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Autore: sissi149    13/02/2020    4 recensioni
Dopo la fine del World Youth Tsubasa ha chiesto a Sanae di sposarlo e la ragazza ha accettato.
I festeggiamenti sono nel culmine, ma andrà davvero tutto liscio?
Genere: Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Atsushi Nakazawa, Nuovo personaggio, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Erano le due di notte passate e padre Ross stava guidando attraverso il quartiere latino americano di ritorno dalla casa di riposo dove  era stato ad assistere uno degli ospiti fino al suo ultimo respiro. Si trattava di un uomo molto anziano, solo, senza nessun parente, per cui, quando era stato chiamato per l’ultima benedizione, aveva deciso di trattenersi fino alla fine. Non voleva che fosse solo quando sarebbe arrivato il momento in cui il Signore l’avrebbe richiamato a sé.
Sospirò. La vita che aveva scelto contemplava anche quel tipo di doveri.
Quando era stato assegnato a New Team Town, era stato contento della destinazione, l’aveva trovata piacevole: una tranquilla cittadina abbastanza lontana dalla grande metropoli da non risentire degli influssi negativi che potevano provenire da questa e dalla vita troppo frenetica che si conduceva là. Invece aveva trovato un paese che, nascosto dalla patina di una lucida copertina, era avvolto in sofferenze e situazioni disdicevoli che gli facevano dubitare di avere la forza di affrontare un simile compito. Amava i suoi parrocchiani ed avrebbe fatto qualsiasi cosa per loro, eppure con alcuni di essi aveva la sensazione che non volessero essere salvati.
Raggiunse la zona del Cyborg e la mancanza del solito marasma di auto parcheggiate alla meglio in ogni vicolo gli fece capire che la discoteca aveva già chiuso i battenti e che la clientela era già sparita nelle proprie abitazioni. Forse quella sera non ci sarebbero stati ulteriori disastri. Fosse stato per lui il locale sarebbe già stato costretto alla chiusura definitiva: non c’era nulla di male nello svagarsi moderatamente e nel lasciarsi andare a qualche danza, ma là dentro avvenivano eccessi che non poteva sopportare, a cominciare dal fatto che pareva avessero il beneplacito della direzione.
Improvvisamente si trovò davanti una figura barcollante, sbucata dal nulla.
Inchiodò di colpo e riuscì a fermarsi giusto pochi centimetri prima di travolgere l’inaspettato personaggio.
Sganciò la cintura e scese di corsa a verificare cosa fosse successo. Trovò accasciata a terra, davanti al cofano dell’auto, una donna che indossava un cappotto grigio sotto cui non parevano esserci altri vestiti, oppure l’abito era talmente striminzito da non riuscire a sbucare nemmeno per pochi centimetri dall’orlo inferiore. Portava anche delle scarpe da ginnastica, lunghi capelli rossi sciolti sulle spalle e un trucco molto pesante. Aveva tutta l’aria di essere una delle ballerine del locale di Santana.
“Signorina, sta bene?” Domandò preoccupato, accasciandosi per controllare, anche se non credeva di averla colpita.
La donna alzò la testa verso di lui e annuì lentamente, lo sguardo piuttosto spaesato.
“Ce la fa ad alzarsi?” Le porse una mano per aiutarla.
La sconosciuta l’accettò e si tirò in piedi, ma, non appena lasciò la presa, cominciò a barcollare vistosamente.
Padre Ross ebbe i riflessi pronti e l’afferrò con entrambe le braccia prima che cadesse di nuovo. Sospettò che fosse ubriaca, parecchio oltre l’essere semplicemente un po’ brilla e troppo allegra.
“Sta bene sul serio?” Chiese di nuovo, più preoccupato di prima.
“Mi lasci andare, non vede che sto benissimo!”
La ballerina si sciolse dalla sua presa, fece qualche passo e fu costretta ad appoggiarsi alla carrozzeria dell’auto per sorreggersi.
“Non si regge neanche in piedi. Mi permetta di accompagnarla a casa.”
