ma mentre la ragazza parlava sembrava che ci fosse qualcosa che non voleva dire, qualcosa che lei sapeva e che doveva essere estremamente succoso come pettegolezzo ma che per qualche motivo continuava a tacere, limitandosi a guardare Cindy con occhi attenti, come aspettandosi da un momento all’altro che lei dicesse qualcosa. Peccato che Cindy non avesse idea di cosa Amber si aspettasse di sentire. Arrivate a scuola, si diressero prima verso le lunghe schiere di armadietti grigi per lasciare gli zaini e tenere solo i libri delle prime tre ore di lezione, e poi si prepararono ad affrontare le estenuanti ore di storia di cui ovviamente a nessuno sembrava importare un accidente, ed in cui la loro occupazione principale fu disegnare la caricatura del professor Creyton e dei suoi strambi occhiali grandi e rotondi sui loro quaderni.
Fu durante l’intervallo, però, che Cindy capì cos’era che Amber aveva tenuto per sé durante tutta la mattina.

Stava prendendo dall’armadietto il libro di scienze per la lezione successiva, quando vide una mano appoggiarsi al lato del suo armadietto e sentì uno sguardo insistente addosso. Si voltò di scatto e le fu impossibile nascondere l’espressione di pura sorpresa quando si vide davanti Jordan Price che le sorrideva guardandola dall’alto con due occhi neri profondi come pozzi. Era un ragazzo davvero carino, e faceva parte del classico “gruppo alpha” dei ragazzi considerati popolari, nonostante fosse piuttosto taciturno e riflessivo, quindi non esattamente il modello standard di persona appartenente a cerchie come quella. Era probabile che ci fosse finito in mezzo più per il suo essere un ottimo giocatore di basket con voti altrettanto ottimi, che per il suo carattere.
«Ciao Johnson!» le disse accennando un sorriso. Quasi tutti la chiamavano per cognome lì a scuola, e questo solitamente non le faceva piacere, ma pronunciato da lui sembrava quasi un complimento.
Non mi sta parlando davvero, vero?
«Potresti anche rispondermi sai, non mi offendo» la incalzò lui spostando lo sguardo alla sua destra, come se fosse imbarazzato dal silenzio che si era creato.
«E…Ehm… Ciao Jordan, che ci fai qui?»
Che ci fai qui? Che razza di domande gli fai, stupida!
«La scuola è un obbligo, non devo avere per forza qualcosa da fare» sembrava divertito, ma non in maniera offensiva. Stava incredibilmente scherzando con lei, piuttosto che su di lei.
«Oh, sì hai ragione… Volevi chiedermi qualcosa?»
Quando questa conversazione finirà mi prenderò a schiaffi, lo giuro.      
«Beh sai, ultimamente stanno parlando tutti dell’eclissi di luna che ci sarà questa sera, ed ho pensato che sarebbe stato noioso guardarla da solo, quindi, ecco, quando ti ho vista ho pensato che magari sarebbe stato più divertente vederla insieme dal bosco vicino alla scuola, c’è una radura carina da cui si avrebbe una visuale perfetta. Che ne dici?» la stava di nuovo guardando, e Cindy con la coda dell’occhio poteva vedere Monica e Amber nascoste dietro l’angolo più lontano del corridoio che li sbirciavano, sorridendo come due ebeti. Loro sapevano!
«Beh ecco… sì, insomma perché no, è da tanto che non si vede un eclissi»
«Bene allora, ci vediamo alle sette, sii puntuale mi raccomando» finì lui sorridendo di nuovo prima di passarle accanto sfiorandole una spalla con il braccio.
Aveva appena accettato di uscire con un ragazzo, stentava a crederci persino lei stessa.
Probabilmente Cindy stava per svenire e la sua faccia doveva essere uno spasso, dato che si accorse che praticamente tutti nel corridoio la stavano fissando ridendo chi più chi meno vistosamente. Due ragazzi della stessa classe di Jordan le passarono accanto, e uno le fece cadere di mano i libri.