“E dovrei salire sulla macchina del primo sconosciuto?”
La donna aveva la risposta pronta, anche se impastata dal troppo alcol ingerito, che le impediva di riconoscerlo.
“Signorina, sono il reverendo Ross.”
Aprì la portiera del lato passeggero per averla pronta per qualsiasi evenienza, e la seguì per un paio di metri.
“Padre Ross – biascicò lei – non l’avevo riconosciuta.”
Barcollò ancora una volta e dovette fermarsi per recuperare un minimo di equilibrio prima di proseguire.
“La prego, mi permetta di accompagnarla almeno fino alla porta di casa. Non può attraversare la città in queste condizioni.”
La ballerina scosse la testa, sembrava convinta a rifiutare ad ogni maniera il suo aiuto.
“Padre Ross, non si disturbi, ce la faccio.”
Solo la presa salda del sacerdote le impedì di rovinare a terra a seguito di un ulteriore barcollamento.
“Vedo come ce la fa!”
Senza badare alla deboli proteste della sua interlocutrice, Padre Ross la prese in braccio e l’adagiò sul sedile, per poi montare a sua volta in auto e riaccendere il motore.
“Non faccia tante storie e mi dica dove abita.”
“Non le si può proprio dire di no.”
“Non quando si tratta della sua incolumità.”
La donna ridacchiò, poi, in modo confuso, riuscì a far capire al suo accompagnatore dove doveva portarla. Non era troppo lontano, ma si trattava di attraversare un paio di strade in cui, anche a quell’ora della notte, potevano passare veicoli ad una velocità sostenuta. Se le fosse successo qualcosa perché non era riuscito a condurla a casa salva, il reverendo non se lo sarebbe mai perdonato.
“Allora, padre – parlò la donna dopo un istante di silenzio – niente prediche sull’immoralità della mia vita?”
L’uomo rispose senza distogliere gli occhi dalla strada:
“Potrei stare qui a parlare per mezz’ora, ma tanto domani lei avrò già dimenticato tutto. Quanto ha bevuto?”
“Il necessario.”
Dopodiché la sua passeggera si voltò e non disse più una sola parola fino all’arrivo ad un piccolo palazzo residenziale.
“A che piano abita?” Domandò mentre l’aiutava a scendere dall’auto, notando che la sbornia non dava segni di essersi attenuata.
“Al secondo. Padre, non starà cercando di approfittarsene?” Fece una specie di occhiolino o, perlomeno, lui lo interpretò a quella maniera, complice il buio provocato dal lampione rotto proprio nei pressi dell’ingresso dell’edificio.
“Non dica assurdità!”
La guardò cercare in una tasca ed estrarre un mazzo di chiavi con cui, dopo vari tentativi che occuparono almeno cinque minuti, riuscì ad aprire il portoncino che dava sulla strada. Non si sentì tranquillo a lasciarla entrare da sola in quelle condizioni: dubitava che ci fosse un ascensore ed il pensiero di farle affrontare le scale con il rischio costante di qualche volo gli stringeva lo stomaco.
“L’accompagno fino al pianerottolo.”
Non attese nemmeno la risposta della ballerina, le passò un braccio attorno alla vita e la condusse ai piani superiori. Davanti alla porta, per evitare il ripetersi della scena pietosa di poco prima, si offrì di infilare la chiave nella toppa e di girarla al suo posto.
La serratura scattò.
“Direi che ora può cavarsela da sola. Buona notte!”
Aveva compiuto il suo dovere e non aveva intenzione di spingersi oltre il confine dell’inopportuno, a meno che non gli venisse esplicitamente richiesto di entrare nell’appartamento. Gli sembrò di cogliere un moto di sorpresa negli occhi della donna, forse si aspettava che, nonostante tutto, lui cercasse di approfittare in qualche modo della situazione.
“Buona notte, padre!”
La porta venne chiusa, quasi sbattuta, davanti alla sua faccia.
Si avviò sulle scale, per scendere e raggiungere finalmente la canonica, lasciandosi sfuggire un grosso sospiro sconsolato. Si domandò come una ragazza così bella, che avrebbe potuto avere tutto dalla vita, potesse ridursi nelle condizioni di uno straccio, nelle condizioni di non poter avere consapevolezza di quanto le accada accanto. Quanto c’era mancato che si facesse investire? E se, invece di lui, l’avesse soccorsa qualche malintenzionato?
Quelle erano le situazioni che lo facevano sentire impotente.
 
 
 
 
Amy si lasciò scivolare a terra, con la schiena contro la porta del suo appartamento. La testa le girava vorticosamente, le sembrava di essere salita su un ottovolante dalla corsa infinita. Sapeva di avere esagerato e sapeva che se non ci fosse stato padre Ross probabilmente non sarebbe riuscita a tornare a casa senza particolari problemi. Sapeva anche di essere stata fortunata, il reverendo era noto per la sua ferrea morale, non avrebbe mai approfittato della sua debolezza per farle un torto qualsiasi; non si poteva dire lo stesso degli altri frequentatori del quartiere latino americano. Avrebbe dovuto ringraziarlo quando sarebbe stata più lucida, ma una parte di lei si vergognava da morire per come si era ridotta e per aver avuto bisogno di aiuto perfino per aprire la porta di casa. Non credeva sarebbe stata capace di andare fino alla canonica per sdebitarsi.
Si trascinò esausta fino alla camera, riuscì a qualche maniera a togliersi il cappotto ed a buttarsi sul letto. Voleva solo dormire e dimenticare tutto: l’orribile serata, Francisco, i commenti delle colleghe e padre Ross. Se possibile, l’ultimo era il punto che le doleva di più. Aveva già incontrato il parroco in occasioni in cui era più lucida ed anche senza avvicinarsi troppo a lui aveva notato i suoi sguardi di disapprovazione verso il gruppo di ballerine. Non riusciva a sopportarli, contenevano le stesse accuse che le avrebbe rivolto sua madre se avesse potuto vedere cosa era diventata la sua vita.
Chiuse gli occhi e per un istante pensò a cosa sarebbe successo se non si fosse più svegliata la mattina seguente.
 
 
 
 
 
La mattinata di lavoro stava procedendo in maniera lenta e monotona, Evelyn aveva solo alcune carte da ordinare e sistemare nel mobile archivio alla sua sinistra. Col pensiero preferiva indugiare alla serata precedente, dove aveva potuto trascorrere alcuni istanti in compagnia del sindaco Becker al di fuori dell’orario di lavoro, peccato per quell’avvoltoio di sua moglie che non si era mai schiodata dal salone.
Lei si era preparata con cura all’evento e poteva scommettere che Tom l’avesse notata e apprezzata nel suo delicato abito firmato e nel suo trucco sobrio. Invece quella scostumata della signora Becker aveva osato presentarsi con quell’indecente colore di capelli! E non aveva fatto altro che pavoneggiarsi in giro! Tom meritava molto di meglio che quella lì! Presto se ne sarebbe reso conto.
Le sue riflessioni furono interrotte dal passo di qualcuno che si avvicinava lungo il corridoio. Alzò lo sguardo ed anche da lontano riconobbe l’inconfondibile figura del reverendo Ross, con la sua lunga tonaca. La visita era inaspettata.
“Buon giorno padre Ross.” Lo salutò educatamente, cercando di non mostrare la propria perplessità.
“Buon giorno signorina Davidson. Il sindaco c’è?”
“Aveva un appuntamento, padre?”
“No, ma devo conferire con lui di una questione della massima urgenza.”
Il tono del sacerdote era perentorio, non ammetteva una risposta negativa.
“Vedo se può riceverla.”
La segretaria alzò la cornetta dell’interfono e permette il pulsante per comunicare con l’ufficio del superiore. Teneva moltissimo a queste formalità, invece di andare a bussare direttamente alla porta che era alle sue spalle.
“Signor sindaco, c’è qui padre Ross: dice che ha bisogno di vederla con urgenza.”
Ti ha detto a che proposito?”