«Chissà come ha fatto un cucciolo difettoso come te a farsi mettere gli occhi addosso da lui. Secondo me ha perso qualche scommessa, oppure gli piace fare la carità!» aggiunse l’altro ridendo.
Cindy si abbassò per raccogliere i libri, e quello che aveva parlato glieli spostò più lontano con un piede ridacchiando, costringendola a rimanere a terra, dandole di nuovo del cucciolo.
Lei li odiava, odiava tutti in quel dannato edificio, non riusciva a comprendere cosa li facesse divertire così tanto nel tormentarla, e poi proprio in quel momento! Era furiosa, e sentiva la rabbia agguantarle lo stomaco in una morsa. Improvvisamente sentì una fitta alla testa, e per un momento vide tutto rosso e poi nero, per poi tornare chiaro come lo era stato fino ad un secondo prima. Le mancò il fiato.
«Fatevi un giro, idioti, o volete che vi lanci un bastoncino da rincorrere?» la voce era quella di Amber, che insieme a Monica si era praticamente materializzata lì vicino, ed il loro sguardo non era per niente rassicurante. I due ragazzi si levarono di mezzo alla svelta, senza però smettere di sogghignare.
«Cindy non pensare a quei due, questa scuola è popolata da più stupidi del normale» cercò di confortarla Monica mentre l’aiutava a raccogliere i quaderni da terra.
«Anzi, non dobbiamo dedicargli nemmeno un minuto del nostro tempo… abbiamo ben altro di cui parlare, non credi?!»
«Amber, tu lo sapevi?»
«Oh caspita, non puoi capire quanto è stato difficile non dirtelo, ho sentito un paio di ragazzi della squadra di basket parlarne ieri sera, ero così su di giri per te!» Amber era passata da zero a mille in un attimo, tipico di lei, ed il suo umore fu probabilmente l’ancora a cui si aggrappò Cindy per arrivare alla fine della mattinata senza pensare alle persone intorno a lei.

Dire che il pomeriggio trascorse tranquillo sarebbe stato un eufemismo: le due ragazze decisero di fermarsi a casa di Cindy per aiutarla a decidere cosa indossare per la serata (o meglio, per scandagliare e farle provare il suo intero guardaroba salvo poi dirle di indossare il primissimo capo che si era provata), come acconciarle i capelli, che alla fine decisero di lasciare sciolti per una volta, e se sarebbe o meno stato opportuno farle indossare un sottile velo di trucco per accentuare i suoi occhi nocciola senza farla sembrare una disperata in cerca di attenzioni. Sua madre sapeva che sarebbe uscita con le amiche, in fin dei conti era abbastanza comune che per le eclissi e le lune piene i ragazzi uscissero in gruppi per ammirarle nei boschi, quindi almeno in quell’occasione le domande sarebbero state poche. Anche mentre camminavano verso il luogo dell’incontro non smisero un secondo di parlare immaginando come sarebbe potuta andare la serata. Dove l’avrebbe portata? L’avrebbe presa per mano ad un certo punto? Le avrebbe chiesto di uscire di nuovo? Quali erano gli argomenti più adatti per sembrare una persona interessante? Era tutto così imprevedibile, e Cindy si sentiva trascinata da un vortice che a stendo riusciva a controllare.
Lo vide da lontano, tutto solo di fronte al filare di alberi scuri che si stagliavano sotto la luce della luna, su cui iniziava già ad intravedersi il principio dell’ombra terrestre che di lì a poco l’avrebbe completamente oscurata. Jordan aveva le mani infilate nelle tasche dei jeans chiari e si guardava le scarpe con cui stava spostando un ciottolo rotondo a destra e a sinistra. Sembrava impaziente, e questo in qualche modo le fece piacere. Quando il ragazzo le notò, si mise dritto e sorrise.

«Ehi, non pensavo sareste venute in gruppo, guardate che così mi fate arrossire!» disse.
«Non farti strane idee Jordan, noi l’abbiamo solamente accompagnata fin qui. Vedi di non fare stupidaggini, perché in quel caso lo sapremo, e non sarebbe divertente» la voce di Amber era allo stesso tempo gentile e minacciosa, e Cindy si ripromise di chiederle lezioni in merito.
Jordan sollevò le mani in segno di resa, ma nel farlo a Cindy sembro che un’ombra gli passasse sugli occhi. Fu questione di un attimo però, poi distese la mano destra verso Cindy invitandola a prenderla per seguirlo. La ragazza sapeva di essere arrossita, e sperò che con quella flebile luce non fosse così evidente. Gli prese la mano ed insieme si incamminarono attraverso la piccola foresta, parlando del più e del meno con estrema facilità mentre si facevano strada lungo un piccolo sentiero che serpeggiava tra gli alberi e le rocce. Cindy scoprì che Jordan era un ragazzo con tanti interessi, e la loro comune passione per la lettura li tenne impegnati in una lunga discussione su chi fosse l’autore di epic fantasy più capace del momento fino a che non arrivarono ai margini di una piccola radura quasi perfettamente circolare, ricoperta da un soffice prato basso punteggiato di fiori con le corolle chiuse per la notte. L’eclissi era già iniziata e la luna era ormai quasi completamente in ombra, ma a Cindy non importava che si fossero persi quasi tutto lo spettacolo, in fondo era una delle serate migliori che avesse mai passato.
«Vieni, andiamo al centro della radura, lì c’è ancora un po’ di luce» disse a Jordan, che però per qualche motivo sembrava titubante, come se non volesse mettere piede fuori dalla foresta.
«Sai Johnson, non sono più così sicuro che questo sia un buon posto, potremmo cercarne un altro…» mentre parlava lanciava occhiate ai dintorni, agitato.
«Ma cosa dici, ormai siamo qui! Voglio godermi gli ultimi momenti dell’eclissi, su sbrigati» rispose lei strattonandolo per la maglia e camminando a passo svelto fino al centro del prato. Una volta raggiunto il punto giusto, la ragazza alzò gli occhi al cielo, e fu probabilmente per questo che non vide le quattro figure che uscivano dalle ombre degli alberi di fronte a lei e si avvicinavano cercando di non fare rumore. Jordan si teneva qualche passo più indietro.

«Ma guarda, non è un po’ tardi per portare a spasso i cuccioli?» disse una voce maschile venata di sarcasmo, che fece sobbalzare Cindy sul posto. Si guardò intorno spaesata mentre i ragazzi sbucati dal nulla le si paravano davanti, capeggiati ovviamente da Bill, il classico spaccone belloccio idolo della scuola.
«Che ci fate qui, che volete?»
«Oh, guardate, il cucciolo guaisce. Jordan non pensavo lo avresti fatto davvero, sai? Considera superata la tua prova di fiducia»
NO.
Cindy si voltò sconvolta a guardare Jordan, che aveva un’espressione quasi supplicante in volto. Lui cercò di chiederle scusa mimando la parola con le labbra, senza parlare, poi abbassò lo sguardo. Una prova di fiducia per il branco, certo, davvero era stata così stupida? Si voltò di nuovo verso Bill, furiosa, alzando il mento nel tentativo di fronteggiarlo, mentre cominciava a riaffiorare il mal di testa di quella mattina e sentiva qualcosa di pesante farsi strada nel petto.
«Siete degli idioti, tutti voi. Non mi fate paura»
«Ma davvero? Guarda che non cerchiamo di farti paura, sai? È più divertente quando ti arrabbi. Guardati, sei paonazza, sarà perfetto per le telecamere!»
Non fece nemmeno in tempo a finire la frase che tutti e quattro avevano già in mano i cellulari e la stavano riprendendo con il flash attivo, per sovrastare il buio dell’eclissi ormai quasi completa.
«Jordan togliti di mezzo, se finisci nel video non è divertente, e rischiamo di colpirti!»

Uno dei quattro aveva in mano un cestino pieno di peluche a forma di pecora, che tutti iniziarono a lanciarle addosso urlandole Agnello! Guardate l’agnello! tra le risate generali, mentre la furia di Cindy aumentava senza controllo. La ragazza cadde in ginocchio nascondendosi il volto con le mani per cercare di sottrarsi alle riprese, mentre i piccoli peluche le rimbalzavano sul corpo tra le risate generali. Non poteva crederci, lui le aveva mentito, e quei video sarebbero finiti ovunque entro la mattina.
Li odiava.
Tutti.
La testa le faceva sempre più male, mentre il grumo di rabbia incastrato nel suo petto era sempre più grande, lo sentiva pulsare come se stesse per lacerarle il petto nel tentativo di uscire.
E se c’era una cosa che voleva davvero, in quel momento, era azzannarli tutti alla gola.
Fu allora che il grumo esplose. Cindy urlò, e tutto intorno a lei divenne color rosso sangue mentre si piegava in avanti appoggiando la fronte sull’erba umida.
Le sembrò che la sua schiena si aprisse a metà mentre le ossa ed i muscoli si allargavano spingendo in tutte le direzioni. Sentì la mascella allungarsi, i denti crescere, le mani diventare più lunghe e forti mentre grosse unghie appuntite si facevano strada artigliando la terra ed un folto pelo argenteo le ricopriva i muscoli forti e scattanti. Un ringhio lungo e profondo le uscì dalla gola, scuotendola fin nelle ossa. Cindy si alzò in piedi, e stavolta fu lei a guardarli tutti dall’alto, mentre finalmente realizzava di aver compiuto la sua maturazione sollevando il muso e lanciando un forte ululato in direzione della luna nera che li sovrastava.
E a giudicare dalle facce sbigottite dei ragazzi di fronte a lei che iniziavano ad indietreggiare, era chiaro che fosse un lupo più grosso della media, probabilmente li avrebbe sovrastati di almeno una spanna anche se si fossero trasformati.
Cindy sorrise mettendo in mostra i lunghi canini.
«Chi sono gli agnelli, adesso?»
  
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