“No, signore.”
Va bene. Ho un po’ di tempo, fallo pure passare.”
Riagganciò con calma e si alzò, facendo un gesto con la mano destra.
“Prego padre, il sindaco può riceverla.”
Aprì la porta dello studio, facendo strada al reverendo ed annunciandolo:
“Padre Ross.”
Il Sindaco gli andò incontro, salutandolo calorosamente:
“Padre Ross, a cosa devo l’onore di questa visita?”
Il reverendo contraccambiò la stretta alla mano che gli veniva porta, poi esordì senza mezzi termini:
“È avvenuto un fatto gravissimo ed increscioso.”
Evelyn non riuscì a cogliere altro, nonostante avesse cercato di chiudersi la porta alle spalle il più lentamente possibile.
Quello che sapeva di padre Ross era la sua forte moralità e la sua avversione a tutto ciò che comportava l’allontanamento dalla strada della rettitudine. Era un uomo molto rigido nei suoi principi, tuttavia aveva il brutto difetto di cercare di salvare ed aiutare chiunque avesse smarrito la via, compreso quell’Oliver Hutton che tanti danni aveva causato all’intera cittadina e portato un sacco di inutili grattacapi a Tom. In ogni caso, era un uomo che poteva essere un forte alleato per mantenere l’ordine ed il decoro a New Team Town. Quando aveva lamentele e rimostranze, occorreva ascoltarlo, poiché si trattava sicuramente di qualcosa di serio e importante per il benessere dell’intera cittadina. A volte Evelyn si domandava cosa pensasse il reverendo a proposito della moglie del Sindaco, magari l’incontro riguardava qualche bravata commessa da quell’irresponsabile che rischiava di arrecare danni all’immagine di Tom. Una First lady che non sapeva comportarsi a modo era una vera piaga per tutti.
Il colloquio tra i due uomini durò circa una mezz’ora, durante la quale la segretaria non riuscì a concentrarsi sulle proprie carte, ma sul cercare di captare il minimo rumore proveniente dall’ufficio del Sindaco. Sapere cosa avveniva lì dentro l’aiutava a prevenire le richieste del suo capo, ad eseguire meglio i suoi compiti, ad essere essenziale nel mandare avanti la gestione della cittadina, ad essere essenziale per Tom.
Quando la porta si aprì, Padre Ross ne uscì tranquillo, anche se dava l’idea di non essere tropo soddisfatto:
“Mi auguro che abbia ragione, sindaco Becker, ma temo servirà una linea d’azione più aggressiva. Ci aggiorneremo. Buona giornata, signorina Davidson.”
“Buona giornata anche a lei, padre.”
Evelyn osservò il sacerdote allontanarsi, poi contò mentalmente fino a dieci, prima di avvicinarsi all’ingresso dell’ufficio, non doveva dare l’idea di essere troppo curiosa o impaziente, la professionalità era tutto in quel momento. Bussò con la mano sullo stipite della porta rimasta aperta, per annunciarsi.
“Ha bisogno di qualcosa, sindaco?”
Tom era seduto alla scrivania, con i gomiti appoggiati al piano di legno e le mani intrecciate che sostenevano il mento. Sembrava pensieroso.
“Padre Ross ha portato cattive notizie?” Domandò, avanzando nella stanza.
“Nulla di particolare, se non fosse che si tratta di padre Ross. – Si alzò per sgranchirsi le gambe – Dovrai convocare il signor Santana.”
Evelyn annuì, scarabocchiando un appunto sul blocco notes che portava sempre con sé, cominciando ad immaginare cosa avesse condotto il reverendo a presentarsi in municipio senza un appuntamento. La sera precedente c’era stato uno degli eventi di punta della settimana alla discoteca di Santana, come minimo padre Ross era andato a curiosare ed era rimasto sconvolto da qualcosa.
“È successo qualcosa al Cyborg?”
Il Sindaco sospirò:
“A quanto sembra il nostro parroco ha trovato una delle ballerine parecchio ubriaca all’uscita del locale. Pare non si reggesse nemmeno in piedi e non abbia neanche riconosciuto padre Ross. Sai che il reverendo è un fautore della campagna contro l’alcol.”
“Non si può dire che abbia tutti i torti.”
“No, affatto. Soprattutto perché in questo caso non si trattava di un cliente, ma di qualcuno del personale del locale. Francisco dovrà fare più attenzione se non vuole che padre Ross prenda di mira la sua discoteca.”
Durante l’esposizione Evelyn aveva osservato il sindaco muoversi per l’ufficio inquieto, oppresso dal peso delle mille incombenze che gravavano su di lui. Non era un periodo facile per gli impegni e le scadenze, ora si aggiungeva questa seccatura di padre Ross. Tom le sembrava esausto.
“Per quando devo dare appuntamento a Santana? Per domani?” Cercò di posticipare l’appuntamento, per permettere a Becker di riposare ed elaborare una strategia.
“No – il sindaco si oppose – il prima possibile. Oggi pomeriggio non mi sembra di avere impegni  particolari.”
“Un attimo che controllo. – La donna estrasse dalla tasca l’agenda digitale su cui caricava tutti gli impegni ufficiali del Sindaco – Oggi pomeriggio è libero. C’era il signor Lenders prenotato, ma ha chiamato per disdire.”
Tom annuì.
“Bene, allora fissa l’appuntamento per questo pomeriggio, se Francisco è disponibile. Anche se non so se sia meglio occuparsi di lui o sentire Lenders lamentarsi di Callaghan.” Si portò le mani alle tempie per massaggiarle, sussurrando a bassa voce.
“A volte mi domando chi me l’ha fatto fare di diventare sindaco.”
Nonostante la voce bassa, Evelyn riuscì a sentire e si avvicinò a pochi centimetri da lui.
“Se posso permettermi, signore, lei è un ottimo sindaco. – Gli appoggiò una mano sull’avambraccio, in segno di solidarietà. – Se non fosse così, i cittadini non verrebbero sempre da lei per risolvere i loro problemi.”
“Tu dici?”
“Ne sono sicura. – Era sempre più vicina – Non c’è nessuno migliore di lei.”
Si sollevò sulla punta dei piedi e depositò un bacio sulle labbra di Tom: vederlo così vulnerabile le aveva dato il coraggi di agire, di fargli capire che lei era lì per lui. Tentò di approfondire il bacio, le sue labbra sapevano di buono.
Il Sindaco la allontanò di scatto.
“Evelyn, no! – le disse – Sono sposato ed amo mia moglie.”
“Ma…” Tentò di ribattere: un uomo come il sindaco non poteva amare una donna come quella, ne era certa.
“Capisco le tue buone intenzioni di confortarmi, ma non dobbiamo andare oltre un certo limite. – Becker si voltò a darle le spalle – Faremo come se non fosse successo nulla. Vai a fare il tuo lavoro.”
La segretaria capì di essere stata congedata e mestamente lasciò l’ufficio per tornare alla propria scrivania. Una volta fuori dalla portata dello sguardo di Tom si lasciò scappare un sorrisetto compiaciuto: anche se a parole l’aveva momentaneamente allontanata, presto la sua pazienza sarebbe stata premiata, il suo lento lavorio nell’ombra avrebbe dato i suoi frutti. Ed a quella sciagurata di Patricia Gatsby non sarebbe restato altro da fare che andarsene con la coda tra le gambe. Com’era dolce il sapore della quasi vittoria!





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E chi altri doveva intervenire a quasi investire ehm, salvare Amy se non Julian? Per una volta è lui che vorrebbe fare la ramanzina a lei su come ci si dovrebbe comportare per la salute, ma lei è troppo sottosopra, diciamo così. Tuttavia padre Ross non sembra intenzionato a mollare l'osso e cerca di mettere in mezzo il sindaco per sistemare quello che accade alla discoteca.
Evelyn scopre un po' le sue carte, ma Tom pare essere un marito fedele, almeno quello.
 
  
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